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30 giorni decorrono dalla consegna MAE (Cass. 34647/24)

13 settembre 2024

In caso di estradizione dall'estero, il termine di trenta giorni stabilito a pena di decadenza per la presentazione della richiesta di restituzione nel termine per impugnare la sentenza irrevocabile emessa in absentia decorre dalla consegna del condannato, e no ndalla traduzione dell'ordine di esecuzione. 

Corte di Cassazione

Sez. II penale sentenza 34647/2024

Presidente: VERGA GIOVANNA

Relatore: PERROTTI MASSIMO

Data Udienza: 27/06/2024 - deposito 13/09/2024

SENTENZA

Sul ricorso proposto nell'interesse di:

FIUD, n. in Romania il **/1990,

avverso la sentenza del 05/12/2023 della Corte di appello di Perugia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione della causa svolta dal consigliere Massimo Perrotti;

letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona della sostituta Procuratrice generale, dott.ssa Cristina Marzagalli, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 5 dicembre 2023, dep. il 26/02/2024, la Corte di appello di Perugia, adita ai sensi degli artt. 629 bis e 175, commi 1, 2, 2.1 e 2 bis, cod. proc. pen., rigettava l'istanza di rescissione del giudicato (motivando anche in ordine al rigetto della istanza di rimessione nel termine per l'impugnazione della sentenza emessa nei confronti di imputato dichiarato latitante) determinato dalla irrevocabilità della sentenza emessa dal Tribunale di Terni in data 10/09/2019, irrevocabile il 29/07/2020.

1.1. La Corte, in particolare, argomentava il duplice rigetto valorizzando la tardività di entrambe le richieste, giacché proposte in data 12 maggio 2023, nei dieci giorni dalla notifica della traduzione in lingua rumena dell'ordine di esecuzione emesso dal Pubblico ministero, ma oltre trenta giorni dopo l'avvenuta consegna in Italia (7 dicembre 2022) del condannato, detenuto in esecuzione del MAE emesso il 9 febbraio 2022 e, dunque, sul presupposto della sicura conoscenza della sentenza di primo grado, giacché il titolo da eseguire attraverso la procedura MAE deve necessariamente essere allegato e tradotto nella lingua conosciuta dal soggetto di cui è richiesta la consegna.

2. Avverso tale sentenza ricorre per Cassazione il condannato, deducendo, a ministero del difensore di fiducia, le violazioni della legge processuale ed i vizi di motivazione di seguito enunciati, ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari alla motivazione:

2.1. Con il primo motivo si assume che il termine entro cui la richiesta "restitutoria" deve essere proposta decorre dal giorno in cui il condannato ha effettiva conoscenza, nella lingua a lui nota, del provvedimento tradotto e non invece dalla data della consegna del condannato, detenuto in esecuzione di MAE emesso dallo Stato in cui si è celebrato il giudizio in absebtia (per lo stato di latitanza dichiarato). Sarebbe dunque errato l'assunto della Corte di appello secondo cui, nel caso di specie, dovrebbe applicarsi il comma 2 bis dell'art. 175 cod. proc. pen. Il ricorrente, argomenta il motivo di ricorso, sarebbe venuto a conoscenza della sentenza, nella lingua a lui nota, solo in data 11 maggio 2023, allorquando ha ricevuto la notifica dell'ordine di esecuzione della pena tradotto nella lingua da lui conosciuta. Sul punto dedotto la motivazione della Corte sarebbe del tutto omessa, mentre la decisione di rigetto della richiesta di rimessione in termini, di cui non è traccia nel dispositivo di sentenza emesso il 5 dicembre 2023, violerebbe altresì il disposto dell'art. 175 commi 2 e 2.1. cod. proc. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza in diritto delle ragioni poste a sostegno dei motivi dedotti.

1. Non è oggetto di possibile contestazione, atteso il chiaro tenore testuale della normativa MAE applicata (della quale neppure è dedotta la concreta inosservanza da parte dello Stato di esecuzione), che il ricorrente, ben prima della data di consegna (7/12/2022) in Italia, fosse a conoscenza della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Terni il 10/09/20219, che costituisce il presupposto necessario per la esecuzione del MAE.

2. L'art. 175, comma 2-bis, cod. proc. pen., applicabile ratione temporis (Sez. 2, n. 20899 del 24/02/2023, Rv. 284704), prevede che, in caso di estradizione dall'estero, il termine di trenta giorni stabilito a pena di decadenza per la presentazione della richiesta di restituzione nel termine per impugnare la sentenza irrevocabile emessa in absentia «decorre dalla consegna del condannato».

La giurisprudenza era orientata nel ritenere che il termine per presentare richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza contumaciale decorresse in ogni caso, per la persona che al momento della notificazione della stessa si trovasse in stato di custodia all'estero, dal trentesimo giorno a partire dalla data della consegna allo Stato, indipendentemente dal già avvenuto decorso di trenta giorni dal momento di avvenuta conoscenza della sentenza (Sez. 5, n. 8464 del 24/01/2020, Nure, Rv. 278661; Sez. 4, n. 4904 del 27/11/2014, dep. 2015, Lamcja, Rv. 262027; Sez. 3, n. 2320 del 21/11/2012, dep. 2013, S, Rv. 254167). Recentemente, la questione è stata rimessa alle Sezioni unite della Corte (Sez. 6, ord. n. 23715 del 7/02/2024, dep. 13/06/2024); tuttavia, nella fattispecie, l'oggetto del contrasto giurisprudenziale non è rilevante, né dirimente, atteso che la Corte perugina ha applicato, osservando alla lettera la disposizione normativa, il termine più favorevole dei 30 giorni dalla consegna, prescindendo dalla eventuale preconoscenza del provvedimento per effetto della esecuzione del MAE all'estero. Si tratta di una interpretazione fondata sulla esigenza di garantire alla persona detenuta in territorio estero, e, dunque, in condizione di maggiore difficoltà, la possibilità di esercitare pienamente le proprie difese solo dopo essere giunta nel territorio dello Stato (Sez. 6, n. 9852 del 11/10/2022, dep. 8/03/2023, in continuità con Sez. 3, n. 23017 del 27/05/2020, Rv. 279707; Sez. 5, n. 8464 del 24/01/2020, Rv. 278661). Si è comunque già escluso che l'assenza dell'imputato dal territorio nazionale rappresenti una condizione genericamente ostativa dei diritti di difesa o, addirittura, una causa di forza maggiore, che impedisca il compimento di un atto, tenuto conto, ad esempio, che la facoltà di proporre impugnazione può essere esercitata dall'imputato anche mediante deposito dell'atto presso un agente consolare all'estero, che ne cura la trasmissione alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (art. 582, comma 2, cod. proc. pen.), o spedendo l'atto per raccomandata, così come previsto, in allora, dall'art.583 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 19219 del 2/03/2017, Cobo, Rv. 270029).

2.1. Dunque, la richiesta di rimessione in termine, tardivamente proposta, così come quella di rescissione del giudicato, per incolpevole ignoranza della celebrazione del processo in Italia, sono state correttamente rigettate dalla Corte territoriale, con argomentazioni conformi al dettato normativo vigente.

3. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del 3Corte di Cassazione - copia non ufficiale procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità- al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2024.