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Abogado revocato continua trattative: è reato (Cass. 42267/24)

18 novembre 2024, Cassazione penale

E' ricompresa nell'attività professionale anche l'esercizio delle attività relative alla composizione stragiudiziale nelle more effettuata che la qualifica di avvocato comporta: risponde quibndi del delitto di esercizio abusivo della professione di avvocato colui che, senza essere iscritto all'albo, ponga in essere un qualunque atto idoneo ad incidere sulla progressione del procedimento, in rappresentanza dell'interessato.

L'esercizio abusivo di una professione riguarda in via diretta e immediata la pubblica amministrazione, la cui organizzazione è offesa dalla violazione delle norme che regolano le professioni, e solo di riflesso tocca gli interessi c.d. professionali: la falsa attribuzione della qualità di esercente una professione integra il reato di sostituzione di persona atteso che la legge ricollega a detta qualità gli effetti giuridici tipici della corrispondente professione intellettuale, è sufficiente che il fatto venga coscientemente voluto e sia idoneo a trarre in inganno la fede pubblica. Inoltre, per il reato di cui all'art. 494 c.p., è previsto il quid pluris della volontà di perseguimento della finalità lucrativa.

Cassazione penale

sez. VI, ud. 1 ottobre 2024 (dep. 18 novembre 2024), n. 42267

Presidente Ricciarelli - Relatore Capozzi

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano, a seguito di gravame interposto dall'imputato M.D. avverso la sentenza emessa il 3 maggio 2025 dal locale Tribunale, ha confermato la decisione con la quale il predetto imputato è stato riconosciuto colpevole dei reati di cui ai capi A (artt. 81, comma 2, 348 cod. pen.) e B (art. 494 cod. pen.) e, esclusa la recidiva contestata, condannato a pena di giustizia.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato che, con atto del difensore, deduce i seguenti motivi.

2.1. Con il primo motivo erronea applicazione dell'art. 348 cod. pen. e dell'art. 8 del d. leg.vo n. 96/2001 con riferimento alla indicazione del tempus commissi delicti del reato di esercizio abusivo della professione fino alla data del 10.01.2020.

Invero, del tutto illogico è far dipendere la consumazione del reato dal momento in cui il T. ha appreso che l'imputato era privo del titolo professionale di cui si era avvalso, essendo la data di consumazione legata ai due atti tipici abusivamente posti in essere: l'autentica della sottoscrizione del T. (05/09/2016) e redazione e notifica dell'atto di citazione (03.11.2017), non essendo poi l'imputato arrivato a comparire dinanzi allo stesso giudice.

Non può essere estesa la condotta, secondo una malintesa natura eventualmente abituale della condotta criminosa, anche a qualsiasi attività anche non riservata, quale la trattativa stragiudiziale che il soggetto in possesso del titolo di abogado, a mente dell'art. 8 d. leg.vo n. 96/2001, può esercitare in modo indipendente.

2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la intervenuta prescrizione alla data del 05.03.2024 del reato sub B, trattandosi di condotta consumatasi alla data del 05.09.2016 con il conferimento della procura alle liti da parte del T. e non, come indica la sentenza, alla data del 10.1.2020.

2.3. Con il terzo motivo, in via subordinata, vizio cumulativo della motivazione in relazione al mancato assorbimento del reato di cui al capo B nel reato di cui al capo A. La sentenza in modo evidentemente contraddittorio, da un lato, afferma che il delitto di esercizio abusivo della professione legale può ledere la pubblica fede laddove il titolo di avvocato sia speso dinanzi a un giudice o altro pubblico ufficiale e, dall'altro, nega che l'imputato si sia qualificato quale avvocato dinanzi a un giudice o altro pubblico ufficiale. Cosicché appare evidente l'operatività della clausola di sussidiarietà dell'art. 494 cod. pen., poiché l'esercizio abusivo della professione legale, comprensiva della spendita del titolo di Avvocato, si è consumata con la iscrizione a ruolo della causa promossa.

3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell'art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla l. 18 dicembre 2020, e succ. modd., in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale e la difesa hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è solo in parte fondato.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1. La sentenza impugnata ha ritenuto che l'imputato, nonostante la intervenuta revoca formale dell'incarico da parte del T., ha continuato a svolgere le trattative con la controparte in qualità di "avvocato" tanto che ancora in data 15 novembre 2019 ha comunicato alla persona offesa che l'offerta proposta dalla controparte ammontava ad euro 100.000. La cessazione della attività abusiva è venuta a coincidere con la scoperta da parte del T. del fatto che l'imputato non fosse un avvocato ma un abogado ovvero un "avvocato stabilito", grazie alla ricezione dell'invito a mediazione dal medesimo esperito innanzi all' organismo di conciliazione dell'Ordine degli Avvocati di Milano per il pagamento della parcella professionale.

2.2. Il motivo è genericamente proposto, rispetto alla decisiva circostanza dello svolgimento della attività stragiudiziale fino alla comunicazione dell'offerta di controparte, dovendosi ricomprendere nella attività professionale anche l'esercizio delle attività relative alla composizione stragiudiziale nelle more effettuata che la qualifica di avvocato comporta, in conformità al principio secondo il quale risponde del delitto di esercizio abusivo della professione di avvocato colui che, senza essere iscritto all'albo, ponga in essere un qualunque atto idoneo ad incidere sulla progressione del procedimento, in rappresentanza dell'interessato (Sez. 6, n. 47675 del 30/10/2023, Cantatore, Rv. 285498).

2. Il secondo motivo è fondato in quanto la spendita della qualità rilevante ai fini del reato di cui all'art. 494 cod. pen. risulta contestuale alla assunzione dell'incarico con la corresponsione dei duemila euro, avvenuta alla data del 05.09.2016.

3. Il terzo motivo è infondato, in assenza di un rapporto di specialità tra i due reati in quanto l'interesse tutelato dal reato di cui all'art. 348 cod. pen. a che l'esercizio di determinate professioni sia consentito unicamente a chi è in possesso della prescritta abilitazione, ha carattere generale, onde la sua lesione riguarda in via diretta e immediata la pubblica amministrazione, la cui organizzazione è offesa dalla violazione delle norme che regolano appunto le professioni, mentre solo di riflesso tocca gli interessi cosiddetti professionali, cioè particolari (Sez. 6, n. 12785 del 18/10/1988, Lupi, Rv. 180032); laddove, la falsa attribuzione della qualità di esercente una professione integra il reato di sostituzione di persona atteso che la legge ricollega a detta qualità gli effetti giuridici tipici della corrispondente professione intellettuale, mentre non è necessario che il fatto tenda all'illegale esercizio della professione o che miri alla mera soddisfazione di una vanità personale, essendo sufficiente che venga coscientemente voluto e sia idoneo a trarre in inganno la fede pubblica (Sez. 2, n. 30229 del 05/06/2014, Martini, Rv. 260034); inoltre, per il reato di cui all'art. 494 cod. pen., è previsto il quid pluris della volontà di perseguimento della finalità lucrativa realizzata, nel caso in esame, provato dalla riscossione, a titolo di onorario, dei duemila euro e dalla promessa di altri diecimila euro al momento della definizione stragiudiziale della causa.

4. La parziale fondatezza del ricorso consente di apprezzare il decorso del termine massimo di prescrizione del reato di cui al capo B) alla data del 05.03.2024, con conseguente dichiarazione di estinzione. Ne consegue, ai sensi dell'art. 620, comma 1, lett. l) cod. proc. pen., la rideterminazione della pena per il residuo reato di cui al capo A in mesi cinque e giorni venti di reclusione ed euro 5.300 di multa. Nel resto il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata relativamente al reato di cui al capo B) (perché estinto per prescrizione; rigetta nel resto il ricorso e ridetermina la pena principale in mesi cinque e giorni venti di reclusione ed euro 5.300,00 di multa.