Ai fini della definizione di sistema informatico ciò che rileva è l’attitudine della macchina (hardware) ad organizzare ed elaborare dati, in base ad un programma (software), per il perseguimento di finalità eterogenee: alla funzione di registrazione e di memorizzazione dei dati, anche elettronica, si deve affiancare anche l’attività di elaborazione e di organizzazione dei dati medesimi.
E insufficiente la testimonianza di un appartenente alla polizia giudiziaria sulla idoneità di un apparecchio, trovato in possesso dell’imputato, ad alterare il funzionamento delle macchine cambiamonete.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 aprile – 12 settembre 2018, n. 40470
Presidente Vessichelli – Relatore Calaselice
Ritenuto in fatto
1. Il provvedimento impugnato ha confermato la sentenza del Tribunale di Brescia, del 3 febbraio 2016, con la quale T.N. è stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 300 di multa, per il reato di cui all’art. 615-quinquies cod. pen., per essersi abusivamente procurato un congegno elettronico, atto a danneggiare ed alterare il sistema di protezione delle macchine cambiamonete, con la finalità di impadronirsi delle somme ivi contenute.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, denunciando violazione di legge. Il ricorrente assume che, nella specie, non si rinviene, nella motivazione della Corte territoriale, adeguata giustificazione circa la ritenuta alterazione di sistema informatico o telematico, avendo la condotta interessato una macchinetta cambiamonete che tale non può qualificarsi, posto che, pur utilizzando un sistema in parte elettromeccanico, questa funziona autonomamente, con collegamento alla rete elettrica.
2.1. Sotto altro profilo si denuncia violazione di legge, tenuto conto che lo strumento sequestrato al ricorrente non può qualificarsi dispositivo idoneo a violare sistemi informatici o telematici, idoneità peraltro accertata attraverso attività tecnica svolta da agente di polizia giudiziaria, sulla quale quest’ultimo ha deposto come teste, non attraverso perizia di ufficio. Né può reputarsi punibile la condotta, secondo il ricorrente, per aver soltanto messo in pericolo attraverso il "curioso aggeggio" reperito, sistemi informatici o telematici.
Considerato in diritto
1. Questa Corte osserva che il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte di appello di Brescia, per le ragioni di seguito illustrate.
2. Il reato contestato nella specie, punisce la condotta di chi, allo scopo di danneggiare illecitamente un sistema informatico o telematico, le informazioni, i dati o i programmi in esso contenuti o ad esso pertinenti ovvero di favorire l’interruzione, totale o parziale, o l’alterazione del suo funzionamento, si procura, produce, riproduce, importa, diffonde, comunica, consegna o, comunque, mette a disposizione di altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici. L’articolo in questione, completa la normativa diretta ad assicurare il diritto di godere, in modo indisturbato, del proprio sistema informatico, senza che questo subisca danni. Si tratta, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, di reato di pericolo, che in questo caso si è ritenuto integrato dalla condotta dell’imputato, il quale, è stato trovato in possesso di un apparecchio, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, in grado di alterare il funzionamento delle macchine cambiamonete, con l’evidente finalità di impossessarsi delle somme in essere contenute. I giudici di merito, infatti, hanno esposto che, una volta inserito l’apparecchio reperito, nell’alloggiamento ove va posizionata la carta moneta, questo avrebbe provocato l’erogazione continua di danaro, creando un campo magnetico capace di interferire sulla funzione della macchina.
2.1. Prima questione, che si pone, quindi, è quella di verificare se la pronuncia dei giudici di merito, secondo la critica contenuta nel ricorso, abbia adeguatamente motivato in ordine alla natura di sistema informatico degli apparecchi cambiamonete. Il ricorrente, infatti, sostiene che tali macchine non avrebbero la descritta natura e, quindi, come tali, non rientrerebbero nella categoria dei sistemi informatici o telematici, cui si riferisce la tutela apprestata dall’art. 615-quinquies cod. pen. Ciò, a parere del ricorrente, in quanto dette apparecchiature non sono collegate in rete, pur utilizzando un sistema di funzionamento in parte elettronico.
2.2. Sul punto va premesso che il delitto contestato, come è noto, rientra tra i cd. reati informatici, che coinvolgono l’utilizzo di sistemi di elaborazione. Necessita, dunque, individuare la nozione di sistema informatico di cui alla norma in esame, tenuto conto che la legge 23 dicembre 1993, n. 547, che ha introdotto nel nostro sistema i cd. computer’s crimes, non ha enunciato, quale oggetto di tutela, la definizione di sistema informatico, presupponendone significato e profili tecnici. Né tale classificazione si rinviene nella successiva Legge n. 48 del 18 marzo 2008 che ha modificato, in parte, la normativa in questione.
In assenza di una classificazione legislativa, va sottolineato che la giurisprudenza di legittimità ha fornito una definizione, in relazione a diverse fattispecie incriminatrici che fanno riferimento all’espressione sistema informatico.
Questo è stato considerato, in senso ampio, quale pluralità di apparecchiature destinate a compiere una qualsiasi funzione utile all’uomo, attraverso l’utilizzazione (anche in parte) di tecnologie informatiche (Sez. U, N. 17325 del 26/03/2015, Rocco, Rv. 263020, relativa a conflitto di competenza in tema di reato di cui all’art. 615-ter cod. pen.; Sez. 6, n. 3065 del 04/10/1999, Piersanti, Rv. 214945: nella specie è stata ritenuta corretta la motivazione dei giudici di merito che avevano riconosciuto la natura di sistema informatico alla rete telefonica fissa, sia per le modalità di trasmissione dei flussi di conversazioni, sia per l’utilizzazione delle linee per il flusso dei cd. dati esterni alle conversazioni e venivano contestati i reati di accesso abusivo a sistema informatico e quello di frode informatica).
In sintesi ciò che viene in rilievo, per definire la nozione di sistema informatico, è l’attitudine della macchina (hardware) ad organizzare ed elaborare dati, in base ad un programma (software), per il perseguimento di finalità eterogenee. Nella definizione che qui interessa, dunque, alla funzione di registrazione e di memorizzazione dei dati, anche elettronica, si affianca l’attività di elaborazione e di organizzazione dei dati medesimi.
Così, dunque, definito il sistema informatico la cui tutela è assicurata dalla norma in esame, si osserva che nelle sentenze di merito, non viene spiegato congruamente e logicamente, come la macchina cambiamonete sia qualificabile sistema informatico. Alcun accenno, infatti, si rinviene in merito all’attitudine dell’apparecchio cambiamonete ad organizzare ed elaborare i dati, sulla base di un programma, posto che l’apparecchio non viene descritto, né il funzionamento del predetto viene illustrato dai giudici di merito, che limitano la descrizione, al congegno trovato in possesso dell’imputato, indicato come capace di incidere sul funzionamento della macchina cambiamonete.
2.2. Circa il secondo motivo si osserva che le sentenze di merito, come dedotto, fondano soltanto sulla deposizione di un teste di polizia giudiziaria, non su accertamenti peritali, per la verità mai richiesti nemmeno dal ricorrente, la ritenuta idoneità dell’apparecchio, trovato in possesso dell’imputato, ad alterare il funzionamento delle macchine cambiamonete.
Sul punto va osservato che il delitto, per il quale in ricorrente ha riportato condanna, è reato di pericolo.
Del resto nemmeno il ricorrente assume che sia stata mai chiesta e non espletata, nel dibattimento, perizia sul funzionamento dell’apparecchio sequestrato all’imputato.
Tuttavia i giudici di merito espongono, con ragionamento carente dal punto di vista della motivazione ed anche per quanto concerne la logicità del percorso seguito, che il teste di polizia giudiziaria, esaminato sul punto, aveva dato conto dell’avvenuta verifica, circa il funzionamento dell’apparecchio sequestrato, il quale era risultato idoneo ad alterare il funzionamento di una calcolatrice reperita in ufficio.
Ciò senza spiegare, in alcuna parte della motivazione, per quale ragione la calcolatrice risultata alterata debba considerarsi sistema informatico protetto ai sensi dell’art. 615-quinquies cod. pen., peraltro equiparabile alla macchina cambiamonete, la cui alterazione è, invece, contestata nell’imputazione.
3. La sentenza impugnata, dunque, va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia perché siano eliminate le carenze motivazionali evidenziate, relative alle ragioni per le quali la macchina cambiamonete sia qualificabile sistema informatico, nonché circa le capacità, del congegno trovato in possesso dell’imputato, di alterare il funzionamento della macchina cambiamonete.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia per nuovo esame.