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Affidamento in prova all'estero possiible se .. (Cass. 47544/24)

30 dicembre 2024, Cassazione penale

In tema di misure alternative alla detenzione è consentita l'ammissione all'affidamento in prova al servizio sociale la cui esecuzione debba svolgersi in uno Stato estero membro dell'Unione Europea che abbia recepito la DQ 947/08 e dove il condannato abbia residenza legale ed abituale.

 

Corte di Cassazione

sez. I penale, ud. 21 novembre 2024 (dep. 30 dicembre 2024), n. 47544
Presidente Binenti - Estensore Aprile

Ritenuto in fatto

1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Torino ha rigettato l'istanza di affidamento in prova ex art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.) e dichiarato inammissibile quella di detenzione domiciliare avanzata nell'interesse di B.M., rilevando che, a causa dell'assenza di una residenza o un domicilio in Italia, non è stato possibile svolgere alcun accertamento finalizzato alla valutazione della ricorrenza dei presupposti per la concessione della misura richiesta anche per la scarsa collaborazione offerta dalla condannata; del resto, l'assenza di una dimora in Italia non consente la detenzione domiciliare.

2. Ricorre B.M., a mezzo del difensore avv. CF, che chiede l'annullamento del provvedimento impugnato, denunciando la violazione di legge, in riferimento agli artt. 47 e 47-ter ord. pen., decreto legislativo n. 38 del 2016, attuativo della decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio dell'unione europea, e il vizio della motivazione nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza, senza valutare la documentazione allegata dalla difesa e l'istanza documentata con la memoria depositata in data 11 aprile 2024, ha rigettato la richiesta di misura alternativa, da eseguire eventualmente anche all'estero, sulla base dell'illogica motivazione della scarsa collaborazione offerta dalla condannata e dall'assenza di dimora in Italia, risultando, invece, una stabile residenza all'estero da molti anni.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.

2. Il Tribunale di sorveglianza non ha chiarito in cosa consista il comportamento “non collaborativo” con l'UEPE, posto che risulta fissato un solo incontro al quale la ricorrente, come contraddittoriamente dà atto il Tribunale, ha partecipato nonostante le condizioni di salute e la residenza all'estero, né in che modo ciò rilevi sulla prognosi della idoneità della misura invocata a contribuire alla rieducazione e ad assicurare la prevenzione del pericolo di recidiva.

La carenza motivazionale è vieppiù rilevante alla luce degli altri dati, che il Tribunale enumera, i quali, ferma la valutazione di merito che compete alla magistratura di sorveglianza, sembrano piuttosto indici di segno positivo: il versamento di una somma a tacitazione della parte civile; la modesta entità della condanna che il Tribunale, inoltre, indica come unico precedente penale a carico della ricorrente; la vetustà della condotta che risale al 2012; l'assenza di procedimenti pendenti.

2.1. Il provvedimento in esame, dunque, non ha fatto corretta applicazione del principio espresso da questa Corte (ex multis, Sez. 1, n. 4483 del 27/10/1993 – dep. 1994, Bonicoli, Rv. 195797 – 01) in virtù del quale in tema di affidamento in prova al servizio sociale deve ritenersi sussistente il vizio di motivazione, appalesandosi apparente quella riportata nel provvedimento impugnato, nel caso in cui i motivi sui quali si è fondato il rigetto della relativa istanza non siano esplicitati, sia pure sommariamente, con indicazione di circostanze concrete evidenzianti l'inidoneità della misura richiesta a contribuire alla rieducazione del reo ed a prevenire il pericolo che di nuovo delinqua.

Dalla motivazione non è possibile controllare la legittimità del convincimento del giudice, né è possibile fondare il rigetto del proposto percorso di rieducazione extra murario del condannato riferito a condotte non specificate.

3. Il provvedimento è viziato anche sotto altro concorrente profilo.

3.1. La giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che «in tema di misure alternative alla detenzione, a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 38, è consentita l'ammissione all'affidamento in prova al servizio sociale la cui esecuzione debba svolgersi in uno Stato estero membro dell'Unione Europea dove il condannato abbia residenza legale ed abituale, in conformità a quanto disposto dal menzionato decreto legislativo» (Sez. 1, n. 20977 del 15/06/2020, Arrighi, Rv. 279338).

Proprio con riferimento a un caso analogo, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che «l'esecuzione dell'affidamento in prova al servizio sociale può aver luogo nello Stato dell'Unione europea ove il condannato sia residente (nella specie, Germania), qualora detto Stato abbia dato attuazione alla decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sull'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza, delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive, recepita in Italia con d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, in quanto l'affidamento è assimilabile ad una "sanzione sostitutiva" ai sensi dell'art. 2, lett. e), di tale decreto, quale sanzione che "impone obblighi ed impartisce prescrizioni", compatibili con quelli elencati nel successivo art. 4 e che costituiscono il contenuto del trattamento alternativo al carcere» (Sez. 1, n. 16942 del 25/05/2020, Mancinelli, Rv. 279144).

3.2. In questa prospettiva, la richiesta di eseguire la misura alternativa in Danimarca, ove la condannata risiede stabilmente da molti anni con il proprio coniuge e i figli, non trova alcun impedimento sul piano normativo, mentre il Tribunale non l'ha neppure esaminata.

La disciplina dettata dal d.lgs. n. 38 del 2016 prevede che, in ogni caso, la decisione da eseguire all'estero sia assunta dagli Organi dello Stato italiano, con successiva trasmissione del provvedimento applicativo a quelli dello Stato straniero nel quale la misura deve essere eseguita.

Nel caso di specie il Tribunale di sorveglianza, che non ha esaminato l'istanza, avrebbe dovuto verificare la disponibilità delle autorità dello Stato estero, che ha recepito la citata Decisione GAI, a dare corso alla misura alternativa, svolgendo, poi, tutti gli ulteriori accertamenti ritenuti necessari.

4. L'ordinanza impugnata va, quindi, annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Torino perché, acquisite le ulteriori necessarie informazioni dalle competenti autorità nonché verificata la concreta disponibilità a cooperare del condannato, proceda alle determinazioni di competenza nell'assoluta libertà delle proprie valutazioni di merito.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Torino.