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Amante deve risarcire i danni al coniuge tradito? (CA Perugia, 156/22)

29 marzo 2022, Corte di Appello di Perugia

Il comportamento del coniuge che violi i doveri derivanti dal matrimonio è configurabile come illecito civile e dà luogo al risarcimento del danno non patrimoniale solo laddove si accerti la lesione, in conseguenza di detta violazione, di un diritto costituzionalmente protetto, e si dia prova del nesso di causalità fra la violazione e il danno.

Anche nell'ambito del rapporto trai coniugi la violazione del dovere di fedeltà, sebbene possa indubbiamente essere causa di un dispiacere per l'altro coniuge, e possa provocare la disgregazione del nucleo familiare, non automaticamente è risarcibile, ma in quanto l'afflizione superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca nell'altro coniuge, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, primi tra tutti il diritto alla salute o alla dignità personale e all'onore.

L'ordinamento non tutela il bene del mantenimento della integrità della vita familiare fino a prevedere che la sua violazione di per sé possa essere fonte di una responsabilità risarcitoria per dolo o colpa in capo a chi con la sua volontà contraria o comunque con il suo comportamento ponga fine o dia causa alla fine di tale legame. L'ammissione di una tale affermazione incondizionata di responsabilità potrebbe andare a confliggere con altri diritti costituzionalmente protetti, quali la libertà di autodeterminarsi ed anche la stessa libertà di porre fine al legame familiare, riconosciuta nel nostro ordinamento fin dal 1970.

Il dovere di fedeltà non trova il suo corrispondente in un diritto alla fedeltà coniugale  costituzionalmente protetto, piuttosto la sua violazione è sanzionabile civilmente quando, per le modalità dei fatti, uno dei coniugi ne riporti un danno alla propria dignità personale, o eventualmente un pregiudizio alla salute: neppure la responsabilità del coniuge fedifrago, sul quale unicamente gravano gli obblighi di fedeltà derivanti dal matrimonio, può derivare dal mero fatto di aver posto fine alla relazione matrimoniale, richiedendosi un quid pluris, qual è la lesione, sufficientemente allegata e provata, di diritti costituzionalmente garantiti del coniuge tradito.

Deve escludersi che in capo al terzo - estraneo alla coppia coniugale- sia astrattamente configurabile alcun obbligo di fedeltà né che dalla violazione dell'obbligo di fedeltà ad opera del coniuge infedele possa discendere una responsabilità risarcitoria del terzo nei confronti del coniuge tradito per il sol fatto di aver intrattenuto una relazione sentimentale con una persona sposata. Una responsabilità aquiliana è, in tal senso, astrattamente configurabile in capo al terzo nel solo caso in cui questi, con la propria condotta, abbia determinato una lesione dei diritti costituzionalmente garantiti del coniuge tradito tale da cagionare a quest'ultimo conseguenze pregiudizievoli ulteriori rispetto al mero dispiacere derivante dalla scoperta della relazione extraconiugale.

In sé, l'amante non è ovviamente soggetto all'obbligo di fedeltà coniugale - il quale riveste un evidente carattere personale, e pertanto non potrebbe essere chiamato a rispondere per la violazione di tale dovere: non è, infatti, ravvisabile in capo ai terzi un generico dovere di astensione dall'intrattenere rapporti con persone coniugate, mentre l'amante deve dirsi libero di intrattenere relazioni interpersonali, anche con persone sposate, nell'esercizio del proprio diritto di autodeterminazione, del diritto alla libera esplicazione della personalità, nonché della propria libertà sessuale, costituzionalmente garantiti. 

 

 

CORTE DI APPELLO DI PERUGIA

SEZIONE CIVILE

sentenza 156 del 29/03/2022

Nelle persone dei seguenti magistrati:

Dott. Claudia Matteini - Presidente

Dott. Paola de Lisio - Consigliere est.

Dott. Francesca Altrui - Consigliere

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta al n. r. g. 412 / 2019 promossa da:

(...) (C.F. (...) con il patrocinio degli avv.ti (...) elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. (...), in Perugia, (...)

APPELLANTE

contro

(...) (C.F. (...) con il patrocinrio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato presso lo studio del procuratore in Perugia, (...)

APPELLATO

Avente ad OGGETTO: "Altre ipotesi di responsabilità extracontrattuale non ricomprese nelle altre materie (art. 2043 c.c. e norme speciali)"

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con atto di citazione in appello ritualmente notificato (...) ha proposto impugnazione avverso la sentenza n. 646/ 2019 emessa dal Tribunale di Spoleto, in composizione monocratica, in data 13.05.2019, pubblicata in data 17.05.2019, nella causa iscritta al n. r. g. 1069/ 2011, con la quale era stata respinta la domanda, proposta dal medesimo (...) in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sui figli minori (...) e (...) di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, da quantificarsi in via equitativa in complessivi Euro 600.000,00 (di cui Euro 200.000,00 per il padre ed Euro 200.000,00 per ciascuno dei figli), avverso il convenuto, (...) Per aver instaurato una relazione sentimentale adulterina con la Sig.ra (...) rispettivamente moglie e madre degli attori, cagionando la separazione dei coniugi e la disgregazione della famiglia degli attori medesimi. Il Tribunale di Spoleto, con la sentenza impugnata, ha così statuito: dichiara il difetto di rappresentanza processuale di (...) e (...) -rigetta la demanda di (...); rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c. proposta da (...)  condanna (...) a rimborsare alla parte convenuta le spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 8.800,00 per compensi, oltre i.v.a., c.p.a. e 15,00% per le spese generali".

2. Parte appellante ha impugnato proponendo i seguenti motivi di gravame: la domanda risarcitoria, costituendo atto di ordinaria amministrazione, non necessita della preventiva autorizzazione del Giudice tutelare ai sensi dell'art. 320 c.c.; erroneamente il Giudice di prime cure ha ritenuto non provata: la relazione extraconiugale intrattenuta dalla Sig.ra (...) con il Sig. (...) la condotta dolosa dello (...) tesa a ledere pubblicamente la dignità, la personalità e l'onore del (...) dal tenore complessivo dei post pubblicati dallo (...) e dalla (...) -già oggetto di querela, benché archiviata per pretesa insussistenza dei reatisi evince l'intento di palesare il loro rapporto sentimentale nonché quello di offendere la dignità dell'appellante; la condotta dello (...) integra fatto ingiusto fonte di responsabilità aquiliana; erronea, mancata, compensazione delle spese di lite, in considerazione della complessità, della peculiarità della fattispecie, del rigetto dell'eccezione di incompetenza territoriale e della domanda di risarcimento del danno da responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.

L'appellante ha altresì proposto istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado ex artt. 283 e 351 c.p.c.

3. Si è costituito l'appellato, mediante comparsa di costituzione e risposta in appello alla quale si fa integrale rinvio, in data 12.03.2020, il quale ha contestato tutti i motivi di impugnazione e chiesto il rigetto del gravame.

4. In data 19.06.2019 il Presidente ha rigettato l'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza con decreto inaudita altera parte, poi accolta in data 07.10.2019, dalla Corte, riunita in Camera di Consiglio.

Con ordinanza del 25.11.2021 la Corte ha trattenuto la causa in decisione assegnando alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e repliche ex art. 190 c.p.c.

5. L'appello è infondato nel merito e deve essere rigettato per le ragioni che seguono, non potendosi configurare una responsabilità in capo all'odierno appellato per la disgregazione della famiglia dell'odierno appellante, né risultando provate la lesione della salute, della dignità e dell'onore del medesimo appellante ovvero le conseguenze pregiudizievoli patite dallo stesso in conseguenze della condotta asseritamente illecita dell'appellato.

6. Preliminarmente, deve confermarsi il difetto di rappresentanza processuale dei minori, (...) e (...) in capo al padre, sig. (...) dovendosi qualificare l'azione di risarcimento del danno come atto di straordinaria amministrazione e ravvisandosi un'ipotesi di conflitto di interessi fra i genitori esercenti la potestà genitoriale.

L'azione di risarcimento del danno, ancorché diretta a realizzare un incremento patrimoniale in favore dei minori, li espone, infatti, al possibile rischio di risultarne soccombenti, e di essere dunque onerati al pagamento delle spese di lite, in solido con il genitore esercente la responsabilità genitoriale, rispondendone con il proprio patrimonio, laddove presente, ed impone, dunque, un'autorizzazione del Giudice tutelare ai sensi dell'art. 320 c.c. Nel caso di specie, inoltre, la peculiare natura dell'azione, involgente l'asserita responsabilità aquiliana del Sig. (...) per aver leso la dignità del Sig. (...) padre dei minori, in conseguenza della relazione sentimentale intrattenuta con la Sig.ra (...) madre dei minori, configura certamente un' ipotesi di conflitto di interessi tra i genitori e tra questi e i figli, idonea a fondare il necessario ricorso al Giudice tutelare ai sensi degli artt. 320 e 316 c.c. Infine, nel presente grado di giudizio deve rilevarsi che i figli, che, frattanto sono divenuti maggiorenni, non hanno inteso costituirsi in giudizio e proporre impugnazione.

7. Nel merito, deve confermarsi la decisione di primo grado, pur dovendosi apportare talune correzioni all'apparato motivazionale del Giudice di prime cure, precipuamente in ordine all'inconfigurabilità di un concorso del terzo nella violazione dell'obbligo personale di fedeltà, unicamente incombente in capo ai coniugi in forza del vincolo matrimoniale.

Nell'ambito del rapporto matrimoniale tra i coniugi, e precipuamente in materia di danno derivante da illecito endofamiliare, la giurisprudenza di legittimità ha affermato l'autonoma risarcibilità del danno da violazione dell'obbligo di fedeltà, chiarendone al contempo i limiti ed i presupposti. Il comportamento del coniuge che violi i doveri derivanti dal matrimonio è configurabile come illecito civile e dà luogo al risarcimento del danno non patrimoniale laddove si accerti la lesione, in conseguenza di detta violazione, di un diritto costituzionalmente protetto, e si dia prova del nesso di causalità fra la violazione e il danno. La relativa azione di risarcimento deve ritenersi, inoltre, del tutto autonoma rispetto alla domanda di separazione e di addebito ed esperibile a prescindere da dette domande (Cassazione civile sez. I, 15/09/2011, n.18853; Cassazione civile sez. I, 01/06/2012, n.8862).

Appare, peraltro, opportuno precisare che, ai fini dell'astratta configurabilità della responsabilità risarcitoria in capo al coniuge per la violazione dei doveri derivanti dal matrimonio, non vengono in rilievo comportamenti di minima efficacia lesiva, ma unicamente quelle condotte che per la loro intrinseca gravità si pongano come fatti di aggressione ai diritti fondamentali della persona.

Deve, pertanto, escludersi che la mera violazione dei doveri matrimoniali od anche la pronuncia di addebito della separazione possano di per sé ed automaticamente integrare una responsabilità risarcitoria, così come deve affermarsi la necessità che sia accertato in giudizio il danno patrimoniale e non patrimoniale subito per effetto della lesione, nonché il nesso eziologico tra il fatto aggressivo e il danno (Cassazione civile sez. I - 10/05/2005, n. 9801).

L'istanza di risarcimento del danno non patrimoniale per i danni psicofisici presuntivamente subiti a seguito della separazione e dell'infedeltà dell'altro coniuge deve dunque essere rigettata se non vi sia alcuna lesione dei diritti fondamentali della persona (Cassazione civile sez. VI - 17/01/2012, n. 610). Inoltre, il danno non patrimoniale, anche nel caso di lesione di diritti inviolabili, non può mai ritenersi "in re ipsa" ma va debitamente allegato e provato da chi lo invoca (Cassazione civile sez. I, 23/02/2018, n. 4470).

Anche nell'ambito del rapporto trai coniugi, pertanto, la violazione del dovere di fedeltà, sebbene possa indubbiamente essere causa di un dispiacere per l'altro coniuge, e possa provocare la disgregazione del nucleo familiare, non automaticamente è risarcibile, ma in quanto l'afflizione superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca nell'altro coniuge, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, primi tra tutti il diritto alla salute o alla dignità personale e all'onore.

L'ordinamento non tutela, infatti, il bene del mantenimento della integrità della vita familiare fino a prevedere che la sua violazione di per sé possa essere fonte di una responsabilità risarcitoria per dolo o colpa in capo a chi con la sua volontà contraria o comunque con il suo comportamento ponga fine o dia causa alla fine di tale legame.

L'ammissione di una tale affermazione incondizionata di responsabilità potrebbe andare a confliggere con altri diritti costituzionalmente protetti, quali la libertà di autodeterminarsi ed anche la stessa libertà di porre fine al legame familiare, riconosciuta nel nostro ordinamento fin dal 1970. Il dovere di fedeltà non trova il suo corrispondente quindi in un diritto alla fedelta coniufare costituzionalmente protetto, piuttosto la sua violazione è sanzionabile civilmente quando, per le modalità dei fatti, uno dei coniugi ne riporti un danno alla propria dignità personale, o eventualmente un pregiudizio alla salute (Cassazione civile sez. III - 07/03/2019, n. 6598; Cassazione civile sez. VI, 19/11/2020, n.26383). Pertanto, neppure la responsabilità del coniuge fedifrago, sul quale unicamente gravano gli obblighi di fedeltà derivanti dal matrimonio, può derivare dal mero fatto di aver posto fine alla relazione matrimoniale, richiedendosi un quid pluris, qual è la lesione, sufficientemente allegata e provata, di diritti costituzionalmente garantiti del coniuge tradito.

8. Al contrario, deve escludersi che in capo al terzo - estraneo alla coppia coniugale- sia astrattamente configurabile alcun obbligo di fedeltà né che dalla violazione dell'obbligo di fedeltà ad opera del coniuge infedele possa discendere una responsabilità risarcitoria del terzo nei confronti del coniuge tradito per il sol fatto di aver intrattenuto una relazione sentimentale con una persona sposata. Una responsabilità aquiliana è, in tal senso, astrattamente configurabile in capo al terzo nel solo caso in cui questi, con la propria condotta, abbia determinato una lesione dei diritti costituzionalmente garantiti del coniuge tradito tale da cagionare a quest'ultimo conseguenze pregiudizievoli ulteriori rispetto al mero dispiacere derivante dalla scoperta della relazione extraconiugale.

Non appare, al contrario, condivisibile, l'astratta configurabilità del concorso del terzo, amante del coniuge, nella violazione degli obblighi di fedeltà, su quest'ultimo, solo, incombenti.

Come chiarito dalla Suprema Corte, "in proposito, è opportuno rilevare che, in sé, l'amante non è ovviamente soggetto all'obbligo di fedeltà coniugale - il quale riveste un evidente carattere persona le-, e pertanto non potrebbe essere chiamato a rispondere per la violazione di tale dovere" (Cassazione civile sez. III - 07/03/2019, n. 6598). Non è, infatti, ravvisabile in capo ai terzi un generico dovere di astensione dall'intrattenere rapporti con persone coniugate; mentre l'amante deve dirsi libero di intrattenere relazioni interpersonali, anche con persone sposate, nell'esercizio del proprio diritto di autodeterminazione, del diritto alla libera esplicazione della personalità, nonché della propria libertà sessuale, costituzionalmente garantiti. Ne consegue che alcuna responsabilità aquiliana è ravvisabile in capo al sig. (...) per l'asserita disgregazione familiare subita dal Sig. (...)

Per esigenze di completezza, -ferma l'irrilevanza di una mera relazione interpersonale trai due ai fini dell'accertamento di una responsabilità aquiliana in capo al Sig. (...) nei confronti del Sig. (...) è necessario rilevare che neppure può dirsi provato che la separazione giudiziale dei coniugi sia stata determinata da una relazione extraconiugale intrattenuta dalla Sig. (...) con il Sig. (...) in epoca antecedente all'istanza di separazione giudiziale. Come correttamente statuito dal Giudice di prime cure, infatti, la nota dei Carabinieri di Campello sul Clitunno del 10.11.2014, relativa alla constatazione operata dai medesimi Carabinieri, della presenza dello (...) e della (...) in località F., alle ore 21.55 del 10.03.2011, in epoca anteriore alla separazione dei coniugi, è inidonea a comprovare la sussistenza di una relazione sentimentale fra il Sig. (...) e la Sig.ra (...) anteriore alla separazione dei coniugi, non potendosi presuntivamente dedurre da siffatta nota la natura di incontro amoroso, e non già amicale, dell'appuntamento. Inoltre, il Tribunale di Spoleto, statuendo in merito alla separazione giudiziale dei coniugi con sentenza n. 418/ 2018, pubblicata in data 16.05.2018, ha accertato l'insussistenza della prova di un vero e proprio adulterio precedente alla separazione, respingendo 1'istanza di addebito della separazione giudiziale avanzata dal medesimo (...) Infine, il rapporto investigativo condotto da (...) S.r.l., su incarico del Sig. (...) si limita a comprovare una frequentazione fra la Sig.ra (...) ed il Sig. (...) a far data dal 30.07.2011 e sino al 16.08.2011, in epoca successiva al deposito dell'istanza di separazione giudiziale a cura della medesima Sig.ra (...) in data 15.07.2011. Ferma, dunque, l'inconfigurabilità di un concorso del terzo nella violazione degli obblighi di fedeltà incombenti sui coniugi, non vi è neppure prova che la relazione sentimentale fra l'odierno appellato e la Sig.ra (...) abbia avuto inizio in epoca antecedente alla separazione.

9. Deve, dunque, ritenersi astrattamente configurabile, non già, un concorso del terzo nella violazione degli obblighi di fedeltà incombenti sul coniuge, quanto un concorso del terzo nella lesione di diritti costituzionalmente garantiti, quali la salute, la dignità o l'onore del coniuge tradito, mediante una condotta -illecita ulteriore rispetto al mero fatto -lecito- della relazione sentimentale o sessuale intrattenuta dal terzo con una persona coniugata. Una responsabilità a carico dell'amante può, dunque, essere affermata soltanto se l'amante stesso, con il proprio comportamento e avuto riguardo alle modalità con cui è stata condotta la relazione extraconiugale, abbia leso o concorso a violare diritti inviolabili -quali la dignità e l'onore- del coniuge tradito e purché risulti provato il nesso causale tra tale condotta, dolosa o colposa, e il danno prodotto. In caso contrario, infatti, il comportamento dell'amante è inidoneo a integrare gli estremi del danno ingiusto, costituente presupposto necessario del risarcimento ex art. 2043 c.c., avendo egli semplicemente esercitato il suo diritto, costituzionalmente garantito, alla libera espressione della propria personalità, diritto che può manifestarsi anche nell'intrattenere relazioni interpersonali con persone coniugate; allo stesso modo in cui, sia pure entro i limiti delineati, resta libero di autodeterminarsi ciascun coniuge (Cassazione civile sez. III - 07/03/2019, n. 6598).

In merito all'offesa alla salute, alla dignità ed all'onore dell'appellante, asseritamente patita in conseguenza della pubblicità della relazione sentimentale intrattenuta dalla Sig.ra (...) unitamente allo (...) le allegazioni di parte appellante sono unicamente idonee a comprovare che la Sig.ra (...) ha dato pubblicità della relazione sentimentale intrattenuta con il Sig. (...) mediante pubblicazione di due foto che li ritraevano vicini, in atteggiamenti di intimità, a far data dal gennaio 2013, in costanza di separazione giudiziale e prima che intervenisse sentenza di divorzio, in spregio a quei doveri di solidarietà e reciproco rispetto che non vengono meno con la semplice autorizzazione a vivere separati che consegue all'instaurazione del giudizio di separazionedoveri unicamente incombenti sui coniugi in virtù del vincolo matrimoniale, , non sono certamente idonee a fondare la responsabilità aquiliana dell'odierno appellato. Deve escludersi, dunque, che la relazione sentimentale intrattenuta dall'odierno appellato con la Sig.ra (...) possa integrare una condotta illecita fonte di responsabilità risarcitoria.

Medesime considerazioni devono svolgersi in merito all'asserita offensività dei post e dei commenti complessivamente ed unitariamente intesi, pubblicati dal Sig. (...) e dalla Sig.ra (...) sulle proprie pagine Facebook. Ai fini del presente giudizio, di accertamento dell'asserita responsabilità aquiliana unicamente in capo al Sig. (...) alcun rilievo possono acquisire i post pubblicati dalla Sig.ra (...) la quale non è parte processuale del medesimo giudizio. Per esigenze di completezza deve in ogni caso rilevarsi che la ricostruzione fiabesca narrata dalla Sig.ra (...) certamente allusiva della propria complessiva situazione familiare, è inidonea ad integrare una lesione della dignità ovvero dell'onore del Sig. (...) Mei summenzionato post la Sig.ra (...) descrive se stessa come una principessa che, mediante le proprie cure amorevoli, avrebbe trasformato un ranocchio in principe, adottando una narrazione di tipo fiabesco ed adattandola alla propria situazione personale. Ne consegue che i riferimenti alla possibilità di vivere modestamente e felicemente pur senza il castello od alla caduta del castello, contenuti nei post della Sig.ra (...) ovvero al decadimento, alla rovina od all'incendio del castello, contenuti nei post del Sig. (...) devono essere interpretati conformemente al significato simbolico loro conferito dagli autori dei post medesimi. Con i summenzionati post la Sig.ra (...) ha certamente inteso alludere alla fine della relazione coniugale con il Sig. (...) ed alla disgregazione del nucleo familiare, esercitando il proprio diritto di libera manifestazione del pensiero entro il limite della continenza, senza che la dignità del Sig. (...) possa ritenersi pubblicamente offesa. Medesime considerazioni devono svolgersi in merito ai post riferiti al castello del Sig. (...) dovendosi precisare che il significato dell'allusione al castello, nel difetto di una narrazione vagamente esplicativa analoga a quella della (...) è nel suo caso oscuro e privo di un rimando chiaro alla disgregazione della famiglia dell'odierno appellante.

Privi di pregio al fine della materia del contendere devono dirsi i post inerenti all'immagine del bovino o della pillola pubblicati anch'essi dalla Sig.ra (...) posto che, come correttamente rilevato dal Giudice di prime cure, le affermazioni della Sig.ra (...) "benché certamente allusive e condivisibilmente ritenute offensive dal Sig. (...) non possono essere automaticamente attribuite al Sig. (...) non essendovi prova alcuna che lo (...) abbia fatto proprie tali immagini.

I post personalmente pubblicati dal Sig. (...) unicamente rilevanti ai fini del presente giudizio, si connotano, invece, di un significato oggettivamente oscuro e confuso. Ad essi l'odierno appellante attribuisce un significato offensivo del proprio onore, senza dare conto del chiaro riferimento alla sua persona mediante l'utilizzo del termine "minestra" ovvero del termine "guscio". Non vi è prova alcuna, infatti, che questi siano soprannomi del Sig. (...) che lo (...) intendesse fare riferimento al (...) con tali appellativi ovvero che gli utenti di Facebook cui lo (...) ha ceso visibili i propri post potessero avere contezza del riferimento all'odierno appellante mediante i suddetti termini, il cui significato appare, al contrario, oggettivamente ignoto.

Premessa la differente natura dell'accertamento della condotta diffamatoria ai fini penalistici ed ai fini civilistici, questa Corte condivide, dunque, le ragioni dell'archiviazione per insussistenza del fatto di reato contestato, statuita dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Spoleto nel procedimento susseguente alla querela sporta dal Sig. (...) per i medesimi fatti.

Tanto premesso, ferma l'inconfigurabilità di una responsabilità aquiliana in capo allo (...) per aver questi meramente intrattenuto una relazione extraconiugale con la Sig.ra (...) in epoca antecedente alla separazione della stessa con il marito, Sig. (...) in ogni caso non provata-, non risulta sufficientemente allegata né provata alcuna ulteriore condotta illecita imputabile allo (...) idonea a ledere i diritti, costituzionalmente protetti, alla salute, alla dignità personale ed all'onore dell'odierno appellante.

10. Infine, per esigenze di completezza, devono dirsi non sufficientemente allegate né provate le conseguenze pregiudizievoli, patrimoniali e non patrimoniali, asseritamente patite dall'odierno appellante in conseguenza della condotta dell'odierno appellato ed assunte ad oggetto della domanda risarcito ria. A tal proposito, la sola dichiarazione resa dal dott. (...) in data 23.08.2011, in ordine alle manifestazioni psicosomatiche patite dal Sig. (...) in conseguenza della disgregazione del nucleo familiare ed allegata al fascicolo di parte appellante appare inidonea al corretto assolvimento degli oneri di allegazione e prova del danno concretamente subito, ordinariamente incombenti su colui che intenda far valere un diritto ai sensi dell'art. 2697 c.c. La domanda risulta, dunque, sguarnita delle allegazioni e prove idonee a comprovare il danno non patrimonrale effettivamente patito.

Pertanto, acciarata la mancanza di profili di illiceità della condotta dell'odierno appellato nonché la mancata, opportuna, allegazione e prova del danno concretamente patito, la domanda risarcitoria dell'odierno appellante deve essere integralmente respinta.

Le spese del primo grado di giudizio sono state correttamente poste a carico dell'attore soccombente, non ravvisandosi gravi ed eccezionali ragioni idonee a fondare una compensazione delle spese di lite in deroga al principio della soccombenza. Neppure è ravvisabile una novità della questione giuridica affrontata, ampiamente trattata dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, ed alla quale sono ordinariamente applicabili i principi generali in materia di responsabilità aquiliana. Il rigetto della domanda meramente accessoria ex art. 96 c.p.c. a fronte dell'integrale accoglimento delle eccezioni di parte convenuta, non configura, infine, un'ipotesi di parziale e reciproca soccombenza idonea a fondare una compensazione delle spese di lite ex art. 92 c.p.c.(Corte di Cassazione, sez. II, sent. 13/09/2019, n. 22951).

10. Conclusivamente, l'appello deve essere rigettato, per le ragioni anzidette, con conferma delle statuizioni di primo grado.

11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Respinta ogni diversa domanda, istanza ed eccezione, così decide:

1. Rigetta l'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata, n. 646/ 2019 emessa dal Tribunale di Spoleto, in composizione monocratica, in data 13.05.2019, pubblicata in data 17.05.2019, nella causa iscritta al n. r. g. 1069/ 2011;

2. Condanna (...) al pagamento delle spese di lite in favore di (...) e che si liquidano in Euro 6.615,00 oltre rimborso forfettario al 15 %, IVA e CAP come per legge;

3. Pone a carico di (...) il pagamento di una somma pari al contributo unificato.

Così deciso in Perugia, nella camera di consiglio del 10 marzo 2022.

Depositata in Cancelleria il 29 marzo 2022.