Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Assolto in primo grado, condannato in appello solo se .. (Corte EDU, Lorefice, 2017)

29 giugno 2017, Corte europea per i diritti dell'Uomo

Quando il giudice di appello si trovi a voler riformare una sentenza di assoluzione fondata su prova testimoniale (overturning), per giungere ad una dichiarazione di colpevolezza dell’imputato il Giudice di seconde cure non ha la facoltà, bensì l’obbligo di disporre nuovo esame dei testi rilevanti.

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA LOREFICE c. ITALIA

(Ricorso n. 63446/13)

SENTENZA

STRASBURGO
29 giugno 2017

Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Lorefice c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in una camera composta da:

  • Linos-Alexandre Sicilianos, presidente,
  • Kristina Pardalos,
  • Guido Raimondi,
  • Aleš Pejchal,
  • Ksenija Turković,
  • Armen Harutyunyan,
  • Pauliine Koskelo, giudici,

e da Renata Degener, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 6 giugno 2017,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi è un ricorso (n. 63446/13) presentato contro la Repubblica italiana con cui un cittadino di questo Stato, il sig. Giorgio Lorefice («il ricorrente»), ha adito la Corte il 26 settembre 2013 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).
2.  Il ricorrente è stato rappresentato dall’avvocato N. Paoletti, del foro di Roma. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora.
3.  Il ricorrente sosteneva, in particolare, che il procedimento penale a suo carico non era stato equo.
4.  Il 5 novembre 2015 il motivo di ricorso con cui il ricorrente lamentava che non fosse stata disposta una nuova audizione dei testimoni a carico in appello è stato comunicato al Governo e il ricorso è stato dichiarato irricevibile per il resto conformemente all’articolo 54 § 3 del regolamento della Corte.

IN FATTO

LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

5.  Il ricorrente è nato nel 1955. Attualmente è detenuto nella casa circondariale di Spoleto (Perugia).

A.  Le azioni penali a carico del ricorrente e il processo di primo grado

6.  Il ricorrente fu accusato di estorsione, detenzione di esplosivi, danneggiamento di beni altrui, favoreggiamento personale e tentato furto. Queste accuse si basavano sulle dichiarazioni di due testimoni, X, presunta vittima di alcuni dei fatti addebitati al ricorrente, e Y.
Il contenute di queste testimonianze era il seguente: il ricorrente era un amico di X; nel 2001, a seguito di un’esplosione che aveva danneggiato la casa di X, aveva dichiarato che gli autori dei fatti erano i membri di un’organizzazione criminale radicata in Sicilia, sebbene fosse stato proprio lui a provocare l’esplosione; egli si era proposto come intermediario e aveva convinto X a dargli la somma di 200.000.000 di lire (ITL — circa 103.291 EUR), necessaria secondo lui per soddisfare le richieste della banda criminale; in realtà, si era intascato questa somma.
7.  Il 10 dicembre 2004, X e Y furono interrogati nell’ambito di un incidente probatorio che si svolse dinanzi al giudice delle indagini preliminari («il GIP») di Sciacca in presenza dei rappresentanti delle parti.
8.  Il ricorrente fu rinviato a giudizio dinanzi al tribunale di Sciacca.
9.  Nel corso del dibattimento, il tribunale sentì più testimoni, tra cui X. Ordinò inoltre la trascrizione di alcune intercettazioni telefoniche.
10.  Il 26 settembre 2007, X, che si era costituito parte civile, produsse le registrazioni di alcune conversazioni che affermava di aver avuto con il ricorrente. Il tribunale ordinò la trascrizione di queste conversazioni e nominò un perito, incaricandolo di stabilire se le registrazioni in questione fossero state manipolate.
11.  Il tribunale ordinò una nuova audizione di X e l’audizione di cinque nuovi testimoni. Dopo questi interrogatori, le parti presentarono le loro difese orali.
12.  Con sentenza del 21 gennaio 2009, il cui testo fu depositato in cancelleria il 17 aprile 2009, il tribunale di Sciacca assolse il ricorrente da tutte le accuse mosse nei suoi confronti. In particolare ritenne che il fatto non sussistesse relativamente all’accusa di tentato furto e che, per quanto riguardava la condotta qualificata connivenza dalla procura, il fatto non costituisse reato. Quanto agli altri reati, il ricorrente fu assolto per non aver commesso il fatto.
13.  Il tribunale ordinò inoltre la trasmissione del fascicolo alla procura per valutare se fosse necessario avviare un’azione legale per falsa testimonianza contro X, Y e altri cinque testimoni.
14.  Nella motivazione della sua sentenza il tribunale esaminò le dichiarazioni di X, di Y e degli altri testimoni in questione alla luce degli elementi probatori prodotti nel corso del dibattimento. Si giunse alla conclusione che queste dichiarazioni non erano attendibili né corroborate da altri elementi. Il tribunale notò che X e Y erano stati ritenuti affidabili nell’ambito di un altro processo, che, per dei fatti simili, aveva portato alla condanna definitiva di una terza persona, Z. Tuttavia, esso rilevò che le affermazioni fatte da X e Y nell’ambito della causa riguardante il ricorrente sembravano imprecise, illogiche e incoerenti: secondo il tribunale, non solo erano poco credibili, ma erano anche false. Il tribunale notò peraltro che il perito d’ufficio giunse alla conclusione che le registrazioni prodotte da X in udienza erano state manipolate.
15.  Alla luce di queste considerazioni, il tribunale ritenne che, anche se si fosse dimostrato che X era stata vittima di un’estorsione commessa da Z, non era stato provato al di là di ogni ragionevole dubbio che il ricorrente era stato complice di questa estorsione. A giudizio del tribunale, il ruolo del ricorrente poteva in effetti essere stato limitato a quello di mero intermediario tra X e Z.

B.  Il processo d’appello

16.  Il procuratore e la parte civile interposero appello.
17.  L’udienza dinanzi alla corte d’appello di Palermo si tenne il 15 febbraio 2012. In tale occasione, il ricorrente rese delle dichiarazioni spontanee e le parti presentarono le loro difese orali.
18.  Con sentenza del 15 febbraio 2012, il cui testo fu depositato in cancelleria il 24 aprile 2012, la corte d’appello di Palermo riconobbe il ricorrente colpevole di estorsione e di detenzione di esplosivi e gli inflisse una pena di otto anni e sei mesi di reclusione e una multa di 1.600 EUR. La stessa corte lo condannò inoltre a risarcire i danni subìti dalla parte civile, specificando che l’importo di questi ultimi dovrebbe essere fissato nell’ambito di un procedimento civile separato. Per quanto riguarda gli altri reati di cui era imputato, fu dichiarata la loro estinzione per prescrizione.
19.  Dopo aver riesaminato le prove inserite nel fascicolo, la corte d’appello giunse alla conclusione che Y era un testimone attendibile, ritenendo che, nel complesso, le sue affermazioni fossero precise e corroborate da numerosi elementi, considerando peraltro che egli avesse dato giustificazioni pertinenti per alcune inesattezze e che le informazioni da lui fornite fossero state a torto ignorate dal giudice di primo grado. A suo avviso, lo stesso poteva sostanzialmente dirsi per quanto riguardava X. La corte d’appello notò quindi che il tribunale di Sciacca aveva contestato a questo testimone di aver inizialmente negato di essere stato vittima di un’estorsione e di aver mostrato una certa riluttanza a produrre gli elementi di prova in suo possesso. Tuttavia, a parere della corte d’appello, questo comportamento si spiegava con i timori di ritorsioni: una volta rassicurato sul fatto che la minaccia non proveniva da organizzazioni criminali ma dal ricorrente, X si era deciso a collaborare con le autorità. Peraltro, la corte d’appello non seguì la conclusione del tribunale secondo la quale le registrazioni prodotte da X erano state manipolate, e osservò che le dichiarazioni di quest’ultimo erano corroborate da quelle della moglie e del figlio.
20.  Secondo la corte d’appello, il ricorrente aveva modificato la sua versione dei fatti, adattando progressivamente le sue dichiarazioni via via che erano stati prodotti elementi a suo carico nel corso del processo. Sempre secondo la corte d’appello, il ricorrente conosceva molto bene Z, egli aveva cercato di ostacolare le indagini accusando una terza persona e, in una conversazione telefonica con sua sorella, aveva affermato di aver ricevuto una somma di denaro da parte di X.
21.  In ordine al quantum della pena, la corte d’appello ritenne che la gravità dei fatti e la personalità «negativa» del ricorrente impedissero di poter riconoscere a costui le circostanze attenuanti. Ritenne, invece, una aggravante la circostanza che l’interessato avesse fatto uso della forza di intimidazione propria delle organizzazioni criminali di tipo mafioso (articolo 7 del decreto legislativo n. 152 del 1991).

C.  Il ricorso per cassazione del ricorrente

22.  Il ricorrente propose ricorso per cassazione. A sostegno del suo ricorso, affermò, in particolare, che la corte d’appello aveva rivalutato in maniera sfavorevole alla difesa l’attendibilità dei testimoni a carico senza ordinare una nuova audizione di questi ultimi, fatto che a suo parere violava, tra altri, l’articolo 6 della Convenzione. Sosteneva anche che la motivazione della sentenza della corte d’appello era illogica e arbitraria, e non teneva debitamente conto di numerosi elementi che potevano nuocere alla attendibilità dei testimoni dell’accusa.
23.  Con sentenza del 27 marzo 2013, il cui testo fu depositato in cancelleria il 29 agosto 2013, la Corte di cassazione respinse il ricorso del ricorrente ritenendo che la corte d’appello avesse motivato in modo logico e corretto tutti i punti controversi.
24.  La Corte di cassazione osservò che, nella sua sentenza Dan c. Moldavia (n. 8999/07, 5 luglio 2011), la Corte aveva precisato che, prima di annullare un’assoluzione, il giudice d’appello era tenuto a ordinare una nuova audizione dei testimoni alla duplice condizione che le testimonianze in questione fossero decisive e che fosse necessario rivalutare l’attendibilità dei testimoni. L’alta giurisdizione rilevò, inoltre, che non esisteva una regola generale che imponesse al giudice d’appello di riaprire l’istruttoria per procedere a una reformatio in peius della sentenza di primo grado, in quanto questo giudice aveva unicamente l’obbligo di motivare la sua decisione in maniera rigorosa per quanto riguarda le ragioni che lo inducevano a discostarsi dal primo verdetto.
25.  Secondo la Corte di cassazione la causa che riguarda il ricorrente si distingueva dalla causa Dan, sopra citata, in quanto gli elementi a carico dell’accusato erano numerosi e diversificati. Pertanto, a suo avviso, «l’essenza della sentenza d’appello non p[oteva] (...) essere confusa con l’affermazione che un testimone, ritenuto non attendibile dal giudice di primo grado, [era] stato invece considerato credibile dal [giudice] d’appello». La Corte di cassazione notò che, nel caso di specie, la corte d’appello si era preoccupata di dare una lettura corretta e logica degli elementi probatori manifestamente travisati dal giudice di primo grado. Essa rilevò che, nell’ambito di questa rivalutazione globale, tale giudice aveva anche esaminato l’attendibilità dei testimoni, al fine di motivare la colpevolezza dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio.

II.  IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

A.  Il codice di procedura penale

26.  L’articolo 603, comma 3, del codice di procedura penale prevede che il giudice di appello dispone d’ufficio la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale se la ritiene assolutamente necessaria.

B.  La giurisprudenza della Corte di cassazione italiana

27.  Facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte stabilita tra l’altro dalla sentenza Dan (sopra citata), la Corte di cassazione italiana ha più volte affermato che il giudice d’appello che intende confutare una sentenza di assoluzione, deve procedere ad una nuova audizione dei testimoni nella misura in cui le loro dichiarazioni sono determinanti per concludere con la condanna dell’imputato e se la loro attendibilità deve essere rivalutata (tra altre, sentenza della Quinta Sezione, n. 38085 del 5 luglio 2012).
28.  Con sentenza n. 27620 depositata in cancelleria il 6 luglio 2016, la Corte di cassazione, a Sezioni Unite, ha inoltre precisato che:
«Ne discende che, nel caso di appello proposto contro una sentenza di assoluzione fondata su prove dichiarative (…) la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale si profila come «assolutamente necessaria» ex art. 603, comma 3, cod. proc. pen.
(...)
Nel caso di appello del pubblico ministero avverso una sentenza assolutoria, fondata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, il giudice di appello non può riformare la sentenza impugnata nel senso dell’affermazione della responsabilità penale dell’imputato, senza aver proceduto, anche d’ufficio, a norma dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., a rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado.»
Più in particolare, per quanto riguarda la decisività delle testimonianze, la Corte di cassazione ha affermato che:
«Ne discende che, ai fini della valutazione del giudice di appello investito di una impugnazione del pubblico ministero avverso una sentenza di assoluzione, devono ritenersi prove dichiarative “decisive” quelle che (…) hanno determinato o anche soltanto contribuito a determinare un esito liberatorio, e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso del materiale probatorio, si rivelano potenzialmente idonee a incidere sull’esito del giudizio di appello, nell’alternativa “proscioglimento-condanna”.
Appaiono parimenti «decisive» quelle prove dichiarative che, ritenute di scarso o nullo valore probatorio dal primo giudice, siano, nella prospettiva dell’appellante, rilevanti, da sole o insieme ad altri elementi di prova, ai fini dell’esito di condanna.»

IN DIRITTO

I.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE

29.  Il ricorrente contesta la sua condanna da parte della corte d’appello di Palermo, che sostiene essere contraria all’articolo 6 della Convenzione.
Nelle sue parti pertinenti nel caso di specie, tale disposizione recita:
«1.  Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (...) da un tribunale (...), il quale sia chiamato a pronunciarsi (...) sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. (...)
2.  (...)
3.  In particolare, ogni accusato ha diritto di:
(...);
b)  disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa;
(...);
d)  esaminare o far esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico;
(...).»
30.  Il Governo contesta questa tesi.

A.  Sulla ricevibilità

31.  Constatando che questo motivo di ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convention e non incorre in altri motivi di irricevibilità, la Corte lo dichiara ricevibile.

B.  Sul merito

1.  Gli argomenti delle parti

a)  Il ricorrente

32.  Il ricorrente fa riferimento ai principi esposti nelle cause Dan, (sopra citata), Manolachi c. Romania (5 marzo 2013, n. 36605/04) e Hanu c. Romania (n. 10890/04, 4 giugno 2013), e indica che il tribunale di Sciacca dopo avere esaminato i testimoni a carico, li aveva considerati inattendibili, e aveva ordinato la trasmissione del fascicolo alla procura per valutare se dovesse essere avviata un’azione penale per falsa testimonianza. Aggiunge che la corte d’appello ha annullato il verdetto di assoluzione pronunciato in primo grado senza ordinare una nuova audizione di tali testimoni, il che sarebbe incompatibile con i principi del processo equo.

b)  Il Governo

33.  Il Governo afferma che, secondo la giurisprudenza della Corte, quando un giudice di appello decide, sulla base di un riesame delle testimonianze a carico, di annullare il verdetto di assoluzione pronunciato nel giudizio di primo grado, in linea di principio dovrebbe rinnovare l’istruzione per procedere ad una valutazione diretta di tali testimonianze.
34.  Il Governo aggiunge che, per conformarsi alla giurisprudenza della Corte, la Corte di cassazione ha precisato che una reformatio in peius in appello non poteva avvenire senza una nuova audizione dei testimoni le cui dichiarazioni erano determinanti per concludere che l’imputato era colpevole e la cui attendibilità doveva essere rivalutata (sentenze della quinta sezione n. 25475 del 24 febbraio 2015, rv. 263903, e n. 52208 del 30 settembre 2014, rv. 262115). Esso indica che, invece, secondo la Corte di cassazione, il giudice di appello non è tenuto alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale qualora approdi, in base al proprio libero convincimento, ad una valutazione di colpevolezza attraverso una rilettura degli esiti della prova dichiarativa (di cui non ponga in discussione il contenuto o l'attendibilità), valorizzando gli elementi eventualmente trascurati dal primo giudice, ovvero evidenziando gli eventuali travisamenti in cui quest'ultimo sia incorso nel valutare le dichiarazioni (sentenza della seconda sezione n. 41736 del 22 settembre 2015, rv. 264682). La Corte di cassazione ha inoltre precisato quanto segue: il principio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" presuppone comunque che, in mancanza di elementi sopravvenuti, l'eventuale rivisitazione in senso peggiorativo compiuta in appello sullo stesso materiale probatorio già acquisito in primo grado sia sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare oggettive carenze o insufficienze della decisione assolutoria, che deve, quindi, rivelarsi, a fronte di quella riformatrice, non più sostenibile, neppure nel senso di lasciare in piedi residui ragionevoli dubbi sull'affermazione di colpevolezza; occorreva dunque, come detto, una forza persuasiva superiore, tale da far cadere «ogni ragionevole dubbio», in qualche modo intrinseco alla stessa situazione di contrasto. «La condanna, invero, presuppone la certezza della colpevolezza, mentre l'assoluzione non presuppone la certezza dell'innocenza ma la mera non certezza della colpevolezza» (sentenza della sesta sezione n. 40159 del 3 novembre 2011, rv. 251066).
35.  Passando ad esaminare i fatti della presente causa, il Governo indica che la Corte di cassazione ha ritenuto che il caso di specie si distinguesse dalla causa Dan, sopra citata (paragrafo 25 supra). In particolare, a suo parere, la corte d’appello non si è limitata a riesaminare l’attendibilità dei testimoni procedendo a una semplice lettura del contenuto delle loro dichiarazioni, ma ha effettuato un esame critico e approfondito della struttura della motivazione della sentenza resa dal tribunale di Sciacca. In tal modo, la corte d’appello ha indicato la corretta interpretazione delle deposizioni in questione alla luce di tutti gli elementi disponibili (intercettazioni telefoniche, prove ottenute nell’ambito di altri procedimenti penali, perizia delle registrazioni prodotte da X, informazioni fornite dai carabinieri, e comportamento «incomprensibile» del ricorrente la notte in cui è avvenuta l’esplosione).

2.  La valutazione della Corte

36.  La Corte rammenta che le modalità di applicazione dell’articolo 6 della Convenzione ai procedimenti di appello dipendono dalle particolarità del procedimento in questione; si deve prendere in considerazione tutto il processo complessivamente condotto nell’ordinamento giuridico interno e il ruolo che vi ha svolto il giudice di appello (Botten c. Norvegia, 19 febbraio 1996, § 39, Recueil des arrêts et décisions 1996-I, e Hermi c. Italia [GC], n. 18114/02, § 60, CEDU 2006 XII). Quando un giudice di appello è chiamato a esaminare una causa in fatto e in diritto e a studiare nel complesso la questione della colpevolezza o dell’innocenza, non può, per motivi di equità del processo, decidere di tali questioni senza una diretta valutazione dei mezzi di prova (Constantinescu c. Romania, n. 28871/95, § 55, CEDU 2000-VIII, Popovici c. Moldavia, nn. 289/04 e 41194/04, § 68, 27 novembre 2007, Marcos Barrios c. Spagna, n. 17122/07, § 32, 21 settembre 2010, Dan, sopra citata, § 30, Lazu c. Repubblica di Moldavia, n. 46182/08, § 40, 5 luglio 2016, Manoli c. Repubblica di Moldavia, n. 56875/11, § 32, 28 febbraio 2017, e, a contrario, Kashlev c. Estonia, n. 22574/08, §§ 48-50, 26 aprile 2016).
37.  Passando a esaminare i fatti della presente causa, la Corte osserva anzitutto che la corte d’appello di Palermo ha condannato il ricorrente sulla base delle dichiarazioni di X, la vittima presunta di alcuni dei fatti ascritti all’interessato, e di Y, un altro testimone, che avevano fatto deposizioni dinanzi ai giudici di primo grado (si veda il paragrafo 19 supra).
38.  La Corte osserva che il tribunale di Sciacca, il giudice di primo grade che ha sentito X al dibattimento (paragrafo 9 supra), ha assolto il ricorrente in quanto ha ritenuto che la deposizione di questo testimone non fosse attendibile. Secondo il tribunale, le dichiarazioni di quest’ultimo e quelle di Y, interrogato nel corso di un’udienza ad hoc dinanzi al GIP (paragrafo 7 supra), erano imprecise, illogiche e incoerenti. Il tribunale ha perciò considerato che, non soltanto tali dichiarazioni non erano corroborate da altri elementi, ma che erano anche false, il che l’ha portato a disporre la trasmissione del fascicolo alla procura allo scopo di valutare se fosse necessario avviare un’azione penale per falsa testimonianza contro X, Y e altri cinque testimoni (paragrafi 13-14 supra).
39.  La Corte osserva inoltre che, da parte sua, la corte d’appello aveva la possibilità, essendo un giudice di ricorso, di emettere una nuova decisione sul merito, cosa che ha fatto il 15 febbraio 2012. Tale giurisdizione poteva decidere di confermare l’assoluzione del ricorrente o di dichiararlo colpevole, dopo avere proceduto a una valutazione della questione della colpevolezza o dell’innocenza dell’interessato. Per farlo, la corte d’appello aveva la possibilità di ordinare d’ufficio la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, conformemente all’articolo 603 comma 3 del codice di procedura penale, e di procedere a una nuova audizione dei testimoni (paragrafo 26 supra).
40.  La Corte osserva che la corte d’appello di Palermo ha annullato la sentenza impugnata, discostandosi in tal modo dal parere del tribunale per quanto riguarda l’interpretazione delle stesse disposizioni esaminate dal giudice a quo. La corte d’appello ha considerato che le testimonianze di X e Y erano credibili, precise e corroborate da vari elementi. Essa inoltre ha ritenuto che Y avesse fornito delle giustificazioni pertinenti per alcune inesattezze e, per quanto riguarda X, che la sua reticenza iniziale si spiegasse con il timore di ritorsioni e che non vi fosse stata alcuna manipolazione delle registrazioni da lui prodotte. La corte d’appello ha anche attribuito una certa importanza alla condotta del ricorrente, osservando che questi aveva cercato di ostacolare le indagini, in quanto aveva ammesso di avere ricevuto una somma di denaro da parte di X e aveva progressivamente adattato le sue dichiarazioni mano a mano che erano stati prodotti elementi a suo carico nel corso del processo (paragrafi 19-20 supra).
41.  Si deve constatare che, nel caso di specie, la corte d’appello di Palermo non si è limitata a una nuova valutazione di elementi di natura meramente giuridica, ma si è pronunciata su una questione di fatto, ossia la credibilità delle deposizioni di X e Y, modificando in tal modo i fatti considerati dal giudice di primo grado. Secondo la Corte, un tale esame implica, per le sue caratteristiche, una presa di posizione su fatti decisivi per la determinazione della colpevolezza del ricorrente (si veda, mutatis mutandis, Igual Coll c. Spagna, n. 37496/04, § 35, 10 marzo 2009, Marcos Barrios, sopra citata, § 40, e si veda, a contrario, Leş c. Romania (dec.), n. 28841/09, 13 settembre 2016).
42.  A tale proposito, la Corte osserva che, per giungere a queste conclusioni, la corte d’appello non ha proceduto a una nuova audizione di X e Y, ma si è limitata a esaminare le dichiarazioni di questi ultimi come registrate nei verbali inseriti nel fascicolo (si veda, mutatis mutandis, Dan, sopra citata, § 32).
43.  Tenuto conto della posta in gioco per il ricorrente, la Corte non è convinta che le questioni che la corte d’appello di Palermo doveva dirimere prima di decidere di condannare l’interessato invalidando il verdetto di assoluzione del tribunale di Sciacca potessero, per motivi di equità del processo, essere esaminate in maniera adeguata senza una diretta valutazione delle testimonianze a carico. La Corte rammenta che coloro che hanno la responsabilità di decidere sulla colpevolezza o l’innocenza dell’imputato devono, in linea di principio, sentire di persona i testimoni e valutarne l’attendibilità (si veda Manoli, sopra citata, § 32 e, a contrario, Kashlev, sopra citata, §§ 48 50). La valutazione dell’attendibilità di un testimone è un’attività complessa che, normalmente, non può essere svolta mediante una semplice lettura del contenuto delle dichiarazioni di quest’ultimo, come riportate nei verbali delle audizioni (Dan, sopra citata, § 33).
44.  Certo, vi sono dei casi in cui risulta impossibile sentire un testimone di persona al dibattimento di appello, ad esempio a causa del suo decesso (si vedano, tra altre, Ferrantelli e Santangelo c. Italia, 7 agosto 1996, § 52, Recueil 1996-III, e Al-Khawaja e Tahery c. Regno Unito-Uni [GC], n. 26766/05 e 22228/06, § 153, CEDU 2011) o al fine di rispettare il suo diritto di mantenere il silenzio su circostanze che potrebbero condurre alla sua incriminazione (si veda, ad esempio, Craxi c. Italia (n. 1), n. 34896/97, § 86, 5 dicembre 2002). Tuttavia, non è stato affermato che nel caso di specie sussistessero tali impedimenti (si veda, mutatis mutandis, Dan, sopra citata, § 33).
45.  La Corte ha esaminato l’argomento del Governo secondo il quale, nel caso di specie, non era necessaria una nuova audizione di X e Y in quanto la corte d’appello, lungi dal limitarsi a riesaminarne l’attendibilità, aveva proceduto a un controllo approfondito della motivazione della sentenza del tribunale di Sciacca evidenziandone le lacune alla luce di tutti gli elementi di prova inseriti nel fascicolo (paragrafo 35 supra). Tuttavia, la Corte non vede in che modo tale circostanza potesse dispensare il giudice di appello dal suo obbligo di sentire personalmente i testimoni le cui dichiarazioni, che si apprestava a interpretare in maniera sfavorevole per l’imputato e completamente diversa rispetto a quella del giudice di primo grado, costituivano il principale elemento a carico.
46.  Alla luce di quanto sopra esposto la Corte ritiene che il fatto che la corte d’appello di Palermo non abbia proceduto ad una nuova audizione di X, Y e/o di altri testimoni prima di annullare il verdetto di assoluzione di cui il ricorrente aveva beneficiato in primo grado abbia pregiudicato l’esito del processo.
47.  Di conseguenza, vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

II.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

48.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.  Danno

49.  Il ricorrente chiede la somma di 10.000 euro (EUR) per il danno morale che sostiene di avere subito.
50.  Il Governo contesta tale richiesta.
51.  La Corte ritiene doversi accordare al ricorrente la somma di 6.500 EUR per il danno morale.
52.  La Corte rammenta inoltre che, quando, come nel caso di specie, un privato è stato condannato all’esito di un procedimento che non ha soddisfatto le esigenze dell’articolo 6 della Convenzione, un nuovo processo o una riapertura del procedimento, su richiesta dell’interessato, costituiscono, in linea di principio, un mezzo adeguato per riparare la violazione constatata (si vedano, mutatis mutandis, Öcalan c. Turchia [GC], n. 46221/99, § 210, CEDU 2005-IV, Popovici, sopra citata, § 87, e Gerovska Popčevska c. «Ex-Repubblica jugoslava di Macedonia, n. 48783/07, § 68, 7 gennaio 2016).

B.  Spese

53.  Senza produrre documenti giustificativi a sostegno della sua richiesta, il ricorrente chiede la somma di 4.000 EUR per le spese.
54.  Il Governo si oppone a questa richiesta.
55.  Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Inoltre, quando constata una violazione della Convenzione, la Corte riconosce al ricorrente il rimborso delle spese da lui sostenute per il procedimento dinanzi ai giudici nazionali soltanto nella misura in cui tali spese siano state destinate a far prevenire la violazione o a porvi rimedio da parte di tali giudici. Nella fattispecie, la Corte osserva che la domanda di rimborso delle spese non è sufficientemente dettagliata né accompagnata da documenti giustificativi pertinenti. Pertanto, respinge la domanda formulata dal ricorrente a questo titolo.

C.  Interessi moratori

56.  La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
  3. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi dal giorno in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, la somma di 6.500 EUR (seimilacinquecento euro) più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale;
    2. che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tale importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  4. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 29 giugno 2017 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento della Corte.

Renata Degener
Cancelliere aggiunto

Linos-Alexandre Sicilianos
Presidente