Il decreto penale non è nullo in conseguenza dell’erronea indicazione delle generalità dell’imputato, ma solo "se l’imputato non è identificato in modo certo".
Se l'atto giudiziario viene notificato dall'Ufficiale giudiziario mediante deposito presso il Comune con affissione raccomandata a causa di assenza al domicilio dell’imputato, gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della raccomandata: se la consegna di tale raccomandata non può essere fatta personalmente al destinatario, il piego è consegnato a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui, oltre ad altre persone.
La modalità di notificazione ai sensi dell’art. 157, comma 8 cod. proc. pen. è nulla solo "se è stata omessa l’affissione o non è stata data la comunicazione prescritta" (art. 171, comma 1, lett. f cod. proc. pen.), mentre non trova applicazione la nullità prevista dalla lett. d dello stesso art. 171 cod. proc. pen. ("se sono violate le disposizioni circa la persona cui deve essere consegnata la copia"), che fa riferimento alle notificazioni eseguite direttamente dall’ufficiale giudiziario.
La certezza della consegna al destinatario dell’atto della raccomandata, inviata dall’Ufficiale Giudiziario dopo i due inutili accessi e il deposito presso la casa comunale, non è richiesta dalla legge, tanto che si è affermato che, qualora la raccomandata non possa essere recapitata per assenza od inidoneità delle persone chiamate a riceverla e non venga ritirata nei termini, l’ufficiale giudiziario non è tenuto ad informare il destinatario della notifica del deposito e delle formalità compiute mediante la spedizione di una ulteriore raccomandata: e ciò in quanto l’Ufficiale giudiziario, oltre ad inviare la raccomandata in cui avvisa il destinatario del deposito presso la casa comunale, ha anche proceduto all’affissione alla porta di casa di abitazione del destinatario dello stesso avviso.
La presunzione di conoscenza dell’atto da parte del destinatario è legittima poiché la procedura in questione può essere seguita solo in caso di temporanea assenza del destinatario, e non di sua irreperibilità nel luogo dove è stato ricercato.
Ai fini della applicazione dell’art. 157, cod. proc. pen., per "familiari conviventi" devono intendersi non soltanto le persone che convivono stabilmente con il destinatario dell’atto e che anagraficamente facciano parte della sua famiglia, ma anche quelle che si trovino al momento della notificazione nella sua casa di abitazione, purché le stesse, per la qualifica declinata all’ufficiale giudiziario, rappresentino a quest’ultimo una situazione di convivenza, sia pure di carattere meramente temporaneo, che legittima nell’agente notificatore il ragionevole affidamento che l’atto perverrà all’interessato.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 novembre – 29 novembre 2018, n. 53622
Presidente Casa – Relatore Rocchi
Ritenuto in fatto
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Termini Imerese, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza del difensore di L.B.P. con cui si chiedeva la declaratoria di nullità del decreto penale di condanna per essere stata indicata una data di nascita dell’imputato diversa da quella effettiva e per l’omessa notifica del decreto allo stesso imputato.
Il Giudice riteneva che l’errore materiale nell’indicazione della data di nascita dell’imputato non determinasse la nullità del provvedimento ed osservava che la notifica del decreto era stata ritualmente effettuata a mani della figlia convivente di L.B. .
2. Ricorre per cassazione il difensore di L.B.P. , deducendo, in un primo motivo, violazione degli artt. 460 e 171 cod. proc. pen..
Il ricorrente sottolinea, in primo luogo, che le generalità della persona erano diverse da quelle di L.B. , atteso che il condannato veniva indicato essere nato a (omissis) , mentre il ricorrente è nato il (omissis). L’erronea indicazione della data di nascita aveva determinato l’impossibilità per il ricorrente di proporre opposizione.
Il ricorrente, inoltre, deduce nullità della notifica del decreto penale di condanna: la relata di notifica del decreto penale dava atto che il plico era stato consegnato a tale L.B.M. nella qualità di figlia convivente: ma il ricorrente non ha alcuna figlia di nome M. , né una sorella di tale nome e non conosceva alcuna L.B.M. .
Pertanto la notifica era nulla in quanto mai giunta al destinatario che, di conseguenza, non aveva potuto proporre opposizione.
In un secondo motivo il ricorrente deduce vizio della motivazione.
La motivazione mancava di supporto logico giuridico sia nel considerare mero errore materiale l’indicazione della data di nascita, sia nell’affermare che la notifica era stata operata a L.B.M. , figlia convivente del condannato.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
3. Il Procuratore generale dr. Sante Spinaci, nella requisitoria scritta, conclude per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è palesemente infondato.
Il decreto penale non è nullo in conseguenza dell’erronea indicazione delle generalità dell’imputato, ma solo "se l’imputato non è identificato in modo certo", in applicazione analogica dell’art. 429, comma 2 cod. proc. pen.; infatti, l’incertezza sulla individuazione anagrafica dell’imputato è irrilevante ai fini della prosecuzione del processo penale, quando sia certa l’identità fisica della persona, nei cui confronti è stata iniziata l’azione, potendosi, pur sempre, provvedere alla rettifica delle generalità erroneamente attribuite, nelle forme prescritte dall’art. 130 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 6873 del 20/04/1995 - dep. 14/06/1995, P.M. in proc. Imeri, Rv. 201902).
Nel caso di specie, la qualificazione da parte del giudice dell’esecuzione dell’indicazione della data di nascita del soggetto destinatario del decreto penale di condanna come frutto di errore materiale è del tutto logica, sia perché la differenza con le generalità esatte è minima (solo l’anno di nascita), sia perché il luogo di nascita (…) è il medesimo, sia perché l’atto venne notificato alla residenza di L.B.P. , odierno ricorrente.
La deduzione del ricorrente secondo cui l’indicazione potrebbe riguardare una diversa persona fisica è chiaramente astratta; si aggiunga che il ricorrente ben poteva rendersi conto di essere l’effettivo destinatario dell’atto, tenuto conto che il decreto penale era stato emesso con riferimento alla attività professionale (titolare di macelleria) dallo stesso esercitata.
2. Quanto, invece, alla ritualità della notifica, si deve precisare che il decreto penale è stato notificato con la procedura descritta dall’art. 157, comma 8 cod. proc. pen., atteso che nei due accessi eseguiti l’Ufficiale giudiziario non aveva rinvenuto alcuno al domicilio dell’imputato e aveva, di conseguenza, depositato l’atto presso la casa Comunale, eseguito l’affissione a norma di legge e inviato la raccomandata prevista dalla norma.
La questione sollevata dal ricorrente riguarda, quindi, la consegna di tale raccomandata: la norma appena citata, del resto, dispone che gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della raccomandata.
Tuttavia, per tale consegna non trovano applicazione le disposizioni dello stesso articolo 157, commi da 1 a 6, cod. proc. pen., ma le norme sulla notificazione a mezzo posta: in particolare l’art. 7, comma 2, legge 890 del 1982 prevede che, se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, il piego è consegnato a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui, oltre ad altre persone.
Peraltro, per tale notifica non trovano applicazione le nullità previste dall’art. 171 cod. proc. pen.: in effetti, la modalità di notificazione ai sensi dell’art. 157, comma 8 cod. proc. pen. è nulla solo "se è stata omessa l’affissione o non è stata data la comunicazione prescritta" (art. 171, comma 1, lett. f cod. proc. pen.), mentre non trova applicazione la nullità prevista dalla lett. d dello stesso art. 171 cod. proc. pen. ("se sono violate le disposizioni circa la persona cui deve essere consegnata la copia"), che fa riferimento alle notificazioni eseguite direttamente dall’ufficiale giudiziario.
In effetti, la certezza della consegna al destinatario dell’atto della raccomandata, inviata dall’Ufficiale Giudiziario dopo i due inutili accessi e il deposito presso la casa comunale, non è affatto richiesta, tanto che si è affermato che, qualora la raccomandata non possa essere recapitata per assenza od inidoneità delle persone chiamate a riceverla e non venga ritirata nei termini, l’ufficiale giudiziario non è tenuto ad informare il destinatario della notifica del deposito e delle formalità compiute mediante la spedizione di una ulteriore raccomandata (Sez. 4, n. 14183 del 06/03/2015 - dep. 08/04/2015, Anastasi, Rv. 263309; Sez. 2, n. 6953 del 02/02/2010 - dep. 19/02/2010, D’Ambra, Rv. 246486): e ciò in quanto l’Ufficiale giudiziario, oltre ad inviare la raccomandata in cui avvisa il destinatario del deposito presso la casa comunale, ha anche proceduto all’affissione alla porta di casa di abitazione del destinatario dello stesso avviso. La presunzione di conoscenza dell’atto da parte del destinatario, quindi, è legittima, poiché la procedura in questione può essere seguita solo in caso di temporanea assenza del destinatario, e non di sua irreperibilità nel luogo dove è stato ricercato.
In ogni caso, anche volendo applicare integralmente l’art. 157 cod. proc. pen. anche per la consegna della raccomandata in questione, si deve ricordare che questa Corte ha ripetutamente affermato che, ai fini della applicazione dell’art. 157, cod. proc. pen., per "familiari conviventi" devono intendersi non soltanto le persone che convivono stabilmente con il destinatario dell’atto e che anagraficamente facciano parte della sua famiglia, ma anche quelle che si trovino al momento della notificazione nella sua casa di abitazione, purché le stesse, per la qualifica declinata all’ufficiale giudiziario, rappresentino a quest’ultimo una situazione di convivenza, sia pure di carattere meramente temporaneo, che legittima nell’agente notificatore il ragionevole affidamento che l’atto perverrà all’interessato (Sez. 3, n. 5930 del 17/12/2014 - dep. 10/02/2015, Currò, Rv. 263177; Sez. 4, n. 9499 del 05/02/2013 - dep. 27/02/2013, Petronelli, Rv. 254758; Sez. 6, n. 4611 del 15/12/2010 - dep. 09/02/2011, Rizzo, Rv. 249341); di conseguenza, l’eccezione di nullità fondata sull’inesistenza del rapporto di convivenza deve essere rigorosamente provata e a tal fine non è sufficiente l’allegazione di un certificato anagrafico di residenza in cui non figuri il nome del consegnatario dell’atto in questione (Sez. 5, n. 38578 del 04/06/2014 - dep. 19/09/2014, Salvatore e altro, Rv. 262222; Sez. 5, n. 7399 del 06/11/2009 - dep. 24/02/2010, Capano, Rv. 246092): infatti, il concetto di convivenza è diverso da quello di coabitazione e, quindi, anche persone anagraficamente residenti in luoghi differenti possono essere temporaneamente conviventi.
Nella relata in questione, si dava atto che la raccomandata veniva consegnata alla zia (non alla figlia) di L.B.P. , che si era qualificata come familiare convivente: ciò era sufficiente per ritenere che la stessa - che si trovava in quell’occasione nell’abitazione del destinatario - fosse con lui temporaneamente convivente.
In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.