Non si può autocertificare l'assenza di condanne, neppure in conformità al certificato penale, se si è stati destinatari di un decreto penale di condanna con il beneficio della non menzione e quindi non riportato nel casellario giudiziale.
Cfr., per maggiori informazioni, le nozioni introduttive sul funzionamento del casellario giudiziale: http://www.canestrinilex.com/risorse/condanne-penali-fedina-penale-visura-nozioni-introduttive/ (con modelli).
Corte di Cassazione
sez. V Penale, sentenza 13 ottobre - 24 novembre 2014, n. 48681
Presidente Lombardi - Relatore Guardiano
Fatto e diritto
1. Con sentenza pronunciata il 2.4.2013 la corte di appello di Genova, in riforma della sentenza con cui il tribunale di Imperia, in data 17.6.2010, aveva assolto S.S. dal delitto di cui all'art. 483, c.p., con la formula perché il fatto non sussiste, affermava la penale responsabilità della S. in ordine al delitto innanzi indicato, per avere dichiarato falsamente nella domanda di iscrizione al registro dei praticanti del Collegio dei Geometri di Imperia, in sede di autocertificazione, di non essere gravata da precedenti penali, laddove la stessa risulta essere stata condannata dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Sanremo, con decreto penale di condanna emesso in data 8.3.2006, divenuto esecutivo il 21.7.2006, in seguito alla mancata opposizione dell'imputata, per i reati di ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione, personalmente, la S.S. , lamentando: 1) violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto la corte territoriale, venendo meno all'obbligo di motivazione rafforzata che su essa gravava in conseguenza dell'assoluzione di primo grado, non ha adeguatamente motivato in ordine alla circostanza che l'imputata fosse a conoscenza della condanna subita all'atto della presentazione della domanda di iscrizione, non avendo il pubblico ministero fornito alcuna prova sulla esistenza del decreto penale di condanna e della notificazione di tale provvedimento, ai sensi dell'art. 460, c.p.p., né sull'avvenuto pagamento della sanzione pecuniaria, risultando, peraltro, incontestato che nel certificato richiesto dalla S. , dopo il rigetto della sua richiesta di iscrizione, non risultavano precedenti penali a suo carico; evidenzia al riguardo la ricorrente che la prova della responsabilità dell'imputata non può essere desunta dal contenuto del certificato del casellario giudiziale in atti, la cui utilizzazione è limitata alla valutazione della personalità del reo; 2) violazione di legge e mancanza di motivazione sulla entità del trattamento sanzionatorio, fissato in tre mesi di reclusione, e sulla condanna al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio, anche in considerazione delle modeste condizioni economiche dell'imputata, nonché delle sue condizioni di vita individuale, familiare e sociale, rappresentate nel giudizio di primo grado ed affatto considerate dalla corte territoriale; 3) violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione al delitto di cui all'art. 483, c.p., in quanto, nel caso in esame, da un lato non si è in presenza di un atto pubblico, poiché con la delibera di iscrizione o di non iscrizione l'organo si limita ad attestare la sussistenza o meno dei requisiti previsti per l'iscrizione all'albo in capo al richiedente, senza riportare le dichiarazioni di quest'ultimo, che, quindi, non sono destinate ad essere trasfuse nell'atto, dall'altro difetta la prova del dolo del delitto in questione; 4) violazione di legge in ordine all'art. 2229, co. 2, c.c. e dell'art. 33, ultimo comma, Cost., in quanto la verifica del possesso dei menzionati requisiti costituisce compito precipuo degli Ordini o dei Collegi professionali, soggetti alla vigilanza dello Stato, per cui mai la dichiarazione resa dalla S. avrebbe potuto essere trasfusa nel provvedimento amministrativo; 5) violazione di legge in relazione all'art. 2, l. n. 75 del 1985, in quanto la direttiva del Consiglio Nazionale dei Geometri, che impone come condizione per l'iscrizione non avere mai riportato condanne penali, è contraria alla legge, che non prevede tale requisito come necessario per l'iscrizione all'albo, e viola il citato art. 33, ultimo comma, Cost., secondo cui gli Ordini possono darsi ordinamenti autonomi nell'ambito della legge.
3. Il ricorso non può essere accolto.
4. Ed invero, con motivazione approfondita ed immune da vizi logici, la corte territoriale ha evidenziato come l'imputata abbia affermato oggettivamente il falso nella dichiarazione resa ai sensi della l. 4 gennaio 1968, n. 15, che accompagnava la sua domanda di iscrizione al registro dei praticanti geometri presentata il 12.2.2007 presso la segreteria del Collegio dei Geometri di Imperia, attestando "di non avere riportato condanne, fidando sulle risultanze di un certificato, che, proprio perché rilasciato a seguito di sua richiesta, avrebbe dovuto metterla in condizione di una più approfondita verifica del suo stato proprio per il precedente penale di cui era bena conoscenza".
Ciò sul presupposto incontestabile, osserva la corte territoriale, che la S. ha riportato condanna per i reati di ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi, commessi in (?) il (omissis), in virtù di decreto penale emesso in data 8.3.2006 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Sanremo, divenuto esecutivo per mancata opposizione dell'imputata il 21.7.2006, come si evince dal casellario giudiziale in atti (cfr. pp. 4-5 dell'impugnata sentenza).
Ritiene il Collegio che tale assunto sia condivisibile.
Come affermato dall'orientamento dominante in sede di legittimità, infatti, integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico, la condotta di colui che nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, attesti falsamente di non aver riportato condanne penali, in quanto detta autocertificazione riveste la funzione (art. 46 del d.P.R. n. 445 del 2000) di provare i fatti attestati, evitando al privato l'onere di provarli con la produzione di certificati (nella specie certificato del casellario giudiziale) e così collegando l'efficacia probatoria dell'atto al dovere del dichiarante di dichiarare il vero (cfr. Cass., sez. V, 25/11/2008, n. 6063, rv. 243324; Cass., sez. V, 9/7/2010, n. 37237, rv. 248646).
Nel caso in esame, pertanto, stante l'incontestata natura di enti pubblici non economici degli Ordini e dei Collegi nazionali professionali, inclusi tra le pubbliche amministrazioni, giusta la previsione dell'art. 1, comma 2 d.lg. n. 29 del 1993, poi trasfuso nel d.lg. n. 165 del 2001, (cfr. Cass. civ., sez. I, 14.10.2011, n. 21226), la condotta della S. integra gli estremi del delitto previsto dall'art. 483 c.p., in quanto, da un lato le dichiarazioni sostitutive, attestanti stati e qualità personali, ex art. 46 d.P.R. n. 445 del 2000, "sono considerate come fatte a pubblico ufficiale", d'altro canto, l'atto nel quale tali dichiarazioni sono trasfuse è destinato a provare la verità dei fatti attestati e a produrre specifici effetti (cfr. Cass., sez. II, 12/01/2012, n. 4970, rv. 251815; Cass., sez. V, 07/03/2008, n. 13556, rv. 239827), consistenti nell'ammissione della S. al registro dei praticanti del Collegio dei Geometri di Imperia, articolazione locale del Consiglio Nazionale dei Geometri e dei Geometri Laureati, condizionata, ai sensi dell'art. 2 delle direttive del suddetto Consiglio Nazionale, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, al requisito di non avere riportato condanne penali.
Previsione quest'ultima che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non integra nessuna violazione dell'art. 2 della legge 7 marzo 1985 n. 75, recante "Modifiche all'ordinamento professionale dei geometri", secondo cui, anzi, "le modalità di iscrizione e svolgimento del praticantato, nonché la tenuta dei relativi registri da parte dei collegi professionali dei geometri saranno disciplinate" proprio "dalle direttive che il Consiglio nazionale professionale dei geometri dovrà emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge".
Priva di pregio risulta, poi, la censura di cui al n. 4), apparendo evidente che il reato risulta consumato nell'avere la S. rappresentato all'articolazione territoriale dell'ente pubblico una falsa circostanza di fatto, non incidendo sulla oggettiva falsità di quanto rappresentato l'esercizio dei poteri di verifica sul possesso dei requisiti prestabiliti da parte del Collegio dei Geometri.
Né sussistono dubbi sulla esistenza dell'elemento soggettivo del delitto di cui si discute, costituito dalla volontà cosciente e non coartata di compiere il fatto e nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero (cfr. Cass., sez. V, 31/05/2012, n. 33218).
La circostanza di essere stata destinataria di un decreto penale di condanna, con cui le era stato concesso il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati, non per ragione di diritto elettorale, ai sensi dell'art. 175, co. 1, c.p., infatti, in considerazione della conoscenza da parte della S. di tale condanna e del relativo beneficio, che si desume dalla notifica del provvedimento a quest'ultima, ai sensi dell'art. 460, co. 3, c.p.p., condizione necessaria affinché il decreto venisse dichiarato esecutivo per mancata opposizione della ricorrente, giusta la previsione dell'art. 461, co. 5, c.p.p., rende evidente che l'imputata abbia scientemente affermato il falso nel dichiarare di essere immune da precedenti penali, nella piena consapevolezza di violare il dovere di rappresentare il vero in sede di autocertificazione.
Sul punto, dunque, le censure della ricorrente, che non ha provato, come sarebbe stato suo onore specifico, l'omessa notifica nei suo confronti del richiamato decreto penale di condanna, non colgono nel segno.
Al riguardo va ribadito il principio, affermato in condivisibili arresti del Supremo Collegio, secondo cui l'onere di provare il fatto processuale, dal quale dipenda l'accoglimento dell'eccezione procedurale (nel caso in esame la mancata notifica alla S. del decreto penale di condanna), grava sulla parte che ha sollevato l'eccezione stessa (cfr. Cass., sez. V, 17.12.2008, n. 600, RV. 242551; Cass., sez. V; 18.11.2010, n. 1915, rv. 249048).
Del tutto legittimamente, inoltre, la corte territoriale, per ritenere dimostrata la responsabilità penale dell'imputata, ha fatto riferimento alla condanna indicata nel certificato del casellario giudiziale in atti, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non è ammissibile limitare il rilievo probatorio del contenuto di tale documento, che, ai sensi dell'art. 431, co. 1, lett. g), c.p.p., fa parte del fascicolo per il dibattimento, ed è quindi pienamente utilizzabile ai fini della decisione, giusto il disposto dell'art. 511, c.p.p., richiamato dall'art. 598, c.p.p., esclusivamente ai fini della valutazione della personalità dell'imputato.
Infondati sono, altresì, i rilievi sulla omessa motivazione in tema di trattamento sanzionatorio, che la corte territoriale ha fissato in mesi tre di reclusione, ritenendo tale pena equa, alla luce dei criteri di cui all'art. 133, c.p..
Come affermato da un condivisibile orientamento della Suprema Corte, infatti, non è necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta contenuta in una fascia medio-bassa rispetto alla pena edittale, come nel caso in esame, in cui il massimo della pena per il delitto di cui all'arti. 483, co. 1, c.p., è pari a due anni di reclusione (cfr. Cass., sez. IV, 14/07/2010, n. 36358, T.V.; Cass., sez. IV, 05/11/2009, n. 6687, C. e altro; Cass., sez. Ili, 08/10/2009, n. 42314, E.). Manifestamente infondata, infine, è la censura relativa alla condanna dell'imputata al pagamento delle spese processuali per entrambi i gradi di giudizio, che consegue ex lege all'affermazione della sua responsabilità penale, ai sensi dell'art. 597, co. 2, lett. b), c.p.p..
5. Sulla base delle svolte considerazioni, dunque, il ricorso va rigettato, con condanna della ricorrente, ai sensi dell'art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
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Cfr. però http://www.altalex.com/index.php?idnot=7086 "Falsa dichiarazione di non aver riportato condanne: insufficienza di prova del dolo"
REPUBBLICA ITALIANA
in nome del popolo italiano
LA CORTE DI APPELLO DI TRENTO
SEZIONE PENALE
composta dai signori magistrati:
Dott. TITO GARRIBBA PRESIDENTE
Dott. CARMINE PAGLIUCA CONSIGLIERE
Dott. GUGLIELMO AVOLIO CONSIGLIERE
ha pronunciato in Camera di Consiglio la seguente
SENTENZA
nei confronti di
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non sofferta carcerazione preventiva
LIBERO-PRESENTE
IMPUTATO
del reato p.e.p. dagli artt. 99 e 495 c.p. perché dichiarava falsamente al vice isp. S. R., durante l?interrogatorio tenuto si presso gli Uffici della Sezione Polizia Giudiziaria di Trento ? Aliquota Polizia di Stato, di non aver riportato condanne in Italia e all?estero. Con l?aggravante di aver commesso il fatto con recidiva.
In Trento il 27/02/1998
APPELLANTE
i difensori dell?imputato avverso la sentenza del Tribunale di Trento in comp. monocratica n. 1432/02 del 19/12/02 che lo dichiarava colpevole del reato ascrittogli ed applicata la diminuente del rito lo condannava alla pena di mesi uno di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Sostituiva mesi uno di reclusione con ? 1.162,00 di multa.
Udita la relazione della causa fatta in Camera di Consiglio dal Consigliere Dott. Guglielmo Avolio.
Sentito il Procuratore Generale dr. Stefano Diez che ha concluso chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
Sentito il difensore di fiducia avv. Nicola Canestrini di Rovereto che chiede l?assoluzione perché il fatto non costituisce reato o con altra formula.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Interrogato dalla PG in qualità di persona sottoposta ad indagini, *** dichiarò in data 27/2/1998 di non aver riportato condanne in Italia ed all?estero.
E? peraltro pacifico che il 16/9/1997 era divenuto irrevocabile nei suoi confronti ed era stato posto in esecuzione un decreto penale di condanna alla pensa di lire 200mila di multa per la contravvenzione di disturbo della quiete pubblica.
Il primo Giudice, apprezzata la materialità del fatto, irrogava la pena sostituita di mesi 1 di reclusione.
Avverso detta sentenza interponeva rituale appello l?imputato, richiedendo l?assoluzione per insussistenza del dolo e per la scusabilità dell?errore in cui era evidentemente incorso l?imputato dichiarante.
All?odierno giudizio camerale di appello, celebrato alla presenza dell?imputato, le parti hanno preso le conclusioni trascritte a verbale.
L?appello è fondato sotto il profilo dell?insufficienza di prova del dolo. Come sottolinea la difesa, infatti, appare ragionevole ritenere che ***- il quale, sia detto per mero inciso, non poteva sperare in alcun particolare beneficio, attraverso il nascondimento della modesta condanna riportata ? neppure si sia reso conto di avere subito una condanna penale, in quanto mai sottoposto a processo e colpito da pena detentiva, ma semplicemente costituito con lettera raccomandata a corrispondere una modesta multa mediante pagamento di cartella esattoriale (che, tra l?altro, avrebbe recato la dicitura esplicativa ?Mod. 303 ? iscrizione a ruolo per imposte indirette, tributi locali ed altre entrate?).
Né può sottacersi che l?imputato, chiedendo il rilascio di un certificato penale, si sarebbe visto pure sempre ?incensurato?, conseguendo ex lege la non menzione alla condanna per decreto penale (art. 689 n. 5 cpp).
Deve pertanto ritenersi che *** ben possa avere rivendicato la propria incensuratezza per avere, per mero errore e quindi per colpa, ritenuto di essere ancora immune da condanne penali.
Segue la riforma in tal senso della sentenza impugnata
P.Q.M.
Visto l?art. 599 c.p.p.
In riforma della sentenza impugnata assolve *** dalla imputazione ascrittagli perché il fatto non costituisce reato.
Trento, 25 febbraio 2004
Il Consigliere estensore
Il Presidente