Il beneficio della non menzione della condanna non può essere negato per il comportamento processuale mendace dell’imputato, al quale l’ordinamento riconosce il diritto al silenzio, nonché quello di negare, anche mentendo, le circostanze di fatto a lui sfavorevoli.
Il beneficio della non menzione persegue lo scopo di favorire il ravvedimento del condannato mediante l’eliminazione della pubblicità quale particolare conseguenza negativa del reato, mentre la sospensione condizionale della pena ha l’obiettivo di sottrarre alla punizione il colpevole che presenti possibilità di ravvedimento e di costituire, attraverso la possibilità di revoca, un’efficace remora ad ulteriori violazioni della legge penale; non si ritiene contraddittorio il diniego di uno dei due benefici e la concessione dell’altro.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 novembre – 13 dicembre 2018, n. 56100
Presidente Di Nicola – Relatore Ramacci
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’appello di Bari, con sentenza dell’11 dicembre 2017 ha confermato la decisione con la quale, in data 3 novembre 2016, il Tribunale di Trani aveva affermato la responsabilità penale di M.G. per il reato di cui all’art. 600-ter, comma 3 cod. pen., perché, attraverso sistemi di condivisione di file cosiddetti "peer-to-peer" e, comunque, con qualsiasi altro mezzo, anche telematico, distribuiva, divulgava e, in ogni caso, diffondeva materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto e, comunque, offriva o cedeva ad altri, anche a titolo gratuito, il suddetto materiale pornografico. Fatto commesso in (omissis) , in esso assorbito il reato di cui all’art. 600-quater cod. pen., pure originariamente contestato.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, lamentando che la Corte territoriale, nel negare il richiesto beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziario, non avrebbe, in primo luogo, spiegato le ragioni per le quali la sentenza di primo grado non sarebbe nulla sul punto, avendo il Tribunale, pur riconoscendo le circostanze attenuanti generiche e concedendo il beneficio della sospensione condizionale della condanna, omesso ogni pronuncia in merito alla ulteriore richiesta della non menzione.
Aggiunge, poi, che la Corte d’Appello, nel giustificare il proprio diniego, avrebbe fatto ricorso ad una motivazione illegittima, carente ed illogica, sostenendo che l’istituto della non menzione andrebbe contemperato con l’esigenza di salvaguardia della collettività e ciò in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza, la quale indica in quelli descritti dall’articolo 133 cod. pen. i criteri ai quali il giudice deve attenersi nel valutare la concedibilità o meno del beneficio.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
2. Va premesso che l’impugnazione prospetta la sola questione della mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato penale, mentre nessuna censura viene mossa alla sentenza impugnata in punto di responsabilità, che resta, pertanto,definitivamente affermata.
3. Ciò premesso, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il beneficio della non menzione, fondato sul principio dell’"emenda", essendo finalizzato a favorire il processo di recupero morale e sociale del condannato, richiede per la sua applicazione, secondo quanto disposto dall’art. 175 cod. pen., un apprezzamento discrezionale del giudice sulla base di una valutazione delle circostanze di cui all’art. 133 cod. pen., (in tal senso, Sez. 3, n. 37152, 16/7/2013, Maraschioni, non massimata; Sez. 4, n. 34380 del 14/7/2011, Allegra, Rv. 251509; Sez. 6, n. 383 del 28/4/1990 (dep.1991), Acampora, Rv. 186197), senza che sia peraltro necessaria una specifica e dettagliata esposizione delle ragioni della decisione (Sez. 2, n. 1 del 15/11/2016 (dep.2017), Cattaneo, Rv. 268971; Sez. 3, n. 7608 del 17/11/2009 (dep. 2010), Ammendola e altri, Rv. 246183).
Il riferimento ai criteri direttivi di cui all’art. 133 cod. pen. esclude, conseguentemente, che il beneficio possa essere negato per ragioni diverse, quali, ad esempio, il comportamento processuale mendace dell’imputato, al quale l’ordinamento riconosce il diritto al silenzio, nonché quello di negare, anche mentendo, le circostanze di fatto a lui sfavorevoli (Sez. 5, n. 57703 del 14/9/2017, G, Rv. 271894), l’esigenza di reinserimento sociale (Sez. 6, n. 48948 del 7/10/2016, Taroni, Rv. 268257), la necessità di un monito a non reiterare la condotta delittuosa (Sez. 3, n. 35731 del 26/6/2007, Toletone, Rv. 237542), la rilevanza esclusiva della gravità del danno arrecato, che va invece valutato unitamente agli altri elementi in grado di esprimere l’idoneità del beneficio a concorrere al recupero del reo (Sez. 4, n. 31217 del 16/6/2016, Colombo, Rv. 267523).
Per contro, si è ritenuto che l’esistenza di precedenti penali specifici possa rilevare ai fini del diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche e dei benefici di legge anche quando il giudice, sulla base di una valutazione complessiva del fatto oggetto del giudizio e della personalità dell’imputato, esclude che la reiterazione delle condotte denoti la presenza di uno spessore criminologico tale da giustificare l’applicazione della recidiva (Sez. 6, n. 38780 del 17/6/2014, Morabito, Rv. 260460).
4. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha motivato il diniego osservando che l’istituto della non menzione è volto a favorire il percorso di ravvedimento del condannato, del cui avvio, tuttavia, non ha ritenuto manifestati i segni nel corso del processo, rilevando che lo stesso deve essere contemperato con l’esigenza di salvaguardia della collettività che, in presenza di reati quali quello ascritto all’imputato, viene in particolare rilievo, concludendo quindi per l’insussistenza dei presupposti per la concessione del beneficio.
Ciò posto, osserva il Collegio che la motivazione offerta dalla Corte territoriale a giustificazione del diniego non può ritenersi sufficiente, in quanto, da un lato, si limita ad un sostanziale richiamo alle finalità dell’istituto e, dall’altro, attribuisce rilievo all’esigenza di "salvaguardia della collettività", estranea a criteri di valutazione indicati dall’art. 133 cod. pen..
Tale evenienza impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al diniego del beneficio della non menzione.
5. Occorre, a questo punto, stabilire se l’annullamento della sentenza impugnata debba avvenire con o senza rinvio, essendo questa Corte pervenuta, nel tempo, a conclusioni non perfettamente concordanti.
È opportuno ricordare come analoga questione si sia posta con riferimento alla sospensione condizionale della pena (talvolta domandata unitamente alla non menzione), rispetto alla quale si è affermato che, nel caso in cui l’imputato ne abbia chiesto, con specifico motivo d’appello, la concessione ed il giudice d’appello non abbia preso in considerazione tale richiesta, omettendo qualsiasi motivazione sul punto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio, non potendo la Corte di Cassazione procedere ad annullamento senza rinvio, involgendo la questione valutazioni di merito anche con riferimento al giudizio prognostico indicato nell’art. 164 cod. pen. (ex pl. Sez. 4, n. 41988 del 6/7/2017, Tipaldi, Rv. 270932; Sez. 3, n. 31349 del 9/3/2017, Diop, Rv. 270639; Sez. 3, n. 35989 del 10/1/2017, Filannino e altri, Rv. 270829; Sez. 2, n. 46981 del 12/10/2016 - dep. 09/11/2016, Grigoroi e altro, Rv. 268402; Sez. 6, n. 26539 del 9/6/2015, Ciancio, Rv. 263917; Sez. 5, n. 41006 del 13/05/2015, Fall, Rv. 264823; Sez. 3, n. 19082 del 17/4/2012, Vitale, Rv. 252651, cui si rinvia anche per i richiami agli ulteriori precedenti conformi e difformi).
In altre occasioni, sempre con riferimento alla sospensione condizionale, si è ritenuto che, in situazione analoga, il beneficio possa essere direttamente disposto dalla Corte di cassazione alle condizioni di legge (ex pl. Sez. 5, n. 52292 del 15/11/2016, Spinelli, Rv. 268747; Sez. 5, n. 25625 del 25/02/2016, Candido, Rv. 267217; Sez. 5, n. 44891 del 24/09/2015, Marchi, Rv. 265481; Sez. 4, n. 38972 del 11/06/2014 - dep. 23/09/2014, De Colombi, Rv. 261407).
Più recentemente, tale ultimo orientamento è stato confermato, con esplicito richiamo all’art. 620, lett. I), cod. proc. pen., come modificato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (Sez. 2, n. 18742 del 06/04/2018, Gadaleta e altro, Rv. 272991; Sez. 5, n. 18797 del 25/1/2018, Jicu, Rv. 272857), per la lettura del quale deve peraltro tenersi conto del fatto che le Sezioni Unite hanno specificato come la Corte di cassazione debba pronunciare sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all’esito di valutazioni discrezionali, può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando necessari ulteriori accertamenti (Sez. U, n. 3464 del 30/11/2017 (dep. 2018), Matrone, Rv. 271831).
Va peraltro rilevato come, per lo più, le sentenze che aderiscono a tale indirizzo interpretativo specificano che l’annullamento senza rinvio va disposto quando non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto per essere già disponibili elementi di valutazione acquisiti nel giudizio di merito.
Quanto al beneficio della non menzione, va considerato che lo stesso si differenzia dalla sospensione condizionale della pena, perché, mentre quest’ultima ha l’obiettivo di sottrarre alla punizione il colpevole che presenti possibilità di ravvedimento e di costituire, attraverso la possibilità di revoca, un’efficace remora ad ulteriori violazioni della legge penale, il primo persegue lo scopo di favorire il ravvedimento del condannato mediante l’eliminazione della pubblicità quale particolare conseguenza negativa del reato, tanto che non si ritiene contraddittorio il diniego di uno dei due benefici e la concessione dell’altro (Sez. 3, n. 18396 del 15/03/2017, Cojocaru, Rv. 269638; Sez. 6, n. 34489 del 14/06/2012, Del Gatto, Rv. 253484; Sez. 4, n. 34380 del 14/7/2011, Allegra, Rv. 251509; Sez. 1, n. 45756 del 14/11/2007, Della Corte, Rv. 238137).
Anche la non menzione, tuttavia, implica, come si è detto, una valutazione discrezionale da parte del giudice del merito, sicché si è conseguentemente ritenuto che anche in caso di ingiustificato diniego della non menzione della condanna nel certificato penale sia necessario l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata (in tal senso, Sez. 3, n. 37152, 16/7/2013, Maraschioni, non massimata; Sez. 6, n. 383 del 28/4/1990 (dep.1991), Acampora, Rv. 186197), ciò anche nel caso in cui il giudice abbia già concesso la sospensione condizionale, stante la diversità dei due istituti (Sez. 3, n. 20264 del 3/4/2014, Cangemi e altro, Rv. 259667;).
Si registrano tuttavia, anche con riferimento al suddetto beneficio, opinioni contrastanti, che ritengono lo stesso direttamente applicabile nel giudizio di legittimità alle condizioni di legge, quando ciò sia possibile per la disponibilità di elementi fattuali significativi (ex p1. Sez. 3, n. 792 del 25/5/2017 (dep. 2018), C, Rv. 271829; Sez. 5, n. 25625 del 25/2/2016, Candido, Rv. 267217; Sez. 4, n. 38972 del 11/6/2014, De Colombi, Rv. 261407; Sez. 2, n. 24742 del 26/3/2010, Bica, Rv. 247747; Sez. 5, n. 21049 del 18/12/2003, Maurelli, Rv. 229233).
6. Ritiene il Collegio che, ai fini della soluzione della questione in esame, debba, in primo luogo, tenersi conto della richiamata modifica legislativa e dell’attuale contenuto dell’art. 620, lett. l) cod. proc. pen., laddove è stabilito che la Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene di poter decidere, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, o di rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito o di adottare i provvedimenti necessari, e in ogni altro caso in cui ritiene superfluo il rinvio.
Anche nel caso in esame deve, ovviamente, tenersi conto di quanto affermato dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 3464 del 30/11/2017 (dep. 2018), Matrone, Rv. 271831, cit.), le quali hanno evidenziato come la modifica legislativa fosse evidentemente finalizzata ad estendere le ipotesi di annullamento senza rinvio, in un’ottica deflattiva dei casi di nuovo giudizio di merito a seguito di annullamento in cassazione e che il riferimento alla non necessità di ulteriori accertamenti in fatto "deve essere attribuita non solo la funzione, esplicitamente prevista dalla norma, di escludere la possibilità di annullare senza rinvio il provvedimento impugnato ove tale necessità sia presente, ma anche quella di indicare negli accertamenti già effettuati dal giudice di merito gli elementi in base ai quali si esercita il potere di decidere il ricorso senza rinvio in sede di legittimità", osservando, poi, che la disposizione, nell’attuale formulazione, affida al giudice di legittimità una deliberazione che costituisce il risultato di valutazioni discrezionali, pur trattandosi, nella fattispecie, di discrezionalità il cui esercizio resta vincolato dalle statuizioni del giudice del merito e, segnatamente, dalla loro esistenza, dall’adeguatezza a sostenere una decisione senza rinvio in sede di legittimità, dal delimitare esse stesse il perimetro del materiale utilizzabile per la decisione della Corte di cassazione e, infine, dal determinare entro questi limiti il contenuto di tale decisione.
Aggiungono le Sezioni Unite che l’applicazione di tali criteri implica che il giudice di legittimità possa disporre di elementi sufficientemente definiti, che consentano di decidere il ricorso senza rinvio, senza tuttavia implicare la consultazione di atti processuali diversi da quelli accessibili alla Suprema Corte, dovendosi conseguentemente fare ricorso alla motivazione del provvedimento impugnato ed eventualmente di quello di primo grado.
Le Sezioni unite hanno dunque affermato il principio secondo il quale "la Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all’esito di valutazioni discrezionali, può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando perciò necessari ulteriori accertamenti di fatto".
7. Ciò considerato, è evidente che, anche con riferimento alla non menzione della condanna, deve ritenersi possibile la diretta applicazione del beneficio nel giudizio di legittimità sulla scorta di elementi di fatto già accertati o di statuizioni adottate dal giudice di merito, pervenendo alla decisione anche attraverso valutazioni discrezionali che non richiedano altri accertamenti in fatto.
Ritiene peraltro il Collegio che, ferma restando la più volte rilevata diversità tra il beneficio in esame e quello della sospensione condizionale, gli elementi di giudizio già valorizzati dal giudice del merito ai fini della concessione di tale ultimo beneficio possano essere suscettibili di autonoma valutazione anche ai fini della non menzione.
8. Applicando i principi appena affermati al caso di specie, deve rilevarsi che, per le ragioni già dette, la motivazione con la quale la Corte territoriale ha giustificato il diniego del beneficio è del tutto carente e riferita a dati fattuali non rilevanti.
Avuto poi riguardo alla motivazione della decisione di primo grado, non può ritenersi che gli elementi apprezzati dal Tribunale ai fini della concessione della sospensione condizionale della pena possano essere autonomamente considerati anche ai fini della concessione dell’ulteriore beneficio della non menzione negato dai giudici dell’appello.
Da ciò consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Bari.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla concedibilità del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bari.