E' reato mentire sulla propria identità per comprare beni poi non pagati.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
sentenza
(ud. 19/10/2021) 28/10/2021, n. 38842
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIOTALLEVI G. - Presidente -
Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero - Consigliere -
Dott. FILIPPINI Stefano - Consigliere -
Dott. BELTRANI S. - Consigliere -
Dott. COSCIONI G. - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.D., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 02/10/2019 della CORTE APPELLO di LECCE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIUSEPPE COSCIONI;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. BALDI FULVIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Svolgimento del processo
1. La Corte di Appello di Lecce, con sentenza del 2 ottobre 2019, confermava la sentenza di primo grado con la quale A.D. era stato condannato per il reato di truffa, perchè, presentandosi con il nome del padre P. (deceduto) e consegnando un assegno tratto sul conto intestato alla convivente, induceva in errore G.V. che si determinava alla vendita di alcun oggetti di famiglia accettando in pagamento il suddetto assegno, che non veniva pagato perchè la firma non corrispondeva a quella del titolare del conto.
1.1 Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di A., eccependo che nel caso di specie vi era stato esclusivamente un inadempimento contrattuale, non essendovi stati alcun artifizio o raggiro, posto che il ricorrente esercitava effettivamente l'attività di compravendita di mobili usati ed era conosciuto dalla presunta persona offesa, che ben conosceva anche il luogo ove lo stesso esercitava l'attività.
1.2 Il difensore lamenta inoltre che il Tribunale avrebbe dovuto escludere la punibilità del fatto ai sensi dell'art. 131 bis c.p. in considerazione della esiguità del danno e del carattere del tutto episodico ed occasioieni della violazione contestata al ricorrente, non certamente aduso a delinquere.
1.3 Il difensore osserva che la Corte di appello aveva cercato di porre rimedio alla omissione del primo giudice, che aveva motivato solo in maniera sommaria sulle ragioni specifiche che lo avevano portato a non concedere le attenuanti generiche al ricorrente: infatti, non vi era stato riconoscimento da parte del giudice di primo grado di una serie di circostanze inerenti lo svolgimento dei fatti che, al contrario, apparivano importanti nella ricostruzione della vicenda e nella determinazione della effettiva responsabilità del ricorrente e che potevano essere definite come attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p..
2. Il Procuratore generale depositava conclusioni scritte, chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
Motivi della decisione
1.Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 Con riferimento al primo motivo di ricorso, si deve rilevare che secondo il consolidato e condivisibile orientamento di legittimità (per tutte, Sez. 4 n. 15497 del 22/02/2002 Ud. (dep. 24/04/2002), Rv. 221693; Sez. 6 n. 34521 del 27/06/2013 Ud. (dep. 08/08/2013), Rv. 256133), è inammissibile per difetto di specificità il ricorso che riproponga pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello (al più con l'aggiunta di frasi incidentali contenenti contestazioni, meramente assertive ed apodittiche, della correttezza della sentenza impugnata) senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti. Si è, infatti, esattamente osservato che "La funzione tipica dell'impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell'atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta" (in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013 Ud. (dep. 21/02/2013), Rv. 254584).
Nel caso in esame, il primo motivo di ricorso è stato redatto con la tecnica del copia-incolla, per cui nessun confronto vi è con la motivazione della sentenza della Corte di appello, che ha evidenziato che il ricorrente si era attribuito una falsa identità (quella del padre, deceduto), che si era accordato per un pagamento in contanti e, dopo aver carpito la buona fede del venditore, aveva consegnato un assegno che sapeva che la persona offesa G. non avrebbe potuto incassare; la Corte di appello ha anche ritenuto che l'artifizio non era riconoscibile, visto che solo gli accertamenti successivi avevano permesso di scoprire che l'acquirente non era chi diceva di essere e che il conto su cui era stato tratto l'assegno consegnato in pagamento della merce apparteneva ad un soggetto terzo.
Ciò premesso, si deve ribadire che "la "menzogna" è un fatto attraverso il quale si crea una suggestione che tende ad insinuare nella mente della parte offesa un erroneo convincimento su una situazione che non ha riscontro nella realtà. (Cass. 42719/2010 Rv. 248662: "Integra l'elemento costitutivo del reato di truffa anche la sola menzogna, costituendo una tipica forma di raggiro").
Tenuto conto che nel caso di specie l'imputato ha espresso una menzogna con carattere "aggressivo", cioè teso ad indurre in errore la parte offesa al fine di procurarsi un profitto, si può affermare che l'atto compiuto integra proprio quell'avvolgimento psichico che è dell'elemento costitutivo del delitto in esame; sussiste pertanto il dolo proprio del reato di truffa, per cui la vicenda non può essere inquadrata in un mero inadempimento contrattuale.
1.2 Relativamente al secondo motivo di ricorso, è principio consolidato quello secondo il quale "La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis c.p., non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, se tale disposizione era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza di appello, ostandovi la previsione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 3" (Sez. 5, Sentenza n. 57491 del 23/11/2017, Moio, Rv. 271877 - 01; da ultimo, vedi Sez. 3, Sentenza n. 12724 del 15/02/2019, Guidi, Rv. 280945 - 01); poichè non risulta che nel giudizio di secondo grado l'imputato abbia sollecitato l'applicazione della menzionata causa di esclusione della punibilità, nonostante l'art. 131-bis c.p. fosse stato introdotto in epoca antecedente alla sua celebrazione, il motivo è quindi manifestamente infondato.
1.3 Relativamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche, la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell'art. 62-bis c.p. è oggetto di un giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talchè la stessa motivazione, purchè congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato.
Deve infatti ricordarsi che in tema di attenuanti generiche, posto che la ragion d'essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all'imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all'obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l'affermata insussistenza. Al contrario, è proprio la suindicata meritevolezza che necessita, quando se ne affermi l'esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell'imputato volta all'ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda. (così, ex plurimis,; Sez.1, Sentenza n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986 - 01); nel caso in esame, la Corte di appello ha messo in evidenza la gravità della condotta ed i precedenti penali plurimi e reiterati di A. per reati della stessa indole, senza che il ricorrente abbia in concreto indicato alcun elemento in base al quale sarebbe meritevole del beneficio; anche tale motivo è, pertanto, manifestamente infondato.
3. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
La natura non particolarmente complessa della questione e l'applicazione di principi giurisprudenziali consolidati consente di redigere la motivazione della decisione in forma semplificata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2021