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Circonvenzione di incapace richiede induzione (Cass. 33293/24)

29 agosto 2024, Cassazione penale

Quel che rileva ai fini dell'integrazione del delitto di circonvenzione, non è il rilascio di una delega bancaria o di una procura gestoria, bensì l'eventuale pregressa attività di induzione illecita a compiere tali atti di conferimento da parte del beneficiario, il quale successivamente, in forza di essi, effettua attività di disposizione patrimoniali dannose per la persona offesa.

In tema di circonvenzione di persone incapaci, il rilascio di una procura generale alla gestione del patrimonio, atto di per sé "neutro", integra l'elemento materiale del reato laddove, all'esito di una valutazione complessiva di tutte le circostanze del caso concreto, si accerti che l'imputato ha indotto la persona offesa a conferirgliela attraverso la manipolazione della sua volontà vulnerabile, onde compiere successivamente atti di disposizione patrimoniali contrari all'interesse del delegante

Corte di Cassazione 

sez. II penale, ud. 14 giugno 2024 (dep. 29 agosto 2024), n. 33293
Presidente Beltrani – Relatore Marra

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 28 novembre 2023 la Corte di appello di Venezia confermava nei confronti dell'imputato L.Z. la sentenza di condanna del Gup presso il Tribunale di Venezia per il delitto di cui all'art. 643 cod. pen., con condanna, inoltre, alla rifusione delle spese della parte civile O.Z.

2. Avverso la citata decisione L.Z. ricorre per cassazione, a mezzo del proprio difensore, formulando quattro distinti motivi per i quali chiede l'annullamento con rinvio dell'impugnata sentenza.

2.1. Con il primo motivo eccepisce la violazione di legge in relazione all'art. 643 cod. pen., in quanto la Corte di appello ha erroneamente ritenuto la violazione del precetto penale in assenza di condotte attribuibili all'imputato di induzione e/o manipolazione della persona offesa a compiere atti di disposizione patrimoniali in suo danno.

2.2. Con il secondo motivo lamenta il vizio della motivazione, in quanto vi sarebbe una totale assenza di motivazione in ordine ad un elemento essenziale del delitto contestato, ossia la presenza di concreti atti di induzione e/o pressioni morali, manipolazioni, suggestioni, senza i quali non è possibile affermare l'integrazione del reato contestato.

2.3. Con il terzo motivo eccepisce il vizio della motivazione, sub specie di travisamento dei fatti, laddove afferma che l'imputato avrebbe effettuato prelevamenti di denaro dal conto della sorella O.Z. già nel 2015/2016, circostanza smentita dalle risultanze bancarie, dalle quali risulta che i prelievi effettuati dal ricorrente furono fatti solo dopo oltre un anno dal rilascio, in data 18.12.2015, della delega ad operare sul conto corrente della sorella.

2.4. Con il quarto motivo si duole del fatto che la motivazione della sentenza impugnata non offre elementi di prova, se non in maniera del tutto apodittica, circa la destinazione finale delle somme prelevate da L.Z., omettendo, peraltro, di tenere in considerazione le dichiarazioni testimoniali assunte dalla difesa ex art. 391 cod. proc. pen.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti.

2. I primi due motivi di ricorso riguardano, sebbene sotto due profili diversi della violazione di legge e del vizio di motivazione, la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 643 cod. pen., in particolare, dell'induzione della vittima a compiere atti che comportino effetti giuridici dannosi per il suo patrimonio.

Giova ricordare che: «Ai fini dell'integrazione dell'elemento materiale del delitto di circonvenzione di incapace, devono concorrere: (a) la minorata condizione di autodeterminazione del soggetto passivo (minore, infermo psichico e deficiente psichico) in ordine ai suoi interessi patrimoniali: (b) l'induzione a compiere un atto che comporti, per il soggetto passivo e/o per terzi, effetti giuridici dannosi di qualsiasi natura, che deve consistere in un'apprezzabile attività di pressione morale e persuasione che si ponga, in relazione all'atto dispositivo compiuto, in rapporto di causa ad effetto; (c) l'abuso dello stato di vulnerabilità del soggetto passivo, che si verifica quando l'agente, ben conscio della vulnerabilità del soggetto passivo, ne sfrutti la debolezza per raggiungere il fine di procurare a sé o ad altri un profitto» (così tra le altre Sez. 2, n. 39144, del 20/06/2013, Alfaro, Rv.257068-01; conf. Sez.2, n.28080 del 12/06/2015, Rv.264146). Con riferimento specifico alla condotta di induzione la Suprema Corte ha affermato che: «In tema di delitto di circonvenzione di persone incapaci, la condotta di induzione implica il compimento di attività di sollecitazione e suggestione capaci di far sì che il soggetto passivo presti il suo consenso al compimento dell'atto dannoso, con la conseguenza che, ai fini dell'integrazione del reato, non è sufficiente che l'agente si limiti a trarre giovamento dalle menomate condizioni psichiche del soggetto passivo» (così Sez. 2, n. 1419 del 13/12/2014, dep. 2014, Pollastrini, Rv. 260351-01).

Deve essere, altresì, evidenziato che più di recente è stato enunciato in un caso che ha una significativa attinenza con quello in esame, il principio secondo cui: «In tema di circonvenzione di persone incapaci, il rilascio di una procura generale alla gestione del patrimonio, atto di per sé "neutro", integra l'elemento materiale del reato laddove, all'esito di una valutazione complessiva di tutte le circostanze del caso concreto, si accerti che l'imputato ha indotto la persona offesa a conferirgliela attraverso la manipolazione della sua volontà vulnerabile, onde compiere successivamente atti di disposizione patrimoniali contrari all'interesse del delegante» (così Sez.2, n.26727 del 10/05/2023, Rv.284767-02).

2.1. Nel caso di specie, l'imputazione ha individuato come oggetto dell'attività di induzione compiuta da L.Z. il rilascio in suo favore, da parte della sorella O.Z., dichiarata invalida al 100% per gravi disturbi psichici, della delega ad operare sul suo conto corrente bancario, senza possibilità di rendiconto. A seguito di tale atto l'imputato avrebbe successivamente effettuato una serie di prelievi indebiti di denaro, condotte che originariamente erano state contestate ai sensi dell'art. 646 cod. pen. e che il giudice di primo grado aveva, invece, ritenuto assorbite nell'unitaria fattispecie di circonvenzione di incapace.

Si deve evidenziare una circostanza in fatto, ossia che in precedenza la persona offesa aveva rilasciato la delega ad operare sul suo conto corrente alla madre, divenuta nel frattempo anche lei inferma, ed al padre, poi deceduto, quindi sempre in un ambito familiare, come di regola avviene. Non può di certo ritenersi anomalo, in termini astratti, che la delega bancaria fosse poi rilasciata al fratello, una volta che i genitori non potevano più averla per i motivi esposti.

Né può ritenersi che il rilascio di una delega ad operare sul proprio conto corrente sia di per sé un atto dispositivo dannoso per il delegante che, nel caso in esame, aveva da tempo oggettive difficoltà a compiere anche semplici operazioni bancarie; si tratta di un atto neutro, come affermato dalla Cassazione nella citata sentenza n.26727/2023, peraltro, con riferimento al ben più rilevante atto di conferimento di una procura generale alla gestione dell'intero patrimonio del conferente stesso. Appare evidente che quel che rileva ai fini dell'integrazione del delitto di circonvenzione, non è il rilascio di una delega bancaria o di una procura gestoria, bensì l'eventuale pregressa attività di induzione illecita a compiere tali atti di conferimento da parte del beneficiario, il quale successivamente, in forza di essi, effettua attività di disposizione patrimoniali dannose per la persona offesa.

Lo schema legale previsto dalla norma incriminatrice ha, come già evidenziato, tra gli elementi materiali portanti proprio la condotta di induzione, intesa nel senso di una significativa e percepibile attività di pressione morale e di persuasione della vittima, che si pone in termini autonomi rispetto ai successivi atti, dispositivi del suo patrimonio. Ciò comporta, dal punto di vista probatorio, che non può dedursi sic et simpliciter l'attività di induzione illecita dall'esistenza di atti di disposizione dannosi per la persona offesa.

Tale schema risulta assai chiaro nella vicenda oggetto del presente procedimento, in cui era necessario provare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che L.Z. avesse indotto O.Z., abusando delle condizioni di minorazione psichica della sorella, a rilasciargli la delega bancaria sul proprio conto corrente. Non rileva, a tal fine, che il ricorrente abbia poi utilizzato tale delega per effettuare prelievi di denaro ingiustificati o addirittura illeciti, perché tali condotte sono successive e autonome rispetto al rilascio della delega, fatta salva la prova rigorosa della programmazione dolosa dei vari passaggi.

Le sentenze dei giudici di merito, in difetto di una dimostrazione evidente circa l'esistenza di condotte di induzione attuate dal ricorrente, hanno sostanzialmente dedotto tale fatto dall'esistenza di numerosi prelievi di denaro da lui compiuti negli anni a seguire, somme non utilizzate, secondo l'ipotesi accusatoria, per far fronte alle necessità di vita della sorella invalida.

Infatti, la sentenza impugnata, quanto alla prova dell'induzione illecita, si è limitata ad affermare che: «La situazione complessiva famigliare e le modalità e tempi con cui l'imputato si è fatto rilasciare la delega da persona già incapace e vulnerabile depone per la sussistenza della "induzione", che non si è estrinsecata in una violenza fisica quanto psicologica, non avendo la p.o. prossimi congiunti in grado di occuparsi di lei». Di seguito si è soffermata ad argomentare sul fatto che le somme di denaro prelevate sul conto corrente di O.Z. non sarebbero state utilizzate dall'imputato per le esigenze della sorella, come emergerebbe dal mancato pagamento dei canoni di locazione e delle bollette delle utenze domestiche. Non è, perciò, stata indicata alcuna prova in ordine alla condotta induttiva, ricavata, invece, per deduzione dalla situazione di infermità della vittima e dalla situazione familiare del momento.

Tale motivazione è, perciò, viziata perché viola lo schema legale dell'art. 643 cod. pen., con argomentazioni incongrue e manifestamente illogiche, dato che appare del tutto plausibile, invece, che la persona offesa abbia rilasciato spontaneamente la delega bancaria al fratello (si vedano le dichiarazioni degli impiegati della banca che raccolsero la delega de qua), salvo, poi, compiersi da parte di L.Z. delle eventuali appropriazioni indebite di denaro.

La Corte di appello, in sede di rinvio, dovrà, perciò, fornire, in primo luogo, una adeguata motivazione in ordine all'eventuale condotta di induzione, attenendosi ai principi sopra descritti.

3. L'accoglimento dei primi due motivi di ricorso riguardanti, come detto, l'inconfigurabilità del reato contestato per difetto della condotta di induzione, assorbe gli altri due motivi che riguardano ulteriori profili, ossia l'utilizzo più o meno ingiustificato del denaro prelevato.

4. Per le considerazioni sin qui esposte il ricorso deve essere accolto, e conseguentemente la sentenza impugnata è annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia per un nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.