La carenza assoluta di motivazione nella sentenza di condanna determina un vizio genetico del mandato di arresto europeo, che pertanto non può trovare esecuzione.
Corte di Cassazione
sezione II penale
Num. 33558 Anno 2021
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: MANTOVANO ALFREDO
Data Udienza: 07/09/2021
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BM nato a ** il **/1975
avverso la sentenza del 08/06/2021 della CORTE APPELLO di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere ALFREDO MANTOVANO;
lette le conclusioni del PG per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 8/06/2021 la CORTE di APPELLO di FIRENZE rifiutava la consegna alla Repubblica di POLONIA di MB, chiesta con mandato di arresto europeo emesso dall'Autorità giudiziaria polacca per dare esecuzione alla sentenza di condanna alla pena di un anno e sei mesi di reclusione a lui inflitta con la sentenza del TRIBUNALE circondariale di CRACOVIA del 10/05/2013, rep. n. 412/2020, divenuta definitiva il 18/05/2013, in ordine al delitto di truffa - e in particolare per cinque episodi rubricati a tale titolo, commessi fra il 13 e il
15/11/2011 -, riconosceva in Italia la sentenza menzionata, e disponeva che la pena detentiva irrogata fosse seguita in ITALIA.
La pronuncia della CORTE fiorentina faceva seguito in sede di rinvio a un annullamento disposto dalla 6^ sezione penale di questa S.C. con sentenza del 26/10/2020, rispetto a una precedente decisione - in data 28/09/2020 - di altra sezione della medesima CORTE territoriale, che pure aveva rifiutato la consegna di BM all'Autorità giudiziaria della POLONIA e aveva stabilito che, ai Penale Sent. Sez. 2 Num. 33558 Anno 2021
sensi dell'art. 18, comma 1, lett. r), della legge n. 69/2005 (attuale art. 18-bis della predetta legge), nei confronti della persona richiesta in consegna venisse eseguita in Italia la pena di cui sopra.
2. La 6^ sezione penale della Cassazione ha anzitutto richiamato il mutamento normativo verificatosi per effetto dell'art. 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 10 (Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al
mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra stati membri, in attuazione delle delega di cui all'articolo 6 della legge 4 ottobre 2019, n. 117), che ha modificato l'art. 18 della legge n. 69/2005 (Motivi di rifiuto obbligatorio della consegna) e ha inserito un nuovo art. 18-bis (Motivi di rifiuto facoltativo
della consegna).
Ha quindi sottolineato come la CORTE territoriale avrebbe dovuto fare riferimento ai fini delle sue valutazioni a tale nuovo quadro normativo interno, non alla previgente disposizione di cui all'art. 18, lett. r), legge cit. Ha aggiunto che la prima sentenza della CORTE fiorentina aveva riconosciuto la sussistenza
delle condizioni necessarie ai fini della consegna, ma vi aveva opposto l'ostacolo ora previsto dall'art. 18-bis, lett. c), legge cit.; aveva pertanto rifiutato la consegna, ma non aveva disposto nel contempo l'esecuzione in Italia della sentenza definitiva di condanna pronunciata dall'Autorità giudiziaria dello Stato
di emissione, previo riconoscimento della sentenza estera, né avrebbe potuto provvedervi, per l'impossibilità di vagliare il contenuto della sentenza, della quale aveva ritenuto di fare a meno. Così, però, non aveva potuto congruamente
effettuare la verifica richiesta dalla normativa dettata dal d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161.
La medesima 6^ sezione penale ha ribadito il principio affermato da questa S.C. (arg. ex Sez. 6, n. 7801 del 09/02/2018, Stinga, Rv. 272388), secondo cui, in tema di mandato d'arresto europeo cosiddetto "esecutivo", la persona richiesta
in consegna, invocando l'applicazione del motivo di rifiuto di cui all'art. 18 bis lett. c), presta implicitamente il proprio consenso al riconoscimento della sentenza straniera ai sensi e per gli effetti di cui al d.lgs. n. 161/2010, ma ciò non determina il venir meno dell'interesse a dedurre la sussistenza di eventuali
fattori ostativi al recepimento del contenuto e all'esecuzione delle statuizioni della sentenza di condanna pronunciata dallo Stato di emissione (Sez. 6, n.15245 del 14/05/2020, Ispas Anca, Rv. 278877). L'annullamento con rinvio era stato pertanto deciso per consentire alla CORTE d'appello di procedere, alla
stregua delle regole di giudizio affermate, alle necessarie verifiche connesse all'applicazione del quadro normativo di riferimento, uniformandosi ai principii di diritto in questa Sede statuiti.
3. MB propone ricorso per cassazione per il tramite del difensore, e deduce i seguenti motivi:
• come primo, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della
motivazione. Pur avendo la CORTE di FIRENZE, in sede di rinvio, chiesto all'A.g. polacca di chiarire una serie di incongruenze contenute nella documentazione posta a fondamento del mandato di arresto europeo - in particolare la trasmissione di copia integrale della sentenza, con riferimento alla sua motivazione, dell'attestazione della presenza in giudizio del ricorrente, e di eventuali provvedimenti di revoca della
sospensione condizionale della pena - non aveva avuto sostanziale risposta. L'Autorità polacca aveva menzionato un interrogatorio di garanzia di B, senza tuttavia fornire dimostrazione della sua corretta identificazione; aveva riferito che egli aveva preso parte alle prima udienza del processo a suo carico, senza produrre il relativo verbale; non aveva mandato nemmeno i verbali successivi, che avrebbero potuto provare le ragioni dell'assenza del ricorrente dal giudizio;
• come secondo, l'inosservanza dell'art. 733 co. 1 lett. b) cod. proc. pen., poiché la sentenza di condanna pronunciata in POLONIA è priva di motivazione. Contesta sul punto la tesi della CORTE territoriale, in virtù della quale anche il nostro ordinamento prevede casi in cui la motivazione non compare in una sentenza, e comunque B non aveva mai rinunciato in modo espresso alla motivazione medesima. Rileva come l'art. 111 Cost. relativa all'obbligo di motivazione, in correlazione con quanto dispone l'art. 125 cod. proc. pen., rappresenta principio fondamentale e inderogabile del nostro ordinamento, la cui assenza viola altresì l'art. 6 della Convenzione EDU.
Il PROCURATORE GENERALE di questa S.C. ha fatto pervenire conclusioni scritte per il rigetto del ricorso. Sostiene che "in tema di mandato di arresto europeo, la Corte d'appello che rifiuta la consegna, disponendo l'esecuzione nello Stato della pena inflitta al cittadino italiano o di altro paese dell'Unione legittimamente
residente o dimorante in Italia è tenuta al formale riconoscimento della sentenza su cui si fonda il m.a.e. secondo quanto previsto dal d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161 e, quindi, a verificare la compatibilità della pena irrogata con la legislazione
italiana". E quindi essa "deve preliminarmente verificare a quale fattispecie astratta di reato, prevista dall'ordinamento interno, sia riconducibile il fattogiudicato dalla sentenza da eseguire, per poi accertare che la durata e la natura della pena o della misura di sicurezza inflitta siano compatibili con quelle previste
in Italia per reati similari". Conclude che "ai fini della esclusione dei presupposti per il riconoscimento della sentenza straniera non rileva nemmeno l'eventuale mancanza di motivazione o l'esistenza di motivazione semplificata, perché l'ordinamento interno conosce forme di decisione con percorso giustificativo
meno articolato (es. patteggiamento) o l'inefficacia della sospensione condizionale della pena originariamente concessa, che può essere sempre revocata in caso di inadempimento degli obblighi imposti dal giudice o della violazione dei presupposti contemplati dalla legge".
Con memoria difensiva, fatta pervenire nei termini, il ricorrente ribadisce quanto già esposto nell'impugnazione, anche in risposta alle conclusioni del P.G.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e merita di essere accolto, con conseguente annullamento senza rinvio.
1. Va premesso che, ai sensi dell'art. 28 del menzionato d. Igs. n. 10/2021, "i procedimenti relativi alle richieste di esecuzione di mandati di arresto europeo in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto proseguono con l'applicazione delle norme anteriormente vigenti quando a tale data la corte d'appello abbia già ricevuto il mandato d'arresto europeo (...)": è quanto è
accaduto nel caso in esame, sì che per la proposizione del ricorso per Cassazione valgono i termini antecedenti, e la più estesa proponibilità dei motivi del ricorso medesimo.
Il punto qualificante ai fini della decisione attiene però non alla conoscenza del processo da parte di B, poiché la CORTE territoriale in sede di rinvio ha acquisito notizia del suo avvenuto interrogatorio per i fatti in ordine ai quali egli ha poi riportato condanna, e non possono porsi questioni riguardanti la sua
identificazione, allorché l'A.g. richiedente ha formalmente attestato che si trattava del ricorrente.
E nemmeno la sua artecipazione al giudizio, sulla scorta
delle informazioni fornite dalla stessa Autorità di POLONIA, in virtù delle quali B è comparso alla prima udienza, il 27/11/2012, in quella circostanza aveva chiesto un rinvio, e poi era rimasto assente alle udienze successive senza allegare alcuna giustificazione.
Il principio di affidamento che regola i rapporti fra
giurisdizioni all'interno dell'UE impone di recepire tali indicazioni, soprattutto quando, come è nella specie, esse siano precise nelle date e articolate in dettagli. E neanche, infine, quanto attiene alla revoca della sospensione della pena, poiché essa era stata subordinata alla condotta risarcitoria del condannato, che non vi è stata.
2. Il punto qualificante è l'assenza di motivazione nella sentenza posta a base del mandato di arresto europeo: questo dato è certo, perché la CORTE fiorentina nella sua seconda pronuncia ha dato atto della completezza della copia della sentenza del TRIBUNALE circondariale di CRACOVIA del 10/05/2013, e in essa
della mancanza di motivazione. La copia della pronuncia dell'A.G. polacca è stata trasmessa alla CORTE territoriale con nota del Ministero della Giustizia del 14/12/2020, ed è agli atti: essa contiene le imputazioni riguardanti le varie
truffe e il dispositivo, ma non la motivazione. Ad avviso del Collegio di appello, tale carenza non rileverebbe perché anche il nostro ordinamento processuale prevede "ipotesi di decisioni di condanna prive di una esplicita e approfondita motivazione (ad esempio le sentenze di patteggiamento)". Nella medesima
sostanziale direzione si è orientata la conclusione del P.G., come prima sintetizzato.
La tesi non è condivisibile.
Una non recente sentenza di questa S.C. (Sez. 6 n. 2442 del 04/11/2011 dep. 20/01/2012 Rv. 251560 imputato: Mostacciuolo), aveva chiarito che "in tema di riconoscimento delle sentenze penali straniere, l'ambito del controllo sul requisito della non contrarietà ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato non riguarda solo il dispositivo, ma deve investire anche la motivazione della sentenza straniera, attraverso la quale è possibile vagliare la sua conformità ai canoni del giusto processo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto necessaria la traduzione integrale della sentenza straniera, censurando la pronuncia con cui la Corte territoriale ha ritenuto sufficiente ai fini della prescritta verifica la traduzione "per estratto" della sentenza straniera, contenuta nel bollettino ministeriale)". Al di là della questione riguardante la traduzione, in tale pronuncia rileva la centralità della motivazione ai fini della decisione di riconoscimento, fondata sulla circostanza che il controllo della non contrarietà ai principi fondamentali dell'ordinamento italiano non riguarda solo il dispositivo, e si estende necessariamente alla motivazione: solo essa permette di valutare la coerenza della pronuncia di altro ordinamento coi principi del 'giusto processo' propri del sistema italiano. È peraltro evidente come l'assenza di motivazione precluda all'imputato di articolare la propria difesa nel procedimento teso al riconoscimento della sentenza.
3. Non può indurre a differente conclusione la sentenza di recente pronunciata dalla stessa Sez. 6^ n. 14220 del 14/04/2021 dep. 15/04/2021 Rv. 280878 - 02 imputato Zlotea Marian, secondo cui "il mandato di arresto europeo esecutivo può essere emesso sulla base del mero dispositivo della sentenza, ove questo,
secondo la normativa dello Stato richiedente, costituisca titolo esecutivo ancor prima del deposito della motivazione e del passaggio in giudicato della decisione. (In motivazione, la Corte ha precisato che, a seguito delle modifiche apportate dall'art. 3, comma 1, lett. c), del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, all'art. 6 della
legge 22 aprile 2005, n. 69, non è necessaria l'allegazione della sentenza di condanna, né è necessario che questa sia irrevocabile)".
Premesso che tale decisione è intervenuta nel pieno vigore delle norme di cui al d. Igs. n.10/ 2021, uno dei motivi del ricorso nel giudizio da essa definito riguardava "essenzialmente la possibilità che il mandato di arresto sia emesso sulla base del dispositivo di una sentenza di condanna, evidenziandosi come la
mancanza della motivazione e la non definitività della pronuncia ostacolerebbero il controllo del giudice nazionale in ordine ai presupposti della consegna". La S.C. ha disatteso tale contestazione, per ragioni che sarebbero state sussistenti anche
nel vigore della previgente disciplina, con tale argomentazione: "il novellato art. 1, comma 3, I. n.69 del 2006 (come modificato dall'art.1, lett.b, d.lgs, n.10 del 2021) non richiede più che la sentenza, rispetto alla quale è stato formulato il
mandato esecutivo, debba essere «irrevocabile», richiedendosi solo che la sentenza sia «esecutiva». Si tratta di un approdo cui la giurisprudenza di legittimità era già giunta nel vigore della previgente normativa, essendosi affermato il principio secondo cui quando l'autorità estera ha richiesto la consegna ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza
privative della libertà, occorre che la relativa richiesta sia basata su una sentenza di condanna dotata di forza esecutiva, dovendosi ritenere che l'art. 8, par. 1, lett. c), della decisione quadro n. 2002/584/GAI del 13 giugno 2002 ha inteso dare rilevanza alla sola "esecutività", e non certo alla "irrevocabilità" della sentenza, quale condizione essenziale del nuovo sistema di cooperazione finalizzato alla consegna delle persone ricercate tra gli Stati membri dell'U.E. (Sez. 6, n. 42159 del 16/11/2010, Cinque, Rv. 248689; Sez.6, n.2745 del 19/01/2012, Pistoia, Rv. 251787)".
4. Nella medesima decisione la S.C. ha osservato "il mandato di arresto europeo è, per sua natura, tendenzialmente autosufficiente", così rispondendo alla censura secondo cui, poiché "nel caso di specie, la motivazione della sentenza
non era stata depositata al momento dell'emissione del m.a.e., richiesto sulla base del solo dispositivo, (...) ove si ritenesse che il m.a.e. può essere validamente emesso prima del deposito della motivazione, risulterebbe impossibile un effettivo controllo giurisdizionale sui presupposti di legittimità dello stesso, risultando violato anche il principio di cui all'art.13 Cost.".
Per il ricorrente di quel procedimento "l'emissione del mandato sulla base del solo dispositivo della sentenza determinerebbe una violazione dell'art. 2, I.n. 69 del 2006, in quanto si porrebbe in contrasto con l'art. 13 Cost. secondo cui la privazione della libertà personale presuppone l'adozione di un provvedimento
motivato": la S.C. ha ritenuto la relativa "doglianza (...) infondata, atteso che la violazione dei parametri costituzionali indicati dal ricorrente risulterebbe integrata solo nel caso in cui il titolo esecutivo fosse intrinsecamente privo di motivazione, mentre, nel caso di specie, si è in presenza di un dispositivo di sentenza cui necessariamente seguirà il deposito delle motivazioni".
Dunque, l'assenza della motivazione, potendosi fare affidamento sul solo dispositivo, è in questa pronuncia considerata non ostativa a dare esecuzione al m.a.e. non già perché della motivazione possa farsi a meno, ma perché viene
dato per sicuro che essa sarà in seguito depositata, e quindi permetterà di vagliare gli elementi in fatto e l'iter logico argomentativo della decisione cui l'Autorità di un altro Stato europeo chiede sia data esecuzione; non è nemmeno ipotizzato un dispositivo che, sia pure a distanza del tempo necessario per
depositare la parte motiva, sia privo di quest'ultima.
5. Non consente di pervenire a una differente conclusione quanto la CORTE territoriale sostiene richiamando la sentenza di patteggiannento, perché quest'ultima, diversamente da quel che rileva il Collegio di appello, non è una sentenza di condanna, quindi non è a essa assimilabile, e comunque - se pure in
forma sintetica - ai sensi dell'art. 444 co. 2 cod. proc. pen. deve dare conto della corretta qualificazione giuridica del fatto, della sussistenza e della comparazione delle circostanze prospettate dalle parti e della congruità della pena concordata.
Soccorre invece, come dato di sistema, la previsione di cui all'art. 3 del d.lgs. n.10/ 2021, che all'articolo 6 della legge n. 69/2005 aggiunge il co. 1-bis. In base a esso, "quando è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale applicate all'esito di un
processo in cui l'interessato non è comparso personalmente, il mandato di arresto europeo deve altresì contenere l'indicazione di almeno una delle seguenti condizioni: (...) c) l'interessato, ricevuta la notifica della decisione di cui si chiede l'esecuzione e informato del diritto di ottenere un nuovo processo o della facoltà di dare inizio al giudizio di appello, al quale abbia il diritto di partecipare e che consenta il riesame del merito della decisione, (...) ha dichiarato espressamente di non opporsi a tale decisione (...)".
Pur non trovando tale norma applicazione al caso in esame, in quanto il m.a.e. è antecedente alla entrata in vigore della riforma, il riferimento a essa è funzionale a ritenere presupposto, allorché menziona il giudizio di appello e il riesame del merito della decisione, che di quel 'merito' dia conto una motivazione: dà per
scontato, cioè, che quest'ultima rappresenti un segmento irrinunciabile dell'iter procedimentale del m.a.e. Tale passaggio è tanto più rilevante, in quanto si inserisce in un testo di riforma che punta a semplificare, e a rendere ancora più rapida la procedura in questione, con la contrazione dei termini di interlocuzione fra le Autorità giudiziarie degli Stati Ue, e dei termini di impugnazione.
L'obiettivo di una più veloce collaborazione fra Autorità giudiziarie all'interno della Ue esige comunque il supporto motivazionale per il provvedimento sul
quale il nn.a.e. si fonda.
6. Gli accertamenti svolti dalla CORTE di APPELLO, come si è detto, hanno avuto come esito che la sentenza dal TRIBUNALE circondariale di CRACOVIA del 10/05/2013, posta a base del m.a.e., sia stata a essa inviata nella sua interezza, e nonostante questo sia priva di motivazione; dunque, non è ipotizzabile che
l'interessato sia posto in condizione di far valere i propri diritti di difesa, poiché non vi sarà un momento in cui la decisione sarà integrata dal deposito dei motivi (come è stato nel caso di cui a Sez. 6^ Rv. 280878 cit.) La carenza assoluta di motivazione determina un vizio genetico del mandato di arresto europeo, che
pertanto non può trovare esecuzione; da ciò deriva l'annullamento senza rinvio della sentenza oggetto del ricorso in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 7/09/2021