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Condizioni di salute non impediscono consegna MAE (Cass. 7489/17)

16 febbraio 2017, Cassazione penale

Le condizioni di salute del consegnando non sono annoverate dalla L. n. 69 del 2005, art. 18 tra le cause di rifiuto della consegna.

La citata Legge, art. 23, comma 3, infatti, che in presenza di gravi ragioni che inducano a ritenere che la consegna metterebbe in pericolo la vita o la salute della persona, il presidente della corte di appello o il magistrato da lui delegato, può, con decreto motivato, sospendere l'esecuzione del provvedimento di consegna, dandone immediata comunicazione al Ministero della Giustizia.

Nel disegno del legislatore, pertanto, lo stato di salute è una condizione personale soggetta a modificazioni, anche repentina, nel corso del tempo e, pertanto, non utilmente rappresentabile nelle fasi procedimentali anteriori all'esecuzione del provvedimento di consegna perchè, in quest'ultimo segmento della procedura, condizioni di salute in precedenza non ostative potrebbero aggravarsi e divenire tali o viceversa.

In tema di mandato di arresto europeo, non è ostativa alla consegna dell'estradando l'omessa acquisizione da parte della Corte d'appello del provvedimento restrittivo interno in base al quale il mandato è stato emesso, allorquando il controllo dell'autorità giudiziaria italiana in ordine alla motivazione ed ai gravi indizi di colpevolezza possa essere comunque effettuato sulla base della documentazione trasmessa dall'autorità dello Stato di emissione

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

(ud. 15/02/2017) 16-02-2017, n. 7489

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IPPOLITO Francesco - Presidente -

Dott. TRONCI Andrea - Consigliere -

Dott. RICCIARELLI Massimo - Consigliere -

Dott. GIORDANO Emilia Anna - Consigliere -

Dott. D'ARCANGELO Fabrizio - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Y.F.A.H.A., nato in (OMISSIS);

avverso la sentenza del 9/01/2017 della Corte di appello di Messina;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Fabrizio D'Arcangelo;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Canevelli Paolo, che ha concluso chiedendo la inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 9/1/2107 la Corte di appello di Messina, ha disposto la consegna all'Autorità giudiziaria tedesca di Y.F.A.H.A., destinatario di un mandato di arresto europeo emesso in relazione alla pendenza innanzi al Tribunale di Brema di un procedimento penale per una rapina aggravata posta in essere dal medesimo, secondo la prospettazione accusatoria, in data 19.7.2015 unitamente un ignoto concorrente.

2. Il difensore del ricorrente denuncia, con il primo motivo, la violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 6, comma 3, art. 16e art. 18, comma 1, lett. t), non essendo stata richiesta la trasmissione del provvedimento cautelare posto a fondamento del mandato di arresto europeo. Tale omissione aveva precluso in radice la possibilità di apprezzare il quadro di gravità indiziaria posto a fondamento del mandato di arresto europeo, le modalità di identificazione del consegnando operate dalla autorità giudiziaria tedesca e la sussistenza delle esigenze cautelari ravvisabili nel caso di specie.

3. Con il secondo motivo, la difesa eccepisce l'omessa valutazione delle condizioni di salute dello Y., affetto da plurime e severe patologie, e, con il terzo motivo, il travisamento della richiesta della difesa in ordine al rispetto delle garanzie richieste allo stato membro di emissione. Lo Y. ha, infatti, ricevuto asilo politico in territorio italiano ed è l'unico paese in cui il medesimo ha legami, avendo dovuto abbandonare il Sudan per sottrarsi ad una persecuzione fondata su motivi religiosi.

Motivi della decisione

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto i motivi si rivelano manifestamente infondati.

2. Con il primo motivo, il ricorrente si duole della mancata acquisizione del provvedimento cautelare adottato dalla autorità giudiziaria tedesca, che avrebbe precluso la verifica circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari.

Tale censura è infondata.

Secondo un principio più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, in tema di mandato di arresto europeo, non è ostativa alla consegna dell'estradando l'omessa acquisizione da parte della Corte d'appello del provvedimento restrittivo interno in base al quale il mandato è stato emesso, allorquando il controllo dell'autorità giudiziaria italiana in ordine alla motivazione ed ai gravi indizi di colpevolezza possa essere comunque effettuato sulla base della documentazione trasmessa dall'autorità dello Stato di emissione (Sez. F, n. 3219, del 28/07/2016, Scarfò, Rv. 26742).

Non è, infatti, possibile dar luogo alla consegna richiesta dall'autorità giudiziaria straniera soltanto laddove, dallo stesso mandato o dalla documentazione trasmessa, non sia desumibile l'indicazione precisa del provvedimento restrittivo della libertà personale su cui si basa l'istanza, dovendosi in questo senso interpretare la disposizione dettata dalla L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 3, che richiede l'allegazione al mandato di quel provvedimento (ex plurimis: Sez. 6, n. 49612 del 11/12/2015, Posea, Rv. 265470).

Declinando tali consolidati principi nel caso di specie deve rilevarsi come la Corte di appello ha tratto tali elementi dal testo dello stesso mandato di arresto europeo. Nello stesso vi è, invero, una ampia descrizione dei fatti per cui si procede, la enunciazione dei gravi indizi di colpevolezza, la disamina della dinamica del reato del quale è gravemente indiziato il prevenuto e delle fonti di prova, costituite principalmente dalle dichiarazioni accusatorie della parte lesa F.J., derubato del proprio portafogli e, di seguito, minacciato con una bottiglia rotta. La identificazione dello Y.F. in uno degli autori della rapina è stata, inoltre, resa possibile dai numerosi e vistosi tatuaggi che il medesimo ha impressi sulle braccia, come peraltro emerge anche dalla documentazione fotografica allegata al mandato di arresto europeo.

Tale verifica appare pienamente in linea con l'insegnamento consolidato di questa Corte secondo il quale l'autorità giudiziaria italiana, ai fini della riconoscibilità del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, in tema di mandato di arresto europeo, deve limitarsi a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l'autorità giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna (Sez. U, n. 4614 del 30/01/2007, Ramoci, Rv. 235348).

Nessuna ulteriore verifica era, inoltre, richiesta in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.

L'autorità giudiziaria italiana, infatti, nel valutare i presupposti per l'accoglimento della domanda di consegna, deve operare una ricognizione della valutazione effettuata dall'autorità giudiziaria emittente in ordine alla sussistenza del quadro indiziario, non occorrendo analoga verifica con riferimento al profilo delle esigenze cautelari, e dovendo comunque escludersi che la consegna possa essere rifiutata sulla base di una valutazione di tale profilo diversa da quella espressa dall'autorità emittente (ex plurimis: Sez. 6, n. 3951 del 27/01/2016, Laini, Rv. 267186).

3. Infondata si rivela anche la ulteriore censura formulata dal ricorrente, relativa alla valenza ostativa delle condizioni di salute dello Y.F..

Il difensore ha dedotto la efficacia ostativa alla consegna delle condizioni di salute del ricorrente, affetto da HIV, da epatite C e da uno "stato di sofferenza psicologica acuta con un disturbo di tipo borderline", oltre che da dipendenza da alcool e cannabinoidi.

Le condizioni di salute del consegnando non sono, tuttavia, annoverate dalla L. n. 69 del 2005, art. 18 tra le cause di rifiuto della consegna (Sez. 6, n. 108 del 30/12/2013, Di Giuseppe, Rv. 258460; Sez. 6, n. 42041 del 4/10/2016).

La citata Legge, art. 23, comma 3, infatti, che in presenza di gravi ragioni che inducano a ritenere che la consegna metterebbe in pericolo la vita o la salute della persona, il presidente della corte di appello o il magistrato da lui delegato, può, con decreto motivato, sospendere l'esecuzione del provvedimento di consegna, dandone immediata comunicazione al Ministero della Giustizia.

Nel disegno del legislatore, pertanto, lo stato di salute è una condizione personale soggetta a modificazioni, anche repentina, nel corso del tempo e, pertanto, non utilmente rappresentabile nelle fasi procedimentali anteriori all'esecuzione del provvedimento di consegna perchè, in quest'ultimo segmento della procedura, condizioni di salute in precedenza non ostative potrebbero aggravarsi e divenire tali o viceversa (Sez. 6, n. 108 del 30/12/2013, Di Giuseppe, Rv. 258460).

Le condizioni di salute, pertanto, non precludono l'accoglimento della richiesta di consegna, ma possono, secondo valutazioni operate rebus sic stantibis e delibando un adeguato supporto documentale, determinare la sospensione della esecuzione della consegna.

4. Anche l'ultimo motivo di ricorso, relativo allo status di protezione sussidiaria riconosciuta al ricorrente dallo Stato Italiano, deve essere disatteso. Nel caso di specie, infatti, come ha persuasivamente rilevato la Corte di Appello di Messina, la consegna non deve avvenire in favore del paese di origine dello Y.F., ma di un altro paese dell'Unione Europea; il ricorrente, peraltro, non ha allegato alcun rischio specifico relativo al trattamento che gli sarà riservato da tale Stato.

Parimenti il ricorrente non ha dimostrato di avere un apprezzabile radicamento in territorio italiano atteso che lo stesso Y.F. ha dichiarato di esservi giunto solo dal mese di agosto del 2016 e di aver ottenuto il permesso di soggiorno provvisorio solo del successivo mese di settembre. Il proprio nucleo familiare, inoltre, non è presente in territorio italiano, ove, peraltro, il ricorrente non svolge alcuna attività lavorativa.

5. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto i motivi nel medesimo dedotti si rivelano manifestamente infondati, ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", il ricorrente deve, inoltre, essere condannato a versare la somma, determinata in via equitativa, di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.

La cancelleria è tenuta agli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017