Illegittima perchè violativa dell'articolo 8 CEDU la normativa anche di secondo livello che autorizza gli ufficiali e gli agenti della Guardia di Finanzae ai finzuonari dell'Agenzia dell'Entrate ad accedere “in qualsiasi momento” ai locali adibiti a fini commerciali e industriali al fine di effettuare “verifiche” e “indagini” al loro interno.
Secondo la Corte, le condizioni indicate nelle disposizioni legislative considerate singolarmente, non sono sufficienti a delimitare l'ambito di discrezionalità conferito alle autorità nazionali. Infatti, basandosi sul testo di tali disposizioni, la Corte di Cassazione italiana ha chiarito che il quadro giuridico nazionale non richiedeva alcuna giustificazione specifica per autorizzare le misure in questione in relazione a locali adibiti a fini commerciali e industriali e che, di conseguenza, la relativa autorizzazione non doveva essere motivata. Inoltre, secondo la Corte di Cassazione, quando le misure sono state attuate da funzionari della Guardia di Finanza, non era richiesta alcuna autorizzazione scritta.
Il concetto di “legge” ai sensi della Convenzione include atti normativi di rango inferiore alle leggi la Corte osserva che, nel contesto fiscale, le condizioni stabilite nelle disposizioni legislative applicabili possono essere più ampie e generiche, purché siano successivamente specificate e chiarite in altri strumenti di rango inferiore o nella giurisprudenza interna pertinente: anche se si potesse dire che esisteva una base giuridica generale nella legge italiana per le misure impugnate, tale legge non soddisfa i requisiti di qualità imposti dalla Convenzione.
In particolare, anche tenendo conto del più ampio margine di discrezionalità degli Stati contraenti in materia di persone giuridiche, della natura meno grave dell'interferenza (dovuta all'assenza di poteri coercitivi) e dell'importanza dell'obiettivo di misure simili nel contesto fiscale, la Corte ritiene che il quadro giuridico nazionale abbia concesso alle autorità nazionali un potere discrezionale illimitato sia per quanto riguarda le condizioni in cui le misure contestate potevano essere attuate sia per quanto riguarda la portata di tali misure. Allo stesso tempo, il quadro giuridico nazionale non forniva sufficienti garanzie procedurali, poiché le misure contestate, sebbene suscettibili di alcuni rimedi giurisdizionali, non erano soggette a un controllo sufficiente. Pertanto, il quadro giuridico nazionale non forniva ai ricorrenti il livello minimo di protezione a cui avevano diritto ai sensi della Convenzione. La Corte ritiene che in tali circostanze non si possa affermare che l'ingerenza in questione fosse “prevista dalla legge”, come richiesto dall'articolo 8, paragrafo 2, della Convenzione.
Corte Europea per i diritti dell'Uomo
PRIMA SEZIONE
CASE OF ITALGOMME PNEUMATICI S.R.L. E ALTRI
v. ITALIA
(Domande n. 36617/18 e altre 12 –vedi elenco allegato)
SENTENZA
STRASBURGO
6 febbraio 2025
Art. 8 • Domicilio • Corrispondenza • Accesso e ispezione dei locali commerciali, delle sedi legali o dei locali utilizzati per attività professionali dei richiedenti, con esame, copia e sequestro (in alcuni casi) di registri contabili, libri contabili, fatture e altri documenti contabili, nonché documenti rilevanti ai fini della valutazione fiscale • Requisiti di “qualità della legge” non soddisfatti • Quadro giuridico nazionale che offre alle autorità nazionali una discrezionalità illimitata per quanto riguarda la portata e le condizioni delle misure impugnate • Mancanza di sufficienti garanzie procedurali • Misure contestate non soggette a un efficace controllo giurisdizionale ex post della loro legalità, necessità e proporzionalità • Interferenza “non conforme alla legge”
Art. 46 • Misure generali • Problema sistemico • Lo Stato convenuto deve conformare la propria legislazione e prassi alle conclusioni della Corte • Necessità di norme specifiche nel diritto interno, che indichino le circostanze per accedere e condurre audit in loco e controlli fiscali nei locali commerciali e nei locali utilizzati per attività professionali, stabilendo garanzie e prevedendo un controllo giurisdizionale effettivo
Preparato dalla cancelleria. Non vincola la Corte.
traduzione aumomatica non ufficiale canestriniLex.com
La presente sentenza sarà definitiva alle condizioni previste dall'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetta a revisione editoriale.
Nella causa Italgomme Pneumatici S.r.l. e altri contro Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo (Prima Sezione), riunita in camera di consiglio composta da:
Ivana Jelić, Presidente,
Erik Wennerström,
Alena Poláčková,
Georgios A. Serghides,
Raffaele Sabato,
Alain Chablais,
Artūrs Kučs, giudici,
e Ilse Freiwirth, cancelliere della sezione,
Visti:
i ricorsi omissis contro la Repubblica italiana presentate alla Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”) da un cittadino italiano e da dodici persone giuridiche (“i ricorrenti”), i cui dati sono riportati nella tabella allegata, nelle varie date anch'esse indicate nella tabella allegata;
la decisione di notificare le domande al Governo italiano (“il Governo”);
le osservazioni presentate dal Governo convenuto e le osservazioni in risposta presentate dai ricorrenti;
le osservazioni presentate da ITALIASTATODIRITTO (articolo 36 § 2 della Convenzione e articolo 44 § 3 del Regolamento della Corte), un'organizzazione alla quale il Presidente della Sezione ha concesso il permesso di intervenire;
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 14 gennaio 2025,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:
INTRODUZIONE
1. Le domande riguardano l'accesso e l'ispezione dei locali commerciali, delle sedi legali o dei locali utilizzati per attività professionali dei ricorrenti, nonché l'esame, la copia e il sequestro (in alcuni casi) delle loro scritture contabili, dei libri contabili, delle fatture e di altri documenti obbligatori relativi alla contabilità, nonché di diversi tipi di documenti rilevanti ai fini della valutazione fiscale. Le misure contestate erano state adottate da funzionari o agenti della Guardia di Finanza o dell'Agenzia delle Entrate al fine di valutare l'adempimento degli obblighi fiscali dei ricorrenti. I ricorrenti lamentavano l'eccessiva discrezionalità conferita dalla normativa nazionale alle autorità nazionali e l'insufficienza di garanzie procedurali idonee a tutelarli contro eventuali abusi o arbitri, in particolare l'assenza di un sindacato giurisdizionale o indipendente ex ante e/o ex post sui provvedimenti impugnati. Essi invocavano l'articolo 8 della Convenzione, considerato da solo e in combinato disposto con l'articolo 13 della Convenzione, nonché l'articolo 6 § 1 della Convenzione.
I FATTI
2. I dati dei ricorrenti e dei loro rappresentanti sono riportati in appendice.
3. Il Governo era rappresentato dal suo agente, l'Avvocato dello Stato L. D'Ascia.
4. I fatti del caso possono essere riassunti come segue.
LE CIRCOSTANZE COMUNI A TUTTE LE DOMANDE
5. In date diverse, i locali commerciali, le sedi legali o i locali utilizzati per attività professionali dei ricorrenti sono stati oggetto di accesso e ispezione da parte di funzionari o agenti della Guardia di Finanza o dell'Agenzia delle Entrate, al fine di verificare il rispetto degli obblighi fiscali. Tutti i ricorrenti sono persone giuridiche, ad eccezione del sig. Terrenzio, che ha presentato il ricorso n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”20062/20“]}”>20062/20 per conto della società di cui è l'unico proprietario (ditta individuale).
6. Le autorizzazioni a svolgere le verifiche sono state rilasciate dal capo locale dell'Agenzia delle Entrate o dal capo locale della Guardia di Finanza (vedi paragrafi 11-36 di seguito) ai sensi dell'articolo 52 § 1 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26 ottobre 1972 ("Decreto n. 633/1972“, vedi paragrafo 41 sotto) e/o l'articolo 33 § 1 del Decreto Presidenziale n. 600 del 29 settembre 1973 (”Decreto n. 600/1973”, vedi paragrafo 46 sotto).
7. Ai ricorrenti e ai loro rappresentanti è stato chiesto di produrre registrazioni contabili, libri societari, fatture e altri documenti obbligatori riguardanti la contabilità, nonché diversi tipi di documenti rilevanti ai fini della valutazione fiscale relativi agli anni oggetto di revisione. Le richieste non riguardavano solo i registri e i libri che i richiedenti erano legalmente obbligati a tenere, ma anche “qualsiasi altro documento pertinente” in loro possesso che fosse equivalente alla contabilità, come i registri relativi a transazioni, attività o passività che non erano riportate nei rendiconti ufficiali (scritture extracontabili).
8. I richiedenti e i loro rappresentanti sono stati informati che, ai sensi dell'articolo 66 del decreto n. 633/1972 e dell'articolo 68 del decreto n. 600/1973 (cfr. paragrafi 45 e 50 infra), i funzionari o gli agenti che effettuavano le verifiche erano tenuti al segreto professionale per quanto riguardava le informazioni acquisite e che le verifiche erano soggette alle garanzie e alle tutele previste dall'articolo 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (“legge n. 212/2000”, cfr. paragrafo 53 infra).
9. Sono stati inoltre informati che: (i) ai sensi dell'articolo 52 § 5 del decreto n. 633/1972 e dell'articolo 32 § 4 del decreto n. 600/1973, nel caso in cui si fossero rifiutati di produrre i documenti richiesti, sarebbe stato loro impedito di farvi valere come prova a loro favore in eventuali successivi procedimenti amministrativi e giudiziari (preclusione probatoria, v. infra paragrafi 41 e 46); (ii) il rifiuto di esibire i libri e i documenti di cui la legge prescrive la detenzione o delle cui esistenze le autorità abbiano conoscenza comporta l'applicazione della sanzione prevista dall'art. 9 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 ("decreto n. 471/1997”, vedi paragrafo 52 di seguito); e (iii) ai sensi dell'articolo 55 § 2 (1) del Decreto n. 633/1972 (vedi paragrafo 43 di seguito) e dell'articolo 39 § 2 (c) del Decreto n. 600/1973 (vedi paragrafo 48 sotto), in caso di mancata conservazione o mancata produzione dei documenti sopra citati, l'Autorità Fiscale sarebbe stata autorizzata a valutare quante transazioni erano state effettuate e quanti redditi erano stati percepiti ricorrendo a presunzioni semplici basate sui dati e sugli elementi che erano stati raccolti in altri modi e che erano a disposizione delle autorità.
10. I ricorrenti hanno ottemperato alle richieste delle autorità nazionali, consentendo agli ufficiali e agli agenti di effettuare le verifiche e producendo i documenti richiesti. Tali documenti sono stati copiati se in formato elettronico e in alcuni casi sequestrati; in altri casi, sono stati lasciati ai ricorrenti, ma sigillati e conservati e tenuti a disposizione delle autorità fiscali e di polizia per un ulteriore esame (vedi paragrafi 11-36 di seguito).
GIUSTIFICAZIONE E AMBITO DELLE MISURE
Domanda n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”36617/18“]}”>36617/18
11. L'autorizzazione in questione è stata rilasciata il 18 maggio 2018 dal direttore dell'Agenzia delle Entrate di Foggia. In essa si indicava che la società richiedente era un “contribuente medio” con un fatturato superiore a 5.164.000 euro (EUR) che non era stata sottoposta a procedure di accertamento fiscale nei tre anni precedenti e che aveva dichiarato un reddito basso nel 2015.
12. Gli agenti hanno avuto accesso ai locali il 22 maggio 2018. Il rappresentante della società richiedente ha prodotto i documenti richiesti. Gli agenti hanno ispezionato i locali e hanno preso nota dei materiali immagazzinati nel magazzino e dei dipendenti presenti nei locali. Hanno anche preso copia dei documenti di identità dei dipendenti.
Domanda n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”7525/19“]}”>7525/19
13. L'autorizzazione in questione è stata rilasciata il 21 gennaio 2019 dal direttore dell'Agenzia delle Entrate di Bari. Essa indicava che la società richiedente era nell'elenco dei contribuenti che dovevano essere sottoposti a una verifica fiscale in merito al rispetto dei loro obblighi fiscali nel 2015, a causa del basso reddito dichiarato.
14. Gli agenti hanno avuto accesso ai locali lo stesso giorno. Il rappresentante della società richiedente ha prodotto i documenti richiesti, alcuni dei quali in formato elettronico. Gli agenti hanno ispezionato i locali, preso nota del materiale in possesso della società e copiato i dati presenti sul server del computer. I dati ottenuti sono stati conservati nei locali per essere ulteriormente esaminati dalle autorità e il rappresentante della società richiedente è stato informato che, in caso di alterazione o rimozione, ne sarebbe stato ritenuto responsabile ai sensi degli articoli da 349 a 351 del Codice penale, riguardanti la rottura dei sigilli e la sottrazione, la cancellazione, la distruzione o il danneggiamento di prove relative a un reato, atti, documenti o altri oggetti mobili custoditi in un ufficio pubblico o da un pubblico ufficiale o un impiegato che svolge un servizio pubblico.
Domanda n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”19452/19“]}”>19452/19
15. L'autorizzazione in questione è stata rilasciata il 27 febbraio 2019 dal capo dell'Agenzia delle Entrate di Bari (Divisione Adriatica). Essa affermava che lo scopo del provvedimento era quello di individuare gli operatori commerciali “a rischio” nel settore dell'e-commerce, con particolare riferimento alla vendita online di prodotti soggetti al regime di “reverse charge” e alle transazioni concluse dalla società richiedente tra il 2016 e il 2019.
16. Gli agenti hanno avuto accesso ai locali il 15 marzo 2019. Il rappresentante della società richiedente ha prodotto i documenti richiesti e gli agenti hanno copiato su un dispositivo elettronico il libro giornale della società per gli anni 2016 e 2017. Il processo verbale completo indica che il rappresentante della società richiedente ha dichiarato che, a suo avviso, tale accesso era illegale.
Domanda n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”52473/19“]}”>52473/19
17. L'autorizzazione in questione è stata rilasciata il 3 maggio 2019 dal capo dell'Agenzia delle Entrate di Foggia. In essa si afferma che la società richiedente ha dichiarato un reddito basso e non è mai stata oggetto di accertamento fiscale generale. In particolare, nel 2016 aveva dichiarato un reddito di 502 euro e perdite per 82.821 euro.
18. I funzionari hanno avuto accesso a vari locali il 6, 13 e 15 maggio 2019. Il verbale completo delle operazioni, datato 29 maggio 2019, indicava che avevano esaminato i documenti acquisiti attraverso la verifica e identificato diverse violazioni fiscali. Indicava inoltre che, in conformità con le disposizioni nazionali pertinenti, la società richiedente sarebbe stata informata di tali violazioni mediante un avviso di accertamento fiscale separato o un avviso di sanzione.
Domanda n. 55943/19
19. L'autorizzazione pertinente è stata rilasciata il 23 aprile 2019 dal capo dell'Agenzia delle Entrate di Foggia. Essa affermava che la società richiedente non era stata sottoposta a una verifica fiscale generale nei cinque anni precedenti, aveva chiesto il rimborso di un importo elevato di IVA e figurava nell'elenco dei contribuenti da sottoporre a verifica nel 2019.
20. Gli agenti hanno avuto accesso ai locali il 6 giugno 2019. Il rappresentante della società richiedente ha prodotto i documenti richiesti, che sono stati conservati nei locali per essere ulteriormente esaminati dalle autorità.
Richiesta n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”261/20“]}”>261/20
21. L'autorizzazione pertinente è stata rilasciata il 27 novembre 2019 dal capo della Guardia di Finanza di Foggia. In essa si affermava che il provvedimento in questione era un'iniziativa autonoma della Guardia di Finanza volta a ottenere prove per un accertamento fiscale relativo agli anni dal 2017 al 2019.
22. Gli agenti hanno avuto accesso ai locali il 27 e il 28 novembre 2019. Hanno esaminato i documenti forniti dalla società richiedente e hanno concluso nel verbale completo delle operazioni che essa non aveva adempiuto pienamente ai propri obblighi fiscali per l'anno 2017.
Domanda n. 7991/20
23. L'autorizzazione in questione è stata rilasciata il 19 settembre 2019 dal capo dell'Agenzia delle Entrate di Foggia. In essa si afferma che la misura in questione mirava a verificare l'adempimento degli obblighi fiscali della società richiedente nel 2014 e nel 2016, in relazione ai suoi rapporti commerciali con un'altra società anch'essa sottoposta a verifica.
24. I funzionari hanno avuto accesso ai locali in diciotto diverse date tra il 24 settembre e il 25 novembre 2019. Quando lo hanno fatto, il rappresentante della società richiedente ha chiesto che la verifica fosse effettuata nell'ufficio del commercialista della società. Il commercialista ha consegnato i documenti pertinenti, che sono stati poi sigillati per evitare che fossero alterati. Sono stati conservati nei locali della società richiedente e tenuti a disposizione delle autorità per un ulteriore esame.
Domanda n. 8046/20
25. L'autorizzazione pertinente è stata rilasciata il 12 settembre 2019 dal capo dell'Agenzia delle Entrate di Foggia. In essa si affermava che la verifica in questione mirava a controllare il rispetto da parte della società richiedente dei suoi obblighi fiscali nel 2014 e nel 2016, poiché la valutazione fiscale in corso per l'anno 2015 aveva rivelato diverse incongruenze e una contabilità inaffidabile.
26. I funzionari hanno avuto accesso ai locali il 16 novembre 2019. Quando lo hanno fatto, il rappresentante della società richiedente ha chiesto che la verifica fosse effettuata nell'ufficio del contabile della società. Il contabile ha consegnato i documenti pertinenti, che sono stati sigillati per evitare che fossero alterati, conservati nei locali della società richiedente e tenuti a disposizione delle autorità per un ulteriore esame.
Domanda n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”20062/20“]}”>20062/20
27. L'autorizzazione in questione è stata rilasciata il 10 gennaio 2020 dal direttore dell'Agenzia delle Entrate di Foggia. In essa si afferma che la verifica in questione mirava a controllare le informazioni relative a un credito d'imposta ricevuto a fini di ricerca e sviluppo, in particolare l'importo ricevuto dalla società per l'anno 2017 e l'idoneità del richiedente a ricevere tale credito per l'anno 2018. L'ispezione è stata effettuata anche perché la società del richiedente non era stata sottoposta a verifiche fiscali generali nei quattro anni precedenti.
28. Gli agenti hanno avuto accesso ai locali il 13 gennaio 2020. Il richiedente ha consegnato i documenti richiesti e si è impegnato a produrne altri mancanti. I documenti sono stati copiati dagli agenti e conservati in un armadio situato nei locali della società del richiedente. La figlia del richiedente, dipendente della società, è stata nominata custode dei documenti e informata che, in caso di alterazione o sottrazione degli stessi, sarebbe stata ritenuta responsabile ai sensi degli articoli da 349 a 351 del codice penale. Non è stata effettuata alcuna ispezione, in quanto gli agenti hanno riconosciuto che non erano presenti altri dipendenti o altri documenti rilevanti.
Richiesta n. 34827/20
29. L'autorizzazione in questione è stata rilasciata l'8 gennaio 2020 dal capo locale della Guardia di Finanza di Foggia. In essa si afferma che il provvedimento in questione è un'iniziativa autonoma della Guardia di Finanza volta ad acquisire elementi probatori per l'accertamento fiscale relativo agli anni dal 2017 al 2020.
30. Gli agenti hanno avuto accesso ai locali lo stesso giorno. Il rappresentante della società richiedente ha prodotto i documenti richiesti, che sono stati sequestrati e portati alla locale stazione della Guardia di Finanza. Gli agenti hanno anche ispezionato i locali, ma non sono stati trovati altri documenti rilevanti. Gli agenti hanno preso nota dell'identità dei dipendenti presenti nei locali.
Domanda n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”26376/21“]}”>26376/21
31. L'autorizzazione in questione è stata rilasciata il 22 aprile 2021 dal capo locale della Guardia di Finanza di Foggia. In essa si afferma che il provvedimento in questione è un'iniziativa autonoma della Guardia di Finanza volta ad acquisire elementi probatori per l'accertamento fiscale relativo agli anni dal 2016 al 2021.
32. Gli agenti hanno avuto accesso ai locali lo stesso giorno. Il rappresentante della società richiedente ha prodotto i documenti richiesti, che sono stati sigillati e conservati nei locali della società richiedente e tenuti a disposizione delle autorità. Gli agenti hanno anche copiato diversi documenti elettronici. Il rappresentante della società richiedente è stato nominato custode dei documenti e informato che, in caso di alterazione o rimozione, sarebbe stato ritenuto responsabile ai sensi degli articoli da 349 a 351 del codice penale. Gli agenti hanno ispezionato i locali, ma non sono stati trovati altri documenti rilevanti. Hanno anche intervistato quattro dipendenti e due azionisti della società ed esaminato altri documenti. Sono stati ispezionati anche altri locali appartenenti alla società richiedente (due siti).
Richiesta n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”28730/21“]}”>28730/21
33. L'autorizzazione in questione è stata rilasciata il 26 aprile 2021 dal capo della Guardia di Finanza di Foggia. In essa si afferma che il provvedimento in questione è un'iniziativa autonoma della Guardia di Finanza volta ad acquisire elementi probatori per l'accertamento fiscale relativo agli anni dal 2017 al 2021. Il verbale completo delle operazioni indicava inoltre che la verifica era stata avviata alla luce dei risultati emersi nel contesto di un'indagine penale in corso da parte della Procura distrettuale antimafia di Bari.
34. Gli agenti hanno avuto accesso ai locali lo stesso giorno. Il rappresentante della società richiedente ha prodotto via e-mail alcuni dei documenti richiesti, chiarendo che avrebbe prodotto i libri e i registri della società non appena fossero stati disponibili. I documenti prodotti, insieme ad altri rinvenuti durante un'ispezione in altri locali della società richiedente, sono stati sigillati e conservati in un armadio nei locali della società richiedente. Il rappresentante della società richiedente è stato nominato custode dei documenti e informato che, in caso di alterazione o rimozione, sarebbe stato ritenuto responsabile ai sensi degli articoli da 349 a 351 del codice penale.
Domanda n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”20133/22“]}”>20133/22
35. L'autorizzazione pertinente è stata rilasciata il 28 marzo 2022 dal capo della Guardia di Finanza di San Severo. Essa affermava che la misura in questione era finalizzata all'acquisizione di dati, informazioni e documenti riguardanti i rapporti commerciali tra la società richiedente e un'altra società tra il 28 aprile 2017 e il 28 marzo 2022.
36. Gli agenti della Guardia di Finanza hanno avuto accesso ai locali il 28 marzo 2022. Il rappresentante della società richiedente ha prodotto fatture relative a transazioni con un'altra società e ha fornito spiegazioni. Quando gli è stato chiesto di consegnare i libri contabili della società, il rappresentante del richiedente ha risposto che non erano conservati nei locali ispezionati e si è impegnato a produrli non appena disponibili. Gli agenti hanno acquisito copie dei documenti prodotti.
QUADRO GIURIDICO E PRASSI PERTINENTI
DIRITTO INTERNO
Legge n. 4 del 14 gennaio 1929 (Disposizioni generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie)
37. Le disposizioni pertinenti della legge n. 4 del 14 gennaio 1929 (“Legge n. 4/1929”) recitano quanto segue:
Sezione 24
“[Le persone sono] informate delle violazioni delle disposizioni delle leggi finanziarie mediante un verbale completo (processo verbale).”
Sezione 25
“Salvo [ove] specificamente previsto dalle leggi finanziarie, non è consentito sequestrare i libri previsti dal Codice di Commercio e altri [libri] necessari in ambito commerciale per lo svolgimento di attività commerciali e industriali.
La disposizione precedente non si applica in caso di violazioni delle leggi finanziarie che costituiscono un reato penale.
Le autorità competenti possono in ogni caso ottenere una copia dei libri a spese del contribuente [sottoposto a verifica], o apporre la propria firma o le proprie iniziali sulle parti rilevanti per l'identificazione della violazione, includendo la data e il timbro dell'ufficio [competente]; [possono] anche imporre misure specifiche volte a impedire che i libri vengano alterati o rimossi.”
Sezione 35
“Al fine di verificare il rispetto dei requisiti imposti dalle leggi o dai regolamenti in materia finanziaria, i funzionari o gli agenti della Guardia di Finanza sono autorizzati ad accedere in qualsiasi momento agli stabilimenti aperti al pubblico e a tutti i locali destinati ad attività industriali o commerciali, al fine di effettuare verifiche e indagini."[1]
Costituzione
38. La disposizione pertinente della Costituzione recita come segue:
Articolo 14
“Il domicilio [di una persona] è inviolabile.
Non si possono eseguire ispezioni, perquisizioni o sequestri [nell'abitazione], se non nei casi e modi stabiliti dalla legge e con le garanzie stabilite per la tutela della libertà personale.
I controlli e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica, o a fini economici e fiscali, sono regolati da leggi apposite.”
39. Secondo un'interpretazione consolidata, la nozione di “domicilio” ai sensi dell'articolo 14 della Costituzione deve essere distinta da altre nozioni, come quella di “domicilio” ai sensi delle pertinenti disposizioni penali. Essa include solo i luoghi utilizzati come “dimora privata” (privata dimora). In particolare, include luoghi utilizzati per attività caratteristiche della vita privata (svolgimento di attività caratteristiche della vita privata). Al contrario, non include luoghi pubblici e luoghi aperti al pubblico, o luoghi che, sebbene privati, non sono utilizzati come “residenze private”. In generale, non include locali commerciali e locali utilizzati per attività professionali, a meno che non siano utilizzati anche come “residenze private” nel significato sopra identificato[2].
Il codice di procedura civile
40. L'articolo 96 del codice di procedura civile, che stabilisce la “responsabilità aggravata” di una parte in un procedimento civile, recita come segue.
“Se si accerta che la parte soccombente ha promosso o difeso in mala fede o con colpa grave, il giudice, su istanza della controparte, oltre alle spese del giudizio, liquiderà anche d'ufficio il risarcimento dei danni.
...
In ogni caso, nel decidere sulle spese processuali ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può imporre alla parte soccombente l'obbligo di pagare all'altra parte un importo determinato in via equitativa.
Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26 ottobre 1972 (Imposizione e regolamentazione dell'imposta sul valore aggiunto)
41. Ai sensi dell'articolo 51, comma 2, n. 1, del decreto n. 633/1972, al fine di esercitare la loro funzione di verifica dell'adempimento degli obblighi fiscali, le autorità fiscali hanno il diritto di “accedere [ai locali] ed effettuare ispezioni e verifiche ai sensi dell'articolo 52” dello stesso decreto (accessi, ispezioni e verifiche).
42. Le verifiche in questione erano disciplinate dall'articolo 52 del decreto n. 633/1972, i cui paragrafi pertinenti recitano quanto segue:
Articolo 52
“1. Gli uffici dell'IVA possono disporre che i dipendenti dell'amministrazione finanziaria [siano autorizzati] ad accedere ai locali destinati ad attività commerciali, agricole, artistiche o professionali, nonché di quelli utilizzati da enti non commerciali ..., per effettuare ispezioni documentali, verifiche [e] indagini, e per raccogliere ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento fiscale [pertinente] e per la lotta all'evasione fiscale e ad altre violazioni fiscali. L'accesso ai locali deve essere consentito ai dipendenti muniti di apposita autorizzazione indicante la finalità dell'accesso rilasciata dal responsabile dell'ufficio di appartenenza. Per l'accesso ai locali adibiti anche ad abitazione è necessaria l'autorizzazione del pubblico ministero. In ogni caso l'accesso ai locali in cui si esercitano arti o professioni deve avvenire in presenza del titolare o dei titolari o di un loro rappresentante.
2. L'accesso a locali diversi da quelli indicati nel comma precedente [abitazioni private] può essere effettuato, previa autorizzazione del pubblico ministero, solo in caso di gravi indizi di violazioni delle norme del presente decreto, al fine di rinvenire libri, registri, documenti, scritture e altre evidenze di violazioni tributarie.
3. In ogni caso, è necessario ottenere l'autorizzazione del pubblico ministero o dell'autorità giudiziaria più vicina per effettuare perquisizioni corporali, aprire con la forza documenti sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e luoghi simili, ed esaminare documenti e informazioni per i quali è invocato il segreto professionale durante l'accesso [ai locali], fatta salva la disposizione di cui all'articolo 103 del codice di procedura penale.
4. La verifica dei documenti si estende a tutti i libri, registri, documenti e dichiarazioni scritte, compresi quelli che non devono essere conservati, che si trovano nei locali o sono altrimenti accessibili mediante dispositivi digitali ivi installati.
5. [Qualora un contribuente rifiuti di esibire] libri, registri [o] documenti, [questi] non possono essere considerati a suo favore ai fini di un accertamento fiscale in ... procedimenti amministrativi e giudiziari. La dichiarazione che i libri, i registri, i documenti e le dichiarazioni scritte non sono in possesso del contribuente, o la mancata consegna [di tali documenti] in sede di verifica, equivale al rifiuto di presentare [tali documenti].
6. Per ogni accesso ai locali deve essere redatto un verbale completo, che descriva l'ispezione e la raccolta dei dati, nonché le richieste fatte al contribuente o al suo rappresentante e le risposte ricevute. Il verbale completo deve essere firmato dal contribuente o dal suo rappresentante o indicare il motivo per cui non è firmato. Il contribuente ha il diritto di riceverne una copia.
7. I documenti e i registri possono essere sequestrati solo se non è possibile riprodurli o riprodurne il contenuto nel registro completo, o se il contenuto del registro completo non è firmato o è contestato. Libri e registri non possono essere sequestrati; gli [agenti che attuano le misure] possono fare copie o [fare copie di] estratti o farne fare ad altri, possono apporre la propria firma o le proprie iniziali nelle parti pertinenti insieme alla data e al timbro ufficiale, e possono dare avvertimenti appropriati per impedire che i libri e i registri vengano alterati o rimossi.
...”
43. Ai sensi dell'articolo 55 § 2 (1), se il contribuente, quando gli viene richiesto, omette di produrre i documenti, i registri e i libri necessari per la valutazione fiscale, l'Autorità Fiscale ha il diritto di ricorrere a presunzioni basate sui dati e sugli elementi altrimenti raccolti al fine di valutare l'imposta dovuta.
44. L'articolo 57 stabilisce i termini per l'emissione di un avviso di accertamento fiscale che accerta che un contribuente non ha adempiuto ai relativi obblighi fiscali in un determinato anno fiscale. Nella sua formulazione attuale, il primo paragrafo di tale articolo prevede che il contribuente debba essere informato di un accertamento entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi. In conformità con il secondo paragrafo, qualora il contribuente abbia completamente omesso di presentare una dichiarazione, può essere informato dell'accertamento fiscale entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione[3].
45. Ai sensi dell'articolo 66, i funzionari dell'Autorità fiscale e della Guardia di Finanza sono vincolati dal segreto professionale per quanto riguarda i dati e le informazioni acquisite nell'esercizio delle loro funzioni.
Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 29 settembre 1973 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi)
46. Ai sensi dell'articolo 32, comma 1, del decreto n. 600/1973, al fine di esercitare la loro funzione di verifica del rispetto degli obblighi fiscali, le autorità fiscali hanno il diritto di “accedere [ai locali] ed effettuare ispezioni e verifiche ai sensi dell'articolo 33 [del medesimo decreto]”.
47. L'articolo 33, comma 1, del decreto n. 600/1973 prevede che l'accesso ai locali, le ispezioni e le verifiche nell'ambito delle verifiche fiscali siano regolati dall'articolo 52 del decreto n. 633/1973 (vedi paragrafo 42 sopra). Il quarto comma prevede che i documenti, le registrazioni e i libri richiesti dalle autorità ma non prodotti dal contribuente non possano essere considerati a favore del contribuente in successivi procedimenti amministrativi e giudiziari.
48. Ai sensi dell'articolo 39, comma 2, lettera c), se il contribuente omette di produrre documenti, registri e libri quando gli viene richiesto, l'autorità fiscale ha il diritto di ricorrere a presunzioni basate su dati altrimenti disponibili al fine di determinare il reddito in relazione al quale devono essere valutati gli obblighi fiscali.
49. L'articolo 43 stabilisce i termini per la conclusione dei procedimenti relativi alla valutazione dell'imposta sul reddito (vedi paragrafo 44 sopra).
50. L'articolo 68 ribadisce che i funzionari dell'amministrazione finanziaria e della Guardia di Finanza sono tenuti al segreto d'ufficio (vedi paragrafo 45).
Decreto legislativo n. 546 del 31 dicembre 1992 (Disposizioni in materia di procedimenti davanti alle commissioni tributarie)
51. L'articolo 19 del decreto n. 546/1992, in vigore all'epoca dei fatti, include un elenco esaustivo di documenti ufficiali che possono essere impugnati dinanzi alle commissioni tributarie. Le parti rilevanti recitano come segue:
Articolo 19: Atti [documenti ufficiali] che possono essere impugnati e oggetto di ricorso
“1. I reclami [dinanzi alle commissioni tributarie] possono essere presentati contro:
(a) un avviso di accertamento fiscale;
(b) un avviso di liquidazione fiscale;
(c) un ordine che impone sanzioni;
(d) un avviso di riscossione fiscale;
...
(i) qualsiasi altro atto che la legge dichiara espressamente possa essere contestato.
...
2. Gli atti diversi da quelli espressamente previsti non sono impugnabili. L'impugnazione di un atto impugnabile è ammessa esclusivamente per vizi propri...
Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (Riforma della disciplina sanzionatoria non penale in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione delle imposte)
52. Al contribuente che rifiuti di esibire i documenti richiesti dalle autorità nell'accesso ai locali e nell'effettuazione di ispezioni e verifiche è applicata la sanzione prevista dall'articolo 9 del decreto n. 471/1997. Tale disposizione recita:
Articolo 9: Violazione degli obblighi di tenuta delle scritture contabili
“1. Chiunque non tenga o conservi, in conformità ai relativi obblighi, le registrazioni contabili, i documenti e i libri richiesti dalle leggi vigenti in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto, o le registrazioni contabili, i documenti e i libri che devono essere tenuti e conservati ai sensi di altre disposizioni fiscali, è [soggetto] a una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 8.000 euro.[4]
2. La sanzione prevista dal primo comma del presente articolo si applica anche a chi, al momento dell'accesso [delle autorità] ai [locali] nell'ambito di una verifica fiscale ai fini delle imposte dirette e dell'imposta sul valore aggiunto, rifiuti di esibire o dichiari di non possedere, o comunque sottragga all'ispezione e al controllo, documenti, scritture e registri contabili non obbligatori [ma] certamente esistenti.
…”
Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Legge sul diritto del contribuente)
53. Le disposizioni rilevanti della legge n. 212/2000 recitano come segue:
Sezione 12: Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali
“1. Tutti gli accessi ai locali [utilizzati] per attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali, nonché le verifiche e i controlli fiscali in [tali] locali, devono essere effettuati ... in base alle effettive esigenze di indagine e di controllo in loco. Salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, [tali misure] devono essere attuate durante il normale orario di lavoro e in modo tale da causare il minor disturbo possibile allo svolgimento di tali attività e ai rapporti commerciali o professionali del contribuente.
2. Quando viene avviata una verifica, il contribuente ha il diritto di essere informato dei motivi che giustificano la verifica e della sua portata, del suo diritto di essere assistito da un professionista qualificato per comparire davanti ai tribunali fiscali e dei suoi diritti e obblighi durante le verifiche.
3. Su richiesta del contribuente, i documenti amministrativi e contabili possono essere esaminati nell'ufficio dei verificatori o in quello del professionista che assiste o rappresenta il contribuente.
4. Le osservazioni e i commenti del contribuente e del professionista che lo assiste sono annotati nel verbale delle operazioni di verifica.
...
6. Se il contribuente ritiene che i verificatori stiano procedendo in modo non conforme alla legge, può anche ricorrere al Garante del Contribuente, ai sensi delle disposizioni dell'articolo 13 ...”
Articolo 13: Garante del Contribuente
“1. Presso ogni direzione regionale delle entrate e delle province autonome è istituito un Garante del contribuente.
2. Il Garante del contribuente, che opera in piena autonomia, è un organo collegiale [persona fisica che agisce in qualità di] [che è] scelto e nominato dal presidente della commissione tributaria regionale o della sezione staccata della stessa nella cui circoscrizione ha sede la direzione regionale dell'Agenzia delle Entrate ...
6. Il Garante del Contribuente indirizza alle strutture competenti le richieste di documenti o chiarimenti, anche sulla base di segnalazioni presentate per iscritto dal contribuente o da qualsiasi altro soggetto interessato che lamenta disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, anomalie o irragionevolezze amministrative, o qualsiasi altro comportamento idoneo a ledere il rapporto di fiducia tra i cittadini e l'amministrazione finanziaria. [Gli uffici competenti] rispondono entro trenta giorni, e [questo] attiva le procedure di autotutela in relazione agli accertamenti amministrativi o agli avvisi di riscossione di cui il contribuente è stato informato. Il Garante del Contribuente comunica l'esito dell'attività svolta alle direzioni regionali o distrettuali [dell'amministrazione fiscale] o alla sede di zona della Guardia di Finanza, nonché agli organi di controllo, informando la persona che ha segnalato [l'irregolarità].
7. Il Garante del Contribuente formula raccomandazioni ai dirigenti degli uffici fiscali per tutelare il contribuente e organizzare al meglio i servizi.
...”
Il potere di autotutela
54. Nell'ambito del potere di autotutela, un ente della pubblica amministrazione può annullare o revocare decisioni già prese, senza l'intervento dell'autorità giudiziaria.
PRATICA NAZIONALE
Linee guida del Ministero dell'Economia e delle Finanze in materia di obiettivi di politica fiscale
55. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha emanato e pubblicato sul proprio sito web documenti di orientamento volti a perseguire gli obiettivi di politica fiscale. Tali documenti sono rivolti a tutti gli enti coinvolti nell'amministrazione delle entrate (il Dipartimento delle Finanze del Ministero, l'Agenzia delle Entrate, la Guardia di Finanza) e delineano linee guida operative volte a migliorare i servizi per i contribuenti, promuovere l'adempimento volontario degli obblighi fiscali e prevenire e combattere l'evasione e l'elusione fiscale.
Linee guida 2016-2018
56. Il paragrafo 2 delle Linee guida 2016-2018, datate 22 dicembre 2015, prevedeva che, nel contesto delle attività volte a combattere l'evasione e l'elusione fiscale, le autorità fiscali dovevano “ridurre i controlli intrusivi” “sviluppando ulteriormente un'analisi dei rischi rilevanti”, anche attraverso l'uso di strumenti automatizzati, come i database.
Linee Guida 2018-2020
57. Il punto (f) dei Criteri Generali delle Linee Guida 2018-2020, datate 5 dicembre 2017, ha fissato il seguente obiettivo: l'ulteriore implementazione di sistemi informatici e automatizzati che migliorino l'efficacia dei controlli attraverso l'uso efficiente di banche dati la cui capacità di funzionare efficacemente con altri sistemi sarebbe migliorata.
Circolare n. 4/E dell'Agenzia delle Entrate del 7 maggio 2021
58. La circolare n. 4/E dell'Agenzia delle Entrate del 7 maggio 2021 includeva “Linee guida operative sulla prevenzione e la lotta all'evasione fiscale e sulle attività relative a controversie fiscali, consulenza e servizi per i contribuenti”. Nel Capitolo I, la circolare forniva istruzioni relative alla selezione di piccole, medie e grandi imprese e contribuenti individuali da sottoporre a revisione a distanza e a controlli in loco. In generale, si affermava che, pur tenendo conto della situazione generata dalla pandemia di COVID-19, si doveva dare priorità al controllo dei contribuenti che presentavano un rischio maggiore di inadempienza o che si erano comportati in modo non collaborativo e non trasparente in passato.
59. Linee guida simili sono state ribadite nella circolare n. 21/E dell'Agenzia delle Entrate del 20 giugno 2022, a seguito della pandemia di COVID-19.
GIURISPRUDENZA NAZIONALE
Giurisprudenza sulle condizioni per l'autorizzazione all'accesso e alle ispezioni e sulla revisione ex ante di tali misure
60. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, l'autorizzazione rilasciata da un capo dell'ufficio delle entrate o da un pubblico ministero che consente l'accesso ai locali commerciali e ai locali utilizzati per attività professionali che non sono residenze private non deve essere motivata, poiché le disposizioni di legge in materia non prevedono condizioni specifiche per il rilascio di tale autorizzazione, e quindi l'autorizzazione è un “mero adempimento procedimentale necessario solo affinché il provvedimento possa essere approvato da un'autorità gerarchicamente e funzionalmente superiore” (cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 16424 del 21 novembre 2002; cfr. anche Corte di Cassazione, sentenze n. 26829 del 18 dicembre 2014 e n. 28563 del 6 novembre 2019). Per contro, è necessario un ragionamento quando il provvedimento in questione è autorizzato da un pubblico ministero nei confronti delle residenze di privati (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 20096 del 30 luglio 2018).
61. La Corte di Cassazione ha inoltre affermato che, ai sensi dell'articolo 35 della legge n. 4/1929 (vedi paragrafo 37 sopra), gli ufficiali e gli agenti della Guardia di Finanza, in quanto membri delle forze dell'ordine, avevano il potere di accedere ai locali commerciali e a quelli utilizzati per attività professionali senza autorizzazione scritta; tale autorizzazione era necessaria solo per i membri del servizio delle entrate, che non erano agenti di polizia (vedi Corte di Cassazione, sentenze nn. 16017 dell'8 luglio 2009, 10137 del 28 aprile 2010 e 17525 e 17526 del 28 giugno 2019).
Giurisprudenza sulla portata delle misure contestate
62. Secondo la giurisprudenza nazionale, le ragioni che giustificano l'accesso ai locali indicate nell'autorizzazione pertinente non circoscrivono la portata delle prove da raccogliere. Sebbene l'autorizzazione possa indicare che vi siano sospetti che siano state commesse specifiche violazioni fiscali (sebbene ciò non sia necessario), una volta che il provvedimento è stato autorizzato, le autorità possono anche raccogliere documenti e altre prove in grado di dimostrare altre violazioni (vedi Corte di Cassazione, sentenza n. 18155 del 7 agosto 2009, con ulteriori riferimenti).
Giurisprudenza sui rimedi ex post
Tribunali tributari
63. Secondo la giurisprudenza nazionale, nei casi in cui un pubblico ministero autorizzi l'accesso e le ispezioni di residenze private, se le misure contestate portano all'emissione di un avviso di accertamento fiscale, la validità di tale avviso è condizionata dalla validità dell'autorizzazione che consente tali misure, che si qualifica come atto preparatorio. Di conseguenza, il contribuente in questione potrebbe sostenere dinanzi alle competenti commissioni tributarie che un avviso di accertamento fiscale basato su un'ispezione illegittima deve essere annullato (cfr., tra le molte altre autorità nazionali, Corte di Cassazione, sentenza n. 11082 del 7 maggio 2010).
64. Per contro, quando tali misure sono autorizzate da un'autorità amministrativa nei confronti di locali commerciali che non sono abitazioni private, se l'autorizzazione è illegittima per motivi formali o sostanziali, ciò non pregiudica la validità dell'avviso di accertamento fiscale definitivo o l'utilizzo di documenti e prove acquisiti mediante le misure contestate con il consenso del contribuente (cfr. Corte di Cassazione, sentenze nn. 8344 del 19 giugno 2001, 27149 del 16 dicembre 2011, 4066 del 27 febbraio 2015 e 8547 del 29 aprile 2016). Tuttavia, in assenza di qualsivoglia autorizzazione, l'avviso di accertamento definitivo deve essere annullato (cfr. Corte di Cassazione, sentenze n. 15206 del 29 novembre 2001 e n. 18155 del 7 agosto 2009).
Tribunali civili
65. Se l'accesso dell'amministrazione finanziaria non si conclude con un avviso di accertamento, anche quando le violazioni sono basate su prove non scoperte con l'accesso, l'autorizzazione all'accesso e alla verifica non deve essere impugnata davanti alle commissioni tributarie, ma davanti ai tribunali civili, in linea con la sentenza n. 11082/2010 della Corte di Cassazione, citata al paragrafo 63.
66. Nella sentenza n. 8587 del 2 maggio 2016, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno inoltre stabilito che la competenza dei tribunali civili in materia di accesso illegale riguardava tutti i casi in cui il procedimento di accertamento fiscale non aveva portato a un avviso di accertamento fiscale (atto impositivo) o tali avvisi non erano stati impugnati in tribunale. In tali casi, la relativa autorizzazione illegale ad accedere ai locali poteva essere impugnata dinanzi ai tribunali civili. Le Sezioni Unite hanno ritenuto che la possibilità di impugnare tale autorizzazione dinanzi al giudice civile fosse fondata sul loro potere di garantire ogni “diritto soggettivo del contribuente a non essere sottoposto a verifiche e controlli fiscali che comportino limitazioni dei [suoi] diritti (alcuni dei quali garantiti dalla Costituzione), salvo nei casi espressamente previsti dalla legge e nelle situazioni espressamente previste dalle leggi che conferiscono e limitano la portata dei poteri di controllo conferiti all'amministrazione finanziaria”. Tale giurisdizione comportava anche la possibilità per i giudici civili di disporre l'adozione di misure cautelari a tutela dei contribuenti contro accessi e ispezioni illegittimi nell'ambito di procedimenti tributari. Il caso in questione riguardava l'autorizzazione rilasciata da un pubblico ministero ad accedere e ispezionare i locali di uno studio legale, laddove tale autorizzazione violava il diritto al segreto professionale.
Il Garante del contribuente
67. Nella sentenza n. 25212 del 24 agosto 2022, la Corte di Cassazione ha chiarito che il Garante del Contribuente non può emettere decisioni vincolanti. I passaggi rilevanti recitano come segue:
“L'ordinamento giuridico attualmente in vigore non prevede espressamente che l'Agenzia delle Entrate o gli enti che hanno il diritto di riscuotere le imposte siano obbligati ad attuare una misura di autotutela richiesta dal Garante del Contribuente, o a rispettare le decisioni prese dal Garante del Contribuente.
Infatti, le [decisioni] del Garante del Contribuente non sono vincolanti e quindi non producono effetti giuridici, ma costituiscono solo avvertimenti che comportano al massimo solo l'obbligo di rispondere alla richiesta di autotutela e/o di riesaminare il fascicolo presentato dal contribuente. In definitiva, al Garante del contribuente non sono riconosciuti poteri di gestione attiva. [Egli o ella] non può quindi esercitare poteri autoritativi o sanzionatori nei confronti degli uffici dell'amministrazione finanziaria né, a seguito dell'attivazione di un procedimento di autotutela, sostituirsi all'amministrazione finanziaria nella revisione di un [avviso] illegittimo. A questo proposito, è stato detto che la legislazione che istituisce [il Garante del Contribuente] non conferisce [a quest'ultimo] il potere di annullare gli avvisi di accertamento fiscale mediante autocorrezione, né stabilisce l'obbligo per l'amministrazione fiscale di decidere [un caso] nel modo richiesto dal Garante. Secondo l'interpretazione più accettabile, [la legislazione] sembra limitarsi a conferire al Garante del Contribuente il potere di avviare semplicemente la procedura [di autocorrezione]. Tuttavia, [una volta avviata la procedura pertinente], i servizi fiscali sarebbero quindi tenuti a rispondere alla richiesta del Garante del Contribuente emettendo, come minimo, un avviso che indichi il motivo per cui non intendono dare seguito a [tale richiesta]”.
LA LEGGE
UNIFICAZIONE DELLA DOMANDA
68. Considerato l'argomento simile delle domande, la Corte ritiene opportuno esaminarle congiuntamente in un'unica sentenza.
PRESUNTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
69. I ricorrenti hanno lamentato, ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione, che l'accesso e l'ispezione dei loro locali commerciali o dei locali utilizzati per attività professionali, nonché la copia o il sequestro dei loro registri contabili, libri societari e altri documenti fiscali, erano stati illegali, ai sensi di tale disposizione, e privi di proporzionalità.
In particolare, hanno sostenuto che il quadro giuridico nazionale non delimitava sufficientemente l'ambito di discrezionalità conferito alle autorità nazionali, che le misure contestate non erano state sottoposte a un controllo ex ante giudiziario o indipendente e che non vi era stato un effettivo controllo ex post giudiziario o indipendente.
70. La Corte rileva che alcune delle censure sono state sollevate anche ai sensi dell'articolo 13, in combinato disposto con l'articolo 8.
Tuttavia, in virtù del principio jura novit curia, la Corte è la maestra della qualificazione giuridica da dare ai fatti del caso (si vedano, tra le altre autorità, Radomilja e altri c. Croazia [GC], nn. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”37685/10“]}”>37685/10 e <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”22768/12“]}”>22768/12, § 126, 20 marzo 2018).
A questo proposito, osserva che è giurisprudenza consolidata che, sebbene l'articolo 8 della Convenzione non contenga requisiti procedurali espliciti, il processo decisionale che porta a misure di interferenza deve essere equo e tale da rispettare debitamente gli interessi tutelati all'individuo dall'articolo 8 (vedi M.S. contro Ucraina, n.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”2091/13“]}”>2091/13, § 70, 11 luglio 2017, e Veres c. Spagna, n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”57906/18“]}”>57906/18, § 53, 8 novembre 2022). Nel caso di specie, e alla luce del suo approccio coerente (si veda, ad esempio, Brazzi c. Italia, n. 57278/11, § 57, 27 settembre 2018), la Corte ritiene opportuno esaminare le doglianze dei ricorrenti esclusivamente ai sensi dell'articolo 8, le cui parti rilevanti recitano come segue:
“1. Ogni individuo ha diritto al rispetto della propria ... casa e della propria corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.
Ammissibilità
L'obiezione del Governo relativa al mancato esaurimento dei rimedi interni
(a) Le osservazioni delle parti
71. Il Governo ha sostenuto che i ricorrenti non avevano esaurito i rimedi interni, in quanto non avevano impugnato i provvedimenti in questione dinanzi ai tribunali tributari o civili.
72. I ricorrenti hanno sostenuto che un ricorso dinanzi ai tribunali tributari sarebbe stato inefficace, in quanto la disponibilità di tale ricorso era incerta e in ogni caso non sarebbe stata disponibile fino a un certo punto nel futuro. Per quanto riguarda i tribunali civili, hanno sostenuto che il governo non era riuscito a dimostrare che tale rimedio era disponibile nella pratica, in quanto non avevano fornito alcun esempio di giurisprudenza in cui il rimedio era stato utilizzato con successo in un caso simile.
(b) Valutazione della Corte
73. La Corte osserva che l'obiezione del Governo relativa alla disponibilità o meno di un ricorso effettivo per contestare le misure contestate è strettamente connessa al merito delle doglianze dei ricorrenti. Di conseguenza, ritiene che tale obiezione debba essere esaminata nel merito.
Conclusioni generali sulla ricevibilità
74. La Corte osserva che il ricorso non è manifestamente infondato né irricevibile per altri motivi elencati nell'articolo 35 della Convenzione. Deve pertanto essere dichiarato ricevibile.
Meriti
Applicabilità dell'articolo 8 ed esistenza di un'ingerenza
75. Le parti non hanno contestato che vi sia stata un'ingerenza nel diritto dei ricorrenti al rispetto della loro “casa” ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione. Inoltre, la Corte ricorda che in alcuni casi precedenti riguardanti denunce ai sensi dell'articolo 8 relative alla perquisizione di locali commerciali e alla perquisizione e al sequestro di dati elettronici, ha riscontrato un'interferenza con “il diritto al rispetto della casa” e della “corrispondenza” (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri c. Norvegia, n. 24117/08, § 105, 14 marzo 2013 e ulteriori riferimenti in esso contenuti). La Corte non vede alcun motivo per ritenere il contrario e formula le seguenti osservazioni.
76. L'articolo 8 deve essere interpretato nel senso che include il diritto al rispetto della sede legale, delle filiali o di altri locali commerciali di una società (cfr. Société Colas Est e altri c. Francia, n. 37971/97, § 41, CEDU 2002-III; Vinci Construction e GTM Génie Civil et Services c. Francia, nn. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”63629/10“]}”>63629/10 e <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”60567/10“]}”>60567/10, § 63, 2 aprile 2015; e Bernh Larsen Holding AS e altri, citato sopra, §§ 104-05), e il diritto al rispetto dei locali utilizzati per attività professionali (vedi André e altri c. Francia, n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”18603/03“]}”>18603/03, §§ 36-37, 24 luglio 2008, e Xavier Da Silveira c. Francia, n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”43757/05“]}”>43757/05, § 32, 21 gennaio 2010).
77. Nel caso di specie, le misure contestate erano le autorità di “accesso”, “ispezioni” e “verifiche” ai sensi degli articoli 51 e 52 del decreto n. 633/1972 (vedi paragrafi 41-42 sopra) e degli articoli 32 e 33 del decreto n. 600/1973 (cfr. paragrafi 46-47 sopra), e non erano quindi “perquisizioni” coercitive.
78. In particolare, i ricorrenti o i loro rappresentanti hanno acconsentito alla richiesta degli agenti di consentire l'accesso ai loro locali e di produrre diversi documenti (cfr. paragrafo 10 sopra). Tuttavia, nel contesto fiscale, la Corte ha precedentemente stabilito che, sebbene le misure contestate non fossero equivalenti a un sequestro in un procedimento penale e non fossero applicabili a pena di sanzioni penali, i contribuenti erano comunque tenuti per legge a soddisfare una richiesta di consentire tale accesso, perché altrimenti si sarebbe verificata una valutazione discrezionale; ha quindi ritenuto che l'imposizione di tale obbligo ai contribuenti costituisse un'interferenza con la loro “casa” e “corrispondenza” (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri, citato sopra, § 106, anche con riferimento al § 43; cfr. anche i paragrafi 43 e 48 sopra, per quanto riguarda il quadro giuridico nazionale rilevante per il presente caso).
79. Nel caso di specie, i ricorrenti e i loro rappresentanti sono stati informati che un rifiuto di consentire l'accesso avrebbe comportato l'imposizione di una sanzione amministrativa e altre conseguenze negative (cfr. paragrafi 9 e 52 sopra). Pertanto, sebbene le misure contestate - l'accesso delle autorità ai locali commerciali o ai locali utilizzati per attività professionali dei ricorrenti, le ispezioni ivi effettuate e la copia o il sequestro di documenti e altri dati - non fossero equivalenti a un'operazione di perquisizione e sequestro, la Corte ritiene che costituissero un'interferenza con il diritto dei ricorrenti al rispetto della loro “casa” e della loro “corrispondenza” ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione (si veda Rustamkhanli c. Azerbaigian, n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”24460/16“]}”>24460/16, § 36, 4 luglio 2024, e Bernh Larsen Holding AS e altri, citato sopra § 106).
80. Tale interferenza costituirà una violazione dell'articolo 8 della Convenzione, a meno che non possa essere giustificata ai sensi del paragrafo 2 dell'articolo 8 in quanto conforme alla legge, persegua uno o più degli scopi legittimi ivi elencati e sia necessaria in una società democratica per raggiungere lo scopo o gli scopi in questione (cfr., tra le molte altre autorità, Rustamkhanli, citato sopra, § 39).
Natura dell'interferenza
81. Da un lato, la Corte ribadisce che i controlli fiscali integrano l'obbligo del contribuente di fornire alle autorità fiscali informazioni accurate che consentano loro di effettuare una corretta valutazione fiscale (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri, citata, §§ 67 e 160-161). In particolare, la Corte ritiene che l'obbligo di presentare le dichiarazioni dei redditi sia integrato dall'obbligo del contribuente di fornire informazioni durante le verifiche, che consentono di verificare e discostarsi dalle informazioni fornite. La revisione di documenti, conti e archivi (che devono essere conservati ai fini di tale revisione) e di registrazioni non ufficiali (che costituiscono un allontanamento dalla contabilità trasparente) è un mezzo necessario per garantire l'efficienza nel controllo delle informazioni che i contribuenti presentano alle autorità fiscali. Le ispezioni di magazzini e uffici mirano anche a verificare se la natura e la quantità di materiali, denaro e dipendenti siano stati correttamente riportati nelle dichiarazioni presentate alle autorità.
82. Inoltre, la Corte ribadisce che la natura dell'interferenza lamentata nel caso di specie non era della stessa gravità e dello stesso grado di quelle che si verificano normalmente nelle operazioni di perquisizione e sequestro effettuate in base al diritto penale (ibid., § 173).
83. Pertanto, in questo contesto, si riconosce che le autorità nazionali hanno un margine di apprezzamento più ampio quando si tratta dei locali commerciali di una persona giuridica o di locali utilizzati per attività professionali, piuttosto che di quelli di un individuo (ibid., § 159).
84. D'altro canto, la Corte ha già riconosciuto che, quando viene sequestrata una grande quantità di informazioni, questo è un fattore che milita a favore di un controllo rigoroso da parte sua (ibid., § 159). Nel caso di specie, è indiscusso che le autorità nazionali abbiano richiesto una notevole quantità di informazioni che andavano oltre l'ambito dell'accesso in questione (vedi paragrafi 7, 12, 14, 16, 18, 20, 22, 24, 26, 28, 30, 32, 34 e 36 sopra).
Se l'interferenza fosse “conforme alla legge”
(a) Le osservazioni delle parti
(i) I ricorrenti
85. I ricorrenti lamentavano che le misure contestate non fossero state “conforme alla legge” ai sensi dell'articolo 8.
86. Per quanto riguarda la delimitazione dell'ambito di discrezionalità conferito alle autorità, i ricorrenti hanno sostenuto che le disposizioni nazionali applicabili si limitavano a indicare quale autorità avesse il potere di autorizzare le misure, ma non regolamentavano le condizioni che dovevano essere rispettate, conferendo così una discrezionalità illimitata per valutare l'adeguatezza, l'oggetto e la portata delle misure. L'unica condizione da rispettare, vale a dire l'autorizzazione delle misure ai fini della prevenzione, dell'indagine e della lotta alle violazioni fiscali, era estremamente ampia e generica. Inoltre, il quadro giuridico nazionale non richiedeva che l'autorizzazione contenesse una motivazione specifica o che le misure fossero giustificate sulla base di prove o almeno di sospetti di violazione degli obblighi fiscali, impedendo così qualsiasi valutazione della giustificazione di tali misure.
87. Per quanto riguarda il controllo ex ante, i ricorrenti hanno sostenuto che l'autorizzazione all'attuazione delle misure non era stata sottoposta al controllo preventivo di un'autorità giudiziaria o, almeno, di un'autorità indipendente.
88. Per quanto riguarda il riesame ex post, i ricorrenti hanno osservato innanzitutto che la possibilità di impugnare le autorizzazioni o di chiedere ai tribunali civili provvedimenti sospensivi era stata puramente teorica, in quanto non vi erano esempi giurisprudenziali che indicassero che il rimedio era stato utilizzato con successo. In secondo luogo, i ricorrenti hanno sostenuto che un ricorso ai tribunali tributari non sarebbe stato efficace, in quanto non avrebbe potuto essere presentato fino a dopo la notifica della relativa comunicazione di accertamento fiscale, quindi molti anni dopo le presunte violazioni. Inoltre, se i tribunali fiscali avessero ritenuto che le misure fossero ingiustificate, non avrebbero potuto concedere un risarcimento. Infine, i ricorrenti hanno sostenuto che la presentazione di un reclamo al Garante del contribuente non sarebbe stato un rimedio efficace, in quanto, ai sensi del diritto nazionale, tale organo non era un'autorità giudiziaria e non emetteva decisioni vincolanti.
(ii) Governo
89. Il Governo ha sostenuto che le misure erano basate sul diritto interno e che tale base era conforme ai requisiti di qualità della Convenzione.
90. Ha affermato che le disposizioni nazionali pertinenti delimitavano sufficientemente l'ambito del potere discrezionale conferito alle autorità, in quanto le misure contestate: (i) potevano essere attuate ai fini di una “valutazione fiscale” e per “combattere l'evasione fiscale e altre violazioni fiscali”; (ii) dovevano soddisfare i criteri di legalità, efficacia, efficienza e trasparenza, sulla base di una “analisi dei rischi” effettuata nel rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza; e (iii) dovevano essere attuate nel rispetto dei diritti e delle garanzie fornite al contribuente. Inoltre, ogni anno tali misure venivano pianificate sulla base di linee guida emanate dall'Agenzia delle Entrate e dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, facilmente accessibili e complementari alle disposizioni legislative pertinenti, in merito all'identificazione preventiva dei casi in cui erano possibili verifiche in loco. Secondo il Governo, tale procedura costituiva il mezzo scelto dal legislatore per raggiungere il necessario equilibrio tra l'interesse dello Stato a combattere l'evasione fiscale e l'interesse del singolo a non subire indebite interferenze nel godimento dei propri diritti, e doveva essere valutata dalla Corte alla luce del più ampio margine di apprezzamento concesso nei casi riguardanti le persone giuridiche.
91. Secondo il Governo, le misure erano state sottoposte a un controllo ex ante, poiché le disposizioni nazionali pertinenti richiedevano l'autorizzazione dell'organo di gestione competente, che doveva indicare lo scopo delle misure e valutare che fossero proporzionate alla “verifica in loco effettiva e alle esigenze del controllo”.
92. Infine, il Governo ha sostenuto che era stato possibile un controllo giurisdizionale ex post in relazione alle misure. Come chiarito dalla Corte di Cassazione, il rimedio disponibile dipendeva dal fatto che le misure in questione avessero portato o meno all'emissione di un avviso di accertamento fiscale che fosse stato di conseguenza contestato dal contribuente. Se i provvedimenti avevano portato all'emissione di un avviso di accertamento fiscale, potevano essere impugnati dinanzi ai tribunali fiscali competenti, poiché l'autorizzazione all'accesso e un'ispezione si qualificavano come documenti preparatori la cui validità incideva sulla validità dell'accertamento fiscale. Se, al contrario, i provvedimenti impugnati non avevano portato ad avvisi di accertamento fiscale, potevano essere impugnati dinanzi ai tribunali civili. Nel caso in cui gli avvisi di accertamento fossero illegittimi, il contribuente potrebbe ottenere il risarcimento del danno subito invocando la “responsabilità aggravata” della pubblica amministrazione ai sensi dell'articolo 96 del codice di procedura civile. In particolare, con sentenza n. 13899 del 3 giugno 2013, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione avevano ritenuto che tale risarcimento potesse essere riconosciuto in caso di comportamento “sconsiderato” da parte dell'Amministrazione finanziaria, ossia quando l'imposta fosse stata imposta in “malafede o con colpa grave”. Infine, il Governo ha sottolineato che, ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 212/2000, la presunta illegittimità di un provvedimento impugnato può essere segnalata al Garante del contribuente, il quale può raccomandare alle autorità nazionali di conformarsi al diritto interno.
(iii) L'ITALIA HA DIRITTO
93. La terza parte ha sottolineato che, secondo la giurisprudenza nazionale (vedi paragrafo 61 sopra), l'autorizzazione scritta era richiesta solo quando i funzionari dell'Agenzia delle Entrate accedevano e ispezionavano locali commerciali e locali utilizzati per attività professionali, mentre non era necessaria alcuna autorizzazione quando le misure in questione erano attuate da agenti della Guardia di Finanza.
94. Ha inoltre sostenuto che il quadro giuridico nazionale non indicava chiaramente quali rimedi un contribuente potesse utilizzare per sospendere le misure contestate in caso di illegalità, e che non vi erano esempi giurisprudenziali che indicassero che tale rimedio fosse stato utilizzato con successo dinanzi ai tribunali civili, poiché l'unica decisione disponibile era stata impugnata e annullata.
(b) Valutazione della Corte
(i) Principi generali
95. La Corte ribadisce innanzitutto che l'espressione “conformemente alla legge”, ai sensi dell'articolo 8 § 2 della Convenzione, richiede in primo luogo che il provvedimento impugnato abbia un fondamento nel diritto interno. In secondo luogo, il diritto interno deve essere accessibile alla persona interessata. In terzo luogo, la persona interessata deve essere in grado, se necessario con un'adeguata consulenza legale, di prevedere le conseguenze del diritto interno per lei, e in quarto luogo, il diritto interno deve essere compatibile con lo stato di diritto (vedi, tra le altre autorità, De Tommaso c. Italia [GC], n. 43395/09, § 107, 23 febbraio 2017, Heino c. Finlandia, n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”56720/09“]}”>56720/09, § 36, 15 febbraio 2011, e Brazzi, § 39, citato sopra).
96. La Corte sottolinea inoltre che il concetto di “legge” deve essere inteso nel suo senso “sostanziale”, non “formale”. Esso comprende quindi tutto ciò che costituisce il diritto scritto, compresi gli atti normativi di rango inferiore alle leggi, e la giurisprudenza pertinente (si veda, ad esempio, la causa FNASS e altri contro Francia, nn. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”48151/11“]}”>48151/11 e <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”77769/13“]}”>77769/13, § 160, 18 gennaio 2018). Di conseguenza, nel valutare la legittimità di un'ingerenza, e in particolare la prevedibilità della legge nazionale in questione, la Corte tiene conto sia del testo della legge sia del modo in cui è stata applicata e interpretata dalle autorità nazionali. È l'interpretazione e l'applicazione pratica della legge da parte dei tribunali nazionali che deve garantire ai singoli la protezione contro le ingerenze arbitrarie (cfr. Rustamkhanli, citato sopra, § 42).
97. Affinché il diritto nazionale soddisfi questi requisiti, deve offrire una misura di protezione legale contro le interferenze arbitrarie da parte delle autorità pubbliche con i diritti tutelati dalla Convenzione. In questioni che riguardano i diritti fondamentali, sarebbe contrario allo stato di diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica sancito dalla Convenzione, che un potere discrezionale legale concesso all'esecutivo si esprima in termini di potere illimitato. Di conseguenza, la legge deve indicare con sufficiente chiarezza la portata di tale discrezionalità conferita alle autorità competenti e le modalità del suo esercizio. Il livello di precisione richiesto dalla legislazione nazionale, che non può in ogni caso prevedere ogni eventualità, dipende in larga misura dal contenuto dello strumento in questione, dal campo che è destinato a coprire e dal numero e dallo status di coloro ai quali è indirizzato (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri, citato sopra, § 124, con ulteriori riferimenti).
98. Nei casi riguardanti perquisizioni e ispezioni in generale effettuate nei locali di persone giuridiche, la Corte ha chiarito che un elemento da prendere in considerazione è se una perquisizione sia stata effettuata sulla base di un mandato emesso da un giudice e sulla base di un ragionevole sospetto (vedi Wieser e Bicos Beteiligungen GmbH contro Austria, n. 74336/01, § 57, CEDU 2007-IV; DELTA PEKÁRNY a.s. contro Repubblica Ceca, n. 97/11). <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”74336/01“]}”>74336/01, § 57, CEDU 2007-IV; DELTA PEKÁRNY a.s. contro Repubblica Ceca, n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”97/11“]}”>97/11, § 83, 2 ottobre 2014; e Naumenko e SIA Rix Shipping contro Lettonia, n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”50805/14“]}”>50805/14, §§ 54-55, 23 giugno 2022). Inoltre, la Corte ha esaminato se l'ambito di applicazione di un mandato fosse ragionevolmente limitato (vedi DELTA PEKÁRNY a.s., § 83, e Wieser e Bicos Beteiligungen GmbH, § 57, entrambi citati sopra), in particolare se indicasse le prove che le autorità si aspettavano di trovare in relazione ai reati oggetto di indagine (vedi DELTA PEKARNY a. s., citata sopra, § 88), e se la legge nazionale limitava il tipo di informazioni che le autorità potevano sequestrare o copiare (vedi UAB Kesko Senukai Lithuania v. Lithuania, n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”19162/19“]}”>19162/19, § 118, 4 aprile 2023).
99. Tuttavia, la Corte ha dichiarato che tali garanzie si applicano in modo meno rigoroso ai controlli fiscali in loco, in considerazione del modo in cui tali controlli integrano il dovere del contribuente di fornire informazioni accurate (vedi paragrafo 81 sopra) e delle esigenze di efficienza nelle prime fasi del procedimento tributario (vedi Bernh Larsen Holding AS e altri, § 130, e Rustamkhanli, § 44, entrambi citati sopra). In questo contesto, la Corte ha generalmente ritenuto che, sebbene gli Stati possano ritenere necessario ricorrere a tali misure per ottenere prove pertinenti, i poteri relativamente ampi nelle fasi iniziali dei procedimenti fiscali non possono essere interpretati come conferiti alle autorità fiscali un potere discrezionale illimitato (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri, § 130, e Rustamkhanli, § 44, entrambi citati sopra).
100. Pertanto, nei casi di verifica fiscale, la Corte ha esaminato se il quadro giuridico nazionale pertinente prevedesse garanzie procedurali sufficienti in grado di proteggere i richiedenti in questione da eventuali abusi o arbitrarietà (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri, § 172, citato sopra).
101. In questo contesto, la Corte ha rilevato che laddove la legge nazionale non richiedesse un'autorizzazione giudiziaria preventiva, ciò poteva essere compensato da altre garanzie efficaci e appropriate contro gli abusi, come una procedura di reclamo soggetta a controllo giurisdizionale (ibid., §§ 18-60, 165 e 172).
(ii) Applicazione dei principi di cui sopra al caso di specie
102. La Corte ribadisce che nei casi derivanti da ricorsi individuali, il suo compito non è di solito quello di rivedere la legislazione pertinente o una pratica contestata in astratto. Deve invece limitarsi, per quanto possibile, senza perdere di vista il contesto generale, ad esaminare le questioni sollevate dal caso di cui è investita (cfr. Naumenko e SIA Rix Shipping, citata sopra, § 57). In questo caso, quindi, il compito della Corte non è quello di esaminare, in astratto, la compatibilità con la Convenzione della legislazione nazionale che regolamenta l'accesso e l'ispezione di locali commerciali e di attività professionali, così come era in vigore al momento dei fatti, ma di determinare, in concreto, l'effetto dell'interferenza con i diritti dei ricorrenti ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione.
103. La Corte osserva che i ricorrenti non hanno contestato la legislazione nazionale in astratto. Hanno sollevato le loro doglianze in relazione al contenuto delle autorizzazioni che consentono l'accesso e l'ispezione dei loro locali commerciali, dei locali commerciali e dei locali utilizzati per attività professionali. A loro avviso, tali autorizzazioni erano state estremamente ampie e generiche e li avevano privati delle garanzie necessarie contro l'arbitrarietà.
104. La Corte osserva inoltre che è pacifico tra le parti che le misure contestate avevano un fondamento nel diritto interno, ossia l'articolo 35 della legge n. 4/1929 per quanto riguarda la Guardia di Finanza (vedi paragrafo 37 sopra), e l'articolo 51 § 2 (1) e l'articolo 52 del decreto n. 633/1972 (vedi paragrafi 41-42 sopra), e l'articolo 32 e l'articolo 33 § 1 (1) del Decreto n. 600/1973 per quanto riguarda l'Autorità Fiscale (vedi paragrafi 46-47 sopra). Tuttavia, le parti non erano d'accordo sul fatto che la base giuridica delle misure contestate, derivata da tali disposizioni nazionali, fosse conforme ai requisiti di “qualità della legge” di cui all'articolo 8 della Convenzione.
105. Tenendo conto della portata delle doglianze dei ricorrenti, la Corte ritiene necessario valutare se la base giuridica delimitasse l'ambito del potere discrezionale conferito alle autorità nazionali e se prevedesse sufficienti garanzie procedurali in grado di proteggere i ricorrenti da eventuali abusi o arbitrarietà.
(α) Delimitazione dell'ambito del potere discrezionale conferito alle autorità nazionali
106. Per quanto riguarda l'ambito del potere discrezionale conferito alle autorità nazionali, la Corte valuterà se il quadro giuridico nazionale abbia indicato in modo chiaro e prevedibile le circostanze e le condizioni in base alle quali le autorità nazionali erano autorizzate ad attuare le misure contestate e se abbia delimitato l'oggetto e la portata di tali misure.
‒ Circostanze e condizioni in base alle quali le autorità nazionali erano autorizzate ad attuare le misure contestate
107. La Corte rileva innanzitutto che, ai sensi dell'articolo 35 della legge n. 4/1929, gli ufficiali e gli agenti della Guardia di Finanza sono autorizzati ad accedere “in qualsiasi momento” ai locali adibiti a fini commerciali e industriali al fine di effettuare “verifiche” e “indagini” al loro interno (cfr. paragrafo 37 supra). Lo stesso potere è conferito ai funzionari dell'Agenzia delle Entrate dagli articoli 51 e 52 del decreto n. 633/1972 (vedi paragrafi 41-42 sopra) e gli articoli 32 e 33 del Decreto n. 600/1973 (vedi paragrafi 46-47 sopra), in modo che possano “accedere [ai locali]” ed effettuare “ispezioni” e “verifiche”. In conformità con queste ultime disposizioni, l'autorizzazione che consente alle autorità fiscali di accedere a locali commerciali e d'affari può essere rilasciata ai fini di “una valutazione fiscale e per combattere l'evasione fiscale e altre violazioni fiscali” (vedi paragrafo 41 sopra). Inoltre, la sezione 12 della Legge n. 212/2000 prevede che tali misure siano attuate “sulla base delle effettive necessità di un'indagine e di una verifica in loco” (vedi paragrafo 53 sopra).
108. La Corte osserva inoltre che il secondo comma dell'articolo 52 del decreto n. 633/1972 richiede requisiti più rigorosi quando tali misure sono autorizzate in relazione alle “abitazioni” in senso stretto, vale a dire le residenze private dei singoli. In casi analoghi, l'autorizzazione può essere rilasciata solo in presenza di “gravi indizi di violazioni” delle disposizioni fiscali, che devono essere indicate nell'autorizzazione, e deve essere rilasciata da un pubblico ministero, un membro della magistratura in Italia (vedi paragrafo 42 sopra). Tuttavia, tali condizioni più rigorose non sono richieste quando il provvedimento riguarda persone giuridiche o locali utilizzati per attività professionali, come nel caso di specie.
109. Secondo la Corte, le condizioni indicate nelle disposizioni legislative di cui sopra (cfr. paragrafo 107), considerate singolarmente, non sono sufficienti a delimitare l'ambito di discrezionalità conferito alle autorità nazionali. Infatti, basandosi sul testo di tali disposizioni, la Corte di Cassazione ha chiarito che il quadro giuridico nazionale non richiedeva alcuna giustificazione specifica per autorizzare le misure in questione in relazione a locali adibiti a fini commerciali e industriali e che, di conseguenza, la relativa autorizzazione non doveva essere motivata (vedi paragrafo 60 sopra). Inoltre, secondo la Corte di Cassazione, quando le misure sono state attuate da funzionari della Guardia di Finanza, non era richiesta alcuna autorizzazione scritta (vedi paragrafo 61 sopra).
110. Tuttavia, ribadendo che il concetto di “legge” ai sensi della Convenzione include atti normativi di rango inferiore alle leggi (v. paragrafo 96 supra), la Corte osserva che, nel contesto fiscale, le condizioni stabilite nelle disposizioni legislative applicabili possono essere più ampie e generiche, purché siano successivamente specificate e chiarite in altri strumenti di rango inferiore o nella giurisprudenza interna pertinente.
111. In tale contesto, la Corte osserva che le linee guida pubblicate dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e presentate dal Governo prevedevano che negli anni rilevanti, i contribuenti nei confronti dei quali dovevano essere attuate le misure in questione fossero selezionati sulla base di alcuni criteri operativi oggettivi, vale a dire la natura e le dimensioni della particolare attività, e sulla base di un'analisi del rischio rilevante (cfr. paragrafi 56-57 supra). Tali elementi dovevano essere valutati prima delle verifiche in loco e sulla base di un'analisi delle banche dati disponibili. Inoltre, la circolare n. 4/E dell'Agenzia delle Entrate del 7 maggio 2021 ha chiarito che la priorità dovrebbe essere data al controllo dei contribuenti che hanno dimostrato un rischio più elevato di inadempienza o che si sono comportati in modo non collaborativo e non trasparente in passato (cfr. paragrafo 58 sopra). Alla luce di quanto sopra, il Governo ha sostenuto che, al momento di autorizzare tale misura, alle autorità nazionali è stato chiesto di indicare le imposte oggetto di verifica e gli anni di riferimento. Esse dovevano inoltre indicare i motivi alla base della verifica che veniva autorizzata, come l'inclusione del contribuente in un elenco di contribuenti di una determinata entità, il fatto che il contribuente non fosse stato sottoposto a verifiche fiscali negli anni precedenti e il fatto che il contribuente avesse dichiarato una bassa redditività nell'esercizio fiscale oggetto di verifica.
112. La Corte è disposta ad accettare che, quando le misure in questione sono attuate a fini di accertamento fiscale (cfr. paragrafo 99 supra), condizioni come quelle stabilite nelle linee guida presentate dal Governo potrebbero essere sufficienti a integrare le disposizioni nazionali applicabili al fine di delimitare l'ambito del potere discrezionale conferito alle autorità nazionali e prevenire abusi e arbitrarietà, a condizione che siano vincolanti per le autorità. Tuttavia, la Corte rileva che non è possibile alcun controllo sulla base dei soli criteri di selezione sopra menzionati e in assenza di informazioni pubbliche trasparenti su quali locali commerciali siano ispezionati nel tempo e quali no, e non si può escludere la possibilità che gli agenti fiscali esercitino una discrezionalità illimitata dietro un apparente rispetto di tali criteri. La Corte rileva inoltre che la Circolare n. 4/E dell'Agenzia delle Entrate del 7 maggio 2021 è stata emanata dopo che erano stati autorizzati i controlli oggetto delle presenti domande, ad eccezione del controllo di cui alla domanda n. 20133/22. Pertanto, la Circolare non può essere presa in considerazione ai fini dell'esame del presente caso.
113. In ogni caso, non è necessario che la Corte esamini in dettaglio i criteri stabiliti in queste linee guida, poiché non può che notare che, alla luce della giurisprudenza della Corte di Cassazione, il rispetto di questi criteri non è una condizione per la legittimità dell'autorizzazione di tali misure, poiché non è richiesta alcuna motivazione (vedi paragrafo 109 sopra). Come interpretato nella giurisprudenza nazionale, ne consegue che le disposizioni nazionali pertinenti, anche se integrate dalle linee guida amministrative pertinenti, non richiedevano che le autorità giustificassero l'esercizio dei loro poteri e le disposizioni quindi consentivano loro di esercitare una discrezionalità illimitata (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri, citato sopra, § 130).
114. In effetti, molte delle autorizzazioni rilasciate nei casi dei ricorrenti non includevano alcuna motivazione che giustificasse le misure, a parte il riferimento a un'iniziativa autonoma della Guardia di Finanza volta a ottenere prove rilevanti ai fini della valutazione fiscale (vedi paragrafi 21, 29, 31 e 33 sopra). Secondo la Corte, tali autorizzazioni confermano che il quadro giuridico nazionale consentiva solo l'accesso esplorativo e le ispezioni.
115. Alla luce di quanto sopra, la Corte ritiene che la base giuridica delle misure contestate non fosse in grado di delimitare sufficientemente l'ambito del potere discrezionale conferito alle autorità nazionali e, di conseguenza, non soddisfa il requisito della “qualità della legge” ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione.
‒ Delimitazione dell'oggetto e della portata delle misure contestate
116. Per quanto riguarda la delimitazione dell'oggetto e della portata delle misure contestate, la Corte rileva che, ai sensi dell'articolo 52, comma 3, del decreto n. 633/1972, le verifiche possono estendersi a tutti i libri, registri, documenti e dichiarazioni scritte, compresi quelli che non devono essere tenuti e conservati, che si trovano nei locali pertinenti o sono altrimenti accessibili mediante dispositivi digitali ivi installati (cfr. paragrafo 41 supra). Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, l'ambito delle prove e dei documenti che possono essere acquisiti dalle autorità nazionali non è limitato a quelli relativi agli esercizi fiscali oggetto di revisione o a violazioni specifiche, ma può estendersi a qualsiasi altro documento che le autorità che attuano le misure possano ritenere rilevante (cfr. paragrafo 62 sopra).
117. Nel caso dei ricorrenti, tale quadro giuridico ha consentito il rilascio di autorizzazioni che consentono l'accesso ai locali e alle ispezioni formulate in termini molto generici. Hanno autorizzato, in modo generale e illimitato, richieste di produzione di tutte le registrazioni contabili, libri contabili, altri documenti e fatture riguardanti un'azienda e le sue attività professionali negli anni in questione (vedi paragrafo 7 sopra). Sebbene le autorità abbiano limitato la portata delle indagini a questioni specifiche in tre dei casi (cfr. paragrafi 23, 27 e 35), nella maggior parte dei casi, l'ambito delle misure includeva tutti i documenti e le prove riguardanti il rispetto generale degli obblighi fiscali dei richiedenti per diversi anni, senza limitare in alcun modo la portata delle ispezioni condotte nei loro locali.
118. In tale contesto, la Corte è consapevole che la natura stessa delle verifiche fiscali, che integrano l'obbligo del contribuente di fornire alle autorità fiscali informazioni accurate che consentano loro di effettuare una corretta valutazione fiscale, richiede la verifica dei documenti e l'ispezione dei locali che vanno ben oltre la semplice revisione delle scritture contabili obbligatorie, con particolare riferimento alle scritture fuori bilancio e ai materiali in deposito (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri, citata, §§ 160-161, da leggere alla luce del § 67; vedi anche il paragrafo 81 sopra). La Corte è inoltre consapevole che il consenso del contribuente è necessario per ispezionare dati e locali e che i documenti non vengono solitamente rimossi (cfr. paragrafo 37 sopra). Tuttavia, pur ribadendo la necessità di consentire poteri relativamente ampi nelle fasi iniziali dei procedimenti fiscali (cfr. paragrafo 99 sopra), la Corte ritiene che tali poteri debbano essere delimitati in modo da evitare un potere discrezionale illimitato (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri, citato sopra, § 130).
119. Nel caso di specie, la Corte osserva che alle autorità nazionali non è stato chiesto di indicare cosa si aspettavano di trovare in relazione agli anni oggetto di verifica, né vi è stata alcuna indicazione che si dovesse evitare un accesso indiscriminato. Inoltre, al di là di un semplice obbligo di segreto professionale imposto agli agenti, non è stato previsto che documenti e oggetti non correlati allo scopo delle misure contestate, in particolare ai fini della valutazione fiscale, essere rimossi o dichiarati altrimenti inammissibili come prova contro il contribuente (cfr. la sentenza Rustamkhanli, citata, § 45), ovviamente fatto salvo il potere delle autorità di avviare procedimenti amministrativi separati o, se del caso, procedimenti penali nel caso in cui fossero soddisfatte le condizioni per tali procedimenti.
120. In questo contesto, la Corte non è convinta che il quadro giuridico nazionale fornisca garanzie adeguate ed efficaci contro l'esercizio di un potere discrezionale illimitato da parte dell'autorità fiscale e della polizia tributaria, poiché, in relazione all'accesso e alle ispezioni, non è stato regolamentato il loro potere di valutare l'adeguatezza, il numero, la durata e la portata di tali operazioni e le informazioni che sono state richieste ai contribuenti e poi copiate o sequestrate. In questo contesto, la Corte ritiene che le condizioni previste dalla legge appaiano troppo permissive per delimitare sufficientemente tale discrezionalità (vedi, mutatis mutandis, Funke c. Francia, 25 febbraio 1993, § 57, Serie A n. 256-A; Crémieux c. Francia, 25 febbraio 1993, § 40, Serie A n. 256-B; e Miailhe c. Francia (n. 1), 25 febbraio 1993, § 38, Serie A n. 256-C).
(β) Esistenza di sufficienti garanzie procedurali in grado di proteggere i ricorrenti da qualsiasi abuso o arbitrarietà
121. Per quanto riguarda l'esistenza di sufficienti garanzie procedurali in grado di proteggere i ricorrenti da abusi o arbitrarietà, la Corte osserva che, in base al diritto nazionale, nel caso di specie non era richiesta un'autorizzazione giudiziaria preventiva (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri, citata, § 130). In particolare, la Corte osserva che le autorizzazioni per le misure contestate sono state rilasciate dal capo locale dell'Agenzia delle Entrate o dal capo locale della Guardia di Finanza. Come già osservato, la Corte di Cassazione ha chiarito che tali autorizzazioni non richiedevano alcuna motivazione se riguardavano solo locali commerciali, in quanto le disposizioni nazionali pertinenti non imponevano alcuna condizione che dovesse essere valutata. Pertanto, in conformità con il quadro giuridico nazionale, le autorizzazioni non sono state rilasciate a seguito di una valutazione della legalità formale e sostanziale delle misure, in quanto tale autorizzazione era un “mero requisito procedurale” (cfr. paragrafi 10 e 60 sopra).
122. La Corte ritiene che considerazioni di efficienza in ambito fiscale possano giustificare la mancanza di un controllo ex ante giudiziario o indipendente di tali misure. Tuttavia, in questo contesto, la Corte deve valutare se vi fossero altre garanzie efficaci e adeguate contro gli abusi e l'arbitrarietà (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri, citata, § 172).
123. In particolare, e tenendo conto delle doglianze dei ricorrenti, la Corte deve valutare se le misure contestate siano state oggetto di un riesame ex post (si veda il precedente paragrafo 101). Esaminerà quindi se i rimedi invocati dal Governo – ricorso ai tribunali tributari, ricorso ai tribunali civili e ricorso al Garante del contribuente – fossero conformi ai requisiti imposti dalla Convenzione.
‒ Ricorso ai tribunali tributari
124. Per quanto riguarda il ricorso alla giurisdizione tributaria, la Corte osserva che, ai sensi dell'articolo 19, comma 2, del decreto n. 546/1992 (v. supra, paragrafo 51), le autorizzazioni che consentono l'accesso e le ispezioni non possono essere impugnate dinanzi alla giurisdizione tributaria.
125. La Corte prende atto della giurisprudenza presentata dal Governo, secondo la quale, qualora i provvedimenti in questione nel caso di specie portino a un avviso di accertamento fiscale, il contribuente in questione può impugnare l'autorizzazione pertinente che consente un'ispezione dinanzi ai tribunali fiscali. In particolare, poiché l'autorizzazione è considerata un documento preparatorio la cui legittimità influisce sulla validità dell'avviso di accertamento fiscale, il contribuente è autorizzato a sollevare i propri reclami contro l'autorizzazione impugnando l'avviso di accertamento fiscale, ai sensi dell'articolo 19 § 2 del decreto n. 546/1992 (vedi paragrafi 63-64 sopra).
126. Dopo aver esaminato attentamente il materiale presentato, la Corte non è persuasa dall'argomentazione del Governo secondo cui ciò equivarrebbe a un effettivo rimedio giudiziario ex post ai sensi della sua giurisprudenza.
127. In primo luogo, la Corte osserva che la sentenza della Corte di cassazione presentata dal Governo riguardava un caso in cui l'autorizzazione in questione era stata concessa da un pubblico ministero, in quanto si riferiva a un'ispezione effettuata presso l'abitazione di un privato (cfr. paragrafo 108 supra). Al contrario, dato che la legge nazionale pertinente non richiede alcuna condizione per autorizzare le misure contestate nei confronti di locali commerciali o aziendali (vedi paragrafi 60-61 e 121 sopra), e che il Governo non ha fornito alcun esempio giurisprudenziale di un caso in cui tale rimedio sia stato utilizzato con successo, la Corte non vede quali sarebbero i motivi dell'illegittimità di tale autorizzazione che inciderebbe sulla legittimità di un accertamento fiscale, se non per una totale mancanza di autorizzazione. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la legittimità dell'autorizzazione non pregiudica la validità dell'avviso di accertamento definitivo o la possibilità di utilizzare come prova gli atti acquisiti con il provvedimento impugnato, salvo che non vi sia stata alcuna autorizzazione (cfr. punto 64 supra).
128. In secondo luogo, anche supponendo che i tribunali fiscali abbiano il potere di annullare un avviso di accertamento fiscale qualora l'autorizzazione per i provvedimenti impugnati sia illegittima, il Governo ha osservato che la disponibilità di tale rimedio dipenderebbe dal fatto che l'ispezione in questione abbia portato all'emissione di un avviso di accertamento fiscale impugnato dal contribuente e che tale avviso sia basato su prove raccolte mediante l'ispezione. Pertanto, la Corte ritiene che l'esistenza di tale rimedio sia semplicemente potenziale e incerta, così come la sua accessibilità (vedi, mutatis mutandis, Société Canal Plus e altri contro Francia, n. 29408/08, § 40, 21 dicembre 2010).
129. Infine, ai sensi dell'articolo 57 del decreto n. 633/1972 (vedi paragrafo 44 sopra) e dell'articolo 43 del decreto n. 600/1973 (vedi paragrafo 49 sopra), un avviso di accertamento fiscale può essere emesso entro diversi anni dalla presentazione di una dichiarazione dei redditi, o dal momento in cui avrebbe dovuto essere presentata una dichiarazione dei redditi. A questo proposito, la Corte ribadisce che un ricorso effettivo deve essere disponibile entro un termine ragionevole (si vedano, mutatis mutandis, Société Canal Plus e altri, citata sopra, § 40, e Compagnie des gaz de pétrole Primagaz c. Francia, n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”29613/08“]}”>29613/08, § 28, 21 dicembre 2010), e ritiene che un rimedio che diventerebbe (probabilmente) disponibile dopo diversi anni non possa essere considerato sufficientemente rapido.
130. Quanto sopra è sufficiente per concludere che un ricorso ai tribunali tributari non costituirebbe un rimedio giudiziario ex post efficace. Non è quindi necessario che la Corte esamini se il quadro giuridico nazionale preveda un ricorso adeguato e sufficiente in caso di accertamento di un'irregolarità. In ogni caso, la Corte ribadisce che la questione se il ricorso sia adeguato e sufficiente è stata generalmente considerata dipendente da tutte le circostanze del caso, tenendo conto, in particolare, della natura della violazione della Convenzione in questione (si veda Gäfgen c. Germania [GC], n. 22978/05, § 116, CEDU 2010, e Contrada c. Italia (n. 4), n. 2507/19, §§ 5-11, CEDU 2011). <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”22978/05“]}”>22978/05, § 116, CEDU 2010, e Contrada c. Italia (n. 4), n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”2507/19“]}”>2507/19, §§ 55 e 62-65, 23 maggio 2024).
‒ Ricorso ai tribunali civili
131. Per quanto riguarda il ricorso dinanzi ai tribunali civili, la Corte osserva che il Governo si è basato sulla giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo la quale la competenza dei tribunali civili in materia di accesso illecito riguardava tutti i casi in cui il procedimento di accertamento fiscale non aveva portato a un avviso di accertamento fiscale o in cui tale avviso non era stato impugnato in tribunale. In tali casi, l'autorizzazione illecita all'accesso ai locali poteva essere impugnata dinanzi ai tribunali civili (cfr. paragrafi 65-66 supra).
132. Tuttavia, la Corte ribadisce che l'esistenza di rimedi interni deve essere sufficientemente certa, non solo in teoria ma anche in pratica, in mancanza della quale mancheranno della necessaria accessibilità ed efficacia (si veda, mutatis mutandis, Communauté genevoise d'action syndicale (CGAS) c. Svizzera [GC], n. 21881/20, § 139, 27 novembre 2023). Spetta allo Stato convenuto dimostrare che tali condizioni sono soddisfatte (si veda Teliatnikov c. Lituania, n. 51914/19, § 68, 7 giugno 2022). In particolare, il Governo dovrebbe normalmente essere in grado di illustrare l'efficacia pratica di un rimedio con esempi di giurisprudenza nazionale (si veda M.N. e altri c. San Marino, n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”28005/12“]}”>28005/12, § 81, 7 luglio 2015).
133. Nel caso di specie, gli unici esempi giurisprudenziali forniti dal Governo riguardavano casi in cui l'autorizzazione era stata rilasciata da un pubblico ministero in relazione a residenze private (cfr. paragrafi 65-66 supra), che richiedono condizioni più rigorose (cfr. paragrafo 108 supra). Pertanto, anche supponendo che il rimedio in questione – un ricorso ai tribunali civili – esistesse nella pratica nel caso di specie, in cui le disposizioni applicabili non richiedevano condizioni o motivazioni prima dell'attuazione delle misure contestate, la Corte non vede come tali tribunali avrebbero potuto effettuare un riesame significativo di tali misure (vedi paragrafo 127 sopra). Infine, per quanto riguarda la possibilità di richiedere la sospensione cautelare delle misure impugnate, sia i ricorrenti che il terzo interveniente hanno sostenuto che non vi sono esempi nella giurisprudenza, e il Governo non ne ha fornito alcuno.
134. In ogni caso, la Corte prende atto del fatto che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 8587 del 2 maggio 2016, hanno ritenuto che la possibilità di impugnare tale autorizzazione dinanzi al giudice civile si fondi sul loro potere di garantire ogni «diritto soggettivo del contribuente a non essere sottoposto a verifiche e controlli fiscali che comportino limitazioni dei [suoi] diritti (alcuni dei quali garantiti dalla Costituzione), salvo nei casi espressamente previsti dalla legge e nelle situazioni espressamente previste dalle leggi che conferiscono e limitano la portata dei poteri di controllo conferiti all'amministrazione finanziaria” (cfr. paragrafo 66 sopra). In questo contesto, la Corte ritiene che potrebbe essere chiamata a riesaminare la questione una volta che la portata dei poteri di controllo conferiti all'amministrazione finanziaria sia stata effettivamente limitata per quanto riguarda le verifiche effettuate nei locali commerciali e nei locali utilizzati per attività professionali.
‒ Reclamo al Garante del contribuente
135. Per quanto riguarda il reclamo al Garante del contribuente ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 212/2000 (vedi paragrafo 53 sopra), la Corte osserva che, come affermato nella sentenza della Corte di Cassazione n. 25212 del 24 agosto 2022 (vedi paragrafo 67 sopra), tale autorità non emette decisioni vincolanti, ma semplici raccomandazioni alle autorità fiscali.
136. Pertanto, la Corte ritiene che un reclamo al Garante del contribuente non costituirebbe un rimedio effettivo ai fini delle garanzie contro l'arbitrarietà richieste dall'articolo 8 della Convenzione in tali casi (vedi paragrafo 101 sopra e, mutatis mutandis, Centrum för rättvisa c. Svezia [GC], n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”35252/08“]}”>35252/08, § 273, 25 maggio 2021; Big Brother Watch e altri c. Regno Unito [GC], nn. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”58170/13“]}”>58170/13 e altri 2, § 359, 25 maggio 2021; e Segerstedt-Wiberg e altri c. Svezia, n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”62332/00“]}”>62332/00, § 120, CEDU 2006‑VII).
(iii) Conclusioni generali
137. Alla luce di quanto sopra, la Corte ritiene che le misure contestate non siano state oggetto di un efficace controllo giurisdizionale ex post della loro legittimità, necessità e proporzionalità.
138. Per i motivi sopra esposti, l'obiezione preliminare del Governo di non aver esaurito i rimedi interni (vedi paragrafo 73 sopra) dovrebbe essere respinta.
139. Per quanto riguarda il merito, la Corte conclude che, anche se si potesse dire che esisteva una base giuridica generale nella legge italiana per le misure impugnate, tale legge non soddisfa i requisiti di qualità imposti dalla Convenzione. In particolare, anche tenendo conto del più ampio margine di discrezionalità degli Stati contraenti in materia di persone giuridiche, della natura meno grave dell'interferenza (dovuta all'assenza di poteri coercitivi) e dell'importanza dell'obiettivo di misure simili nel contesto fiscale, la Corte ritiene che il quadro giuridico nazionale abbia concesso alle autorità nazionali un potere discrezionale illimitato sia per quanto riguarda le condizioni in cui le misure contestate potevano essere attuate sia per quanto riguarda la portata di tali misure. Allo stesso tempo, il quadro giuridico nazionale non forniva sufficienti garanzie procedurali, poiché le misure contestate, sebbene suscettibili di alcuni rimedi giurisdizionali, non erano soggette a un controllo sufficiente. Pertanto, il quadro giuridico nazionale non forniva ai ricorrenti il livello minimo di protezione a cui avevano diritto ai sensi della Convenzione. La Corte ritiene che in tali circostanze non si possa affermare che l'ingerenza in questione fosse “prevista dalla legge”, come richiesto dall'articolo 8, paragrafo 2, della Convenzione.
140. Vi è stata quindi una violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
141. Alla luce della conclusione di cui sopra, la Corte non ritiene necessario esaminare il rispetto degli altri requisiti dell'articolo 8 § 2 (vedi De Tommaso, § 127, e Brazzi, § 51, entrambi citati sopra).
PRESUNTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
142. Per quanto riguarda le domande nn. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”36617/18“]}”>36617/18, <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”7525/19“]}”>7525/19, <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”19452/19“]}”>19452/19, <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”52473/19“]}”>52473/19, <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”55943/19“]}”>55943/19, <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”261/20“]}”>261/20, <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”7991/20“]}”>7991/20 e <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”8046/20“]}”>8046/20, i ricorrenti lamentavano anche la mancanza di un ricorso giurisdizionale effettivo per denunciare l'interferenza con il diritto al rispetto loro domicilio ha violato il loro diritto di accesso alla giustizia ai sensi dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
143. Considerati i fatti del caso, le argomentazioni delle parti e le sue conclusioni di cui sopra (vedi paragrafi 137 e 139), la Corte ritiene di aver affrontato le principali questioni giuridiche sollevate dal caso e che non sia necessario esaminare l'ammissibilità e il merito di questa denuncia (vedi Centro per le risorse legali per conto di Valentin Câmpeanu, citato sopra, § 156).
APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
144. Le parti rilevanti dell'articolo 46 della Convenzione recitano:
“1. Le Alte Parti Contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte in qualsiasi causa in cui siano parti.
2. La sentenza definitiva della Corte sarà trasmessa al Comitato dei Ministri, che ne sorveglierà l'esecuzione ...”
145. Ai sensi dell'articolo 46, paragrafi 1 e 2 della Convenzione, una sentenza in cui la Corte riscontri una violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli impone allo Stato convenuto l'obbligo di scegliere, sotto la supervisione del Comitato dei Ministri, le misure generali e/o, se del caso, misure individuali da adottare nel proprio ordinamento giuridico interno per porre fine alla violazione e riparare in modo adeguato alle sue conseguenze, ripristinando per quanto possibile la situazione che si sarebbe avuta se non si fosse verificata. Inoltre, dalla Convenzione, e in particolare dal suo articolo 1, risulta che, ratificando la Convenzione e i suoi Protocolli, gli Stati contraenti si impegnano a garantire che il loro diritto interno sia compatibile con essi (cfr., tra le altre autorità, Maestri c. Italia [GC], n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”39748/98“]}”>39748/98, § 47, CEDU 2004-I, e Ekimdzhiev e altri c. Bulgaria, n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”70078/12“]}”>70078/12, § 427, 11 gennaio 2022). Fatto salvo il controllo del Comitato dei Ministri, lo Stato convenuto rimane in linea di principio libero di scegliere i mezzi con cui adempiere agli obblighi derivanti dall'articolo 46 § 1 della Convenzione, purché tali mezzi siano compatibili con le “conclusioni e lo spirito” enunciati nella sentenza della Corte (Ilgar Mammadov c. Azerbaigian (procedimento per inadempimento) [GC], n. 15172/13, § 153 e 195, 29 maggio 2019). Tuttavia, al fine di aiutare lo Stato convenuto ad adempiere ai propri obblighi ai sensi dell'articolo 46, la Corte può cercare di indicare il tipo di misure individuali e/o generali che potrebbero essere adottate per porre fine alla situazione che ha riscontrato (si veda Stanev c. Bulgaria [GC], n. 36760/06, § 255, CEDU 2012, con ulteriori riferimenti).
146. Nel caso di specie, la Corte ritiene che le carenze individuate possano dar luogo a ulteriori ricorsi giustificati in futuro (cfr., mutatis mutandis, N. c. Romania (n. 2), n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”38048/18“]}”>38048/18, § 84, 16 novembre 2021). Poiché la violazione dell'articolo 8 riscontrata in questo caso sembra essere di carattere sistemico, nel senso che è il risultato del contenuto della legge nazionale pertinente, come interpretata e applicata dai tribunali nazionali, sembra opportuno che la Corte fornisca alcune indicazioni su come evitare violazioni di questo tipo in futuro (vedi Stoyanova c. Bulgaria, n. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”56070/18“]}”>56070/18, § 78, 14 giugno 2022).
147. Per questi motivi, alla luce della constatazione di violazione dell'articolo 8 della Convenzione (vedi paragrafo 139 sopra), la Corte ritiene fondamentale che lo Stato convenuto adotti le misure generali appropriate al fine di allineare la sua legislazione e la sua prassi alle constatazioni della Corte. In questo contesto, la Corte ritiene che le seguenti questioni debbano essere chiaramente regolamentate nel quadro giuridico nazionale. In particolare, la Corte ritiene che la maggior parte delle misure necessarie siano già previste dalla legislazione nazionale, in particolare dagli articoli 12 e 13 della legge n. 212/2000 (vedi paragrafo 53 sopra), ma i principi generali affermati in questa legislazione devono essere attuati attraverso norme specifiche nella legislazione nazionale, mentre la giurisprudenza dovrebbe essere allineata a questi principi e a quelli stabiliti dalla Corte.
148. Innanzitutto, il quadro giuridico nazionale, se necessario mediante pertinenti istruzioni pratiche amministrative, dovrebbe indicare chiaramente le circostanze e le condizioni in base alle quali le autorità nazionali sono autorizzate ad accedere ai locali e a effettuare audit in loco e controlli fiscali nei locali commerciali e nei locali utilizzati per attività professionali (cfr. paragrafo 97). La severità dei criteri imposti dalla legge può, tuttavia, tenere conto del fatto che, nel contesto fiscale, considerazioni di efficienza potrebbero giustificare poteri relativamente ampi nelle fasi iniziali dei procedimenti fiscali (cfr. paragrafo 99). Tuttavia, il quadro giuridico nazionale dovrebbe imporre alle autorità nazionali l'obbligo di fornire motivazioni e giustificare di conseguenza la misura in questione alla luce di tali criteri (cfr. paragrafo 113). Sebbene, in materia fiscale, i controlli e le ispezioni possano estendersi oltre la semplice ispezione dei conti obbligatori (vedi paragrafo 118 sopra), dovrebbero essere stabilite delle garanzie per evitare l'accesso indiscriminato o almeno la conservazione e l'uso di documenti e oggetti non correlati allo scopo della misura in questione, fatto salvo l'esercizio del potere delle autorità di avviare procedimenti amministrativi separati o, se del caso, procedimenti penali (vedi paragrafi 98 e 119-120 sopra). Qualora la legislazione nazionale non distingua tra verifiche o ispezioni annunciate o pianificate in anticipo e verifiche o ispezioni di cui il contribuente non è informato in anticipo (cfr. la sentenza Rustamkhanli, citata, punto 21), il contribuente deve avere il diritto, al più tardi quando viene avviata la verifica, di essere informato dei motivi che giustificano la verifica e della sua portata, del suo diritto di essere assistito da un professionista e delle conseguenze del rifiuto di consentire la verifica. Quanto sopra non pregiudica il potere delle autorità di accedere ai dati relativi al contribuente che sono stati legalmente ottenuti mediante l'accesso a banche dati fiscali, banche dati bancarie e finanziarie e la cooperazione con altre autorità, anche su base transfrontaliera.
149. In secondo luogo, il quadro giuridico nazionale dovrebbe prevedere chiaramente un efficace controllo giurisdizionale di un provvedimento impugnato, e in particolare un controllo del rispetto da parte delle autorità nazionali dei criteri e delle restrizioni riguardanti le condizioni che giustificano tale provvedimento e la loro portata (cfr. paragrafo 101 supra). La Corte, dopo aver rilevato le varie restrizioni alla giurisdizione dei tribunali tributari e civili (vedi paragrafi 127-130 e 133-134 sopra), ritiene che l'esistenza e la disponibilità di tali rimedi non debbano essere condizionate dal fatto che un provvedimento abbia portato all'emissione di un avviso di accertamento fiscale (vedi paragrafo 128 sopra), né debbano diventare disponibili solo quando i procedimenti di accertamento fiscale sono stati conclusi (vedi paragrafo 129 sopra). Se un contribuente ritiene che le persone che effettuano una verifica non stiano agendo in conformità alla legge (una possibilità già accennata nella sezione 13 della Legge n. 212/2000), dovrebbe essere disponibile una qualche forma di revisione intermedia e vincolante semplificata prima che la verifica sia finalizzata.
APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
150. L'articolo 41 della Convenzione recita:
“Se la Corte ritiene che vi sia stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se la legislazione interna della Parte contraente interessata consente solo un risarcimento parziale, la Corte, se necessario, concede un'equa soddisfazione alla parte lesa.”
Danni
151. I ricorrenti hanno chiesto alla Corte di assegnare una somma determinata in via equitativa in relazione al danno non patrimoniale che avevano subito a causa delle violazioni.
152. Il Governo ha sostenuto che la richiesta non era giustificata.
153. La Corte, deliberando in via equitativa, assegna a ciascuno dei ricorrenti 3.200 euro (EUR) per il danno non patrimoniale subito a causa della violazione dell'articolo 8 della Convenzione, più eventuali imposte.
Costi e spese
154. I ricorrenti non hanno presentato alcuna richiesta in merito a costi e spese. Di conseguenza, la Corte non concede alcun risarcimento a tale titolo.
PER TALI MOTIVI, LA CORTE
Decide, all'unanimità, di riunire le domande;
Decide, all'unanimità, di riunire l'eccezione preliminare relativa al mancato esaurimento dei rimedi interni al merito e la respinge;
Dichiara, all'unanimità, ricevibile il ricorso ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione;
Ritiene, all'unanimità, che vi sia stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione;
Ritiene, con sei voti contro uno, che non sia necessario esaminare la ricevibilità e il merito della denuncia ai sensi dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;
Ritiene, all'unanimità,
(a) che lo Stato convenuto deve versare ai ricorrenti, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diventa definitiva ai sensi dell'articolo 44 § 2 della Convenzione, 3.200 euro (tremila duecento euro) ciascuno, più eventuali imposte applicabili, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale;
(b) che dalla scadenza dei tre mesi sopra indicati fino alla liquidazione sarà dovuto un interesse semplice sull'importo di cui sopra ad un tasso pari al tasso di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea durante il periodo di mora, maggiorato di tre punti percentuali;
Respinge, con sei voti contro uno, il resto della domanda di equa soddisfazione dei ricorrenti.
Fatto in inglese e notificato per iscritto il 6 febbraio 2025, ai sensi dell'articolo 77, paragrafi 2 e 3, del regolamento della Corte.
Ilse Freiwirth Ivana Jelić
Cancelliere Presidente
Ai sensi dell'articolo 45, paragrafo 2, della Convenzione e dell'articolo 74, paragrafo 2, del regolamento della Corte, l'opinione separata del giudice G. Serghides è allegata alla presente sentenza.
PARERE PARZIALMENTE DISSENSO DEL GIUDICE SERGHIDES
1. I ricorrenti, dodici società e un privato, hanno presentato reclamo per l'accesso e l'ispezione dei loro locali commerciali, sedi legali o altri locali utilizzati per attività professionali, nonché per l'esame, la copia e il sequestro (in alcuni casi) dei loro registri contabili, libri contabili, fatture e altri documenti obbligatori relativi alla contabilità, nonché vari tipi di documenti conservati a fini di accertamento fiscale. I provvedimenti impugnati erano stati adottati da funzionari o agenti della Guardia di Finanza o dell'Agenzia delle Entrate al fine di accertare l'adempimento degli obblighi fiscali dei ricorrenti. I ricorrenti lamentavano l'eccessiva ampiezza del potere discrezionale conferito alle autorità nazionali dalla legislazione nazionale e la mancanza di sufficienti garanzie procedurali in grado di proteggerli da eventuali abusi o arbitri. Essi sostenevano che i provvedimenti impugnati fossero illegittimi, ai sensi dell'articolo 8, e privi di proporzionalità. Hanno inoltre sostenuto che il quadro giuridico nazionale non delimitava sufficientemente l'ambito di discrezionalità conferito alle autorità nazionali, che le misure contestate non erano state sottoposte a un controllo ex ante giudiziario o indipendente e che non vi era stato un effettivo controllo ex post giudiziario o indipendente. Si sono basati sull'articolo 8 della Convenzione, considerato da solo e in combinato disposto con l'articolo 13 della Convenzione, e sull'articolo 6 § 1 della Convenzione.
2. Ho votato a favore del punto 4 delle disposizioni operative della sentenza, ritenendo che vi sia stata una violazione dell'articolo 8 della Convenzione, nonché delle altre disposizioni operative, a parte il punto 5, ritenendo che non sia necessario esaminare l'ammissibilità e il merito della denuncia ai sensi dell'articolo 6 § 1 della Convenzione, e il punto 7 che respinge il resto della richiesta di equa soddisfazione dei ricorrenti.
3. Per quanto riguarda la doglianza dei ricorrenti secondo cui la mancanza di un ricorso giurisdizionale effettivo per lamentare l'interferenza con il loro diritto al rispetto della propria casa avrebbe violato il loro diritto di accesso alla giustizia ai sensi dell'articolo 6 § 1 della Convenzione, la sentenza al paragrafo 143 fornisce la seguente spiegazione sul perché non l'ha esaminata: “Considerati i fatti del caso, le richieste delle parti e le sue conclusioni di cui sopra ... la Corte ritiene di aver affrontato le principali questioni giuridiche sollevate dal caso e che non sia necessario esaminare l'ammissibilità e il merito di questa denuncia (vedi Centro per le risorse legali per conto di Valentin Câmpeanu, citato sopra, § 156)”.
4. Poiché ho già spiegato, in diversi miei pareri separati, il mio disaccordo con la conclusione che non è necessario esaminare le doglianze sollevate dai ricorrenti sulla base del fatto che la Corte ha affrontato le questioni principali del caso, è sufficiente, per evitare ripetizioni, fare riferimento alle mie argomentazioni nei paragrafi 4-8 del mio parere parzialmente dissenziente nella causa Adamčo c. Slovacchia (n. 2), nn. <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”55792/20“]}”>55792/20, <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”35253/21“]}”>35253/21 e <A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”41955/22“]}”>41955/22, 12 dicembre 2024.
5. C'è un'altra questione su cui non sono d'accordo con la sentenza, trattata al paragrafo 70, un punto che, tuttavia, non si riflette nelle sue disposizioni operative. Sebbene alcuni dei ricorsi siano stati presentati anche ai sensi dell'articolo 13, in combinato disposto con l'articolo 8, la Corte, applicando il principio secondo cui “la Corte è l'arbitro della qualificazione giuridica dei fatti del caso”, ha ritenuto opportuno esaminare i ricorsi dei ricorrenti esclusivamente ai sensi dell'articolo 8. La sentenza non dice cosa sia successo alla fine con il ricorso ai sensi dell'articolo 13, in combinato disposto con l'articolo 8. Ciò che è chiaro è che questo reclamo è stato ignorato e quindi non è stato esaminato in ultima analisi dalla Corte. È anche chiaro che, nelle disposizioni operative della sentenza, tale denuncia non è stata respinta né in quanto inammissibile né nel merito, né c'era un punto simile al punto 5 riguardante la denuncia ai sensi dell'articolo 6 § 1, che avrebbe dichiarato che non era necessario esaminare l'ammissibilità e il merito della denuncia ai sensi dell'articolo 13 in combinato disposto con l'articolo 8. La spiegazione fornita dalla Corte per non aver esaminato tale denuncia è la seguente: “Sebbene l'articolo 8 della Convenzione non contenga requisiti procedurali espliciti, il processo decisionale che porta a misure di interferenza deve essere equo e tale da garantire il dovuto rispetto per gli interessi tutelati dall'articolo 8” (paragrafo 70 della sentenza). Tuttavia, se questa spiegazione implica una sorta di assorbimento dell'articolo 13 nell'articolo 8, non sono assolutamente d'accordo, poiché non è sostenibile. Un ricorso ai sensi dell'articolo 13 riguarda diverse dimensioni della responsabilità dello Stato ai sensi della Convenzione. L'articolo 8 riguarda i diritti sostanziali, mentre l'articolo 13 riguarda i diritti procedurali. Quest'ultimo si concentra sulla garanzia della disponibilità di rimedi efficaci per le violazioni dei diritti umani. La mancata esame di un ricorso ai sensi dell'articolo 13 comprometterebbe le garanzie procedurali che sono parte integrante del sistema della Convenzione. Di conseguenza, i due articoli richiedono una considerazione separata. Un ricorso ai sensi dell'articolo 13 non può essere semplicemente assorbito in un ricorso ai sensi dell'articolo 8.
6. Nel paragrafo 5 del mio parere parzialmente dissenziente nella causa Mandev e altri contro Bulgaria, n. 57002/11 e altri 4, 21 maggio 2024, ho sostenuto che la Corte in quel caso ha utilizzato la sua prassi o principio, vale a dire che “è il padrone della caratterizzazione da dare in diritto ai fatti del caso”, non in linea con il suo obiettivo, ma in modo sbagliato. Sosterrei la stessa cosa nel caso in questione. A mio avviso, questa prassi o principio, come applicato finora, tranne in alcuni casi, è stato utilizzato e sviluppato come aspetto o manifestazione del principio di efficacia. Il suo scopo è quello di salvare i ricorsi in cui, sebbene la loro base fattuale sia stabilita nelle memorie dei ricorrenti, non si fa affidamento sulla base giuridica appropriata: la Corte considererebbe quindi questi ricorsi di propria iniziativa, ai sensi degli articoli o delle disposizioni della Convenzione appropriati. Sicuramente, lo scopo di questa prassi o principio non è quello di respingere o astenersi dall'esaminare denunce ammissibili a prima vista, ma piuttosto di consentire alla Corte di esaminare una richiesta ai sensi dell'articolo o della disposizione della Convenzione che ritiene più applicabile, anche se i ricorrenti hanno omesso di farvi riferimento nelle loro memorie. Ad esempio, la Corte, nella sua sentenza nella storica causa della Grande Camera Guerra e altri contro Italia (19 febbraio 1998, §§ 44 e 46, Raccolta delle sentenze e delle decisioni 1998-I), seguendo la suddetta prassi o principio, ha ritenuto di essere competente a esaminare il caso non solo ai sensi dell'articolo 10 della Convenzione, su cui i ricorrenti si sono espressamente basati, ma anche ai sensi degli articoli 8 e 2 della Convenzione, che non sono stati espressamente invocati da loro. Alla fine, la Corte ha riscontrato una violazione dell'articolo 8 della Convenzione e ha ritenuto che non fosse necessario esaminare il caso ai sensi dell'articolo 2. Per quanto riguarda la denuncia ai sensi dell'articolo 10, la Corte non si è astenuta dall'esaminarla, a differenza della presente sentenza relativa alla denuncia ai sensi dell'articolo 13 in combinato disposto con l'articolo 8, ma, al contrario, l'ha esaminata a fondo (cfr. paragrafi 47-54 di tale sentenza) e alla fine ha concluso che l'articolo 10 non era applicabile nel caso di specie.
7. Ciò che preoccupa nel caso in questione è che la sentenza, per un motivo o per l'altro, si è astenuta dall'esaminare qualsiasi reclamo sui diritti umani procedurali, in particolare gli articoli 6 e 13 della Convenzione. I diritti umani procedurali sono importanti quanto i diritti umani sostanziali e i primi sono lo scudo per la protezione dei secondi, garantendo che gli individui abbiano i mezzi per cercare giustizia e avere un processo equo. La mancata considerazione dei diritti procedurali insieme a quelli sostanziali potrebbe portare a una mancanza di rimedi legali efficaci, minare lo stato di diritto e consentire la persistenza di violazioni dei diritti umani senza un ricorso adeguato o un processo equo.
8. Infine, la constatazione di ulteriori violazioni, nella fattispecie dell'articolo 6 § 1 e dell'articolo 13 in combinato disposto con l'articolo 8, potrebbe tradursi in un aumento dell'importo assegnato per il danno non patrimoniale. Per questo motivo ho votato anche contro il punto 7 delle disposizioni operative della sentenza che respinge il resto della richiesta di equa soddisfazione dei ricorrenti.
APPENDICE
Elenco dei casi:
N.
N. domanda
Nome del caso
Presentato il
Ricorrente
Anno di nascita/registrazione
Luogo di residenza
Nazionalità
Rappresentato da
1.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”36617/18“]}”>36617/18
Italgomme Pneumatici S.r.l. contro Italia
18/07/2018
ITALGOMME PNEUMATICI S.R.L.
2009
Foggia
Italiano
Ornella BONASSISA
2.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”7525/19“]}”>7525/19
Tecnonet S.r.l. contro Italia
25/01/2019
TECNONET S.R.L.
2014
Cerignola
Italiano
Cristiano STASI
3.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”19452/19“]}”>19452/19
Tecnonet S.r.l. contro Italia
02/04/2019
TECNONET S.R.L.
2014
Cerignola
Italiano
Ornella BONASSISA
4.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”52473/19“]}”>52473/19
Riviera del Gargano S.r.l. contro Italia
02/10/2019
RIVIERA DEL GARGANO S.R.L.
2007
San Severo
Italiano
Cristiano STASI
5.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”55943/19“]}”>55943/19
Bio Ecoagrim S.r.l. contro Italia
16/10/2019
BIO ECOAGRIM S.R.L.
2010
Lucera
Italiano
Cristiano STASI
6.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”261/20“]}”>261/20
Ortofrutta Lezzi S.R.L. v. Italia
12/12/2019
ORTOFRUTTA LEZZI S.R.L.
1994
Cerignola
Italiano
Cristiano STASI
7.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”7991/20“]}”>7991/20
Monirr S.r.l. contro Italia
29/01/2020
MONIRR S.R.L.
2002
Lucera
Italiano
Cristiano STASI
8.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”8046/20“]}”>8046/20
Bio Ecoagrim S.r.l. contro Italia
29/01/2020
BIO ECOAGRIM S.R.L.
2010
Lucera
Italiano
Cristiano STASI
9.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”20062/20“]}”>20062/20
Terrenzio c. Italia
05/05/2020
Eligio Giovann Battista TERRENZIO
1959
Rignano Garganico
Italiano
Cristiano STASI
10.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”34827/20“]}”>34827/20
Studio Commerciale Rinaldi-Varraso&Associati contro Italia
29/07/2020
STUDIO COMMERCIALE RINALDI-VARRASO&ASSOCIATI
Foggia
Italiano
Cristiano STASI
11.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”26376/21“]}”>26376/21
Enoagrimm Import-Export S.r.l. contro Italia
14/05/2021
ENOAGRIMM IMPORT-EXPORT S.R.L.
2016
Foggia
Italiano
Cristiano STASI
12.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”28730/21“]}”>28730/21
Monirr S.r.l. contro Italia
14/05/2021
MONIRR S.R.L.
2002
Lucera
Italiano
Cristiano STASI
13.
<A href=“https://hudoc.echr.coe.int/eng#{”appno“:[”20133/22“]}”>20133/22
Holding Gestione Immobiliare Srl c. Italia
15/04/2022
HOLDING GESTIONE IMMOBILIARE SRL
2016
San Severo
Italiano
Cristiano STASI
[1] Si veda, tuttavia, l'articolo 12 della legge n. 212 del 27 luglio 2000, riprodotto nel paragrafo 50 di seguito.
[2] Le disposizioni interne applicabili nel caso di specie tengono conto di tale distinzione. In particolare, l'articolo 51, comma 1, del decreto n. 633/1972 prevede che condizioni più rigorose si applichino all'accesso ai locali commerciali e ai locali utilizzati per attività professionali che sono anche utilizzati come “abitazione” di una persona fisica; in particolare, la relativa autorizzazione deve essere rilasciata dal pubblico ministero (cfr. paragrafo 42).
[3] La formulazione attuale di questa disposizione è il risultato di una modifica introdotta dalla legge n. 208 del 28 dicembre 2015. Gli anni precedenti al 2016 sono regolati dalla versione precedente della disposizione. In base a tale versione, un contribuente doveva essere informato di un accertamento entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui era stata presentata la dichiarazione dei redditi pertinente. Qualora un contribuente avesse completamente omesso di presentare una dichiarazione, poteva essere informato dell'accertamento fiscale entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione.
[4] La formulazione attuale della norma, in particolare l'importo della sanzione, è il risultato delle modifiche introdotte con il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, come modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.