L’udienza di convalida a seguito di arresto in flagranza prevede la partecipazione necessaria del difensore e dell’arrestato ma contempla anche l’ipotesi che l’arrestato non abbia potuto o voluto comparire, senza che la mancata partecipazione possa essere di impedimento all’esercizio dei poteri del Giudice riguardo la convalida dell’arresto.
Non è estraneo al sistema processuale il provvedimento di convalida reso in assenza dell’interessato, possibilità che, del resto, si manifesta coerente con i poteri di verifica del Giudice esercitabili in quella sede, che riguardano la verifica dell’osservanza dei termini previsti, il controllo della sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto, ossia la valutazione della legittimità dell’operato della polizia in relazione allo stato di flagranza ed all’ipotizzabilità di uno dei reati che consentono l'arresto, ma non hanno ad oggetto nè la gravità indiziaria e le esigenze cautelari, nè l’apprezzamento sulla responsabilità.
Nelprocedimento di mandato di arresto europeo, la discrezionalità del Giudice nell'udienza di convalida appare ancora più limitata, nell’ambito della quale il Giudice delegato deve limitarsi a verificare che l’arresto non sia stato eseguito per errore di persona oppure fuori dai casi consentiti, e procede alla necessaria pronuncia dell’ordinanza di convalida.
Il controllo che la L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 13 demanda al presidente della Corte di appello, è diverso da quello previsto dall’art. 391 c.p.p. sia con riferimento ai termine per la convalida sia con riguardo alle garanzie giurisdizionali, sia, infine, in ordine all’adozione della misura coercitiva; tale controllo si esaurisce in una verifica meramente cartolare, che non influisce minimamente sull’esito del procedimento di consegna e sulla possibilità che nell’ambito di esso possa essere adottata una misura cautelare più adeguata alle esigenze del singolo caso ed idonea ad assicurare la consegna della persona allo Stato di emissione.
Corte di Cassazione
sez. Feriale, sentenza 27 – 31 agosto 2020, n. 24593
Presidente Costanzo – Relatore de Gregorio
Ritenuto in fatto
Con l’ordinanza impugnata il Giudice della Corte d’Appello di Milano, delegato L. n. 69 del 2005, ex art. 13 per la procedura M.A.E. ha sospeso, ai sensi dell’art. 294 c.p.p., comma 2, richiamato dalla L. n. 69 del 2005, art. 39, l’interrogatorio per l’identificazione dell’arrestato D.A. , che non aveva effettuato il primo tampone per l’accertamento Covid, ed il carcere ove era ristretto non aveva dato il n.o. alla traduzione, ritenendo sussistente un impedimento assoluto; ha convalidato l’arresto ed ha disposto la misura cautelare della custodia in carcere.
Avverso il provvedimento, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso il difensore di fiducia, lamentando la violazione del diritto di difesa in relazione l’art. 391 c.p.p., art. 146 disp. att. c.p.p. e L. n. 27 del 2020, art. 83, comma 12 per la mancata partecipazione del difensore e dell’arrestato. Il ricorrente si è doluto della violazione dell’art. 13 L. n. 69 del 2005 per aver il Giudice convalidato l’arresto inaudita altera parte, senza ascoltare l’arrestato ed in assenza del difensore ed ha precisato che il richiamo operato dalla L. n. 69 del 2005, art. 39 all’art. 391 c.p.p., comma 1, attesta che la presenza del difensore all’udienza di convalida è necessaria mentre la presenza dell’arrestato doveva essere garantita dall’applicazione della L. n. 27 del 2020, art. 83, comma 12. Ha rappresentato, inoltre, il difensore che il Giudice aveva errato nel sospendere l’interrogatorio dell’arrestato ai sensi dell’art. 294 c.p.p., comma 2, in quanto per la convalida dell’arresto, che deve essere eseguita entro termini perentori, il codice di rito non prevede la possibilità di sospensione dell’interrogatorio. La mancata fissazione dell’udienza di convalida avrebbe, quindi, violato i diritti della difesa e l’ordinanza di convalida resa sarebbe, pertanto, nulla, con la conseguenza che l’arrestato dovrebbe essere rimesso in libertà.
All’odierna udienza il PG, dr Seccia, ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.
Considerato in diritto
1.È necessario in primis chiarire che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, in tema di mandato di arresto Europeo, in virtù del rinvio recettizio operato dalla L. n. 69 del 2005, art. 9, comma 7, all’art. 719 c.p.p., unico rimedio proponibile avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali emesse per l’esecuzione di un mandato di arresto Europeo è il ricorso per cassazione. (Sez. 6, Sentenza n. 24891 del 11/06/2015 Rv. 263816; Sez. 6, Sentenza n. 24640 del 28/04/2006 Rv. 234309). Pertanto, lo strumento utilizzato dal ricorrente è corretto.
Deve, altresì, premettersi "in fatto" che il caso in esame riguarda un arresto ad iniziativa della polizia giudiziaria, disciplinato dalla L. n. 69 del 2005, art. 11, e riguarda la fattispecie in cui l’autorità competente dello Stato di emissione abbia provveduto a segnalare la persona ricercata nel Sistema di informazione Schengen (SIS). In tale ipotesi, dopo gli adempimenti ex art. 12 stessa legge ad opera della Polizia Giudiziaria, è previsto l’intervento del giudice in relazione alla convalida - o meno - dell’arresto, la cui valutazione - come si annoterà - è strettamente circoscritta al ricorrere dei due requisiti dell’arresto al di fuori dei casi consentiti e/o dell’arresto per errore di persona.
2.Tanto premesso il ricorso è inammissibile.
Va, in primis, osservato che le denunziate violazioni di legge non sussistono. Invero, la difesa ipotizza l’applicabilità dell’art. 146-bis disp. att. c.p.p. e ritiene applicabile la L. n. 27 del 2020, art. 83, comma 12 come se fosse necessaria ed obbligatoria. Tuttavia, l’art. 146-bis disp. att. c.p.p. si riferisce alla partecipazione a distanza al dibattimento delle persone in stato di detenzione per taluno dei gravi delitti previsti nell’art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a), n. 4, disposizione che risponde ad esigenze definibili in via generale di sicurezza ed appare impropriamente richiamato nel caso in esame; l’art. 83, comma 12, pur dettato specificamente per l’emergenza Covid, che il ricorrente evoca, si riferisce a qualsiasi udienza cui partecipi la persona detenuta, internata o in custodia cautelare, prevedendo che la partecipazione sia assicurata, ove possibile, mediante videoconferenza o collegamento da remoto. Non sussiste, pertanto, un obbligo di disporre la partecipazione a distanza dell’interessato con gli strumenti tecnici citati dalla legge ma ad essa deve farsi luogo soltanto ove sia possibile, desumendosene che la partecipazione dell’interessato pur prevista dalla norma invocata dalla difesa, non è indefettibile.
2.1 In proposito può osservarsi che l’art. 391 c.p.p., comma 1, che disciplina l’udienza di convalida a seguito di arresto in flagranza, ipotesi che presenta innegabili profili di analogia con il caso in esame - e che secondo la stessa difesa potrebbe applicarsi alla fattispecie concreta, anche in base al richiamo di carattere generale presente nella L. n. 69 del 2005, art. 39 - prevede, al comma 1, la partecipazione necessaria del difensore e dell’arrestato e, tuttavia, contempla - comma 3 - anche l’ipotesi che l’arrestato non abbia potuto o voluto comparire, senza che la mancata partecipazione possa essere di impedimento all’esercizio dei poteri del Giudice riguardo la convalida dell’arresto.
Non è estraneo al sistema processuale, quindi, il provvedimento di convalida reso in assenza dell’interessato, possibilità che, del resto, si manifesta coerente con i poteri di verifica del Giudice esercitabili in quella sede, che riguardano la verifica dell’osservanza dei termini previsti dall’art. 386 c.p.p., comma 3 e art. 390 c.p.p., comma 1, il controllo della sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto, ossia la valutazione della legittimità dell’operato della polizia in relazione allo stato di flagranza ed all’ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381 c.p.p., ma non hanno ad oggetto nè la gravità indiziaria e le esigenze cautelari, nè l’apprezzamento sulla responsabilità Sez. 6, Sentenza n. 8341 del 12/02/2015 Cc. (dep. 24/02/2015) Rv. 262502.
2.2 Rispetto a tale fattispecie la discrezionalità del Giudice appare ancora più limitata nel caso della convalida L. n. 69 del 2005, ex art. 13, nell’ambito della quale il Giudice delegato deve limitarsi a verificare che l’arresto non sia stato eseguito per errore di persona oppure fuori dai casi consentiti, e a norma della L. n. 69 del 2005, art. 13, comma 2, una volta escluso che l’arresto sia avvenuto per errore di persona o fuori dai casi previsti dalla legge, si procede alla necessaria pronuncia dell’ordinanza di convalida (Sez. 6, Sentenza n. 16868 del 20/03/2018 Rv. 272920).
In senso conforme si è puntualizzato che il controllo che la L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 13 demanda al presidente della Corte di appello, è diverso da quello previsto dall’art. 391 c.p.p. sia con riferimento ai termine per la convalida sia con riguardo alle garanzie giurisdizionali, sia, infine, in ordine all’adozione della misura coercitiva; tale controllo si esaurisce in una verifica meramente cartolare, che non influisce minimamente sull’esito del procedimento di consegna e sulla possibilità che nell’ambito di esso possa essere adottata una misura cautelare più adeguata alle esigenze del singolo caso ed idonea ad assicurare la consegna della persona allo Stato di emissione. Sez. 6, Sentenza n. 5547 del 19/01/2016 Cc. (dep. 10/02/2016) Rv. 266108.
2.3. Infine, può sottolinearsi che la prima identificazione della persona arrestata e, quindi, della sua corrispondenza con il destinatario del m.a.e. è garantita dagli adempimenti ad opera della polizia giudiziaria, che ha proceduto di iniziativa L. n. 69 del 2005, ex art. 11.
Legittimo, pertanto, appare, per questo profilo l’operato del Giudice a quo, che ha convalidato l’arresto, pur in assenza della persona arrestata.
3.Per ciò che attiene alla mancata celebrazione dell’udienza di convalida, le censure del ricorrente possono considerarsi solo astrattamente corrette, anche in ragione del principio affermato dalla giurisprudenza citata, secondo la quale la funzione dell’audizione della persona arrestata, oltre a quella di verificare la sussistenza dei presupposti per l’arresto, è anche quella di consentire una prima difesa davanti all’autorità giudiziaria in ordine alla convalida ed al giudizio cautelare. Sez. 6, Sentenza n. 25708 del 23/06/2011 Cc. (dep. 28/06/2011) Rv. 250512.
In proposito deve constatarsi, peraltro, che le doglianze della difesa si sono estrinsecate in una mera petizione di principio, senza dedurre specificamente quali prerogative e/o possibilità di difesa siano state lese ed in quale misura, non essendo presente nell’atto di ricorso neppure un cenno circa un possibile errore di identificazione dell’arrestato, nè circa un arresto fuori dei casi previsti. Diversamente nell’atto di impugnazione si legge soltanto la proposizione, formulata del resto genericamente, secondo la quale l’arrestato avrebbe potuto portare fatti volti a dimostrare l’estraneità alle accuse o produrre documenti attestanti la sua presenza in Italia durante i giorni in cui furono compiuti i furti in Inghilterra.
Come è chiaro da quanto finora riportato circa lo stretto perimetro dell’accertamento demandato al Giudice della convalida L. n. 69 del 2005, ex art. 13, si tratta di temi inerenti il merito della gravità indiziaria e dell’attribuibilità del fatto all’arrestato, completamente estranei alla valutazione di cui si discute e che, pertanto, ai fini della convalida, il Giudice non avrebbe preso in considerazione.
In conclusione le deduzioni difensive, volte espressamente a far dichiarare la nullità dell’ordinanza di convalida per il mancato rispetto del termine di 48 ore entro il quale il giudice è tenuto a sentire la persona arrestata, ai sensi della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 13, comma 1, termine che deve essere riferito anche alla decisione dell’ordinanza (Sez. 6, Sentenza n. 27357 19/06/2013 Cc. dep. 21/06/2013 Rv. 256567) del risultano manifestamente infondate.
Alla luce delle considerazioni e dei principi precedenti il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro tremila in favore di cassa ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro tremila in favore di cassa ammende.