Il rispetto della verità del fatto assume, in riferimento all’esercizio del diritto di critica politica, un rilievo più limitato e necessariamente affievolito rispetto al diritto di cronaca, in quanto la critica, ed ancor più quella politica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 luglio – 2 ottobre 2018, n. 43598
Presidente Vessichelli – Relatore Amatore
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Palermo ha confermato la condanna del predetto imputato per il reato di cui all’art. 595 cod. pen., condanna già disposta dal Tribunale di Agrigento con sentenza datata 24.2.2015.
Avverso la predetta sentenza ricorre l’imputato, per mezzo del suo difensore, affidando la sua impugnativa a due motivi di doglianza trattati unitariamente.
1.2 Denunzia il ricorrente, in primo luogo, vizio di motivazione in relazione alla non corretta valutazione delle risultanze processuali in relazione alla vicenda dello stabilimento balneare (…), e ciò con particolare riferimento alla valutazione delle testimonianze di V. e Va. .
1.2.1 Si evidenzia che la stessa Procura Generale aveva richiesto, in sede di conclusioni rassegnate in appello, l’assoluzione dell’imputato, rappresentando che i due contendenti della presente vicenda, e cioè l’imputato e la parte civile, erano i massimi rappresentanti delle contrapposte fazioni politiche che si fronteggiavano da anni sul territorio agrigentino.
Si rappresenta, ancora, che l’imputato è un noto avvocato del foro siciliano, esponente nazionale di Legambiente, mentre la parte civile è un imprenditore edile conosciuto per le vicende della (omissis) . Ricorda, ancora, la difesa dell’imputato che la menzionata parte civile era da annoverare tra quegli imprenditori edili i cui edifici causarono il disastroso evento franoso avvenuto ad (omissis) .
1.2.2 Si osserva, ancora, che i testimoni v. , H. , M. avevano anche riferito delle minacce di morte poste in essere dal P. in danno dell’odierno imputato anche all’interno del consiglio comunale di (omissis) con l’ostentata esibizione della pistola personale.
Ciò giustificherebbe - secondo la tesi della difesa - quella asprezza di toni utilizzata dal ricorrente nella intervista televisiva per criticare i denunziati abusi edilizi commessi dalla parte civile in una zona tutela in riva al mare nella (omissis) , attraverso la trasformazione di un piccolo stabilimento balneare in legno in una gigantesca costruzione adibita illegalmente ad una molteplicità di attività commerciali.
Sul punto la sentenza impugnata non avrebbe tenuto in considerazioni le rilevanti dichiarazioni rese dal teste V. , quale ex proprietario del predetto stabilimento balneare, e del consulente Ing. Va. che aveva descritto l’enorme aumento di volumetria della costruzione in esame. Ciò avrebbe comportato - così come dedotto nel secondo motivo di doglianza - un’erronea applicazione dell’art. 595 e 51 cod. pen., ingenerando il vizio di violazione di legge.
2. La difesa dell’imputato depositava, altresì, in data 27.6.2018 e 11.7.2018 ulteriori memorie difensive contenenti "motivi aggiunti", con i quali insisteva nella domanda di annullamento della sentenza impugnata.
In data 16.7.2018 veniva depositata da parte della difesa dell’imputato ulteriore memoria denominata "Arringa del difensore".
Considerato in diritto
3. Il ricorso è fondato per le ragioni qui di seguito precisate.
3.1 Ante omnia, deve dichiararsi l’inammissibilità della memoria difensiva depositata da ultimo in data 16.7.2018 da parte del difensore dell’imputato, stante la sua evidente tardività.
3.2 Nel resto le doglianze sollevate dall’imputato sono fondate.
3.2.1 Preme in primo luogo alla Corte precisare, in termini generali, che - in tema di diffamazione - il rispetto della verità del fatto assume, in riferimento all’esercizio del diritto di critica politica, un rilievo più limitato e necessariamente affievolito rispetto al diritto di cronaca, in quanto la critica, ed ancor più quella politica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica (così si è espressa questa Corte, Sez. 5, Sentenza n. 25518 del 26/09/2016 Ud. (dep. 23/05/2017) Rv. 270284).
È stato altresì affermato, in subiecta materia, dalla giurisprudenza di questa stessa Sezione che sussiste l’esimente dell’esercizio del diritto di critica politica qualora l’espressione usata consista in un dissenso motivato, anche estremo, rispetto alle idee ed ai comportamenti altrui, nel cui ambito possono trovare spazio anche valutazioni non obiettive, purché non trasmodi in un attacco personale lesivo della dignità morale ed intellettuale dell’avversario (Sez. 5, Sentenza n. 46132 del 13/06/2014 Cc. (dep. 07/11/2014) Rv. 262184).
Ciò posto, osserva subito la Corte che se si raffronta il contenuto del capo di imputazione con le argomentazioni utilizzate dalla Corte siciliana per fondare il giudizio di penale responsabilità dell’imputato si avverte, con evidenza, uno stridente contrasto tra i principi di diritto affermati da questa Corte (ed in parte già sopra ricordati) in tema di esimente di esercizio del diritto di critica politica e le argomentazioni stesse.
Invero, non soddisfa un criterio di sufficienza e logicità intrinseca della motivazione affermare - come fatto dalla Corte territoriale - che già solo le sentenze di assoluzione della parte offesa per il reato edilizio e per il reato di abuso di ufficio (che, peraltro, non riguardava direttamente la persona offesa dal reato di diffamazione) determinino la responsabilità penale dell’imputato per il reato di diffamazione, senza che la motivazione si confronti con le altre acquisizioni istruttorie (anche testimoniali) che descrivevano - per le due vicende prese in esame nella sentenza impugnata (e cioè, la vicenda dello stabilimento balneare "(…)" e quella del palazzo "(…)") - complesse ed articolate procedure amministrative da cui erano scaturite anche contrapposizioni di carattere politico-amministrative sul piano locale e senza che la motivazione si interrogasse, ulteriormente, in questo quadro di oggettiva complessità, sulla rilevanza della detta contrapposizione politica tra le parti oggi in causa per giustificare quella asprezza di toni che aveva portato, peraltro, l’odierna parte offesa ad indirizzare pesantissime minacce personali all’odierno imputato.
Si impone, pertanto, un nuovo esame della intera vicenda da parte della Corte territoriale, esame che tenga in considerazioni i principi di diritto sopra riaffermati in tema di esercizio del diritto di critica politica.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo per nuovo esame.