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Denunce non impediscono tenuità del fatto (Cass. 36616/17)

27 luglio 2017, Cassazione penale e Nicola Canestrini

Se èvero che il terzo illecito della medesima indole impedisce la assoluzione per tenuità del fatto, la mera sussistenza di denunce non è sufficiente.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Sentenza 24 luglio 2017, n. 36616


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAVALLO Aldo - Presidente del 22/02/2017 -

Dott. CERRONI Claudio - rel. Consigliere SENTENZA -

Dott. GAI Emanuela - Consigliere N. 645 -

Dott. MACRI’ Ubalda - Consigliere REGISTRO GENERALE -

Dott. RENOLDI Carlo - Consigliere N. 42272/2015 -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA


sul ricorso proposto da:

E.A.Y., nato in (OMISSIS);

avverso la sentenza del 11/06/2015 della Corte di Appello di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Claudio Cerroni;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso nel senso dell'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo


1. Con sentenza dell'11 giugno 2015 la Corte di Appello di Torino ha confermato l'impugnata sentenza del 3 giugno 2014 del Tribunale di Torino, con la quale E.A.Y. era stato condannato alla pena di mesi due di reclusione ed Euro 600,00 di multa per il reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, concesse le attenuanti generiche oltre alla riduzione del rito.

2. Avverso la predetta decisione l'imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione con un motivo di impugnazione.

2.1. Col motivo di censura il ricorrente ha lamentato la mancata applicazione della previsione di cui all'art. 131-bis c.p., laddove la Corte territoriale aveva disatteso la richiesta in proposito formulata assumendo l'esistenza di plurime denunce per reati inerenti agli stupefacenti. Il vizio era evidente, dal momento che la mera denuncia non poteva equivalere ad avere commesso il reato.

3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell'inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione


4. Il ricorso è fondato e va accolto.

Al riguardo, infatti, la Corte di Appello ha disatteso la richiesta di applicazione dell'istituto della particolare tenuità del fatto assumendo che a carico del richiedente vi erano plurime denunce, sotto diverse generalità ed in forza dei precedenti dattiloscopici, per reati inerenti agli stupefacenti, e ciò dal mese di settembre 2006 al mese di luglio 2007.

Ciò posto, l'invocata norma di cui all'art. 131-bis c.p., stabilisce che la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, comma 1, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. In particolare, l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. Mentre il comportamento è abituale nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonchè nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

All'evidenza non si rientra quindi, in primo luogo, nelle ipotesi di esclusione obbligatoria della valutazione di particolare tenuità.

In ordine agli ulteriori requisiti, la Corte territoriale ha ritenuto ostativa la presenza di plurime, risalenti, denunce a carico dell'odierno ricorrente per reati concernenti gli stupefacenti, anche sotto diverse generalità.

Ai fini del presente giudizio, peraltro, ed in relazione alle censure di cui al ricorso, va invero osservato che è stata ravvisata l'abitualità, ostativa all'applicazione dell'istituto, quando l'autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame (il giudice può fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili ed agli illeciti sottoposti alla sua cognizione - nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui - ma anche ai reati in precedenza ritenuti non punibili ex art. 131-bis c.p.), (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591).

In particolare, è stato così annotato che "la norma intende escludere dall'ambito della particolare tenuità del fatto comportamenti "seriali"...Parimenti non oscuro è il riferimento alla commissione di "più reati della stessa indole".

In primo luogo, non si parla di condanne ma di reati.

Inoltre, il tenore letterale lascia intendere che l'abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole (dunque almeno due) diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis.

In breve, il terzo illecito della medesima indole dà legalmente luogo alla serialità che osta all'applicazione dell'istituto.

L'alterità al plurale dei reati diversi da quello oggetto del processo non lascia dubbio che la serialità ostativa si realizza quando l'autore faccia seguire a due reati della stessa indole un'ulteriore, analoga condotta illecita. I reati possono ben essere successivi a quello in esame, perchè si verte in un ambito diverso da quello della disciplina legale della recidiva; ed è in questione un distinto apprezzamento in ordine, appunto, alla serialità dei comportamenti. La pluralità dei reati può concretarsi non solo in presenza di condanne irrevocabili, ma anche nel caso in cui gli illeciti si trovino al cospetto del giudice che, dunque, è in grado di valutarne l'esistenza; come ad esempio nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui" (così complessivamente, in motivazione, Sez. U n. 13681 cit.).

In specie, la Corte territoriale si è invece limitata alla verifica circa l'esistenza di mere "denunce" ormai risalenti, in ordine al cui destino nulla è stato aggiunto o chiarito. Neppure è stato allegato se sia stato dato corso ad un procedimento penale, ed ancor meno se vi sia stato un accertamento giudiziale in proposito (tanto più che, dato il tempo ormai trascorso, le vicende avrebbero dovuto trovato la loro definizione). Certamente non può ravvisarsi, allo stato, la sicura esistenza di clausole ostative, tenuto conto dell'opzione esegetica adottata dalla Corte territoriale.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, da un lato alla Corte è riservata solamente una valutazione circa l'astratta non incompatibilità dell'istituto rispetto alla fattispecie concreta, dall'altro la Corte di Appello appare avere formulato, per quanto osservato, un giudizio non congruo in relazione ai requisiti di legge.

5. La sentenza impugnata va quindi annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Torino, ai fini di un nuovo esame in ordine alla richiesta di applicazione della speciale causa di non punibilità.

P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'applicabilità della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Torino.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2017