Nel regime retto dalla Convenzione Europea di estradizione, ove sia stata applicata provvisoriamente una misura coercitiva a norma dell'art. 715 c.p.p. , questa deve essere revocata qualora alla scadenza del termine massimo decorrente dal giorno dell'arresto (da computare nel termine) non sia stata indirizzata dal Ministero della giustizia della Parte richiedente al Ministero della giustizia italiano o per via diplomatica la domanda di estradizione, corredata dai documenti giustificativi, nulla rilevando che detta domanda sia pervenuta nel detto termine all'organizzazione internazionale di polizia criminale (Interpol) o ad altra autorità diversa dal Ministero della giustizia o dal Ministero degli esteri (o sue rappresentanze).
Il regime convenzionale prevale sulle norme del codice di procedura penale (art. 696 c.p.p. ); sicchè, operando la Convenzione di estradizione, il termine massimo di quaranta giorni decorre dall'arresto e non dalla comunicazione di esso alla Parte richiedente.
In assenza di applicabilità del regime convenzionale, in base al combinato disposto dell'art. 715 c.p.p. , commi 5 e 6, è previsto che le misure cautelari provvisoriamente applicate nei confronti di persona assoggettabile a procedura di estradizione sono revocate se entro quaranta giorni "dalla comunicazione allo Stato estero" dell'applicazione in via provvisoria della misura coercitiva non sono pervenuti al ministero degli esteri o a quello della giustizia la domanda di estradizione e la relativa documentazione.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
(ud. 23/11/2012) 25-02-2013, n. 9092
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SERPICO Francesco - Presidente -
Dott. CORTESE Arturo - Consigliere -
Dott. CONTI Giovann - rel. Consigliere -
Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere -
Dott. DI STEFANO Pierluigi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
A.S.H., nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza del 07/09/2012 della Corte di appello di Genova;
visti gli atti, la ordinanza denunziata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Conti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata con liberazione dell'estradando.
Svolgimento del processo
1. Con la ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Genova rigettava la richiesta di scarcerazione proposta per decorrenza del termine di quaranta giorni previsto dall'art. 715 c.p.p. , comma 6, da A.S.H., cittadino turco, arrestato a fini di estradizione in data 7 luglio 2012.
Osservava la Corte di appello che la documentazione richiesta era pervenuta entro il quarantesimo giorno (15 agosto 2012) alla competente Sezione Interpol Italia (ufficio abilitato, ai sensi dell'art. 16, comma 3, della Convenzione Europea di estradizione alla trasmissione-ricezione delle domande di estradizione) dal collaterale Ufficio turco.
In ogni caso, essendo poi stata trasmessa la domanda di estradizione, quando ancora l'estradando si trovava in stato di sottoposizione a misura custodiale, e prevedendo la Convenzione Europea (art. 16, comma 5) nel caso di intervenuta liberazione la possibilità di un nuovo arresto, doveva escludersi che il superamento del termine di quaranta giorni imponesse l'effettiva scarcerazione, anche perchè, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, una eventuale caducazione della misura restrittiva per superamento del termine si poneva in contrasto con il potere-dovere dello Stato richiesto di prendere, in simile caso, ogni misura idonea a evitare la fuga dell'individuo richiesto.
3. Ricorre per cassazione di persona l'estradando, a mezzo del difensore avv. Ennio Pischedda, che denuncia con un unico motivo la violazione dell'art. 719 c.p.p. (recte, art. 715 c.p.p. ), u.c., e la inosservanza degli artt. 12 e 16 della Convenzione Europea di estradizione, osservando che il riferimento fatto dall'ordinanza impugnata alla ricezione della documentazione da parte dell'Interpol era del tutto incongruo, atteso che detto ufficio, in base all'art. 16 della Convenzione, è abilitato a ricevere le domande di arresto provvisorio, ma non certamente le domande di estradizione, le quali devono essere trasmesse, in base all'art. 12 della Convenzione (come integrata dall'art. 5 del Secondo Protocollo addizionale), per via diplomatica al Ministero della giustizia, e a tale ricezione è collegato il termine perentorio di quaranta giorni previsto dall'art. 715 c.p.p. , comma 6.
Invece, la domanda di estradizione era pervenuta solo il 16 agosto 2012, a termine ormai perento, dovendosi a tal fine computare anche il giorno in cui era avvenuto l'arresto.
La risalente giurisprudenza richiamata a sostegno della possibilità di mantenere la custodia ove prima della liberazione fosse intervenuta la domanda di liberazione, oltre che contrastante con i principi contenuti nell'art. 5 CEDU, era stata superata da altre successive pronunce che sottolineavano il carattere perentorio del termine di quaranta giorni.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
2. L'art. 16, comma 4, della Convenzione Europea di estradizione del 13 dicembre 1957, entrata in vigore per l'Italia il 4 novembre 1963, prevede che l'arresto provvisorio di un soggetto ricercato in ambito internazionale "potrà cessare se, entro 18 giorni dall'arresto, la Parte richiesta non sia stata investita della domanda di estradizione" e dei relativi documenti; e che "in ogni caso" la durata dell'arresto non potrà superare 40 giorni.
Diversamente, in base al combinato disposto dell'art. 715 c.p.p. , commi 5 e 6, è previsto che le misure cautelari provvisoriamente applicate nei confronti di persona assoggettabile a procedura di estradizione sono revocate se entro quaranta giorni "dalla comunicazione allo Stato estero" dell'applicazione in via provvisoria della misura coercitiva non sono pervenuti al ministero degli esteri o a quello della giustizia la domanda di estradizione e la relativa documentazione.
Il regime convenzionale prevale sulle norme del codice di procedura penale ( art. 696 c.p.p. ); sicchè, operando la Convenzione di estradizione, il termine massimo di quaranta giorni decorre dall'arresto e non dalla comunicazione di esso alla Parte richiedente (v. Sez. 6, n. 24326 del 22/06/2010, Pilatasig Diaz, Rv. 247807).
Come in ogni caso riguardante Stati che hanno aderito alla Convenzione di estradizione, tra l'Italia e la Turchia resta dunque stabilito che l'arresto provvisorio a fini estradizionali cessa di avere effetto (con conseguente liberazione del soggetto arrestato) se entro il termine perentorio di quaranta giorni dall'esecuzione dell'arresto la Parte richiesta "non sia stata investita" della domanda di estradizione.
Appare il caso di precisare che, trattandosi di un termine incidente sulla libertà personale, il dies a quo dell'arresto computatur in termino (v. tra le tante, sia pure in termini generali, Sez. 2, n. 49296 del 03/12/2004, Lanzino, Rv. 230562).
3. Per verificare il momento in cui la Parte richiesta possa dirsi "investita della domanda di estradizione" (corredata dalla prescritta documentazione), occorre fare riferimento all'art. 12, comma 1, della Convenzione Europea di estradizione, come sostituito dall'art. 5 del Secondo Protocollo Addizionale, fatto a Strasburgo il 17 marzo 1978 (e da tempo entrato in vigore sia per l'Italia sia per la Turchia) secondo cui la richiesta, redatta per iscritto, è "indirizzata dal Ministero della giustizia della Parte richiedente al Ministero della giustizia della Parte richiesta" ovvero per via diplomatica (salvi speciali accordi tra due o più parti, che non ricorrono nel caso di specie).
Non è invece pertinente il richiamo all'art. 16, comma 3, della medesima Convenzione, fatto nella sentenza impugnata, che si riferisce alla diversa procedura di trasmissione della domanda di arresto provvisorio (precedente, dunque, alla formalizzazione della domanda di estradizione), che può avvenire anche mediante Interpol.
D'altro canto il già richiamato art. 16, comma 4, Conv. estr., nel prevedere la perenzione dell'arresto una volta scaduto il termine massimo di quaranta giorni, richiama proprio, quanto a modalità attraverso le quali la Parte richiesta possa ritenersi investita della domanda di estradizione, il precedente art. 12, come successivamente modificato, alla cui stregua, come precisato, salvi speciali accordi interstatuali, la domanda e i relativi documenti giustificativi hanno da essere inoltrati dal Ministero della giustizia della Parte richiedente al Ministero della giustizia della Parte richiesta ovvero per via diplomatica.
4. Va dunque affermato il principio di diritto secondo cui, nel regime retto dalla Convenzione Europea di estradizione, ove sia stata applicata provvisoriamente una misura coercitiva a norma dell'art. 715 c.p.p. , questa deve essere revocata qualora alla scadenza del termine massimo decorrente dal giorno dell'arresto (da computare nel termine) non sia stata M indirizzata dal Ministero della giustizia della Parte richiedente al Ministero della giustizia italiano o per via diplomatica la domanda di estradizione, corredata dai documenti giustificativi, nulla rilevando che detta domanda sia pervenuta nel detto termine all'organizzazione internazionale di polizia criminale (Interpol) o ad altra autorità diversa dal Ministero della giustizia o dal Ministero degli esteri (o sue rappresentanze).
5. Nella specie risulta che la domanda di estradizione venne inoltrata da parte dell'Ambasciata della Repubblica di Turchia in data 20 agosto 2012 al Ministero degli Affari Esteri della Repubblica italiana, dove pervenne in data 22 agosto 2012. Consegue che, stando anche alla data dell'inoltro (20 agosto 2012), questa si colloca ben oltre il quarantesimo giorno dalla data dell'arresto dell'estradando, avvenuto in data 7 luglio 2012.
Ma anche volendo considerare rituale la trasmissione della documentazione da parte della Divisione Interpol al Ministero della giustizia, essa avvenne in data 16 agosto 2012 e cioè il quarantunesimo giorno dall'arresto, computando nel termine il dies a quo del 7 luglio 2012, non rilevando che la detta Divisione la ricevette dal collaterale Interpol turco il 15 agosto.
6. Non vale a evitare la conseguente liberazione dell'estradando la possibilità di un successivo arresto dopo che la domanda di estradizione sia pervenuta (art. 16, comma 5, Conv. estr.), in quanto ciò è appunto possibile solo dopo che l'estradando sia stato effettivamente scarcerato non essendo tale domanda pervenuta tempestivamente, nè ha rilievo l'adottabilità - in forza dell'art. 16, comma 4, secondo periodo della medesima Convenzione - di misure idonee ad evitare la fuga della persona liberata, le quali dunque presuppongono proprio l'evento liberatorio (contra, Sez. 6, 12/07/2004, n. 35895, Orkisz, Rv. 230014 e Sez. 6, n. 1395 dell'11/05/1993, Sartiane Bratuini, Rv. 195471).
7. Per quanto sopra detto, l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio con immediata liberazione di A.S. H. se non detenuto per altra causa.
La Cancelleria curerà gli adempimenti di cui all'art. 626 c.p.p..
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone l'immediata liberazione di A.S.H. se non detenuto per altra causa.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 626 c.p.p..
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2013