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Domicilio eletto presso il difensore di ufficio e rescissione del giuncato (Cass. 33623/20)

27 novembre 2020, Cassazione penale

Quando risulti la elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio il giudice deve, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stesse: vi è la connessione logica e funzionale tra il processo in assenza e il rimedio ripristinatorio della rescissione del giudicato, che impone di adottare le medesime regole di apprezzamento della conoscenza del processo da parte dell’imputato, su cui grava l’onere di dedurre l’esistenza dei presupposti per attivare il rimedio previsto dall’art. 629 bis c.p.p.

 

Corte di Cassazione

sez. II Penale, sentenza 10 settembre – 27 novembre 2020, n. 33623
Presidente Verga – Relatore Di Paola

Ritenuto in fatto

1. La Corte d’appello di Brescia, con la sentenza impugnata in questa sede, ha rigettato la richiesta di rescissione del giudicato formulata nell’interesse del condannato D.N. , che aveva dedotto l’incolpevole mancata conoscenza del processo celebrato in sua assenza, nel corso del quale era stato difeso da un difensore nominato di ufficio con cui non aveva instaurato alcun rapporto, pur avendo eletto domicilio presso quel professionista. La Corte d’appello aveva messo in rilievo che l’elezione di domicilio era avvenuta nel contesto del sequestro del ciclomotore nella disponibilità del D. , cui era stata rappresentata la provenienza delittuosa del veicolo; che nell’atto redatto erano contenute le indicazioni sufficienti (recapiti telefonici e postali) per contattare il difensore; che il complesso di tali elementi deponeva per la volontaria rinuncia da parte dell’imputato a partecipare al processo, difettando pertanto i presupposti per richiedere la rescissione del giudicato.

2.1. Propone ricorso per cassazione il difensore del condannato deducendo, con unico motivo, violazione di norme processuali e vizio di motivazione in riferimento all’art. 629 bis c.p.p., comma 1, in relazione alla valutazione operata circa l’incolpevole mancata conoscenza del processo; osserva il ricorrente che la decisione impugnata ha fondato il proprio convincimento richiamando decisioni di legittimità pronunciate in contesti normativi diversi e superati, senza tenere conto delle recenti evoluzioni legislative (art. 162 c.p.p., comma 4) che hanno limitato l’operatività della presunzione di conoscenza del processo all’elezione di domicilio operata solo presso il difensore di fiducia, trascurando di considerare l’esistenza di un significativo contrasto nella giurisprudenza di legittimità sul significato da assegnare all’elezione di domicilio presso un difensore di ufficio, ai fini della dichiarazione di assenza dell’imputato ai sensi dell’art. 420 bis c.p.p. (contrasto devoluto alla decisione delle Sezioni unite).

Considerato in diritto

1.1. Il ricorso è fondato.

Deve darsi atto che il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di rescissione del giudicato e conoscenza del procedimento, realizzata dal condannato nella fase delle indagini preliminari, escludeva la possibilità di ricorrere a quel rimedio ripristinatorio, sul presupposto che l’art. 420 bis c.p.p., comma 2, avesse introdotto delle presunzioni assolute di conoscenza del procedimento, giungendo a quella conclusione facendo leva sull’adeguatezza della elezione di domicilio presso il difensore, anche di ufficio, pur se avvenuta nella fase iniziale del procedimento. Tale dichiarazione, infatti, avrebbe consentito di ritenere che la parte fosse a conoscenza dello sviluppo processuale, sulla scorta del meccanismo delle presunzioni e dell’onere di diligenza nel mantenersi informati (Sez. 2, n. 39158 del 10/09/2019, Hafid, Rv. 277100; Sez. 4, n. 32065 del 07/05/2019, Bianchi, Rv. 276707; Sez. 4, n. 49916 del 16/10/2018, F, Rv. 273999; Sez. 5, n. 36855 del 07/07/2016, Baron, Rv. 268322; Sez. 2, n. 45329 del 28/10/2015, Helmegeanu, Rv. 264959).

Si è ancora di recente affermato che "in tema di rescissione del giudicato, deve escludersi l’incolpevole mancata conoscenza del processo nel caso in cui risulti che l’imputato abbia, nel corso dell’identificazione da parte della polizia giudiziaria, prima ancora dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato, eletto domicilio presso il difensore di ufficio, derivando da ciò una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dell’imputato,- sul quale grava l’onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento" (Sez. 4, n. 10238 del 03/03/2020, Ginevra, Rv. 278648).

Per altro verso, non sono mancate decisioni che hanno avuto cura di precisare come "in tema di rescissione del giudicato, l’incolpevole mancata conoscenza del processo non è esclusa nè dalla notifica all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, dovendo tale conoscenza essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, nè dalla notifica a persona diversa dall’imputato, ma con esso convivente, del decreto di citazione a giudizio, non incidendo il sistema di conoscenza legale in base a notifiche regolari sulla conoscenza effettiva del processo" (Sez. 6, n. 43140 del 19/09/2019, Shimi, Rv. 277210).

1.2. L’intervento della decisione a Sezioni Unite (n. 23948 del 28/11/2019 dep. 2020, Ismail, Rv. 279420) impone di rivedere il ricordato orientamento, alla luce del principio di diritto enunciato da quest’ultima pronuncia.

Chiamate a comporre il contrasto sulla questione della rilevanza dell’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, quale presupposto per la declaratoria di assenza dell’imputato in mancanza di notifica personale allo stesso del decreto di citazione a giudizio, le Sezioni unite hanno ripercorso l’evoluzione legislativa dell’istituto della contumacia dell’imputato e del tema intimamente connesso del regime di conoscenza (presunta o effettiva) del processo da parte dell’imputato dichiarato (prima contumace, attualmente) assente, sulla scorta del rispetto delle regole formali di notificazione degli atti con cui era stata disposta la citazione in giudizio, evoluzione necessitata dai ripetutiti interventi della Corte EDU che aveva segnalato le criticità del sistema processuale nazionale, nella misura in cui la conoscenza da parte dell’imputato del processo fondata sul rispetto di regole formali (costituenti delle presunzioni legali) e l’assenza di meccanismi ripristinatori, in grado di assicurare all’imputato condannato in absentia un nuovo grado di giurisdizione di merito, si ponevano in evidente contrasto con il canone convenzionale dell’art. 6 della CEDU.

In questa linea evolutiva della legislazione, le Sezioni unite hanno colto un significativo percorso di "discontinuità" "rispetto all’ordinamento che valorizzava principalmente la regolarità formale delle notifiche", testimoniato dalla progressiva riduzione dell’area di operatività del sistema di presunzione legale di conoscenza a favore dei criteri di conoscenza effettiva del processo, condizione ineludibile per rendere legittima la celebrazione del processo in assenza dell’imputato (che, in difetto di un’espressa rinuncia a comparire, richiede la libera scelta operata dall’imputato sulla base della sicura conoscenza del contenuto dell’accusa), oltre che dall’operatività dei sistemi ripristinatori (ripristino delle condizioni iniziali, e delle facoltà difensive, nel corso del processo - ex art. 420 bis c.p.p., comma 4 e art. 604 c.p.p., comma 5 bis -, rimessione in termini per impugnare la sentenza emessa in absentia ex art. 175 c.p.p., rimedio sostituito dalla disciplina attualmente in vigore della rescissione del giudicato).

Adottando, quindi, come criterio interpretativo delle disposizioni in materia di processo in assenza quello della verifica in concreto dell’effettiva conoscenza da parte dell’imputato, in ordine al contenuto dell’accusa e alla pendenza del processo, le Sezioni unite sono giunte a coniugare le ipotesi di notifiche effettuate non personalmente all’imputato con i casi tipizzati dal legislatore (dichiarazione o elezione di domicilio; arresto, fermo o sottoposizione a misura cautelare dell’imputato; nomina del difensore di fiducia), stabilendo che quei casi devono essere caratterizzati da indici fattuali in grado di dimostrare l’effettività della conoscenza acquisita dall’imputato; giungendo, quindi, a fissare il principio di diritto secondo il quale "ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stesse".

1.3. Il precipitato del principio di diritto ora ricordato, nell’ambito delle regole che devono presidiare il ricorso all’istituto della rescissione del giudicato, è di agevole individuazione: la connessione logica e funzionale tra il processo in assenza e il rimedio ripristinatorio (volto a rimediare all’erronea valutazione eventualmente avvenuta in sede di dichiarazione di assenza o a far emergere condizioni obiettive che, pur in presenza dei casi tipizzati dall’art. 420 bis c.p.p., hanno di fatto impedito la conoscenza effettiva del processo) impone di adottare le medesime regole di apprezzamento della conoscenza del processo da parte dell’imputato, su cui grava l’onere di dedurre l’esistenza dei presupposti per attivare il rimedio previsto dall’art. 629 bis c.p.p.

In particolare, passando ad esaminare il contenuto del ricorso e delle condizioni fattuali ivi esposte, l’onere probatorio che grava sul ricorrente afferisce alla dimostrazione di un fatto negativo, dedotto in relazione all’assenza di un effettivo rapporto dell’imputato con il difensore di ufficio nominato, che non ha consentito di conoscere l’instaurazione del processo e la sua celebrazione.

Il provvedimento impugnato, nel rigettare l’istanza proposta, ha esaltato una serie di indici che attenevano esclusivamente alla fase delle indagini preliminari ed al contenuto dell’accusa (quando l’imputato, in occasione del sequestro del veicolo nella sua disponibilità, aveva provveduto ad eleggere domicilio presso il difensore di ufficio nominato), senza - indicare l’esistenza di - altri elementi, di fatto o logici, idonei a raggiungere la prova dell’effettiva conoscenza non solo dell’accusa formulata, ma anche della "celebrazione del processo" a suo carico (ciò che rileva quale presupposto che legittima il ricorso al rimedio in parola) in relazione alla particolare situazione connessa all’elezione di domicilio (da parte di un soggetto straniero) presso il difensore di ufficio.

2. In ragione delle statuizioni che precedono, va disposto l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d’appello di Brescia affinché, attraverso l’esame dell’intero complesso degli atti processuali, sia verificata l’esistenza di circostanze fattuali indicative, in modo diretto o attraverso criteri logici, dell’eventuale effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Brescia per nuovo esame.