Per poter sottoporre un conducente ad accertamenti clinici, è necessario (quantomeno) un ragionevole motivo che lasci ritenere uno stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti: dato che non basta una manvora sospetta, è illegittimio l’ordine degli organi di polizia, e quindi il rifiuto non è sanzionabile.
Corte di Cassazione
sez. IV Penale
sentenza 11 gennaio – 14 marzo 2017, n. 12197
Presidente Blaiotta – Relatore Menichetti
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’Appello di Napoli confermava la condanna resa dal locale Tribunale nei confronti di T.G. quale responsabile del reato di cui all’art.187, comma 8, CdS, per essersi rifiutato di sottoporsi agli accertamenti, richiesti dai carabinieri operanti, per acclarare se si fosse posto alla guida di un’auto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. In accoglimento del subordinato motivo di gravame, convertiva la pena di mesi due di arresto e 2.000,00 euro di ammenda, applicata in prime cure, nello svolgimento di lavori di pubblica utilità per la durata di mesi due e giorni otto, da svolgere presso il Comune di residenza, con il controllo dell’UEPE territorialmente competente.
2. In punto di accertamento di responsabilità, la Corte territoriale rilevava che l’imputato, che al momento del controllo si presentava in evidente stato di agitazione, aveva opposto un rifiuto alla richiesta della polizia di sottoporsi al test per la individuazione e la quantificazione di eventuali sostanze stupefacenti, condotta che integrava gli estremi del reato contestato.
3. Ha proposto ricorso l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, articolando due distinti motivi.
3.1. Con un primo motivo lamenta manifesta illogicità della motivazione perché dalla istruttoria dibattimentale, nel corso della quale aveva deposto come unico teste del P.M. il carabiniere M. , non erano emersi elementi in fatto da cui desumere il sospetto di un’alterazione per assunzione di sostanze stupefacenti e dunque era stato legittimo il rifiuto.
3.2. Con un secondo motivo censura l’impugnata sentenza per erronea applicazione della legge penale in relazione all’art.54 D.Lgs.n.274/2000, richiamato dall’art.187, comma 8 bis, CdS per non avere la Corte specificato il monte complessivo di 136 ore, i giorni e le ore della settimana in cui svolgere i lavori di pubblica utilità.
Considerato in diritto
1. La sentenza deve essere annullata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
2. L’art. 187 CdS sanziona penalmente chiunque si ponga alla guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti o psicotrope (comma 1). Nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica, gli organi di polizia stradale possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili (comma 2). Quando tali accertamenti forniscono esito positivo ovvero quando si ha altrimenti ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, i conducenti, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica, possono essere sottoposti ad accertamenti clinico - tossicologici e strumentali, ovvero analitici su campioni di mucosa del cavo orale o di fluido del cavo orale, secondo modalità specificamente previste (indicate dal comma 2 bis), prelevati a cura di personale sanitario ausiliario delle forze di polizia. Qualora non sia possibile effettuare il prelievo a cura del detto personale ovvero qualora il conducente rifiuti di sottoporsi a tale prelievo (fermi restando gli elementi utili già acquisiti secondo il comma 2), gli agenti di polizia stradale accompagnano il conducente presso strutture sanitarie fisse o mobili afferenti alla polizia stradale, ovvero presso strutture sanitarie pubbliche o presso quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate.
3. Il rifiuto del conducente di sottoporsi agli accertamenti previsti dalla norma integra la contravvenzione di cui al comma 8, il che equivale a dire che per potersi configurare la condotta di reato è necessario che gli operanti, nell’avanzare la richiesta di accertamento, si siano attenuti al rispetto della procedura di legge, dovendo i cittadini essere preservati dal pericolo di atti arbitrari: l’accompagnamento presso una struttura sanitaria per la sottoposizione alle analisi del caso costituisce infatti una limitazione della libertà personale, consentita solo se prevista dalla legge.
Secondo il Tribunale l’imputato presentava una sintomatologia indicativa dell’uso di sostanze stupefacenti e dunque era obbligatorio, anche se non coattivo (di qui la sanzionabilità del rifiuto) un controllo medico, sia per la sicurezza stradale, sia per acquisire un elemento certo di prova ai fini della responsabilità e della determinazione in concreto della pena da infliggere. Sui fatti richiamava la deposizione del Carabiniere M. , il quale aveva riferito che il T. aveva destato sospetti perché, alla vista dei Carabinieri, trovandosi nei pressi di una nota piazza di spaccio, aveva cambiato repentinamente direzione ed accelerato bruscamente nel tentativo di sottrarsi al controllo, ma poco dopo si era fermato ed era sceso dall’auto.
Nel rispondere allo specifico motivo di doglianza prospettato nell’atto di gravame, la Corte d’Appello ribadiva che al momento dell’accertamento l’imputato si trovava in stato di alterazione.
L’odierno motivo di ricorso è incentrato unicamente sulle prerogative e i diritti del cittadino nei suoi rapporti con l’autorità: si sostiene che il diritto soggettivo, di chi sia sospettato di guidare in stato di intossicazione da stupefacente, di non sottoporsi ad alcun tipo di prova o accertamento soccombe in presenza del prevalente interesse alla pubblica incolumità, ma quando non si abbiano ragioni per sospettare un tale stato di alterazione prevale invece la libertà individuale di opporsi ad una richiesta non motivata.
Nella specie gli agenti operanti, sprovvisti di strumenti di rilevazione portatile, avevano chiesto all’imputato di farsi scortare di notte presso una imprecisata struttura sanitaria per sottoporsi a dei prelievi ematici, senza che sussistesse alcun elemento fattuale che lasciasse sospettare uno stato di intossicazione per assunzione di sostanze stupefacenti. A sostegno del denunciato vizio motivazionale per travisamento della prova, il ricorrente ha allegato, in ossequio al principio dell’autosufficienza del ricorso, la trascrizione della deposizione testimoniale dell’operante - cui hanno fatto riferimento i giudici di merito nelle pronunce di condanna - nella quale si legge che l’imputato era stato notato perché alla vista della pattuglia aveva cambiato repentinamente direzione, che gli era stato quindi chiesto di sottoporsi all’esame per verificare se fosse sotto l’effetto di stupefacenti e che si era rifiutato di essere accompagnato presso una struttura sanitaria per il controllo.
4. Sulla base di tali acquisizioni probatorie, rileva il Collegio che non vi erano le condizioni di fatto per considerare legittima l’intimazione rivolta dagli operanti al conducente di essere accompagnato presso un ospedale per accertamenti, in quanto, contrariamente a quanto previsto dall’art. 187 CdS sopra ricordato, non erano stati acquisiti elementi utili per motivare l’obbligo di sottoposizione alle analisi di laboratorio, sia perché non erano state effettuate prove attraverso strumentazione portatile, sia perché non esplicitati altri elementi sullo stato dell’imputato che lasciassero ritenere uno stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti.
La lettura della impugnata sentenza non offre sul punto alcun elemento probatorio ulteriore rispetto alla manovra di guida "sospetta".
Ed allora, poiché presupposto del reato di rifiuto è la legittimità dell’ordine degli organi di polizia, che debbono rispettare la procedura di legge, e considerato che nel caso di specie si trattava di un accertamento meramente esplorativo di uno stato di alterazione di cui non sono stati indicati segni manifesti, deve escludersi che la condotta dell’imputato integri la fattispecie contravvenzionale ascrittagli.
5. Ne deriva l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.