Il diritto di critica e quello di cronaca rilevano solo rispetto all'informazione su fatti storici alla cui concretizzazione è estraneo il soggetto che quei diritti esercita: è scriminato l'articolo che da conto di un fatto vero, non è scriminata la condotta che ha creato il fatto per darne poi conto nell'articolo, ove tale condotta violi la legge penale.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
(ud. 12/01/2010) 03-02-2010, n. 4699
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO' Antonio - Presidente
Dott. MILO Nicola - Consigliere
Dott. IPPOLITO Francesco - Consigliere
Dott. CITTERIO Carlo - rel. Consigliere
Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PMT PRESSO TRIBUNALE DI PAVIA;
nei confronti di:
1) F.M. N. IL (OMISSIS);
2) G.G. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 315/2008 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di PAVIA, del 01/07/2008;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
sentite le conclusioni del PG Dott. DI CASOLA per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. F.M. e G.G. erano imputati del reato di cui agli artt. 110 e 351 c.p. ("violazione della pubblica custodia di cose") per avere, in concorso tra loro e in epoca antecedente e prossima il (OMISSIS), sottratto il fascicolo di una causa civile da uno degli armadi collocati al primo piano del palazzo di giustizia del tribunale di Pavia. La F. era l'autrice di un articolo sul quotidiano locale che, dando conto dell'azione, aveva denunciato i disservizi della giustizia; G. era il fotografo che aveva ripreso l'azione realizzando le fotografie di corredo dell'articolo.
1.1 Con sentenza del 1 - 18.7.2008, il Giudice dell'udienza preliminare di Pavia proscioglieva i due perchè il fatto non costituisce reato, ritenendo insussistente il dolo richiesto dalla fattispecie regolata dall'art. 351 c.p., e configurabile l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca e critica giornalistica. In fatto, il GUP riferiva che gli imputati avevano aperto un armadio, asportato un fascicolo, erano usciti e poi rientrati nel palazzo, e qualificava tali operazioni "simboliche", in quanto volte ad evidenziare l'assenza di sicurezza per gli operatori e di efficace tutela per la riservatezza degli atti giudiziari.
Per questo, secondo il GUP innanzitutto la F. (e con lei il G.) non sarebbe "mai stata animata, neppure per un attimo, dal dolo del reato di cui all'art. 351 c.p.", sicchè il fatto contestato non costituiva reato per difetto dell'elemento soggettivo.
In secondo luogo, la giornalista aveva esercitato il diritto di cronaca e critica giornalistica, attraverso un articolo che, descrivendo fatti risultati "rigorosamente veri" (atteso che prima di tale articolo i fascicoli delle cause civili erano custoditi in armadi posti nei corridoi dell'edificio e non chiusi a chiave, con la mera apposizione di cartelli che avvisavano essere "severamente vietato asportare i fascicoli dagli armadi senza l'autorizzazione della cancelleria"), aveva pure determinato la modifica dell'organizzazione, con la chiusura a chiave degli armadi e la necessità di una preventiva autorizzazione per la loro apertura, volta al prelievo dei fascicoli da parte degli avvocati.
2. Ricorre il procuratore della Repubblica denunciando violazione di legge per due motivi:
- la causa di giustificazione applicata dal GIP era configurabile solo in relazione a condotta configurante il reato di diffamazione a mezzo stampa e non "qualsiasi condotta posta in essere dal giornalista";
- gli imputati non avevano documentato un fatto avvenuto in loro presenza e commesso da altri, ma avevano essi stessi "creato la notizia" sottraendo il fascicolo dagli armadi del Tribunale, portandolo all'esterno e documentando fotograficamente le varie fasi: doveva pertanto escludersi che il "fine dimostrativo e sociale" perseguito scriminasse "qualsiasi condotta posta in essere, sol perchè di tale condotta" si rendesse "poi conto sulla stampa, esplicitando tale fine", legittimandosi altrimenti anche la commissione di reati strumentali alla dimostrazione di un assunto, come, ad esempio, la consumazione di rapine volte a saggiare l'adeguatezza dei sistemi di sicurezza o della reazione di polizia.
Il ricorrente deduceva in particolare, sul punto, che il dolo richiesto per la sussistenza del reato ex art. 351 c.p., è quello generico, con la conseguente irrilevanza del fine che anima l'agente e dell'intento di immediata restituzione di quanto sottratto momentaneamente.
Motivi della decisione
3. Il ricorso deduce considerazioni giuridiche condivisibili in ordine alle argomentazioni per le quali il GUP ha prosciolto i due imputati, ma va rigettato ai sensi dell'art. 619 c.p.p..
3.1 Effettivamente le due argomentazioni del GUP (in parte anche contraddittorie tra loro, la mancanza del dolo e l'esistenza della causa di giustificazione) sono erronee in diritto.
Invero:
- trattandosi di reato a dolo generico, le ragioni dell'eventuale sottrazione sono irrilevanti;
- il diritto di critica e quello di cronaca rilevano solo rispetto all'informazione su fatti storici alla cui concretizzazione è estraneo il soggetto che quei diritti esercita: è scriminato l'articolo che da conto di un fatto vero, non è scriminata la condotta che ha creato il fatto per darne poi conto nell'articolo, ove tale condotta violi la legge penale.
3.2 Osserva tuttavia questa Corte Suprema come la sentenza descriva - in fatto - la condotta in termini di assoluta immediatezza (apertura, asportazione, uscita e rientro nel palazzo), senza che sul punto il ricorso alleghi una sua diversa ricostruzione.
Emerge quindi dalla stessa sentenza una condotta che, nella sua materialità di riferita assoluta immediatezza, non è riconducitele alla nozione normativa di sottrazione, difettando anche quella "temporanea rimozione" (che pur sempre presuppone un apprezzabile mantenimento del bene nell'esclusiva disponibilità di chi sottrae, anche in ragione del suo contenuto) ritenuta da questa Corte sufficiente ad integrare il reato Sez. 6^, sent. 3556 del 29.10.1985 - 12.5.1986, rv 172630; Sez. 6^, sent. 10733 del 28.4 - 21.9.1999 rv 214617): non sussiste pertanto l'elemento oggettivo della condotta contestata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2010