La sussistenza della preclusione derivante da bis in idem in materia di cooperazione internazionale giudiziaria penale deve essere valutata con riguardo ad un pregresso accertamento di merito relativo allo stesso fatto, nei confronti della stessa persona, intervenuto all'interno dello spazio giuridico Europeo: si richiede peraltro inequivocabilmente che ci sia stato un esame del panorama probatorio (a prescindere dall'esito di tale esame).
E´esclusa l'obbligatorietà del rinvio pregiudiziale a Lussemburgo per il giudice di ultima istanza, e sussiste alcun diritto della parte all'automatico rinvio pregiudiziale alla CGUE ai sensi dell'art. 267 TFUE, ogni qualvolta la Corte di cassazione non ne condivida le tesi difensive, bastando che le ragioni del diniego siano espresse, ovvero implicite laddove la questione pregiudiziale sia manifestamente inammissibile o manifestamente infondata.
Cassazione penale
Sez. VI, Sent., (data ud. 14/10/2022) 11/11/2022, n. 43049
sul ricorso proposto da:
A.A., nata nella (Omissis);
avverso la sentenza del 13/07/2022 della Corte d'appello di Firenze;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Ombretta Di Giovine;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore dell'imputata, l'avvocato SF, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte d'appello di Firenze dichiarava sussistenti le condizioni per accogliere la domanda di estradizione di A.A., avanzata dall'autorità giudiziaria degli Stati Uniti di America, Distretto sud della Florida, per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di frode informatica e di frode bancaria (capo 1), per frode informatica (capi 2 e 3), frode bancaria (capo 4) e contrabbando di valuta (capo 5).
2. Avverso la sentenza presenta ricorso A.A. che, per il tramite del suo difensore, articola i seguenti tre motivi di ricorso.
2.1. Premesso che la richiesta di estradizione era stata precedentemente respinta, con provvedimento divenuto definitivo, dalla Spa gna, perchè tale Stato non aveva avuto assicurazioni, da parte degli Stati Uniti, in ordine all'espiazione dell'eventuale pena irrogata nella stessa Spa gna, nel primo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli artt. 649, 705, 707c.p.p., dell'art. 50 Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea, dell'art. 54 Convenzione per l'applicazione dell'accordo di Schengen, degli artt. 3, 27e 113 Cost., sotto il profilo del ne bis in idem, nonchè omessa motivazione in ordine alla richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, avanzata in subordine rispetto alla richiesta di non concedere l'estradizione.
In particolare, ritiene non condivisibile l'affermazione della Corte d'appello secondo cui la sentenza di archiviazione emessa dal giudice Spa gnolo non integrerebbe il presupposto del ne bis in idem, fondando il rifiuto su meri profili procedurali. Al contrario, la procedura, che prevede la richiesta di informazioni da parte dello Stato chiamato a concedere l'estradizione, implica profili sostanziali di merito, quali le garanzie in tema di rispetto delle condizioni di salute e di cure, di divieto di trattamenti inumani o degradanti, e non si risolve, dunque, in una questione di solo rito.
Inconferente sarebbe altresì il precedente di legittimità richiamato dalla Corte di appello (Sez. 6, n. 18872 del 26/04/2018, Di Lallo, Rv. 273134), che riguardava un profilo formale inerente all'omessa ricezione di documenti, come tale non assimilabile al caso in oggetto.
Inoltre, essendo stata l'estradizione rifiutata da uno Stato membro dell'UE, i principi in tema di cooperazione giudiziaria, sanciti anche dall'art. 54 della Convenzione per l'adeguamento agli accordi di Schengen, impongono di ritenere che alla domanda di estradizione già rifiutata da altro Stato Europeo non possa darsi corso, a meno dell'intervento di fattori nuovi, secondo il principio sancito, nell'ordinamento nazionale, anche dall'art. 707 c.p.p. Diversamente, si legittimerebbe lo Stato richiedente a rinnovare o reiterare ad libitum domande di estradizione già respinte, comprimendo fortemente i diritti e le garanzie del cittadino quanto, in particolare, alla sua libera circolazione nella c.d. area Schengen. Si richiama, a sostegno di tale impostazione, anche la sent. Corte Giustizia, 29/06/2016, Kossowski (Causa C-486/14), per cui l'art. 54 della Convenzione per l'applicazione dell'accordo di Schengen (di seguito, CAAS) implica una fiducia reciproca degli Stati contraenti che devono accettare una decisione definitiva pronunciata nel territorio di uno stato contraente.
2.2. Nel secondo motivo la ricorrente lamenta violazione della legge penale o di norme giuridiche, nonchè vizio di motivazione in rapporto all'insussistenza e/o all'accertamento del requisito della doppia incriminabilità di cui all'art. 705 c.p.p., ed in particolare degli elementi documentali da cui desumere che l'estradando abbia commesso i reati oggetto della domanda di consegna ai sensi dell'art. 10, comma 3, lett. b, Trattato di estradizione Italia-USA, nonchè con riferimento al requisito della doppia punibilità (art. 606, comma 1, lett. b), e) c.p.p.; art. 2 Trattato di estradizione Italia-USA).
Posto che A.A. dovrebbe essere giudicata per il reato di conspiracy, il difensore, dopo aver richiamato l'attenzione sulla gravità della pena prevista per tale reato, evidenzia come, nel caso di specie, sia astrattamente configurabile esclusivamente un concorso di persone nel reato che dalla associazione per delinquere differisce, per un verso, in quanto non richiede la sussistenza di un vincolo associativo stabile fra tre o più persone; per altro verso, poichè in esso l'accordo criminoso riguarda la commissione di specifici reati e si esaurisce con la realizzazione degli stessi.
La ricorrente censura inoltre la mancata corrispondenza tra i reati indicati nei restanti capi di accusa e le fattispecie interne.
Infine, con riguardo al requisito della doppia punibilità, rileva come i fatti risalgano al 2006-2008 e che, sebbene in base alla versione vigente dell'accordo Italia-USA la maturazione della prescrizione nello Stato richiesto dell'estradizione non sia causa ostativa della stessa, il regime normativo cui dovrebbe aversi riguardo è quello vigente al momento della commissione del reato.
2.3. Nel terzo motivo di ricorso è dedotta violazione o erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione in relazione alla insussistenza e/o accertamento sui termini massimi di carcerazione preventiva, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 5, par. 3 CEDU, e sottolineato il rilievo costituzionale riconosciuto a tale materia altresì dalla giurisprudenza di legittimità.
3. La ricorrente presenta altresì una memoria conclusionale in cui insiste per l'accoglimento dei motivi di ricorso relativi alla preclusione del ne bis in idem e all'avvenuta prescrizione dei reati nello stato richiesto.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo è infondato.
1.1. Il bis in idem, sul cui divieto è pressochè totalmente incentrato il motivo di ricorso, non è configurabile nel caso oggetto di valutazione nel presente giudizio.
In realtà non viene in rilievo la questione del rifiuto basato su ragioni procedurali o di rito, quali la mancanza o incompletezza della documentazione allegata dallo Stato richiedente (come nella già citata Sez. 6, n. 18872 del 26/04/2018), a fronte di quanto emerso nel caso di specie, in cui il diniego alla domanda di estradizione era stato motivato dalla Spa gna sulla base della mancata assicurazione, da parte dell'autorità giudiziaria statunitense, in ordine al luogo di esecuzione della pena.
Tuttavia, ciò non significa che nella vicenda oggetto del presente giudizio si delinei un ne bis in idem tale da precludere l'accoglimento della domanda, in applicazione del principio desumibile dall'art. 707 c.p.p..
Tale norma, invero, è applicabile (come già rilevato nei confronti della medesima ricorrente in sede di esame del ricorso proposto a fini cautelari: Sez. 6, n. 26641 del 08/07/2022, A.A., non massimata) solo nel caso in cui una analoga domanda di estradizione sia stata già esaminata e respinta dall'Autorità giudiziaria dello Stato richiesto.
D'altro canto, va rilevato che l'estradizione si fonda sull'applicazione delle pertinenti norme convenzionali, lette anche alla luce del diritto dell'Unione Europea, quando venga in rilievo un elemento di collegamento che ne implichi la concomitante applicazione, fermo restando il residuale riferimento alle norme interne.
In tale prospettiva si rileva che nè il Trattato bilaterale del 13 ottobre 1983, ratificato con L. n. 225 del 26 maggio 1984, nè il Trattato integrativo del 3 maggio 2006, risultante dall'Accordo tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione Europea del 25 giugno 2003, ratificato e reso esecutivo in Italia con L. 16 marzo 2009, n. 25, dettano norme in forza delle quali lo Stato richiesto sia legittimato a respingere la domanda per il solo fatto che uno Stato diverso, pur appartenente all'Unione Europea, abbia respinto analoga domanda.
In realtà la disciplina convenzionale contempla, quale ipotesi di bis in idem, idonea a giustificare il rifiuto, solo quella disciplinata dall'art. VI del Trattato, incentrata sul fatto che la persona richiesta sia stata assolta o condannata ovvero abbia scontato la pena inflittale dallo Stato richiesto per gli stessi fatti alla base della domanda di estradizione, salva l'ulteriore ipotesi prevista dall'art. VII del Trattato incentrata sulla sottoposizione del soggetto estradando a procedimento per gli stessi fatti nello Stato richiesto.
A fronte di ciò, proprio sulla base dei principi desumibili dall'art. 50 della Carta di Nizza e dall'art. 54 della Convenzione volta ad attuare gli accordi di Schengen, si è ritenuto che a sussistenza della preclusione derivante da bis in idem, debba essere valutata in relazione alla concreta sfera di applicabilità del citato art. 54, con riguardo ad un pregresso accertamento di merito relativo allo stesso fatto, nei confronti della stessa persona, intervenuto all'interno dello spazio giuridico Europeo (Sez. 6, n. 54467 del 15/11/2016, Resneli, Rv. 268931).
Quanto alla consistenza e natura di tale accertamento, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, muovendo dalla sentenza 11 febbraio 2003, Gi5zeitok e BrUgge, (cause riunite C-187/01 e C-385/01) e passando attraverso la sentenza 10 marzo 2005, Miraglia (C-469/03), è giunta, a partire dalla sentenza 28 settembre 2006, Van Straaten (C-150/05), a richiedere inequivocabilmente che ci sia stato un esame del panorama probatorio (a prescindere dall'esito di tale esame).
Incidentalmente, in tal senso si esprimono, tra le altre, le pronunce su cui indugia il ricorso, e cioè la sentenza della Grande Sezione, 29/06/2016, Kossowski (C-486/14) la quale, dopo aver richiesto che, ai sensi dell'art. 54 della CAAS sia stata pronunciata una sentenza definitiva, per la quale deve essersi, cioè, estinta l'azione penale, precisa (p. 42) che occorre altresì " (...) accertarsi che tale decisione sia stata pronunciata a seguito di un esame condotto nel merito della causa (v., in tal senso, sentenze del 10 marzo 2005, Miraglia, C-469/03, EU:C:2005:156, punto 30, e del 5 giugno 2014, M, C-398/12, EU:C:2014:1057, punto 28)", nonchè la sentenza della Grande Sezione, 20/03/2018, Garlsson Real Estate SA (a C-537/16), in cui la Corte di Giustizia, nello sviluppare il diverso tema inaugurato dalla nota sentenza della Corte EDU Grande Stevens del 2014, ha comunque avuto occasione di ribadire (p. 37) che "il criterio rilevante al fine di valutare l'esistenza di uno stesso reato è quello dell'identità dei fatti materiali, intesi come esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro (...), che hanno condotto all'assoluzione o alla condanna definitiva dell'interessato".
Coerentemente con i principi richiamati, è stato di recente rilevato che è ravvisabile un bis in idem a fini estradizionali, anche nel caso in cui uno Stato dell'Unione Europea abbia già definito un procedimento per lo stesso fatto con provvedimento di archiviazione, purchè fondato su un effettivo accertamento di merito (Sez. 6, n. 27384 del 06/06/2022, M., Rv. 283329).
Sta di fatto che la preclusione correlata al divieto di bis in idem è sempre stata ricondotta all'esistenza di un pregresso accertamento riguardante l'esercizio dell'azione penale per gli stessi fatti, senza alcun riferimento a profili diversi, quali quelli invocati nel caso in esame dal ricorrente e incentrati sul principio desumibile dall'art. 707 c.p.p., norma la cui applicazione ha formato oggetto di plurime sentenze, anche riferite a mandati di arresto Europeo, ma sempre nella prospettiva di un nuovo giudizio originato dalla rinnovazione di una richiesta in precedenza respinta dallo Stato italiano.
1.2. Neppure appare pertinente il richiamo, compiuto nel ricorso e nella memoria conclusionale, alla violazione degli obblighi di leale cooperazione, la quale si realizzerebbe - in ipotesi, anche a prescindere dalla configurabilità di un bis in idem - ove venga disatteso il rifiuto opposto dalla Spagna alla richiesta di estradizione, a suo tempo, avanzata dagli Stati Uniti.
A questo riguardo deve segnalarsi come la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, allo scopo di contemperare le esigenze di prevenzione e repressione dei reati e quelle connesse alla libertà di circolazione nei Paesi dell'Unione, abbia elaborato (si rinvia alla sentenza 06/09/2016, Petruhhin, C-182/15, nonchè alle ulteriori sentenze che ne hanno ribadito i principi, 10/04/2018, Pisciotti, C.191/16; 17/12/2020, BY con l'intervento di Generalstaatsanwaltschaft Berlin, C-398/19) un meccanismo incentrato sull'obbligo da parte dello Stato richiesto di informare lo Stato di residenza del soggetto di cui è chiesta l'estradizione da un Paese terzo, in modo da consentire a quello Stato, ove ciò sia possibile, in relazione al reato oggetto della richiesta, di assumere l'iniziativa di avviare un procedimento penale, chiedendo in consegna il soggetto estradando mediante mandato di arresto Europeo, che varrebbe a precludere l'accoglimento della domanda di estradizione.
Tale meccanismo di interlocuzione (su cui Sez. 6, n. 26310 del 26/05/2021, Klug, Rv. 281543; Sez. 6,15/03/2022, n. 10659, Lysyuchenko, non mass.) implica che lo Stato richiesto debba attendere le determinazioni dello Stato membro di residenza, fermo restando che, qualora la relativa iniziativa non venga assunta, non possono frapporsi ulteriori ostacoli all'accoglimento della domanda di estradizione del Paese terzo.
1.3. Alla luce del quadro fin qui delineato deve rilevarsi come il sistema elaborato dalla sentenza Petruhin sia stato attivato nel caso di specie, sebbene inutilmente.
Dalla sentenza della Corte di appello di Firenze si evince, infatti, che la procedura informativa nei confronti della Spa gna è stata espletata dall'Italia e che, ciò nondimeno, la Spagna non ha coltivato l'opzione ad essa riconosciuta.
Deve d'altro canto ribadirsi che la precedente decisione con cui era stata disposta l'archiviazione del procedimento di estradizione, in ragione del mancato soddisfacimento della condizione relativa all'esecuzione dell'eventuale pena in Spagna, non ineriva ad una situazione implicante la formazione di un preclusivo bis in idem correlato alla definizione di un procedimento penale, incentrato sullo stesso fatto a carico dello stesso soggetto, ma, come già rilevato, si fondava su profili inerenti ai rapporti tra quegli Stati, non interferenti con l'autonoma applicazione delle norme del Trattato di estradizione da parte dell'Italia e non implicanti una preclusione agli effetti dell'art. 707 c.p.p..
Di conseguenza e in conclusione sul punto, non potendosi nemmeno ipotizzare, nel caso di specie, la lesione di un principio di leale cooperazione con uno Stato Europeo, correttamente la Corte di appello di Firenze ha ritenuto insussistenti le condizioni ostative all'esecuzione di quanto disposto dal Trattato di estradizione con gli Stati Uniti.
1.4. A questo punto, è pure evidente che erroneamente la ricorrente si duole del mancato accoglimento, da parte della Corte di appello di Firenze, della subordinata richiesta di un rinvio pregiudiziale alla Corte Europea di Giustizia, avente ad oggetto la corretta interpretazione dell'art. 54 CAAS e dell'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, con riferimento alla situazione delineatasi nel caso in esame, in relazione alla sentenza definitiva emessa dalla Audienza Nacional, con cui è stata archiviata la domanda di estrazione presentata dagli Stati Uniti.
Il tema del rinvio pregiudiziale è stato affrontato dalla CGUE che, con la sentenza del 6 ottobre 1982, Srl CILFIT e Lanificio di Gavardo Spa contro Ministero della sanità, si è pronunciata sull'obbligo del rinvio, all'epoca previsto dall'art. 177 del Trattato CEE, il cui contenuto è stato trasfuso nell'art. 267 TFUE, sicchè la soluzione adottata deve considerarsi tuttora valida.
In tale occasione è stata esclusa l'obbligatorietà del rinvio anche in presenza di questioni manifestamente infondate o non rilevanti e si è affermato che:
- l'obbligo di sottoporre alla CGUE le questioni di interpretazione del trattato e degli atti adottati dalle istituzioni comunitarie è finalizzato a garantire la corretta applicazione e l'uniforme interpretazione del diritto comunitario all'interno degli stati membri, precisando che l'obbligo del rinvio mira a prevenire contrasti tra gli orientamenti giurisdizionali dei singoli Stati su questioni di diritto comunitario. La portata dell'obbligo, pertanto, va valutata tenendo conto della finalità dello stesso;
- una giurisdizione le cui decisioni non sono impugnabili secondo l'ordinamento interno è tenuta, qualora una questione di diritto comunitario si ponga dinanzi ad essa, ad adempiere il suo obbligo di rinvio, salvo che non abbia constatato che la questione non è pertinente, o che la disposizione comunitaria di cui è causa ha già costituito oggetto di interpretazione da parte della Corte, ovvero che la corretta applicazione del diritto comunitario si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi.
Tali principi sono stati ulteriormente sviluppati dalla giurisprudenza interna soprattutto in sede civile, la cui analisi assume una valenza generale ed è estensibile ai giudizi penali: si è in particolare rilevato che non sussiste alcun diritto della parte all'automatico rinvio pregiudiziale alla CGUE ai sensi dell'art. 267 TFUE ogni qualvolta la Corte di cassazione non ne condivida le tesi difensive, bastando che le ragioni del diniego siano espresse, ovvero implicite laddove la questione pregiudiziale sia manifestamente inammissibile o manifestamente infondata (Sez. L, n. 14828 del 7/6/2018, Rv. 648997).
Nel caso in esame, proprio la verifica della giurisprudenza della CGUE e la sua corretta applicazione alla materia estradizionale vale ad escludere la necessità della sottoposizione di una specifica questione pregiudiziale, risultando peraltro all'evidenza infondata, per quanto osservato, la premessa interpretativa sollecitata dal ricorrente.
2.1. Venendo al secondo motivo, esso risulta generico nella parte in cui evoca l'inidoneità della documentazione e dei dati in essa riportati al fine di desumere i presupposti per l'accoglimento della domanda di estradizione.
2.2. Risulta inoltre infondato con riguardo al preteso mancato soddisfacimento del requisito della "doppia incriminazione", nella parte in cui lamenta la non sovrapponibilità a norme incriminatrici interne del reato conspiracy, che compare nel capo di accusa n. 1) della Corte americana a carico di A.A..
Deve premettersi in linea generale che è riconosciuto dal Trattato (art. II, par. 2) che "ogni forma di associazione per commettere reati di cui al paragrafo 1 del presente Articolo, così come previsto dalle leggi italiane, e la "conspiracy" per commettere un reato di cui al paragrafo 1 del presente Articolo, così come previsto dalle leggi statunitensi, è altresì considerato reato che dà luogo all'estradizione".
Ciò posto, questa Corte, infatti, ha avuto modo di chiarire come "ai fini dell'estradizione da o verso gli Stati Uniti d'America, l'art. IL par. 2, del Trattato bilaterale del 13 ottobre 1983, ratificato con L. 26 maggio 1984, n. 225, anche nella versione aggiornata alle modifiche introdotte dall'Accordo di Roma del 3 maggio 2006, ratificato con L. 16 marzo 2009, n. 25, consente l'estradizione per i reati associativi previsti dalle rispettive legislazioni nazionali (associazione per delinquere nell'ordinamento italiano e "conspiracy" in quello statunitense) indipendentemente dal requisito della previsione bilaterale del fatto, purchè tale ultima condizione sia soddisfatta per i reati fine dell'associazione criminosa" (Sez. 6, n. 28417 del 08/06/2022, Simeon Efeturi, Rv. 283327), requisito nel caso di specie sussistente, salvo quanto si dirà per il reato di cui al capo 5.
Era stato peraltro sottolineato che le due fattispecie "presentano elementi fondamentali comuni, con la sola differenza che la norma straniera è maggiormente restrittiva, richiedendo per la sua applicazione l'avvenuta consumazione dei reati fine" (Sez. 6, n. 3079 del 06/12/2017, dep. 2018, Magni, Rv. 272144).
In conclusione sul punto, appaiono dunque irrilevanti le considerazioni svolte dalla difesa sul distinguo tra concorso di persone nel reato e reato associativo.
2.3. Risultano inoltre destituite di fondamento anche le deduzioni relative alla mancata corrispondenza, nel diritto interno, dei capi di accusa relativi alle ipotesi di frode telematica e bancaria (capi 2 e 3, capo 4), invece astrattamente sussumibili nelle ipotesi fraudolente di cui è costellata la parte speciale del nostro diritto penale, dovendosi aver riguardo al "criterio della identità sostanziale dei fatti oggetto dei relativi procedimenti, indipendentemente dall'eventuale diversa qualificazione giuridica attribuita all'episodio dalle autorità dello Stato richiedente e di quello richiesto" (Sez. 6, n. 3079 del 06/12/2017, dep. 2018, Magni, Rv. 272143).
2.4. Fondata è, invece, la medesima censura nella parte in cui denuncia l'insussistenza, nel nostro ordinamento, di una fattispecie penale suscettibile di comprendere il contrabbando di valuta, essendo stata la materia depenalizzata nell'ormai lontano 1988 (con L. n. 455 del 21/10/1988) e potendo, dunque, i fatti trovare riscontro, al massimo, in sanzioni pecuniarie amministrative.
La conseguenza è che la sentenza della Corte d'appello va annullata limitatamente a tale aspetto, e cioè con riferimento al solo capo di accusa n. 5, relativo al contrabbando di valuta.
Non richiedendosi ulteriori accertamenti, l'annullamento va disposto senza rinvio.
2.4. Non condivisibile è, infine, il motivo in oggetto in relazione alla lontananza nel tempo dei fatti ed al plausibile intervenuto decorso della prescrizione in Italia, e cioè nello Stato richiesto.
Deve premettersi la disciplina in materia di estradizione contiene disposizioni di carattere processuale alle quali non si adattano gli istituti di carattere sostanziale dell'ordinamento, se non nei limiti di rilevanza riconosciuti dalle norme pattizie.
D'altro canto in tema di estradizione le condizioni in presenza delle quali si procede alla consegna devono essere valutate al momento della presentazione della domanda (Sez. 6, n. 5497 del 02/02/2021, Q., Rv. 280630).
Ciò posto, nel caso in esame deve necessariamente farsi riferimento alla disposizione contenuta nell'art. VIII del Trattato di estradizione, in forza del quale "l'estradizione non è concessa se, per il reato per il quale è richiesta, l'azione penale o la esecuzione della pena sono prescritte per decorso del tempo secondo le leggi della Parte Richiedente", discendendone l'inconsistenza dei rilievi difensivi.
3. Inammissibile appare, infine, il terzo motivo di ricorso, con cui si deduce violazione o erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione in rapporto alla insussistenza e/o accertamento sui termini massimi di carcerazione preventiva, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 5, par. 3 CEDU. Pur senza negare l'indubbio rilievo costituzionale della materia, va infatti precisato che la Corte di appello di Firenze ha compiutamente e coerentemente replicato alla deduzione. Essa, infatti, ha giustamente ritenuto tale motivo generico, non essendo stati "censurati profili o articoli specifici della procedura penale americana sul profilo della carcerazione preventiva che consentano a questa Corte una qualsivoglia valutazione ovvero una interlocuzione - per chiarimenti - con I'AG dello stato richiedente". Giudizio che non può non essere replicato nella presente sede.
Va peraltro per completezza rilevato come in altre occasioni il tema è stato esaminato nei rapporti con gli Stati Uniti d'America, essendosi rilevato che la disciplina soddisfa le esigenze di idonea verifica dei tempi e delle ragioni di persistenza delle misure cautelari (sul punto si rinvia a Sez. 2, n. 33881 del 15/07/2019, Sartini, in motivazione).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo di accusa n. 5, relativo al reato di contrabbando di valuta.
Rigetta nel resto il ricorso.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203
c.p.p. disp. att. Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2022.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2022