La specifica disciplina dettata per l’attività giornalistica non esonera chi tratta dati personali per questa finalità dall’obbligo di rispettare alcune garanzie di correttezza e trasparenza, cosicché, «il giornalista che raccoglie notizie (…) rende note la propria identità, la propria professione e le finalità della raccolta (…) evita artifici e pressioni indebite»; tale obbligo non si configura solo qualora «ciò (…) renda altrimenti impossibile l’esercizio della funzione informativa» (art. 2 comma 1, delle Regole deontologiche), presupposto che deve essere valutata caso per caso, verificando se i dati personali e le modalità della loro raccolta e diffusione siano proporzionati e realmente giustificati rispetto allo scopo informativo altrimenti non conseguibile.
Nella diffusione di un servizio televisoivo devono essere state adottate misure idonee a garantire l’anonimato dell’intervistato – se richiesto dal titolare dei dati − quali l’oscuramento del volto, il mascheramento della voce e l’utilizzo di inquadrature non focalizzate sulla persona e sul suo ambiente di lavoro.
Il rispetto delle Regole deontologiche costituisce condizione essenziale per la liceità e la correttezza del trattamento dei dati personali (art.2 – quater del Codice).
"Comunicato stampa del Garante:
Giornalismo: no a artifici e pressioni, il Garante sanziona "Le Iene"
Reti Televisive Italiane dovrà pagare una multa di 10mila euro
I giornalisti devono agire con correttezza e trasparenza evitando di utilizzare artifici e pressioni per raccogliere notizie che potrebbero essere acquisite con gli strumenti dell’inchiesta giornalistica. Il principio è stato ribadito dal Garante che ha sanzionato Reti Televisive Italiane S.p.a. e ha vietato la diffusione di un’intervista all’interno di un servizio de “Le Iene”.
Il caso affrontato dall’Autorità riguarda un medico che aveva presentato reclamo lamentando una violazione della sua privacy avvenuta nel corso di una puntata della trasmissione. Dopo essere stato avvicinato dagli inviati del programma televisivo che - senza identificarsi - erano entrati nel suo studio fingendo un malore, il medico era stato ripreso e “intervistato” a sua insaputa. Nel servizio comparivano lunghi primi piani della sua persona, oscurata solo parzialmente in volto e senza mascheramento della voce, e dettagli del luogo di lavoro che lo rendevano riconoscibile. Al professionista, inoltre, mentre era dedito alle sue prestazioni sanitarie, venivano rivolte con insistenza domande sul problema dei fumi e sull’inquinamento dell’aria nel Comune dove lavora.
Nel decidere sul reclamo, il Garante ha ritenuto che, nel caso specifico, i giornalisti avrebbero dovuto agire con correttezza e trasparenza, qualificandosi ed evitando artifici e pressioni indebite, in conformità alla disciplina in materia di privacy e al Codice deontologico dei giornalisti.
Le informazioni che i giornalisti intendevano raccogliere si sarebbero infatti potute ugualmente acquisire con modalità diverse, ricorrendo, ad esempio, ad altre fonti o attraverso una intervista palese al medico, eventualmente con garanzie di anonimato, oppure interpellando altri medici della zona. Modalità che non sono state esperite, senza peraltro che RTI abbia fornito all’Autorità elementi in grado di dimostrare l’impossibilità di procedere non ricorrendo agli artifici utilizzati. Si sarebbe potuto inoltre garantire più efficacemente l’anonimato dell’interessato, ad esempio con il mascheramento della voce e l’utilizzo di inquadrature non focalizzate sulla persona e sul suo ambiente di lavoro.
Reti Televisive Italiane S.p.a. dovrà dunque pagare una sanzione di 10.000 euro e non potrà più diffondere l’intervista in questione all’interno del servizio, che dovrà comunque essere conservata per eventuali utilizzi in sede giudiziaria. Il Garante ha disposto l’invio di copia del provvedimento al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e la sua pubblicazione per intero sul sito web del Garante."
GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
[doc. web n. 9509558]
Registro dei provvedimenti
n. 241 del 26 novembre 2020
NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;
VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);
VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regola mento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);
VISTO il reclamo presentato in data 6 aprile 2019 con il quale il dr. XX ha lamentato una violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali in relazione alla diffusione, durante la puntata de “Le Iene” del XX, di un servizio dal titolo “XX” realizzato, per la parte che lo riguarda, mediante riprese-video carpite a sua insaputa, nelle quali è stato reso identificabile;
CONSIDERATO che l’interessato ha, in particolare, rappresentato:
─ di essere stato avvicinato da soggetti che, senza identificarsi come inviati della trasmissione, sono entrati nel suo studio medico «in modo ingannevole, con artificio... e invasivo (in locali privati)», fingendo un malore;
─ di essere stato «ripreso con lunghi primi piani» in cui la sua persona − oscurata solo parzialmente in viso − risultava «perfettamente riconoscibile dai capelli, dagli abiti (camice medico), dal luogo di lavoro filmato in diverse angolazioni, dalla voce per niente camuffata» e di essere stato incalzato, mentre era dedito alle sue prestazioni di medico, da «continue domande con l'intento di raccogliere, in modo fraudolento precise dichiarazioni», in merito al problema dei fumi e alla situazione dell’aria nel comune nel quale svolge la sua professione;
─ di aver subìto un forte pregiudizio sul piano psicologico e della sua immagine per la diffusione di tale servizio, montato in maniera differente da quanto realmente accaduto nel suo ambulatorio, così da attribuirgli dichiarazioni non rispondenti alla realtà;
─ di aver ricevuto, appena dopo la diffusione del servizio (in data 13 aprile 2018), una lettera dal legale dell’azienda indicata nel servizio televisivo quale presunta causa dell’inquinamento denunciato, con cui veniva chiamato a rispondere delle sue dichiarazioni, ritenute diffamatorie e di aver pertanto richiesto alla redazione (in data 19 aprile 2018), ai fini della propria difesa, l’originale delle riprese effettuate nel suo studio, ricevendo invece un montaggio delle stesse, realizzato per la messa in onda;
─ di aver inviato altra raccomandata (in data 29 novembre 2018) volta a «definire la questione con la redazione», ribadendo l’illiceità della condotta, ricevendo tuttavia (in data 20 dicembre 2018) risposte insoddisfacenti e non veritiere, ossia che erano stati adottati accorgimenti volti a preservarne l’identità e che la pubblicazione dei suoi dati sul sito delle Iene era stata posta comunque a margine del servizio;
VISTA la nota del 20 agosto 2019 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste formulate dal reclamante;
VISTA la nota del 9 settembre 2019 con la quale Reti Televisive Italiane S.p.a., ha osservato che:
─ il servizio è stato realizzato oscurando il volto del reclamante, nel rispetto della disciplina di riferimento (art. 85 del Regolamento UE 2016/679 e 137 del Codice in materia di protezione dei dati personali);
─ le risposte ottenute dal reclamante avevano natura “cruciale” rispetto al contenuto del servizio, costituendo un «elemento di estrema rilevanza se non addirittura necessario» al fine di dare sostegno alle tesi ivi sostenute (il possibile nesso tra le emissioni di uno stabilimento di un’azienda produttrice di ceramiche e il sorgere di problemi di salute presso la popolazione locale, soprattutto minorenne) e di attribuire completezza alla notizia, considerati la sua qualità di medico e, quindi, il carattere ‘tecnico’ del suo parere;
─ non può essere messa in alcun dubbio la «precisa corrispondenza tra quanto affermato dal medico e quanto pubblicato da Le Iene», atteso che il montaggio del servizio è stato effettuato secondo le ordinarie modalità, senza fuorviare il pensiero espresso dal professionista, riportandone «le parole − chiare eloquenti e liberamente espresse»; inoltre, nessuna lesione all’immagine e alla reputazione del reclamante può essere imputabile al servizio trasmesso «non avendo le parole da lui pronunciate alcun contenuto negativo»;
─ il servizio è stato comunque modificato eliminando la parte riproducente l’intervista (qualora, per esigenze informative, fosse necessaria una sua nuova diffusione) ed è stato integralmente eliminato dal sito internet del programma;
VISTA la nota del 27 novembre 2019 con cui il reclamante, nel ribadire l’illiceità del trattamento e nel richiedere un provvedimento del Garante nel merito, ha contestato le argomentazioni del titolare, eccependo in primo luogo la mancata consegna delle riprese originali e rappresentando che, ai fini della realizzazione del servizio e della completezza dell’indagine, la redazione avrebbe potuto e dovuto coinvolgere altri medici professionisti e che comunque lui stesso, previamente informato, non si sarebbe sottratto ad esprimere il proprio parere «liberamente e senza condizionamenti»;
VISTA la nota dell’Ufficio del 27 dicembre 2019 (prot. n. 45265/19) con la quale, ai sensi dell’art. 166, comma 5, del Codice, è stato comunicato a Reti Televisive Italiane S.p.a. l’avvio del procedimento per l’eventuale adozione dei provvedimenti di cui all’art. 58, par. 2, del Regolamento e notificate le possibili violazioni di legge in rapporto all’art. 5, par. 1, lett. a), del Regolamento, alle disposizioni di cui agli artt. 2-quater, comma 4, 137 e 139 del Codice e degli artt. 2 e 6 delle Regole deontologiche, nonché in rapporto all’art. 15 del Regolamento, per i profili relativi all’istanza di accesso ai dati formulata dal reclamante;
VISTA la nota del 24 gennaio 2020 con cui Reti Televisive Italiane S.p.a., nel richiamare le precedenti difese, ha dato riscontro alla predetta nota dell’Ufficio reiterando le argomentazioni esposte ed aggiungendo che:
─ la richiesta di acquisizione del servizio da parte del reclamante formulata in data è stata compiutamente soddisfatta, come comunicato al medesimo in occasione di un incontro avuto negli uffici della Società e nella comunicazione a lui inviata in data 20 dicembre 2018, avendo fornito all’interessato «l’insieme delle immagini audio-video ricevute dalla … autrice del servizio, cui la Società si è con prontezza rivolta per soddisfare le richieste del reclamante», motivo per cui non ha indugiato sul punto nel riscontro fornito all’Autorità;
─ l’utilizzo di telecamere nascoste ai fini del giornalismo di inchiesta è stato ritenuto legittimo dallo stesso Garante, oltre che dalla giurisprudenza civile e penale «proprio al fine di permettere l’esercizio del diritto di informazione, altrimenti impossibile (art. 2 Codice deontologico)»;
─ «la scelta di inserire all’interno del servizio la persona del medico (del quale si era comunque inteso salvaguardare l’anonimato) aveva carattere necessario», in quanto, in assenza delle sue dichiarazioni l’informazione sarebbe stata non pubblicabile perché «priva proprio degli essenziali riscontri circa gli effetti prodotti dalla condotta» dell’azienda produttiva oggetto dell’inchiesta, con ciò sacrificando il diritto di cronaca su una notizia di pubblico interesse, quale è stato riconosciuto anche dal Tribunale di Milano nell’archiviare la querela per diffamazione presentata dall’azienda medesima;
─ sebbene il reclamante lamenti l’inefficacia della schermatura del suo volto al fine di garantirne l’anonimato «la volontà de Le Iene era proprio quella di precluderne l’identificazione»;
CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;
CONSIDERATO che i trattamenti oggetto di contestazione devono essere ricondotti nell’ambito delle finalità giornalistiche e pertanto trovano applicazione nella loro integralità gli artt. 136 − 139 del Codice e le Regole deontologiche di cui all’art. 139 del Codice medesimo;
CONSIDERATO che l’art. 137, comma 3 del Codice e l’art. 6 delle Regole deontologiche individuano come limite alla diffusione dei dati personali per le finalità sopra descritte il rispetto del principio della “essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico”;
RILEVATO che la specifica disciplina dettata per l’attività giornalistica non esonera chi tratta dati personali per questa finalità dall’obbligo di rispettare alcune garanzie di correttezza e trasparenza, cosicché, «il giornalista che raccoglie notizie (…) rende note la propria identità, la propria professione e le finalità della raccolta (…) evita artifici e pressioni indebite»; rilevato tuttavia che tale obbligo non si configura qualora «ciò (…) renda altrimenti impossibile l’esercizio della funzione informativa» (art. 2 comma 1, delle Regole deontologiche) e che la sussistenza di tale presupposto deve essere valutata caso per caso, verificando se i dati personali e le modalità della loro raccolta e diffusione siano proporzionati e realmente giustificati rispetto allo scopo informativo altrimenti non conseguibile (provv. n. n. 508 del 30 dicembre 2011 [doc. web 1873945], provv. n. 364 del 10 luglio 2014 [doc. web n. 3352396);
RITENUTO, nel caso di specie, non sussistente tale presupposto, considerato che le informazioni ricercate dai giornalisti (dati relativi all’incremento di problematiche di salute conseguenti ad un’alterazione della qualità dell’aria) si sarebbero potute ugualmente acquisire con modalità diverse (ricorso ad altre fonti, intervista palese del medico eventualmente con efficaci garanzie di anonimato; interpello di altri medici, ecc.) non previamente esperite e senza che il titolare abbia fornito elementi idonei a comprovare l’impossibilità di procedere senza gli artifizi utilizzati (v. anche provv. 5 luglio 2007, [doc web 1436163] e provv. n. 28 del 6 febbraio 2020 [doc. web n. 9283121], Cass. civ. sez. I, 09 luglio 2018, n. 18006);
RILEVATO inoltre che, fermi restando i rilievi in ordine alla raccolta dei dati, nella diffusione del servizio in questione, non risultano peraltro essere state adottate misure idonee a garantire l’anonimato dell’intervistato – obiettivo a cui lo stesso titolare dichiara di aver inteso ambire − quali sarebbero state, oltre all’oscuramento del volto, il mascheramento della voce e l’utilizzo di inquadrature non focalizzate sulla persona e sul suo ambiente di lavoro (provv. n. 508 del 30 dicembre 2011, provv. n. 364 del 10 luglio 2014 e provv. n. 28 del 6 febbraio 2020 cit.; Trib. Roma 5 marzo 2019, n.5071);
RITENUTO che la realizzazione del servizio nelle modalità descritte abbia determinato un sacrificio dei diritti del reclamante non proporzionato rispetto alle finalità informative del servizio stesso;
CONSIDERATO pertanto che il trattamento denunciato si pone in contrasto con le disposizioni sopra citate − in particolare, con gli artt. 137, comma 3, e 139 del Codice e artt. 2 e 6 delle Regole deontologiche − e quindi con i principi generali di liceità e correttezza del trattamento dei dati personali di cui all’art. 5, par. 1 lett. a), del Regolamento;
CONSIDERATO che il rispetto delle citate Regole deontologiche costituisce condizione essenziale per la liceità e la correttezza del trattamento dei dati personali (art.2 – quater del Codice);
PRESO ATTO delle dichiarazioni rese da Reti Televisive Italiane S.p.a. in ordine alla rimozione delle immagini relative al reclamante dal servizio de “Le Iene” oggetto di reclamo, e alla eliminazione del servizio dal sito internet del programma, nonché in ordine al riscontro dato alla richiesta di accesso ai dati formulata dal reclamante, avendo attestato, nella nota del 27 dicembre sopra richiamata e sotto la propria responsabilità, ai sensi del citato art. 168 del Codice, di aver fornito al reclamante tutto quanto ricevuto dall’inviata autrice del servizio;
RITENUTO comunque, ai sensi dell’art. 57 par. 1, lett. f), del Regolamento di dover valutare il reclamo fondato e per l’effetto, ai sensi dell’art. 58, par. 2, del Regolamento di dover:
- imporre a Reti Televisive Italiane S.p.a., ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. f), del Regolamento, il divieto del trattamento dei dati personali del reclamante all’interno del servizio in questione eccezion fatta per la loro conservazione, anche a fini di eventuali utilizzi in sede giudiziaria;
- adottare un’ordinanza ingiunzione, ai sensi degli artt. 166, comma 7, del Codice e 18 della legge n. 689/1981, per l’applicazione nei confronti di Reti Televisive Italiane S.p.a. della sanzione amministrativa pecuniaria prevista combinato disposto di cui agli artt. 2-quater, 166, comma 2, del Codice, e 83, parr. 3 e 5, del Regolamento;
RILEVATO che per la determinazione dell’ammontare della sanzione pecuniaria, occorre tenere conto degli elementi indicati nell’art. 83, par. 2, del Regolamento e che nel caso di specie occorre prendere in considerazione, da una parte:
a) le modalità di raccolta dei dati, atteso che l’intervista e le riprese sono state effettuate ad insaputa del reclamante, nascondendo la finalità giornalistica delle stesse e mistificando l’identità degli intervistatori;
b) la circostanza che, pur avendo inteso garantire l’anonimato dell’interessato, nella diffusione del servizio televisivo non sono state adottate di fatto misure adeguate allo scopo, quali l’alterazione della voce e la limitazione delle inquadrature degli ambienti, misure pur conosciute ed utilizzate dal medesimo titolare in altre occasioni, alla luce dell’esperienza maturata in tale particolare attività giornalistica, e che comunque non avrebbero pregiudicato la completezza dell’informazione;
c) gli effetti del trattamento, in considerazione dell’impatto negativo che esso ha avuto sulla sfera personale e professionale del reclamante nel contesto sociale di riferimento (art. 83, par. 2, lett. a) del Regolamento), quale documentato anche dalle iniziative legali intraprese nei suoi confronti;
d) la circostanza che il titolare è stato già valutato da questa Autorità per profili analoghi a quelli denunciati nel presente reclamo (art. 83, par. 2, lett. e) del Regolamento: provv. n. 364 del 10 luglio 2014 [doc. web n. 3352396] sopra citato e – con riferimento ad un trattamento quasi contemporaneo a quello oggetto di reclamo – provv. n.28 del 6 febbraio 2020 [doc. web n. 9283121];
e) la durata della violazione, protrattasi per un arco temporale esteso dalla diffusione del video, anche in rete, fino all’avvio dell’istruttoria preliminare;
f) le condizioni di rilievo sul piano organizzativo, economico e professionale, del contravventore;
e, dall’altra;
g) le finalità perseguite dal titolare, riconducibili all’esercizio del diritto di cronaca e alla libertà di informazione e, pertanto, la necessità di assicurare in questo ambito il relativo bilanciamento con il diritto fondamentale della reclamante alla protezione dei dati personali che la riguardano, secondo quanto stabilito dal Regolamento (art. 85) e dal Codice (artt. 136 e ss.);
h) l’adozione di misure idonee ad eliminare le conseguenze della violazione (art. 83, par. 2, lett. c, del Regolamento), avendo il titolare rimosso l’intervista dal servizio oggetto di reclamo e dalla versione on line del programma già durante la fase dell’istruttoria preliminare;
i) che i fatti contestati si sono verificati nel periodo di vigenza del regime di applicazione progressiva delle misure sanzionatorie previsto dall'art. 22 del d.lgs. del 10 agosto 2018, n. 101;
CONSIDERATI i parametri di cui sopra ed i principi di effettività, proporzionalità e dissuasività indicati nell’art. 83, par. 1, del Regolamento;
RITENUTO che, in base al complesso degli elementi sopra indicati, debba applicarsi la sanzione amministrativa pecuniaria nella misura di euro 10.000,00 (diecimila);
RITENUTO altresì – anche in considerazione dell’ambito di diffusione dei dati e del lasso temporale comunque intercorso dal momento della trasmissione del servizio televisivo fino alla relativa rimozione - che, ai sensi degli artt. 166, comma 7, del Codice, e 16, comma 1, del Regolamento del Garante n. 1/2019, si debba procedere alla pubblicazione del presente provvedimento sul sito web del Garante, a titolo di sanzione accessoria;
RITENUTO che ricorrano i presupposti per procedere all’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, relativamente alle misure adottate nel caso di specie in conformità all'art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo;
VISTA la documentazione in atti;
VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
RELATORE l’avv. Guido Scorza;
TUTTO CIÒ PREMESSO, IL GARANTE:
a) ritiene che non vi siano gli estremi per adottare specifici provvedimenti in relazione all’ipotizzato mancato rispetto dell’art. 15 del Regolamento;
b) ai sensi dell’art. 57 par. 1, lett. f), del Regolamento, dichiara il reclamo fondato per le ragioni di cui in premessa e per l’effetto, impone a Reti Televisive Italiane S.p.a., ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. f), del Regolamento, il divieto del trattamento dei dati personali del reclamante all’interno del servizio in questione eccezion fatta per la loro conservazione, anche a fini di eventuali utilizzi in sede giudiziaria;
c) dispone l’invio di copia del presente provvedimento al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti.
ORDINA
ai sensi degli artt. 58, comma 2 lett. i) e 83 del Regolamento a RTI - Reti Televisive Italiane S.p.a. di pagare la somma di euro 10.000,00 (diecimila) a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per le violazioni indicate in motivazione, rappresentando che il contravventore, ai sensi dell’art. 166, comma 8, del Codice ha facoltà di definire la controversia, mediante il pagamento, entro il termine di trenta giorni, di un importo pari alla metà della sanzione irrogata;
INGIUNGE
a R.T.I. - Reti Televisive Italiane S.p.a., in caso di mancata definizione della controversia ai sensi del citato art. 166, comma 8, del Codice, di pagare la somma di euro 10.000,00 (diecimila), secondo le modalità indicate in allegato, entro 30 giorni dalla notificazione del presente provvedimento, pena l’adozione dei conseguenti atti esecutivi a norma dall’art. 27 della legge n. 689/1981.
DISPONE
ai sensi dell’art. 166, comma 7, del Codice, la pubblicazione per intero del presente provvedimento sul sito web del Garante e ritiene che ricorrano i presupposti di cui all’art. 17 del Regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante.
Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.
Roma, 26 novembre 2020
IL PRESIDENTE
Stanzione
IL RELATORE
Scorza
IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei