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Giudice dell'esecuzione può concedere condizionale solo se .. (Cass. 36555/24)

1 ottobre 2024

La sospensione condizionale della pena è beneficio concedibile soltanto in sede di cognizione: se però è il giudice dell'esecuzione a revocare parzialmente la condanna e a rideterminare la pena, può in questo specifico caso, provvedere anche sulla sospensione condizionale. Il Giudice dell'esecuzione può provvedere altresì sull'istanza di concessione della sospensione condizionale formulata per la prima volta in sede esecutiva a seguito di pronuncia della Corte di cassazione se la stessa, definendo il giudizio di cognizione, abbia ridimensionato la misura della pena a un'entità che renderebbe concedibile il beneficio, a condizione che vi sia stata espressa richiesta della sospensione condizionale della pena avanzata in quel giudizio.

 

 

Corte di Cassazione

sez. I penale, ud. 4 luglio 2024 (dep. 1 ottobre 2024), n. 36555

Ritenuto in fatto

Con l'ordinanza impugnata, il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato la richiesta di revoca dell'ordine di esecuzione e di concessione della sospensione condizionale della pena, nei confronti di S.O. (CUI (OMISSIS)), a seguito della rideterminazione della stessa, da parte della Corte di Cassazione, in quella di anni due di reclusione ed euro 2000 di multa, relativamente alla condanna irrevocabile di cui alla sentenza resa, in data 15 febbraio 2022, dalla Corte di appello di Palermo.

2. Avverso detto provvedimento ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, il condannato, denunciando violazione degli artt. 133 e 164 cod. pen.

Il Giudice, nel concedere la sospensione condizionale della pena, deve tenere conto della capacità a delinquere desunta dai precedenti penali e giudiziari, della condotta di vita anche antecedente al reato, delle condizioni di vita familiare e sociale.

Si rileva che il ricorrente, al momento della commissione del reato, era incensurato, non aveva precedenti giudiziari né di polizia e che il reato commesso è di minore allarme sociale trattandosi di violazione dell'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.

Il Giudice dell'esecuzione, nel provvedimento impugnato, a parere del ricorrente ha pretermesso ogni complessiva disamina dei requisiti di cui all'art. 133 cod. pen., imposta dall'art. 164, comma primo, cod. pen.

Nella motivazione, poi, è del tutto carente la valutazione prognostica richiesta dalla norma. È stato valorizzato solo il requisito della mancanza di reddito (peraltro contestato dal ricorrente) e della gravità della condotta ma considerata apoditticamente, dato non significativo per ritenere che il soggetto si asterrà, in futuro, dal commettere altri reati.

Il ricorrente, regolare nel territorio nazionale, titolare di attività lavorativa è percettore di reddito, quindi, non è stata considerata in alcuna parte la sua effettiva condizione socio-familiare.

L'incensuratezza, la titolarità di lavoro, la regolarità sul territorio nazionale la giovane età del ricorrente richiedono una motivazione approfondita e connotata da stringente logicità, trattandosi di elementi positivi di significativa valenza ai fini della concessione del beneficio richiesto in sede esecutiva.

3. Il Sostituto Procuratore generale, L. Giordano, ha concluso con requisitoria scritta chiedendo l'annullamento con rinvio.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato.

2. Il Giudice dell'esecuzione ha respinto la richiesta con la quale il condannato ha chiesto la revoca dell'ordine di esecuzione e la concessione della sospensione condizionale della pena, a seguito dell'emissione da parte di questa Corte, della sentenza della sezione Terza penale, n. 15240 - 2023, che ha rideterminato la pena irrogata all'imputato pari ad anni due mesi sei di reclusione, quanto alla pena detentiva, in quella di anni due di reclusione ed euro 2.000 di multa.

Il provvedimento censurato evidenzia che non vi sono i presupposti per la concessione del beneficio invocato, trattandosi di spacciatore abituale, rispetto al quale non è possibile formulare una prognosi favorevole nel senso che questi, in futuro, si asterrà dal commettere altri reati.

Il ricorrente denuncia vizio di motivazione, descrivendo la condizione del condannato, successiva alla sentenza definitiva e la sua incensuratezza, come elementi indicati come non valutati nel merito o, comunque, travisati dal Giudice dell'esecuzione.

2.1. Osserva il Collegio, circa la concedibilità, in sede esecutiva, del beneficio della sospensione condizionale della pena, ove questo non sia stato espressamente riconosciuto in sede di cognizione, né dalla Corte di cassazione nel rideterminare la pena irrogata in una misura che rende il beneficio ammissibile, che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, ove nella sentenza di appello il giudizio prognostico di ricaduta nel reato non sia espresso in modo esplicito, ma dal percorso argomentativo emerga con chiarezza la prognosi effettuata dal giudice della cognizione, la Corte di cassazione può fare ricorso ai poteri conferiti dall'art. 620, lett. l), cod. proc. pen. Per tale indirizzo, invece, si impone l'annullamento della sentenza con rinvio al giudice di merito quando, dalla motivazione, non siano ricavabili elementi utili per la concessione del beneficio in sede di legittimità (Sez. 2, n. 17010 del 17/03/2022, Rv. 283114-01).

Da tale indirizzo discende in definitiva, la conclusione secondo la quale la sospensione condizionale della pena è beneficio concedibile soltanto in sede di cognizione.

Invero, diverso è il caso in cui è il giudice dell'esecuzione a revocare parzialmente la condanna e a rideterminare la pena, potendo, in questo specifico caso, provvedere anche sulla sospensione condizionale. Si è, infatti, affermato il condivisibile principio secondo il quale il Giudice dell'esecuzione, nel rideterminare la pena applicata con sentenza irrevocabile ex art. 444 cod. proc. pen., divenuta illegale a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, può disporre la sospensione condizionale della pena, chiarendo, in motivazione, che in presenza di una pena, nuovamente concordata dalle parti ai sensi dell'art. 188 disp. att. cod. proc. pen., qualora ritenga di non applicare la sospensione condizionale della pena, non può respingere il nuovo accordo, ma deve comunque recepirlo escludendo il beneficio (cfr. anche Sez. U, n. 37107 del 26/02/2015, Rv. 264859 - 01).

Parimenti si è affermato che il Giudice dell'esecuzione, qualora, in applicazione dell'art. 673 cod. proc. pen., pronunci per intervenuta abolitici criminis ordinanza di revoca di precedenti condanne, le quali siano state, a suo tempo, di ostacolo alla concessione della sospensione condizionale della pena per altra condanna, può, nell'ambito dei "provvedimenti conseguenti" alla suddetta pronuncia, concedere il beneficio, previa formulazione del favorevole giudizio prognostico richiesto dall'art. 164, comma primo, cod. pen., sulla base non solo della situazione esistente al momento in cui era stata pronunciata la condanna in questione, ma anche di elementi sopravvenuti (Sez. U, n. 4687 del 20/12/2005, dep. 2006, Rv. 232610 - 01).

2.2. Ove, invece, come nel caso al vaglio, la rideterminazione della pena è avvenuta nel giudizio di cognizione, si è affermato che se, a seguito di annullamento senza rinvio da parte della Corte di cassazione di uno o più capi della sentenza di condanna, la misura della pena venga ricondotta nei limiti di cui all'art. 163 cod. pen., il Giudice dell'esecuzione non può provvedere sull'istanza di sospensione condizionale della pena, laddove questa non sia stata avanzata anche nel giudizio di cognizione (Sez. 1, n. 8262 del 08/01/2019, Rv. 275658-01).

Nello stesso senso si è espressa questa Corte, in caso di proposizione di ricorso per cassazione avverso una sentenza di condanna a pena superiore a quella prevista dall'art. 163 cod. pen. per la concessione della sospensione condizionale della pena, dal cui accoglimento possa derivare il ridimensionamento della sanzione entro tali limiti, affermando che il ricorrente è tenuto a reiterare, in sede di legittimità, l'istanza di concessione del beneficio già formulata nel precedente grado di giudizio e non esaminata in ragione dell'entità della pena irrogata (in applicazione di tale principio la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto, proposto ex art. 625-bis cod. proc. pen., avverso la sentenza della Corte di cassazione che, pur avendo rideterminato la pena nei limiti previsti dall'art. 163 cod. pen., aveva omesso di annullare con rinvio per le valutazioni inerenti alla concessione della sospensione condizionale della pena, difettando una specifica istanza in tal senso: Sez. 4, n. 43881 del 14/06/2018, Rv. 274275 - 01).

A tale indirizzo interpretativo, si affianca il principio affermato da Sez. 1, n. 16679 del 01/03/2013, Rv. 254570 - 01, secondo la quale, in caso di annullamento senza rinvio di uno o più capi di condanna, spetta al giudice dell'esecuzione provvedere sull'istanza di sospensione condizionale, avanzata ma non valutata nel giudizio di cognizione, in quanto la pena complessivamente irrogata risultava superiore al limite di legge per la concedibilità del beneficio.

In ogni caso, a fronte dei richiamati precedenti, resta fermo il principio secondo il quale l'istanza di sospensione condizionale della pena deve essere avanzata nel giudizio di cognizione.

2.3. Nel caso al vaglio, dalla sentenza Sez. 3, n. 15240 del 2023, che ha rideterminato la misura della pena irrogata all'imputato, non risulta che sia stata avanzata richiesta di sospensione condizionale della pena.

Sicché, pur avendo, la Corte di legittimità in quella sede ridotto la pena detentiva a una misura che permetteva la concessione del beneficio, mentre la condanna irrogata nei precedenti gradi di merito, quanto all'entità della pena detentiva (anni due e mesi sei di reclusione), non la consentiva, da ciò non deriva, per il Giudice dell'esecuzione, possa intervenire sul punto. Peraltro in assenza di ogni pronuncia, sul punto, da parte della Corte di legittimità che avrebbe potuto annullare la sentenza di secondo grado, affidando al giudice del rinvio la decisione sulla possibilità di concedere o meno la sospensione condizionale della pena.

In definitiva, il ricorso deve essere rigettato, pur non potendo convenire con il contenuto della motivazione dell'ordinanza impugnata, ma affermando il principio di diritto secondo il quale il Giudice dell'esecuzione non può provvedere sull'istanza di concessione della sospensione condizionale formulata per la prima volta in sede esecutiva, anche a seguito di pronuncia della Corte di cassazione che, definendo il giudizio di cognizione, abbia ridimensionato la misura della pena a un'entità che renderebbe concedibile il beneficio, stante l'assenza di espressa richiesta della sospensione condizionale della pena avanzata in quel giudizio.

3. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.