Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Giudice può formulare domande suggestive ma non nocive (Cass. 8307/21)

2 marzo 2021, Cassazione penale

Le domande suggestive sono strutturalmente idonee a indirizzare le risposte indipendentemente dagli intenti di chi le pone e dalla capacità di discernimento del rispondente, per cui per assicurare una testimonianza corretta evitarle - anche da parte del giudice (o dell'ausiliario di cui si avvale), pur in assenza di un espresso divieto normativo - è tanto più necessario quanta maggiore è la suggestionabilità del dichiarante.

Tuttavia, il divieto di porre domande suggeritive nell'esame testimoniale non opera con riguardo al giudice, il quale, agendo in una ottica di terzietà, può rivolgere al testimone tutte le domande ritenute utili a fornire un contributo per l'accertamento della verità, ad esclusione di quelle atte a incidere sulla sincerità della risposta.
 
 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

(data ud. 13/01/2021) 02/03/2021, n. 8307

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRICCHETTI Renato Giuseppe - Presidente -

Dott. COSTANZO Angelo - rel. Consigliere -

Dott. CRISCUOLO Anna - Consigliere -

Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere -

Dott. APRILE Ercole - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B.G., nato in (OMISSIS);

avverso la sentenza del 24/02/2020 della Corte di appello di Caltanissetta;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Angelo Costanzo;

letta la richiesta del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Locatelli di dichiarare inammissibile il ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 239/2020 la Corte di appello di Caltanissetta, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di B.G. relativamente al reato di cui all'art. 81 c.p., comma 2, art. 609-bis c.p., commi 1 e 2, e art. 609-quater c.p. (capo A) - perchè estinto per prescrizione - e al reato di cui agli artt. 582 e 585 c.p. (capo F) esclusa l'aggravante di cui all'art. 576 c.p., comma 1, n. 1, - perchè l'azione non poteva essere iniziata per mancanza di querela - e lo ha assolto dal reato ex art. 61 c.p., n. 2, artt. 94 e 572 c.p. nei confronti di G.L. perchè il fatto non sussiste. Ha confermato nel resto, ma riducendo la pena, la condanna inflitta dal Tribunale di Gela per il reato di cui al capo C nei confronti di sua moglie e della di lei figlia, per il reato ex art. 61 c.p., n. 2 e L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4 (capo D), per i reati ex artt. 582 e 585 c.p. (capi E, F) commessi nei confronti di sua moglie e della propria figlia.

2. Nel ricorso presentato dal difensore di G., si chiede l'annullamento della sentenza deducendo: a) vizio della motivazione nel ritenere attendibili le dichiarazioni delle persone offese, che sono state assunte - essendosi ritenuta indispensabile la rinnovazione della istruttoria in appello - con domande suggestive formulate dal Consigliere relatore anche prima dell'esame e controesame spettante alle parti in violazione dell'art. 499 c.p.p., comma 3; b) violazione di legge e vizio della motivazione nel trascurare una plausibile ricostruzione alternativa dei fatti fondata sull'intento dell'imputato di proteggere la figliastra N.E.C. nei rapporti con gli estranei per la fragilità psicologica della ragazza e, nei confronti della moglie e della propria figlia, sulla condizione di solitudine in cui egli si trovò dopo le denunce contro di lui rivolte dalle familiari, mentre scollegati fra loro risultano gli altri periodi (espressioni di normali incomprensioni familiari) e soltanto sporadiche si presentano le percosse.

Motivi della decisione

1. Le domande suggestive sono strutturalmente idonee a indirizzare le risposte indipendentemente dagli intenti di chi le pone e dalla capacità di discernimento del rispondente, per cui per assicurare una testimonianza corretta evitarle - anche da parte del giudice (o dell'ausiliario di cui si avvale), pur in assenza di un espresso divieto normativo - è tanto più necessario quanta maggiore è la suggestionabilità del dichiarante (Sez. 3, n. 25712 del 11/05/2011, M., Rv. 250615; Sez. 3, n. 9157 del 28/10/2009, dep. 2010, C., Rv. 246205).

Tuttavia, il divieto di porre domande suggeritive nell'esame testimoniale non opera con riguardo al giudice, il quale, agendo in una ottica di terzietà, può rivolgere al testimone tutte le domande ritenute utili a fornire un contributo per l'accertamento della verità, ad esclusione di quelle atte a incidere sulla sincerità della risposta (Sez. 3, n. 21627 del 15/04/2015, E, Rv. 263790; Sez. 1, n. 44223 del 17/09/2014, Iozza, Rv. 260899).

In ogni caso, l'opposizione alla proposizione delle domande deve essere proposta ex art. 504 c.p.p. al giudice innanzi al quale si forma la prova, perchè ai giudici dei successivi gradi di giudizio è rimessa soltanto la valutazione circa la motivazione del provvedimento di accoglimento o di rigetto della eccezione stessa (Sez. 5, n. 27159 del 02/05/2018, H, Rv. 273233).

Inoltre, per contestare la genuinità della prova dichiarativa, non è sufficiente sostenere che una o più domande possono avere suggerito la risposta o influito sulla sincerità del testimone, ma occorre estendere l'analisi all'affidabilità della prova nel suo complesso, ben potendo il giudizio di piena attendibilità del teste essere fondato sulle risposte a altre domande (Sez. 3, n. 49993 del 16/09/2019, Barberini, Rv. 277399; Sez. 3, n. 42568 del 25/06/2019, B., Rv. 277988; Sez. 3, n. 36413 del 09/05/2019, M., Rv. 276682).

Questa analisi manca nel ricorso in esame.

Essa, invece, è indispensabile perchè, anche se non conforme alle regole che disciplinano la prova, la formulazione di domande nocive alla sincerità delle risposte o che tendono a suggerirle non è causa di nullità, non essendo riconducibile alle previsioni di cui all'art. 178 c.p.p., nè di inutilizzabilità ex art. 191 c.p.p., ma può soltanto fornire premesse a una argomentazione che contesti la attendibilità del testimone.

Pertanto, il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

2. Il secondo motivo di ricorso non evidenzia manifeste illogicità nella ricostruzione dei fatti e nella loro valutazione, ma ne propone (peraltro frammentariamente perchè non esamina tutti i dati fattuali rilevanti) una interpretazione alternativa, così inammissibilmente entrando nel merito delle convergenti valutazioni discrezionali del Tribunale e della Corte di appello.

3. Dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso deriva ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle Ammende che si stima equo determinare in Euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2021