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Incrocio fra cane e lupo selvatico è animale selvatico vietato (Cass. 42474/24)

25 novembre 2024, Cassazione penale

Sono animali selvatici anche esemplari delle specie vietate, comresi gli incroci tra specie diverse o tra selvatico e domestico.

 

Cassazione penale

sez. III, ud. 14 ottobre 2024 (dep. 20 novembre 2024), n. 42474

Ritenuto in fatto

1. Con decreto in data 12/7/2023, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pordenone dispose la perquisizione personale e locale nei confronti di B.G. essendo il medesimo indagato per il reato di cui all'art. 4 comma 1 d.lgs. 135/2022 in relazione alla detenzione di "animali vivi di specie selvatica di natura ibrida tra cani e lupi selvatici";

2. Con atto depositato 20/11/2023 l'avv.to PB, difensore di fiducia di B.G., propose opposizione avverso il decreto di perquisizione sostenendo che il reato ipotizzato era "impossibile da integrare in quanto è sprovvisto elei necessari e previsti decreti integrativi e regolamenti attuativi";

3. Con provvedimento in data 15/5/2024, il GIP del predetto Tribunale rigettò l'opposizione sostenendo che la continuità normativa tra l'art. 6 comma 1 l. 150/1992 e l'art. 4 comma 1 d.lgs. 135/2022 faceva sì che fossero "applicabili al caso di specie gli elenchi nominativi contenenti l'elenco delle specie animali che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica e di cui è proibita la detenzione di cui d.m. 19/4/1996, tuttora vigente";

4. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato il quale ha denunciato "la violazione di legge e travisamento giuridico del fatto sostenendo che gli "ibridi di cane e di lupo" non rientrano fra le specie, sottospecie, razze e categoria per le quali era vietata la detenzione.

Considerato in diritto

L'impugnazione è infondata.

1. Come rilevato nel ritenuto in fatto, il ricorso non muove critiche argomentate alle considerazioni con cui il GIP aveva respinto l'opposizione rilevando che vi era continuità normativa tra la previsione dell'art. 6 della legge 150/1992 e l'art. 4 d.lgs. 135/2022 e, quindi, all'applicazione alla vicenda del D.M. Ambiente 19/4/1996, ma solleva una questione di cui non si rinviene traccia nell'opposizione contestando che rientrino fra le specie la cui detenzione è vietata gli ibridi fra cane e lupo. Assume il ricorrente che non può trovare applicazione la previsione del comma 1 dell'art. 4 del d.lgs. 135 del 2022, in quanto non sono stati adottati i decreti che fissano i criteri per la determinazione delle specie la cui detenzione è vietata, né il D.M. 19/4/1996, che considera "selvatici fino alla seconda generazione di nascita in cattività" tutti gli "esemplari delle specie vietate ma non gli incroci tra specie diverse o tra selvatico e domestico".

2. Ritiene il collegio che il motivo, in quanto volto a fare valere l'inosservanza o l'erronea applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), sia ammissibile, benché non sollevato dinanzi al giudice dell'opposizione. Come chiarito dalle Sezioni Unite, infatti, l'art. 129 c.p.p. impone al giudice l'obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, e tra esse anche che il fatto contestato non è previsto dalla legge come reato, ex art. 129, comma 1, c.p.p. (n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, in motivazione; Sez. 2, n. 27869 dell'8/4/2022, Toscano, Rv. 283630 - 01). In altri termini, il ricorso prospetta un error in iudicando sostenendo che il GIP aveva ritenuto legittimo un decreto di perquisizione volto all'accertamento di una condotta non rientrante nella fattispecie incriminatrice ipotizzata e, in tali termini, la doglianza risulta denunciabile con il ricorso in cassazione.

3. La censura è infondata.

L'art. 4 comma 1 del d.lgs 135 del 2022 prevede: "Fermo restando quanto disposto all'articolo 3, è vietato a chiunque detenere animali vivi di specie selvatica, anche nati e allevati in cattività, che costituiscano pericolo per la salute e per l'incolumità pubblica o per la biodiversità, nonché gli ibridi tra esemplari delle predette specie e di altre specie selvatiche o forme domestiche e le loro successive generazioni”.

Non essendo stato adottato il decreto di cui al comma successivo, correttamente il GIP ha ritenuto di dover fare riferimento al D.M. Ambiente 19/4/1996 che, all'art. 1, prevede: "Ai fini dell'individuazione delle specie che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica, sono da considerare potenzialmente pericolosi per l'incolumità e la salute pubblica, tutti gli esemplari vivi di mammiferi e rettili selvatici ovvero provenienti da riproduzioni in cattività che in particolari condizioni ambientali e/o comportamentali, possono arrecare con la loro azione diretta effetti mortali o invalidanti per l'uomo o che non sottoposti a controlli sanitari o a trattamenti di prevenzione possono trasmettere malattie infettive all'uomo".

L'art. 2, rimanda poi all'allegato A l'indicazione delle specie animali che, sulla base dei criteri di cui all'articolo precedente, possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica.

L'allegato A, infine, oltre a inserire il lupo fra le specie pericolose, precisa nella parte iniziale, che rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 1:

"tutti gli esemplari selvatici, cioè provenienti direttamente dall'ambiente naturale; tutti gli esemplari nati in cattività, intesi come individui provenienti da una riproduzione di cui almeno uno dei genitori sia di provenienza selvatica e comunque riferito ad individui appartenenti alla sola prima generazione".

L'addentellato normativo descritto che non lascia dubbio che l'ibrido di cane e "lupo selvatico", ossia gli animali la cui ricerca costituiva l'obiettivo dell'attività di perquisizione contestata, in quanto proveniente dalla riproduzione di un animale di provenienza selvatica appartenente a una specie pericolosa, rientri nell'ambito di applicazione della fattispecie incriminatrice contestata.

La previsione normativa, infatti, nel fare espresso riferimento alla "provenienza selvatica di uno dei genitori", consente di disattendere l'argomento difensivo secondo il quale il DM in esame troverebbe applicazione alle sole "generazioni ivi citate referenti alla nascita in cattività delle specie animali selvatiche in esame" e non anche "agli incroci fra specie diverse o comunque tra sottospecie diverse o tra selvatico e domestico".

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato infondato.

Al rigetto del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.