Il condannato, ai fini della rescissione del giudicato, deve provare di essere rimasto incolpevolmente assente dal processo: sussiste invece colpa evidente, nella mancata conoscenza della celebrazione del processo, quando la persona sottoposta alle indagini, o imputata, dopo aver nominato un difensore di fiducia in un procedimento penale, non si attivi autonomamente per mantenere con lo stesso i contatti periodici essenziali per essere informato dello sviluppo di tale procedimento.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 aprile – 25 giugno 2018, n. 29234
Presidente Palla – Relatore Fidanzia
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 30 maggio 2016, divenuta irrevocabile il 15 luglio 2016, il Tribunale di Torino ha condannato S.P.M. per una serie di delitti di falso commessi tra il (omissis) .
2. Con atto sottoscritto dal suo difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato avanzando richiesta di rescissione del giudicato ex art. 625 ter c.p.p. affidandolo ad un unico motivo.
Espone il ricorrente di aver avuto notizia di essere stato sottoposto ad un procedimento penale solo in data 15 giugno 2017 con la notifica del provvedimento di cumulo di pene e dell’ordine di esecuzione.
Il ricorrente sostiene di non aver mai avuto notizia di essere stato citato in giudizio atteso che allora si trovava detenuto presso il carcere di (omissis) e poi è stato recluso senza soluzione di continuità presso il carcere di (omissis) .
Espone di poter aver sottoscritto un verbale di elezione di domicilio senza, tuttavia, aver compreso le conseguenze della sottoscrizione di un tale atto.
Considerato in diritto
Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso RG n. 38237/2017 al n. 35959/17, trattandosi del medesimo oggetto e del medesimo procedimento.
1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Va preliminarmente osservato che, a norma dell’art. 625 ter c.p.p., il condannato, per poter proporre la richiesta di rescissione del giudicato, deve provare di essere rimasto incolpevolmente assente dal processo.
Nel caso di specie, non ricorre una tale situazione.
Infatti, dall’esame degli atti processuali emerge che il condannato era a conoscenza del procedimento.
In particolare, nei suoi confronti era stato redatto in data 27 gennaio 2011 un verbale di identificazione di persona sottoposta alle indagini e dichiarazione o elezione di domicilio e, in quella sede, l’odierno ricorrente aveva eletto domicilio presso lo studio dell’avvocato di fiducia Moschini Enrico, con studio in Torino, Corso Vintaglio 15.
Orbene, in una fattispecie, quale quella in esame, è orientamento consolidato di questa Corte che sussiste colpa evidente, nella mancata conoscenza della celebrazione del processo, preclusiva del ricorso al rimedio previsto dall’art. 625 ter cod. proc. pen., quando la persona sottoposta alle indagini, o imputata, dopo aver nominato un difensore di fiducia in un procedimento penale, non si attivi autonomamente per mantenere con lo stesso i contatti periodici essenziali per essere informato dello sviluppo di tale procedimento. (Sez. 6, n. 15932 del 01/04/2015, Rv. 263084; Sez. 3 n. 38513 del 22/06/2016, Rv. 267947).
Il ricorrente si è quindi disinteressato per anni delle vicende processuali, delle quali avrebbe avuto, invece, contezza ove si fosse diligentemente informato con il proprio difensore dell’evoluzione del procedimento a suo carico, con la conseguenza che la mancata conoscenza della celebrazione del processo non può certo ritenersi incolpevole.
Né potrebbe far venire meno la colpa così evidenziata la eventuale mancata comprensione da parte del ricorrente delle conseguenze giuridiche della sottoscrizione del verbale di elezione di domicilio in quanto il ricorrente, ove non avesse davvero compreso il significato dell’elezione di domicilio, avrebbe dovuto farselo spiegare nell’immediatezza dagli agenti operanti o dal suo stesso difensore di fiducia, non potendo fornire tale giustificazione a processo concluso.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo stabilire nella misura di 2.000,00 Euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.