In linea con tale orientamento, con particolare riferimento all'Albania, si è precisato che non costituisce condizione ostativa all'accoglimento della richiesta il rischio, per l'estradando, di vendette da parte dei familiari della vittima, correlato alla cd. "regola del Kanun", diffusa in Albania, in quanto tale situazione è riferibile a pratiche private e non a una scelta normativa o di fatto dello Stato richiedente.
In tema di estradizione per l'estero, il divieto di pronuncia favorevole, che l'art. 705, comma 2, lett. c), cod. proc. pen. stabilisce per i casi in cui vi sia motivo di ritenere che l'estradando verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona, opera esclusivamente nelle ipotesi in cui l'allarmante situazione sia riferibile a una scelta normativa o di fatto dello Stato richiedente, a prescindere da contingenze estranee ad orientamenti istituzionali e rispetto ai quali sia possibile comunque una tutela legale.
In tema di estradizione esecutiva, sussistono le condizioni per l'accoglimento dell'istanza relativa ad una persona condannata in contumacia, quando l'ordinamento dello Stato richiedente consente al condannato "in absentia" di chiedere la rinnovazione del giudizio.
Corte di Cassazione
Sez. VI penale
sentenza
Num. 41801 Anno 2024
Presidente: DE AMICIS GAETANO
Relatore: PACILLI GIUSEPPINA ANNA ROSARIA
Data Udienza: 18/09/2024- 13/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
LG nato a RM il **/1969
avverso la sentenza del 31/5/2024 della Corte di appello di Potenza
Visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giuseppina Anna Rosaria Pacilli;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Silvia Salvadori, che ha
concluso chiedendo di rigettare il ricorso,
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 31 maggio 2024 la Corte di appello di Potenza ha accolto la domanda di estradizione di GL, avanzata dall'Autorità albanese per l'esecuzione di una sentenza emessa il 10 marzo 1998 dal Tribunale di Mirdite, che aveva condannato il ricorrente all'ergastolo per i reati di omicidio premeditato e detenzione abusiva di armi, commessi in Albania il 21 ottobre 1997.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'estradando, che ha dedotto i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo ha censurato la mancanza di motivazione in relazione all'art. 705 cod. proc. pen., per essere stata concessa l'estradizione del ricorrente, nonostante lo Stato richiedente non avesse fornito alcuna garanzia sulla salvaguardia dei diritti della difesa a fronte di una sentenza di condanna contumaciale, pronunciata senza che nessuno avesse informato il ricorrente del
processo.
2.2. Con il secondo motivo ha lamentato violazione ed errata applicazione delle norme di diritto, in ragione sia dell'attuale vigenza della "legge di Kamun" in Albania, che esporrebbe il ricorrente al pericolo di atti persecutori o lesivi, nel territorio di provenienza, per motivi di vendetta da parte dei familiari delle
persone da lui uccise, sia del mancato rispetto della vita privata e familiare, avendo il ricorrente la moglie e la figlia in Italia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato.
2. Il primo motivo è infondato.
Deve rilevarsi che questa Corte ha già affermato che, in tema di estradizione esecutiva, sussistono le condizioni per l'accoglimento dell'istanza relativa ad una persona condannata in contumacia, quando l'ordinamento dello Stato richiedente consente al condannato "in absentia" di chiedere la rinnovazione del giudizio (Sez. 6, n. 19226 del 30/03/2017, Locorotondo, Rv. 269833 - 01).
Si è osservato, in particolare, che tra l'Italia e l'Albania è in vigore il Secondo Protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione, firmato a Strasburgo il 17 marzo 1978, che disciplina le procedure di estradizione nelle quali il titolo è costituito da una sentenza di condanna resa in contumacia, all'esito di un processo che non abbia soddisfatto i diritti minimi di difesa dell'imputato. In tal caso, il Protocollo prevede che lo Stato richiedente fornisca «assicurazioni ritenute sufficienti per garantire alla persona, la cui estradizione è chiesta, il diritto a un nuovo procedimento di giudizio che tuteli i diritti di difesa».
La normativa albanese, oltre che con l'istituto della restituzione nel termine (art. 147 codice di procedura penale), assicura il diritto previsto dal suddetto Protocollo attraverso il meccanismo introdotto dall'art. 51 della legge n. 10.193 del 3 dicembre 2009. Tale disposizione prevede, infatti, il diritto della persona estradata a chiedere il riesame della sentenza penale contumaciale divenuta esecutiva, se tale garanzia è stata fornita dal Ministro della giustizia allo Stato richiesto.
Ne consegue che, al fine di assicurare al ricorrente il diritto a una rivalutazione nel merito, una volta estradato, è necessario che il Ministro della giustizia albanese fornisca allo Stato italiano un'apposita garanzia, ai sensi del citato art. 51.
Pertanto, rigettato il ricorso, è sufficiente procedere alla rettifica della sentenza impugnata, nel senso che sussistono le condizioni per l'estradizione di GL, se gli sarà garantito dallo Stato richiedente il diritto a impugnare, anche nel merito, la sentenza di condanna.
3. Anche il secondo motivo non è fondato.
Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, in tema di estradizione per l'estero, il divieto di pronuncia favorevole, che l'art. 705, comma 2, lett. c), cod. proc. pen. stabilisce per i casi in cui vi sia motivo di ritenere che l'estradando verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona, opera esclusivamente nelle ipotesi in cui l'allarmante situazione sia riferibile a una scelta normativa o di fatto dello Stato richiedente, a prescindere da contingenze estranee ad orientamenti istituzionali e rispetto ai quali sia possibile comunque una tutela legale (tra le altre: Sez. 6, n. 4977 del 15/12/2015, dep. 2016, Onikauri, Rv. 265899 - 01).
In linea con tale orientamento, con particolare riferimento all'Albania, si è precisato che non costituisce condizione ostativa all'accoglimento della richiesta il rischio, per l'estradando, di vendette da parte dei familiari della vittima, correlato alla cd. "regola del kamun", diffusa in Albania, in quanto tale situazione è riferibile a pratiche private e non a una scelta normativa o di fatto dello Stato richiedente (Sez. 6 n. 30884 del 18/09/2020, Lula Bardh, Rv. 279851 - 01).
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
5. La Cancelleria effettuerà gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Rettifica la sentenza impugnata nel senso che l'estradizione sia subordinata alla condizione che a LG deve essere garantito il diritto ad impugnare anche nel merito la sentenza di condanna. Manda alla Cancelleria per
gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 18 settembre 2024 - deposito 13 novembre 2024