Il delitto di lesioni personali con malattia di durata superiore a venti giorni permane, anche dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 150 del 2022, la competenza per materia del tribunale.
(questione rimessa alle Sezioni Unite Cass. pen., sez V, ud. 10 ottobre 2023 (dep. 19 ottobre 2023), n. 42858)
Corte di Cassazione
sez. V penale
ud. 20 settembre 2023 (dep. 6 ottobre 2023), n. 40719
Presidente Zaza – Relatore Caputo
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza deliberata in data 11/02/2020, il Tribunale di Milano dichiarava K.L. responsabile dei reati di lesioni volontarie (per aver cagionato a V.S. lesioni dalle quali derivava una distrazione e distorsione al collo, un trauma cranico facciale, una distorsione del rachide cranio-facciale, con malattia guaribile in 21 giorni) e di violazione di domicilio (per essersi introdotta e trattenuta nell'abitazione di V. contro la volontà del medesimo) e, con le circostanze attenuanti generiche e la continuazione, la condannava alla pena di anni 1 e mesi 2 di reclusione, nonché al risarcimento dei danni a favore della parte civile. Investita dall'impugnazione dell'imputata, la Corte di appello di Milano, con sentenza deliberata il 31/05/2022, ha prosciolto la stessa dal reato di violazione di domicilio per difetto di querela (ritenendo non legittimato per tale reato il querelante V.S. , figlio del proprietario dell'abitazione), ha rideterminato la pena per il reato di lesioni lievi in mesi 8 di reclusione (con la sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento della provvisionale), confermando nel resto la sentenza di primo grado.
2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione K.L. , attraverso il difensore Avv. RM, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p..
2.1. Il primo motivo denuncia inosservanza degli artt. 178,179 e 604 c.p.p. e la nullità della notifica della vocatio in iudicium e degli atti successivi, con conseguente erronea dichiarazione di assenza dell'imputata, che non risulta aver mai ricevuto alcuna notifica del procedimento, in quanto gli atti sono stati ricevuti dal difensore ex art. 161, comma 4, c.p.p. per inidoneità del domicilio eletto, il che comporta che l'imputata non è mai venuta a conoscenza del procedimento.
2.2. Il secondo motivo denuncia erronea applicazione all'art. 165 c.p.e vizi di motivazione, non avendo il giudice di appello, nel subordinare la sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale, valutato le reali condizioni economiche della condannata.
3. Con requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, cit., il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione Pasquale Serrao D'Aquino ha concluso per l'accoglimento del ricorso limitatamente alla sospensione condizionale della pena. Il difensore dell'imputata ha concluso per l'annullamento della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
1. Il ricorso deve essere rigettato.
2. Il primo motivo non è fondato.
In premessa, mette conto rilevare che: l'imputata ha eletto domicilio all'atto dell'identificazione, dichiarando di volersi avvalere del difensore d'ufficio Avv. RM; le notifiche successive risultano effettuate ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p.; in particolare, le notifiche della vocatio per il giudizio di primo grado e per quello di appello non sono state effettuate al domicilio dichiarato (la propria abitazione in (OMISSIS) ) in quanto l'imputata è risultata dallo stesso trasferita. Anche la notifica dell'avviso per la presente udienza ha visto i Carabinieri delegati redigere un verbale in data (OMISSIS) di vane ricerche, in quanto, a seguito di accertamenti effettuati all'indirizzo sopra indicato, risultava che non vi era nè citofono, nè casella dell'imputata; i Carabinieri riuscivano a entrare in contatto con l'imputata attraverso un'utenza telefonica, ma K. non fornì alcuna informazione utile al suo rintraccio; di qui, appunto, il verbale di vane ricerche. Solo il successivo 07/07/2023, presso la Stazione dei Carabinieri delegati alla notifica, a K. veniva notificato l'avviso della presente udienza: anche in questa occasione la residenza indicata era quella designata come domicilio dichiarato.
Le vicende di cui si è dato conto, ossia la mancanza della doverosa comunicazione dell'avvenuto mutamento del domicilio ex art. 161 c.p.p. (mancata comunicazione rispetto alla quale il ricorso non offre alcuna allegazione tesa a spiegarne le ragioni), conducono al rilievo che l'assenza dell'imputata sia stata frutto di una sua scelta volontaria e consapevole; tanto più che, come questa Corte ha avuto modo di affermare (in tema di rescissione del giudicato, ma con argomentazione valida anche in relazione alla questione in esame), deve escludersi l'incolpevole mancata conoscenza del processo nel caso in cui l'imputato, eletto domicilio, si sia trasferito altrove senza comunicare all'autorità procedente il mutamento di domicilio o incaricare alcuno a ritirare e comunicargli le notifiche a lui dirette, in quanto, essendosi posto nelle condizioni di non ricevere notizia del processo, ha implicitamente dimostrato di non volervi partecipare (Sez. 2, n. 14375 del 31/03/2021, Rv. 281101 02; conf., in tema di dichiarazione di assenza, Sez. 1, n. 5936 del 28/09/2022, dep. 2023).
3. Il secondo motivo è, invece, inammissibile.
Secondo il più recente e accreditato indirizzo della giurisprudenza di legittimità in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell'imputato, deve tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse se dagli atti emergano elementi che consentano di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione (ex plurimis, Sez. 6, n. 11142 del 07/02/2023 Rv. 284609 01, che ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva escluso l'impossibilità di adempimento dell'obbligo risarcitorio per il solo fatto che l'imputato fosse stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, condizione di per sé non comprovante l'indigenza). Il ricorso, sotto questo profilo, è del tutto aspecifico, in quanto non articola alcuna deduzione in ordine all'asserita incapacità dell'imputata di soddisfare la condizione imposta, tanto più che dagli atti risulta che la stessa aveva prestato attività lavorativa presso l'abitazione del padre della persona offesa.
4. Ritiene la Corte di doversi interrogare circa le possibili ricadute delle modifiche apportate all'art. 582 c.p. dal D.Lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 2, comma 1, lett. a), in punto, segnatamente, di perdurante attribuzione delle lesioni lievi o semplici (caratterizzate dalla causazione di una malattia di durata compresa tra i 21 e i 40 giorni) alla cognizione del tribunale, con conseguente inapplicabilità del più mite apparato sanzionatorio previsto, invece, per le lesioni lievissime (determinanti una malattia di durata non superiore ai 20 giorni), di regola attribuite, prima della novella, alla competenza penale del giudice di pace.
L'interrogativo si pone in quanto, nel caso di specie, si verte in ipotesi di lesioni lievi (con causazione di una malattia di durata di 21 giorni) per la quale è stata irrogata la pena della reclusione propria dei reati di competenza del tribunale. Qualora si dovesse ritenere che la novella abbia comportato l'attribuzione della cognizione del reato de quo al giudice di pace, la Corte anche d'ufficio e anche in presenza di un ricorso inammissioile (cfr. Sez. U, n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia, Rv. 283689) - dovrebbe rilevare l'illegalità della pena irrogata e adottare le conseguenti statuizioni.
4.1. Per una migliore disamina della questione, conviene ripercorrere, nei suoi profili essenziali, l'assetto normativo d'interesse e l'evoluzione che esso ha conosciuto.
4.1.1. Nella disciplina anteriore all'avvento del D.Lgs. n. 150 del 2022, l'art. 582 c.p. prevedeva, al comma 1, che "Chiunque cagiona ad alcuno una lesioni personale, dalla quale deriva una malattia del corpo e della mente, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni" e, al comma 2, che "Se la malattia ha durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli artt. 61, numero 11 octies), 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel n. 1 e nell'ultima parte dell'art. 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa". La disposizione prevedeva dunque una regola (la procedibilità d'ufficio per le lesioni lievi: comma 1), un'eccezione a tale regola per le lesioni lievissime (la procedibilità a querela: comma 2) e un'eccezione all'eccezione (la procedibilità d'ufficio per le lesioni lievissime aggravate dalle circostanze indicate dallo stesso comma 2).
La disciplina richiamata si armonizzava in modo lineare con quella in tema di competenza penale del giudice di pace. Invero, secondo la formulazione vigente (e non modificata dal D.Lgs. n. 150 del 2022) del D.Lgs. n. 28 agosto 2000, n. 274, art. 4, comma 1, lett. a), è attribuito alla competenza del giudice di pace l'art. 582 c.p."limitatamente alle fattispecie di cui al comma 2 perseguibili a querela di parte, ad esclusione dei fatti commessi contro uno dei soggetti elencati dall'art. 577, comma 2, ovvero contro il convivente". Dunque, al giudice di pace era attribuita la cognizione delle lesioni lievissime procedibili a querela, ossia, le lesioni disciplinate dal comma 2 dell'art. 582 c.p., con esclusione delle fattispecie per le quali la medesima disposizione stabiliva la procedibilità d'ufficio e con le ulteriori eccezioni delineate dallo stesso D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4.
La disciplina in esame è stata sensibilmente incisa dalla sentenza n. 236 del 2018 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4, comma 1, lettera a) e successive modificazioni nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di competenza del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie, previsto dall'art. 582, comma 2, c.p., per fatti commessi contro l'ascendente o il discendente di cui al numero 1) del comma 1 dell'art. 577 c.p., nonché, in via consequenziale, del medesimo art. 4 cit., nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di c:ompetenza del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie, previsto dall'art. 582, comma 2, c.p., per fatti commessi contro gli altri soggetti elencati al numero 1) del comma 1 dell'art. 577 c.p..
Con la pronuncia del giudice delle leggi, dunque, il "catalogo" delle fattispecie di lesioni volontarie attribuite alla cognizione del giudice di pace si restringe ulteriormente, con l'esclusione da detto ‘catalogo" anche dei casi di lesioni aggravate dalle circostanze indicate dalla sentenza n. 236 del 2018. In forza della pronuncia della Corte costituzionale, già prima della riforma dettata dal d. lgs. n. 150 del 2022 (e, come si vedrà, anche successivamente ad esso), rientrano nella competenza del tribunale reati consumati e tentati di lesioni personali anche lievissime quando commessi ai danni di tutte le categorie di persone elencate al comma 1 n. 1 e al comma 2 dell'art. 577 c.p. " (Sez. 5, n. 35796 del 13/07/2023).
4.1.2. Il D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 2, comma 1, lett. a), ha modificato funditus l'art. 582 c.p., stabilendo che:
1) al comma 1, dopo le parole: "è punito" sono inserite le seguenti: "a querela della persona offesa";
2) il comma 2 è sostituito dal seguente: "Si procede tuttavia d'ufficio se ricorre taluna delle circostanze aggravanti previste negli artt. 61, numero 11-octies), 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel comma 1, numero 1), e nel comma 2 dell'art. 577. Si procede altresì d'ufficio se la malattia ha una durata superiore a venti giorni quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per infermità".
Per comodità di esposizione, si riporta il testo dell'art. 582 c.p., come modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 2: in forza del comma 1, che detta la disciplina generale alla quale sonci riconducibili tutte le fattispecie non disciplinate dal comma 2, "Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni"; ai sensi del comma 2, "Si procede tuttavia d'ufficio se ricorre taluna delle circostanze aggravanti previste negli artt. 61, numero 11-octies), 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel comma 1, numero 1), e nel comma 2 dell'art. 577. Si procede altresì d'ufficio se la malattia ha una durata superiore a venti giorni quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per infermità".
4.2. La novella, dunque, "capovolge", quanto al regime di procedibilità, il rapporto regola/eccezione, nel senso che la regola diviene la procedibilità a querela (comma 1), mentre l'eccezione diviene la procedibilità d'ufficio (comma 2, anche qui con una eccezione dell'eccezione").
4.2.1. Il D.Lgs. n. 150 del 2022, tuttavia, non ha modificato il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4 e da ciò consegue che, nel regime della novella, rientrano (rette, rientrerebbero) nella competenza del giudice di pace solo le fattispecie di cui al comma 2 dell'art. 582 cod. peli. procedibili a querela in deroga alla regola generale della procedibilità d'ufficio cui ora è dedicato il comma 2. Invero, poiché il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4, richiama in via esclusiva il comma 2 dell'art. 582 c.p. e poiché detta disposizione riguarda ora, di regola, le ipotesi di procedibilità d'ufficio, solo le eccezioni rispetto a tali ipotesi dovrebbero rimanere nella competenza del giudice di pace, ossia a) le ipotesi di cui all'art. 577, comma 1, n. 1, cod. pen. b) le ipotesi di cui all'art. 577, comma 2, c.p.; le une e le altre, indipendentemente dalla durata della malattia (quindi anche oltre i 20 giorni, ma fermo il limite di cui all'art. 583). D'altra parte, che l'interpretazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4, comma 1, lett. a), e dell'art. 582 c.p. non possa prescindere dalla riformulazione della disposizione codicistica trova conferma nella natura formale (o mobile) del rinvio operato dall'art. 4 cit. (affermata autorevolmente dalla citata sentenza n. 236 del 2018 della Corte costituzionale), rinvio che, dunque, collega la disposizione rinviante a quella richiamata non solo nella formulazione attuale al momento del nnvio, ma anche in quelle succedutesi a seguito della sua modifica (come appunto per le modifiche dell'art. 582 c.p. introdotte dal D.Lgs. n. 150 del 2022).
Peraltro, come si è visto, anche per le due (residuali) ipotesi di lesioni volontarie indicate, non è ravvisabile la competenza del giudice di pace:
- quanto all'ipotesi a) (art. 577, comma 1, n. 1), occorre richiamare la già citata sentenza n. 236 del 2018 della Corte costituzionale, che, come si è detto, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, art. 4, comma 1, lettera a), nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di competenza del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie, previsto dall'art. 582, comma 2, del codice penale, per fatti commessi contro l'ascendente o il discendente di cui al numero 1) del comma 1 dell'art. 577 c.p.; nonché in via consequenziale, l'illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4, comma 1, lettera a), nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di competenza del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie, previsto dall'art. 582, comma 2, c.p., per fatti commessi contro gli altri soggetti elencati al numero 1) del comma 1 dell'art. 577 c.p.;
- quanto all'ipotesi b) (art. 577, comma 2, c.p.), il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4 esclude dalla competenza del giudice di pace le lesioni volontarie per i fatti commessi contro uno dei soggetti elencati dall'art. 577, comma 2, ovvero contro il convivente.
Dal mancato coordinamento tra le modifiche all'art. 582 c.p. e il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4 (registrato anche in dottrina, che ha suggerito di porvi rimedio attraverso i decreti correttivi previsti dalla novella del 2022) deriva un assetto normativo in forza del quale nessuna ipotesi di lesioni volontarie rientra, una volta in vigore il D.Lgs. n. 150 del 2022, nella competenza del giudice di pace.
4.2.2. Pur non rilevando nel presente giudizio, per completezza della ricostruzione del quadro normativo va sottolineato che le considerazioni fin qui svolte suggeriscono di affrontare il tema della disciplina (in particolare, sanzionatoria) relativa ai fatti di lesioni volontarie - posti in essere prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del:2022, ma giudicati successivamente già rientranti nella competenza del giudice di pace, ma espunti dal relativo "catalogo" a seguito della vicenda normativa richiamata. Al riguardo, è pertinente il richiamo al principio di diritto in forza del quale, in tema di successione di leggi nel tempo, il trasferimento della competenza per materia dal giudice di pace al tribunale monocratico comporta una modifica in peius del trattamento sanzionatorio, ove determini l'applicazione delle sanzioni detentive in luogo delle più favorevoli sanzioni pecuniarie previste dal D.Lgs. n. 28 agosto 2000, n. 274, art. 52, che non può operare retroattivamente (Sez. 6, n. 13708 del 03/03/2020, Rv. 279260). In forza del principio di diritto appena richiamato, deve escludersi che la novella, nei termini in cui il quadro normativo da essa scaturito è stato ricostruito, presenti profili di contrasto con il divieto assoluto di retroattività in malam partem della norma penale.
4.2.3. L'assetto delineato da una piana interpretazione della novella e dei suoi rapporti con la disciplina sulla competenza del giudice di pace risulta senz'altro distonico rispetto alle indicazioni rinvenibili nella relazione illustrativa al D.Lgs., lì dove segnala (pagg. 321 s.) che "trattandosi di una fattispecie di frequente contestazione, l'effetto deflattivo sul carico giudiziario si annuncia significativo, ancor più in considerazione del fatto che l'intervento di riforma comporta indirettamente un ampliamento della competenza del giudice di pace in virtù della disciplina di cui al D.Lgs. n. 28 agosto 2000, n. 274, art. 4, comma 1, lett. a), che attribuisce al giudice di pace la competenza per le lesioni personali perseguibili a querela di parte". L'indicazione della relazione illustrativa, tuttavia, non tiene conto del mancato coordinamento delle modifiche all'art. 582 c.p. con la disciplina (tuttora) dettata dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4. Invero, la tesi della relazione comporta una lettura dell'art. 4 cit., in buona sostanza, amputata dal riferimento al (solo) comma 2 dell'art. 582. Il complessivo assetto normativo non è dunque in linea con le indicazioni della relazione, perché il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4, non attribuisce tout court alla competenza del giudice di pace le lesioni volontarie procedibili a querela, ma solo quelle di cui al comma 2 perseguibili a querela di parte, indipendentemente dalla durata della malattia, ferma restando la disciplina di cui all'art. 583, espressamente mantenuta nel regime di procedibilità d'ufficio e, quindi, nella competenza del giudice togato.
4.3. Il Collegio non ignora che un difforme indirizzo è stata accolto da Sez. 5, n. 12517 del 10/01/2023 secondo cui, in tema di lesioni personali di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, divenute procedibili a querela per effetto del D.Lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 2, comma 1, lett. b), sussiste la competenza per materia del giudice di pace, dovendo il mancato coordinamento di tale disposizione con quella di cui al v, art. 4, comma 1, lett. a), essere risolto attraverso l'interpretazione estensiva di tale ultima disposizione, conformemente alla volontà del legislatore riformatore di estendere la competenza della predetta autorità giudiziaria a tutti i casi di lesioni procedibili a querela.
La sentenza muove dalla "constatazione di un difetto di coordinamento tra la nuova formulazione dell'art. 582 c.p. e il D.Lgs. n. 274 del 28/8/2000, art. 4, comma 1, lett. a)" e ritiene di dover "valorizzare la volontà del legislatore riformatore, palesata nella relazione illustrativa, di ampliamento della competenza del giudice di pace e non certo di riduzione, ritenendo che il giudice di pace sia competente per il reato di lesione ex art. 582 c.p., procedibile a querela di parte - e quindi anche per le lesioni guaribili entro quaranta giorni fatte salve le eccezioni previste, determinati la procedibilità di ufficio, ovvero, comunque, la competenza del Tribunale". Sottolineato che la difforme interpretazione si risolverebbe in malam partem, la sentenza n. 12517 del 2023 sostiene che per rendere "compatibile lo spirito della riforma Cartabia, in relazione al reato di cui all'art. 582 c.p., con il D.Lgs. n. 274 del 28/8/2000, art. 4 comma 1, lett. a), non può che essere adottata un'interpretazione estensiva e logica del portato di tale ultima norma, tenuto conto che, anche l'attribuzione della competenza al giudice di pace di alcuni reati penali, si è mossa nel solco di ricercare strategie e forme sanzionatorie trascendenti la tradizionale dimensione punitiva, in vista di obiettivi di riconciliazione o mediazione delle forme minori di conflittualità", sicché "il perdurante riferimento al comma 2 dell'art. 582, nella sua precedente formulazione, non può oggi che assumere il significato di un sostanziale richiamo, nel contempo, al comma 1 del riformato art. 582 c.p., contenente la previsione, in virtù della quale il reato di lesioni è stato attribuito, nella sua forma lieve, alla competenza del giudice di pace"; di qui la necessità di leggere, attraverso l'attività interpretativa, "il riferimento al "comma 2" dell'art. 582 c.p.contenuto nell'art. 4, oltre il suo significato più immediato, attraverso un'analisi logica e plausibile di esso e, dunque, operando un'interpretazione estensiva".
L'orientamento accolto dalla sentenza n. Sez. 5, n. 12517 (e poi ribadito in analoghi termini da Sez. 5, n. 10669 del 31(01/2023, Rv. 284371 - 01) non può essere condiviso.
4.3.1. Come puntualizzato dalle Sezioni Unite, dalla Cost., art. 101,comma 2, discende un principio di "fedeltà del giudice al tenore letterale della disposizione normativa quale canone fondamentale di interpretazione cui si deve attenere" (Sez. U, n. 32938 del 19/01/2023). Se è vero che "il perimetro segnato, per l'interprete, dal limite esterno rappresentato dal dato testuale ben può includere - e spesso include - una pluralità di significati" (Sez. U, n. 40986 del 19/07/2018, Pittalà), nel caso in esame non è dato rinvenire tale pluralità di significati, essendo del tutto univoco il richiamo al (solo) comma 2 dell'art. 582 c.p. da parte del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4. In termini ancora più marcati, Sez. U, n. 11 del 19/05/1999, Tucci, Rv. 213494 ha sottolineato che quello letterale "non è un criterio interpretativo ma il limite d'ogni altro metodo ermeneutico".
Con specifico riferimento alla nozione di "interpretazione estensiva", inoltre, le Sezioni unite hanno chiarito che essa "attiene alle ipotesi in cui il risultato interpretativo si mantiene, comunque, all'interno dei poss bili significati della disposizione normativa" (Sez. U, n. 14840 del 27/10/2022, Società La Sportiva, Rv. 284273 - 01): ora è di tutta evidenza come quella proposta dalla sentenza n. 12517 del 2023 non possa qualificarsi come interpretazione estensiva, comportando - lungi dal mantenere il risultato interpretativo all'interno dei confini dei possibili significati della disposizione - una vera e propria "sostituzione" del riferimento dell'art. 4 cit. al comma 2 dell'art. 582 c.p. con quello al comma 1 della disposizione codicistica (ovvero raggiunta" dell'uno all'altro).
Del resto, la stessa giurisprudenza costituzionale ha più volte ribadito che il significato della lettera della norma impugnata "non può essere valicato neppure per mezzo dell'interpretazione costituzionalmente conforme" (così, ex plurimis, Corte Cost., sent. n. 110 del 2012): se, dunque, il dato letterale, quando non caratterizzato da una congenita pluralità di significati, rappresenta un limite all'interpretazione costituzionalmente conforme, a fortiori tale limite si pone rispetto all'interpretazione "estensiva" del giudice comune. Interpretazione che, leggendo il riferimento al comma 2 dell'art. 582 c.p. da parte del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4 come espressivo anche (rette, invece) del comma 1 della disposizione codicistica e "rimediando" in tal modo al riconosciuto "difetto di coordinamento" tra la nuova formulazione dell'art. 582 c.p. e il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4, comma 1, lett. a), esonda dai limiti cognitivi del giudice penale, tanto più in considerazione cel peculiare valore rivestito, rispetto alla materia penale, dalla riserva di legge, che, come messo in luce dalla giurisprudenza costituzionale, nell'accezione recepita dalla Cost., art. 25, comma 2, "demanda il potere di normazione in materia penale – in quanto incidente sui diritti fondamentali dell'individuo, e segnatamente sulla libertà personale - all'istituzione che costituisce la massima espressione della rappresentanza politica: vale a dire al Parlamento, eletto a suffragio universale dall'intera collettività nazionale (...), il quale esprime, altresì, le sue determinazioni all'esito di un procedimento quello legislativo che implica un preventivo confronto dialettico tra tutte le forze politiche., incluse quelle di minoranza, e, sia pure indirettamente, con la pubblica opinione" (sent. n. 230 del 2012).
4.3.2. Nè a favore dell'interpretazione qui disattesa è invocabile l'indicazione tratta dalla relazione illustrativa al D.Lgs. n. 150 del 2022, indicazione che assume un rilievo decisivo nella definizione della ratio decidendi della sentenza n. 12517 del 2023.
Il rilievo centrale attribuito alla relazione illustrativa, invero, risulta immemore della nitida presa di posizione di Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266803, lì dove sottolinea che "proprio l'intenzione del legislatore deve essere "estratta" dall'involucro verbale ("le parole"), attraverso il quale essa è resa nota ai destinatari e all'interprete", mentre è fuor di dubbio che "detta intenzione non si identifichi con quella dell'Organo o dell'Ufficio che ha predisposto il testo, ma vada ricercata nella volontà statuale, finalisticamente intesa".
Rilievo, quest'ultimo, in linea con la lezione della dottrina costituzionalistica secondo cui l'intenzione del legislatore alla quale deve far ricorso l'interprete non è quella delle persone fisiche che hanno cooperato alla formazione della norma, la quale, una volta emanata, si stacca dalla volontà dei suoi autori (quale rilevabile, ad esempio, dai lavori preparatori), ma l'intenzione della legge, che impone di risalire alla mens legis, ossia al senso obiettivo della norma. L'orientamento qui contrastato, nel valorizzare "la volontà del legislatore riformatore, palesata nella relazione illustrativa" (Sez. 5, n. 12517 del 2023, cit.), enfatizza indebitamente l'intenzione puntuale del legislatore storico, giungendo a svilire in toto il significato obiettivo della normativa in esame.
4.4. Pertanto, in conclusione, deve affermarsi che per il delitto di lesioni personali con malattia di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta permane, anche dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 150 del 2022, la competenza per materia del tribunale.
5. Esclusa l'illegalità della pena, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali. Venendo in rilievo lo stato di salute della persona offesa (decreto presidenziale n. 78 del 1 giugno 2023, § 6), si impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.