La normativa richiede che il possessore di un'arma sia persona esente da mende ed al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo, e la valutazione dell'Amministrazione può sì basarsi su un giudizio probabilistico, che deve essere desunto da valide circostanze di fatto, ma rispetto al quale il sindacato giurisdizionale si arresta al limite della ragionevolezza.
Il rilascio del porto d'armi postula che, nella valutazione discrezionale dell'Amministrazione, il soggetto osservi una condotta di vita improntata all'osservanza delle comuni regole di buona convivenza civile, oltreché delle norme penali e di tutela dell'ordine pubblico, in modo tale da non ingenerare sospetti sull'utilizzo improprio dell'arma, e da poter escludere la possibilità di un abuso.
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
Sent., (ud. 13/01/2021) 18-01-2021, n. 161
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2311 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato MP, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in **;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, via Freguglia, 1;
per l'annullamento
del decreto emesso dal Prefetto di Varese in data 19.10.2020, prot. n.(...) Area I/Bis e notificato in data 22.10.2020, di divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi, del diniego del rinnovo del decreto di guardia particolare giurata, e del diniego del rinnovo del porto di pistola per difesa personale, nonché di tutti gli atti antecedenti, preordinati, consequenziali.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 25 D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con L. 18 dicembre 2020, n. 176
Visto l'art. 60 cod. proc. amm.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2021 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo
Con il provvedimento impugnato il Prefetto di Varese ha disposto, a carico del ricorrente, il divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi, il diniego di rinnovo del decreto di guardia particolare giurata, e del porto di pistola per difesa personale.
La difesa erariale si è costituita in giudizio, insistendo per il rigetto del ricorso, in rito e nel merito.
Alla camera di consiglio del 13.1.2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
I) In via preliminare, il Collegio dà atto che il diniego impugnato è incentrato su quanto evidenziato in una nota del 25.8.2020 dei Carabinieri di Fagnano Olona, intervenuti in data 23.8.2020 presso l'abitazione del ricorrente, per sedare una lite famigliare in cui lo stesso era coinvolto, in evidente stato di alterazione psico-fisica, comprovato dai test effettuati per l'accertamento del tasso alcolico, che si allontanava alla guida della propria autovettura, con all'interno i figli minori.
II) In linea generale, osserva il Collegio che il porto d'armi non costituisce oggetto di un diritto assoluto, rappresentando invece un'eccezione al normale divieto, potendo essere riconosciuto soltanto a fronte della perfetta e completa sicurezza circa il loro buon uso, in modo da scongiurare dubbi o perplessità, sotto il profilo prognostico, per l'ordine pubblico e per la tranquilla convivenza della collettività, ed essendo il giudizio che compie l'autorità di pubblica sicurezza conseguentemente connotato da ampia discrezionalità, sindacabile solo a fronte di vizi che afferiscano all'abnormità, alla palese contraddittorietà, all'irragionevolezza, illogicità, arbitrarietà, o travisamento dei fatti (T.A.R. Umbria, Sez. I, 27.12.2017, n. 813, T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 18.7.2017, n. 826, T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, Sez. I, 17.7.2017 n. 265, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 10.7.2017, n. 8148), tuttavia inconfigurabili nel caso di specie, in cui l'Amministrazione ha invece dato corretta applicazione alla normativa disciplinante in materia.
III) In particolare, è incontestato che il ricorrente sia stato coinvolto in una lite famigliare che ha dato luogo all'intervento delle Forze dell'Ordine, ciò che, a prescindere dalla sua "gravità", e dalle cause che l'hanno avviata, costituisce un elemento che, considerato congiuntamente agli altri, descritti nel proseguo, consente di dubitare del suo autocontrollo.
Infatti, è altrettanto pacifico che in tale occasione il ricorrente si trovasse in uno stato di "alterazione alcolica", non essendo peraltro determinante l'accertamento della sua entità, come invece erroneamente preteso dal ricorrente, per poter dubitare delle sua capacità di autodominio.
In relazione a quanto precede, non possono ritenersi manifestamente irragionevoli le valutazioni con cui la Prefettura non ha ritenuto credibile che, nel corso della precitata lite, il ricorrente si sia allontanato dall'abitazione familiare in compagnia dei figli per tutelarne la serenità, come dallo stesso invece sostenuto, ritenendo invece che tale condotta fosse una reazione violenta al conflitto in corso, ed al suo concomitante stato di alterazione.
IV) Come correttamente ricordato dalla difesa dell'istante, nella materia di che trattasi, "l'autorità di polizia non può limitarsi a richiamare acriticamente denunce, o a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo, ma deve operare un'autonoma valutazione dei fatti che ne sono alla base", ciò che ha infatti avuto luogo nel caso di specie, in cui la Prefettura ha autonomamente valutato i predetti fatti, a prescindere dal loro rilievo penale.
Anche nel secondo motivo, il ricorrente richiama giustamente l'orientamento giurisprudenziale unanime, che il Collegio condivide, secondo cui "la normativa richiede che il possessore sia persona esente da mende ed al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo, e la valutazione dell'Amministrazione può sì basarsi su un giudizio probabilistico, che deve essere desunto da valide circostanze di fatto, ma rispetto al quale il sindacato giurisdizionale si arresta al limite della ragionevolezza (C.S., Sez. VI, 14.11.2014, n. 5595)", che nella fattispecie per cui è causa l'Amministrazione ha in sostanza rispettato, valorizzando alcuni fatti, nella loro oggettività, e fondando il giudizio prognostico negativo sulla base della loro correlazione, mediante una valutazione non manifestamente irragionevole.
V) In conclusione, il rilascio del porto d'armi postula che, nella valutazione discrezionale dell'Amministrazione, il soggetto osservi una condotta di vita improntata all'osservanza delle comuni regole di buona convivenza civile, oltreché delle norme penali e di tutela dell'ordine pubblico, in modo tale da non ingenerare sospetti sull'utilizzo improprio dell'arma, e da poter escludere la possibilità di un abuso (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 2.8.2013, n. 2059).
Nel caso di specie, come detto, il ricorrente ha partecipato ad una lite famigliare che ha reso necessario l'intervento delle forze dell'ordine, si è posto in stato di alterazione alcolica, e contestualmente, si è immotivatamente allontanato con i figli all'interno della propria autovettura.
Sebbene dette singole circostanze, di per sé, potrebbero anche non essere sufficienti a supportare i provvedimenti impugnati, ed anche ammettendo, come sostenuto dal ricorrente, la loro tenuità (leggero stato di alterazione alcolica, normale conflitto), considerate congiuntamente, ben possono invece escludere la sussistenza di quella certezza assoluta circa il non abuso delle armi, necessaria al rilascio della relativa autorizzazione, dovendosi pertanto respingere il ricorso.
Quanto alle spese, sussistono tuttavia giusti motivi per compensare le stesse tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità del ricorrente.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2021 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Mauro Gatti, Consigliere, Estensore
Rosanna Perilli, Referendario