Per una persona giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti «da un paese terzo», il motivo di non esecuzione del MAE è facoltativo; nel caso di una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti «da uno Stato membro» il motivo di rifiuto MAE è obbligatorio.
Il motivo di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo relativo ad un idem già giudicato deve essere interpretato nel senso che, quando uno Stato membro sceglie di recepire tale disposizione nel suo diritto interno, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve disporre di un margine di discrezionalità al fine di determinare se occorra o meno rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo per il motivo previsto da detta disposizione.
La nozione di «stessi fatti» relativi ad una sentenza di condanna UE e una extra UE deve essere oggetto di un’interpretazione uniforme.
L’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, che subordina l’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale disposizione alla condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna, deve essere interpretato nel senso che tale condizione è soddisfatta qualora la persona ricercata sia stata condannata per gli stessi fatti con sentenza definitiva a una pena detentiva che ha parzialmente scontato nel paese terzo della condanna e che per il resto le è stata condonata da un’autorità non giudiziaria di quel paese, in virtù di una misura di clemenza di carattere generale che vale anche per persone condannate per fatti gravi e che non è fondata su considerazioni oggettive di politica penale. Spetta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, nell’esercizio del potere discrezionale di cui dispone, operare un bilanciamento tra, da un lato, la prevenzione dell’impunità e la lotta contro la criminalità e, dall’altro, la garanzia della certezza del diritto per la persona interessata.
Corte di giustizia dell'Unione europea
SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
29 aprile 2021 (*)
EU:C:2021:339
«Rinvio pregiudiziale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2002/584/GAI – Mandato d’arresto europeo – Motivi di non esecuzione facoltativa – Articolo 4, punto 5 – Persona ricercata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti in un paese terzo – Condanna che sia stata eseguita o che non possa più essere eseguita secondo le leggi del paese della condanna – Attuazione – Margine di discrezionalità dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione – Nozione di “stessi fatti” – Sconto di pena concesso da un’autorità non giurisdizionale in virtù di una misura di clemenza di carattere generale»
Nella causa C‑665/20 PPU,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi), con decisione del 7 dicembre 2020, pervenuta in cancelleria il 7 dicembre 2020, nel procedimento relativo all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso contro
X
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta da E. Regan, presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Quinta Sezione, M. Ilešič (relatore), C. Lycourgos e I. Jarukaitis, giudici,
avvocato generale: G. Hogan
cancelliere: M. Ferreira, amministratrice principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 marzo 2021,
considerate le osservazioni presentate:
– per X, da D.W.H.M. Wolters e S.W. Kuijpers, advocaten;
– per l’Openbaar Ministerie, da N. Bakkenes e K. van der Schaft;
– per il governo dei Paesi Bassi, da M. K. Bulterman e J. Langer, in qualità di agenti;
– per il governo tedesco, da J. Möller, M. Hellmann e F. Halabi, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, da M. Wasmeier e F. Wilman, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 aprile 2021,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1, e rettifica GU 2006, L 279, pag.30), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (GU 2009, L 81, pag. 24) (in prosieguo: la «decisione quadro»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito dell’esecuzione, nei Paesi Bassi, di un mandato d’arresto europeo emesso il 19 settembre 2019 dall’Amtsgericht Berlin-Tiergarten (Tribunale circoscrizionale di Tiergarten, Berlino, Germania) ai fini dell’esercizio di un’azione penale nei confronti di X.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
La CAAS
3 L’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese, relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen (Lussemburgo) il 19 giugno 1990 ed entrata in vigore il 26 marzo 1995 (GU 2000, L 239, pag. 19; in prosieguo: la «CAAS»), contenuto nel capitolo 3, intitolato «Applicazione del principio ne bis in idem», del titolo III di tale convenzione, prevede quanto segue:
«Una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una [p]arte [c]ontraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra [p]arte [c]ontraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita».
La decisione quadro
4 I considerando 5, 6, 10 e 12 della decisione quadro così recitano:
«5 L’obiettivo dell’Unione [europea] di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia comporta la soppressione dell’estradizione tra Stati membri e la sua sostituzione con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie (...).
6 Il mandato d’arresto europeo previsto nella presente decisione quadro costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria.
(...)
10 Il meccanismo del mandato d’arresto europeo si basa su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri. L’attuazione di tale meccanismo può essere sospesa solo in caso di grave e persistente violazione da parte di uno Stato membro dei principi sanciti all’articolo 6, paragrafo 1, [TUE] constatata dal Consiglio in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, dello stesso trattato, e con le conseguenze previste al paragrafo 2 dello stesso articolo.
(…)
12 La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi sanciti dall’articolo 6 [TUE] e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (…), segnatamente il capo VI (...)».
5 Ai termini dell’articolo 1 di tale decisione quadro, intitolato «Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione»:
«1. Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.
2. Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.
3. L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 [TUE] non può essere modificato per effetto della presente decisione quadro».
6 L’articolo 3 della decisione quadro, rubricato «Motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato di arresto europeo», così dispone:
«L’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione (in prosieguo: “autorità giudiziaria dell’esecuzione”) rifiuta di eseguire il mandato d’arresto europeo nei casi seguenti:
1 se il reato alla base del mandato d’arresto è coperto da amnistia nello Stato membro di esecuzione, se quest’ultimo era competente a perseguire il reato secondo la propria legge penale;
2 se in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna;
3 se la persona oggetto del mandato d’arresto europeo non può ancora essere considerata, a causa dell’età, penalmente responsabile dei fatti all’origine del mandato d’arresto europeo in base alla legge dello Stato membro di esecuzione».
7 L’articolo 4 di tale decisione quadro, intitolato «Motivi di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo», prevede quanto segue:
«L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo:
(...)
5 se in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da un paese terzo a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna
(...)».
Il diritto dei Paesi Bassi
8 La decisione quadro è stata recepita nel diritto dei Paesi Bassi dalla Wet tot implementatie van het kaderbesluit van de Raad van de Europese Unie betreffende het Europees aanhoudingsbevel en de procedures van overlevering tussen de lidstaten van de Europese Unie (legge che attua la decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), del 29 aprile 2004 (Stb. 2004, n. 195), come modificata da ultimo dalla legge del 22 febbraio 2017 (Stb. 2017, n. 82) (in prosieguo: l’«OLW»).
9 L’articolo 9, paragrafo 1, lettere d) e lettera e), dell’OLW, che recepisce l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro e l’articolo 4, punto 5, di quest’ultima, così recita:
«La consegna della persona ricercata non è autorizzata per un fatto per il quale:
(...)
d. tale persona è stata oggetto di una decisione di assoluzione o di non luogo di un giudice dei Paesi Bassi, o di una decisione definitiva equivalente di un giudice di un altro Stato membro dell’Unione europea o di un paese terzo;
e. tale persona è stata condannata con decisione giudiziaria, qualora:
1. la pena o la misura inflitta sia già stata eseguita;
2. la pena o la misura inflitta non possa più essere eseguita o eseguita in un momento successivo;
3. la condanna consista in una dichiarazione di colpevolezza senza pena né misura;
4. la pena o la misura inflitta sia scontata nei Paesi Bassi;
(...)».
10 L’articolo 28, paragrafo 2, dell’OLW è così formulato:
«Se il rechtbank [(tribunale)] constata (...) che la consegna non può essere autorizzata (...), esso è tenuto a rifiutare quest’ultima nella propria decisione».
Il diritto tedesco
11 L’articolo 51 dello Strafgesetzbuch (codice penale), intitolato «Imputazione», al paragrafo 3 così dispone:
«Qualora una pena sia irrogata all’estero per lo stesso fatto nei confronti della persona condannata, tale pena è imputata, fino a concorrenza dell’esecuzione della pena già scontata, sulla nuova pena».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
12 Il 19 settembre 2019 l’Amtsgericht Berlin-Tiergarten (Tribunale circoscrizionale di Tiergarten, Berlino) ha emesso nei confronti di X un mandato d’arresto europeo diretto alla consegna di quest’ultimo ai fini dell’esercizio di un’azione penale per fatti che X avrebbe commesso a Berlino (Germania) il 30 ottobre 2012.
13 Tale giorno, X avrebbe legato Y, la sua compagna all’epoca dei fatti, nonché Z, figlia di quest’ultima, che aveva 10 anni di età, minacciandole con un coltello. In seguito, egli avrebbe violentato Y prima di mutilarla. Prima di lasciare la casa di Y, egli avrebbe sbarrato le stanze in cui si trovavano legate rispettivamente Y e Z allo scopo di causarne la morte.
14 I reati per i quali si chiede la consegna sono i seguenti:
– tentato omicidio volontario nei confronti della sua compagna;
– tentativo di assassinio della figlia minorenne della sua compagna;
– stupro della sua compagna;
– percosse e lesioni gravi nei confronti della sua compagna;
– sequestro volontario della sua compagna;
– sequestro volontario della figlia minorenne della sua compagna.
15 Sulla base di tale mandato d’arresto europeo, X è stato arrestato nei Paesi Bassi e presentato dinanzi al giudice del rinvio il 18 marzo 2020.
16 Egli ha informato tale giudice che non acconsentiva alla propria consegna alle autorità giudiziarie tedesche ed è stato posto in stato di detenzione in attesa di una decisione al riguardo.
17 A sostegno dell’opposizione proposta avverso la sua consegna, X ha invocato il principio del ne bis in idem, affermando, in particolare, che egli era stato giudicato in via definitiva per gli stessi fatti in un paese terzo, ossia in Iran.
18 Secondo quanto constatato dal giudice del rinvio, X è stato perseguito in Iran per i fatti summenzionati, ad eccezione del sequestro di Y che, nei suoi elementi materiali, è stato tuttavia incluso nella qualificazione di «tentato omicidio volontario di Y».
19 X è stato condannato in Iran con una sentenza penale definitiva per le lesioni gravi inflitte a Y nonché per il tentato omicidio di Y e Z. Per contro, è stato definitivamente assolto dalle accuse di violenza sessuale nei confronti di Y e di sequestro volontario di Z.
20 In applicazione del diritto iraniano, X ha dovuto subire soltanto la più grave delle pene detentive alla quale è stato condannato, vale a dire una pena detentiva della durata di sette anni e sei mesi. Egli ha scontato la maggior parte di tale pena e ha beneficiato di uno sconto di pena per la parte residua di quest’ultima grazie a una misura di clemenza generale proclamata dalla Guida Suprema d’Iran, in occasione del 40º anniversario della rivoluzione islamica.
21 Per le lesioni gravi inflitte a Y, X è stato inoltre condannato a versare a quest’ultima una diya (somma di denaro). A causa della sua insolvibilità, X è stato autorizzato a scaglionarne il pagamento nella forma di un primo versamento di 200 000 000 rial iraniani (IRR) (circa EUR 4 245) seguito da rate mensili di importo pari al 2% della diya. Dopo aver effettuato il primo versamento e pagato la prima rata mensile, il 5 maggio 2019 X è stato rimesso in libertà in Iran. Il 7 settembre 2020 le autorità iraniane hanno emesso nei suoi confronti un mandato d’arresto a causa dell’inosservanza delle successive scadenze di pagamento.
22 Dinanzi al giudice del rinvio, X sostiene di essere stato perseguito e giudicato in via definitiva in Iran per gli stessi fatti per i quali è richiesta la sua consegna in applicazione del mandato d’arresto europeo emesso nei suoi confronti. Egli sarebbe stato definitivamente assolto per una parte dei fatti, mentre l’altra parte avrebbe dato luogo ad una condanna ad una pena detentiva che X avrebbe scontato quasi integralmente e il cui saldo sarebbe coperto dalla misura di clemenza menzionata al punto 20 della presente sentenza. X sostiene, inoltre, che la diya non costituisce una pena o una misura, bensì un obbligo di risarcire i danni alla vittima.
23 X ne deduce che, conformemente all’articolo 9, paragrafo 1, lettere d) ed e), punto 1), dell’OLW, la sua consegna alle autorità tedesche in applicazione del mandato d’arresto europeo emesso nei suoi confronti dovrebbe essere rifiutata. Egli fa valere, in particolare, che l’articolo 9, paragrafo 1, dell’OLW non opera alcuna distinzione tra una sentenza definitiva emessa in uno Stato membro e una sentenza definitiva emessa in un paese terzo. Così facendo, il legislatore dei Paesi Bassi si sarebbe avvalso della facoltà riconosciuta agli Stati membri dalla decisione quadro di rifiutare la consegna in caso di sentenza definitiva e di pena scontata integralmente in un paese terzo e, pertanto, i giudici di tale Stato membro sarebbero tenuti a conformarvisi.
24 L’Openbaar Ministerie (pubblico ministero, Paesi Bassi) sostiene, in via principale, che l’eccezione sollevata da X, vertente su una precedente condanna in Iran, non può essere accolta. Trattandosi di una condanna pronunciata in un paese terzo, il giudice del rinvio sarebbe infatti tenuto, in qualità di autorità giudiziaria dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro, ad escludere l’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera e), dell’OLW per valutare se la condanna pronunciata in Iran possa aspirare al riconoscimento reciproco in forza di una fiducia reciproca derivante da trattati o dalla consuetudine. Tenuto conto della rottura delle relazioni diplomatiche e dell’assenza di cooperazione giudiziaria con la Repubblica islamica dell’Iran, nonché dell’esistenza di notevoli differenze tra i sistemi giuridici degli Stati membri dell’Unione e quello della Repubblica islamica dell’Iran, una siffatta fiducia nel sistema giuridico iraniano mancherebbe. Il pubblico ministero ne conclude che la condanna pronunciata nei confronti di X in Iran non può costituire un valido motivo di non esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di X.
25 In subordine, il pubblico ministero fa valere che l’articolo 9, paragrafo 1, lettera e), dell’OLW non osta all’esecuzione di tale mandato d’arresto, dato che la pena inflitta in Iran non è stata ancora scontata nella sua integralità e che essa può essere eseguita successivamente. Il pubblico ministero invoca, al riguardo, il mandato d’arresto emesso dalle autorità iraniane contro X a causa dell’inosservanza da parte di quest’ultimo delle scadenze fissate per il pagamento della diya. In ulteriore subordine, il pubblico ministero fa valere che, poiché i giudici iraniani non si sono pronunciati nei confronti dei capi d’accusa di sequestro di Y, la consegna di X dovrebbe essere autorizzata a tale titolo.
26 In tali circostanze, il giudice del rinvio esprime, anzitutto, dubbi sulla questione se l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro sia stato correttamente recepito nel diritto dei Paesi Bassi. In particolare, esso osserva che tale disposizione elenca i motivi di non esecuzione facoltativa di un mandato d’arresto europeo, mentre l’articolo 9, paragrafo 1, dell’OLW prevede che, in presenza di tali motivi, l’esecuzione debba essere rifiutata, senza che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione disponga di alcun margine di discrezionalità al riguardo.
27 Il giudice del rinvio ritiene poi che, al fine di determinare se esso sia tenuto a rifiutare, in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera e), dell’OLW, la consegna di X per il sequestro volontario di Y, gli spetti verificare se tale fatto, addebitato in Germania a X, e il tentato omicidio volontario di Y, fatto per il quale X è stato condannato in Iran, riguardino gli «stessi fatti», ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, dell’OLW e dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro.
28 Infine, per quanto riguarda i fatti per i quali X è stato condannato in via definitiva in Iran, il giudice del rinvio indica che la questione se esso debba rifiutare, in tutto o in parte, l’esecuzione del mandato d’arresto europeo di cui trattasi dipende dalla portata della condizione, prevista all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro, secondo cui, in caso di condanna con sentenza definitiva in un paese terzo per gli stessi fatti, la sanzione inflitta «sia stata applicata o […] non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna».
29 Il giudice del rinvio si chiede, in particolare, se una misura di clemenza come quella di cui ha beneficiato in Iran X debba essere presa in considerazione nell’ambito dell’applicazione di detto articolo 4, punto 5.
30 Considerando che la risposta alla questione se il mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di X possa essere eseguito dipende dall’interpretazione da dare all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro, il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
1) Se l’articolo 4, punto 5, della [decisione quadro] debba essere interpretato nel senso che, allorché uno Stato membro decide di trasporre detta disposizione nel suo diritto nazionale, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve disporre di un certo margine discrezionale per valutare se occorra o meno rifiutare l’esecuzione del [mandato d’arresto europeo].
2) Se la nozione di “stessi fatti”, di cui all’articolo 4, punto 5, della [decisione quadro] e la medesima nozione di cui all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro in parola debbano essere interpretate allo stesso modo e, ove così non fosse, come detta nozione debba essere interpretata nella prima disposizione citata.
3) Se la condizione di cui all’articolo 4, punto 5, della [decisione quadro], secondo la quale “la sanzione sia stata applicata (…) o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna”, debba essere interpretata nel senso che essa comprende una situazione in cui la persona ricercata sia stata condannata per gli stessi fatti con sentenza definitiva a una pena privativa della libertà che ha parzialmente scontato nello Stato di condanna e che per il resto gli è stata rimessa da un’autorità non giudiziaria di quel paese, nell’ambito di una misura di clemenza di carattere generale che vale anche per persone condannate per reati gravi, come la persona ricercata, e che non è fondata su considerazioni razionali di politica penale».
Domanda di procedimento pregiudiziale d’urgenza
31 Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 107, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte.
32 A tale riguardo, occorre rilevare, in primo luogo, che il presente rinvio pregiudiziale verte sull’interpretazione della decisione quadro, la quale rientra nei settori disciplinati dal titolo V della terza parte del Trattato FUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Esso è riconducibile all’ambito di applicazione del procedimento d’urgenza definito all’articolo 107 del regolamento di procedura e, pertanto, può essere trattato con procedimento pregiudiziale d’urgenza.
33 In secondo luogo, occorre, secondo la giurisprudenza costante della Corte, prendere in considerazione la circostanza che la persona interessata nel procedimento principale sia attualmente privata della sua libertà e che il suo mantenimento in custodia dipenda dalla soluzione della controversia principale [sentenza del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente), C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:1033, punto 28 e giurisprudenza ivi citata].
34 Orbene, dalla decisione di rinvio risulta che la misura detentiva di cui X è oggetto è stata disposta nell’ambito dell’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei suoi confronti e che il mantenimento di tale misura dipende dalla risposta della Corte alle questioni pregiudiziali.
35 Alla luce di tali circostanze, la Quinta Sezione della Corte ha deciso, in data 18 dicembre 2020, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di trattare il presente rinvio pregiudiziale con procedimento d’urgenza.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
36 Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro debba essere interpretato nel senso che, quando uno Stato membro sceglie di recepire tale disposizione nel suo diritto interno, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve disporre di un margine di discrezionalità al fine di determinare se occorra o meno rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo per il motivo previsto da tale disposizione.
37 In via preliminare, occorre ricordare che detta decisione quadro è diretta, mediante l’istituzione di un nuovo sistema semplificato ed efficace di consegna delle persone condannate o sospettate di aver violato la legge penale, a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria allo scopo di contribuire a realizzare l’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia fondandosi sull’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri [sentenza dell’11 marzo 2020, SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione), C‑314/18, EU:C:2020:191, punto 38 e giurisprudenza ivi citata].
38 Nel settore disciplinato dalla decisione quadro, il principio di riconoscimento reciproco, che costituisce, come risulta in particolare dal considerando 6 della stessa, il «fondamento» della cooperazione giudiziaria in materia penale, trova espressione all’articolo 1, paragrafo 2, di tale decisione quadro, che sancisce la regola secondo cui gli Stati membri sono tenuti a dare esecuzione a ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della detta decisione quadro [sentenza dell’11 marzo 2020, SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione), C‑314/18, EU:C:2020:191, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].
39 Ne consegue che le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono, in via di principio, rifiutare di eseguire un siffatto mandato solo per i motivi di non esecuzione tassativamente elencati dalla decisione quadro. Di conseguenza, mentre l’esecuzione del mandato d’arresto europeo costituisce il principio, il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere oggetto di interpretazione restrittiva [sentenza del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente), C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:1033, punto 28 e giurisprudenza ivi citata].
40 La decisione quadro enuncia espressamente, al suo articolo 3, motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato d’arresto europeo e, ai suoi articoli 4 e 4 bis, motivi di non esecuzione facoltativa [v., in questo senso, sentenza dell’11 marzo 2020, SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione), C‑314/18, EU:C:2020:191, punto 40 e giurisprudenza citata].
41 Per quanto riguarda i motivi di non esecuzione facoltativa elencati all’articolo 4 della decisione quadro, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, nell’ambito della trasposizione della decisione quadro, gli Stati membri dispongono di un margine discrezionale. Pertanto, questi ultimi sono liberi di trasporre o meno tali motivi nel loro diritto interno. Essi possono altresì scegliere di limitare le situazioni nelle quali l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo, agevolando così la consegna delle persone ricercate, conformemente al principio del riconoscimento reciproco sancito dall’articolo 1, paragrafo 2, di tale decisione quadro (v., in questo senso, sentenza del 6 ottobre 2009, Wolzenburg, C‑123/08, EU:C:2009:616, punti 58, 59 e 61).
42 Inoltre, occorre osservare che, ai sensi dell’articolo 4 della decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione «può rifiutare» di eseguire un mandato d’arresto europeo per i motivi elencati ai punti da 1 a 7 di tale articolo, tra i quali figura, in particolare, il fatto che in base ad informazioni in possesso di tale autorità risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da un paese terzo a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna.
43 Dalla formulazione dell’articolo 4 della decisione quadro, ed in particolare dall’utilizzo del verbo «potere», combinato con l’infinito del verbo «rifiutare», il cui soggetto è l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, risulta quindi che quest’ultima deve essa stessa disporre di un margine di discrezionalità in merito alla questione se si debba rifiutare o meno di eseguire il mandato d’arresto europeo per i motivi di cui a tale articolo 4 (v., in questo senso, sentenza del 13 dicembre 2018, Sut, C‑514/17, EU:C:2018:1016, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).
44 Ne consegue che, quando optano per il recepimento di uno o più dei motivi di non esecuzione facoltativa previsti dall’articolo 4 della decisione quadro, gli Stati membri non possono prevedere che le autorità giudiziarie siano tenute a rifiutare di eseguire qualsiasi mandato d’arresto europeo che rientri formalmente nell’ambito di applicazione di detti motivi, senza possibilità per queste ultime di prendere in considerazione le circostanze proprie di ciascun caso di specie.
45 Tale interpretazione dell’articolo 4 della decisione quadro è corroborata dal contesto in cui si inserisce tale articolo.
46 In primo luogo infatti, come la Corte ha ripetutamente sottolineato, l’esecuzione del mandato d’arresto europeo costituisce il principio, mentre il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere oggetto di interpretazione restrittiva [v. in questo senso, sentenza dell’11 marzo 2020, SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione), C‑314/18, EU:C:2020:191, punto 39].
47 Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 44 delle sue conclusioni, una disposizione nazionale che privi l’autorità giudiziaria dell’esecuzione della possibilità di tener conto delle circostanze, proprie di ciascun caso di specie, idonee a indurla a ritenere che le condizioni del rifiuto di consegna non siano sostanzialmente soddisfatte, produrrebbe l’effetto di sostituire alla semplice facoltà, prevista all’articolo 4 della decisione quadro, un vero e proprio obbligo, trasformando in tal modo l’eccezione costituita dal rifiuto di consegna in regola di principio.
48 In secondo luogo, la formulazione dell’articolo 4 della decisione quadro deve essere paragonata a quella dell’articolo 3 di quest’ultima che, conformemente al suo titolo, enuncia motivi di «non esecuzione obbligatoria», in forza dei quali l’autorità giudiziaria dell’esecuzione «rifiuta» l’esecuzione del mandato d’arresto europeo. Pertanto, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non dispone di alcun potere discrezionale ai sensi dell’articolo 3 della decisione quadro.
49 Inoltre, la formulazione dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro è a sua volta quasi identica a quella dell’articolo 3, punto 2, di quest’ultima, fatta salva la circostanza che il primo riguarda il caso di una persona giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti «da un paese terzo», mentre il secondo riguarda il caso di una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti «da uno Stato membro».
50 Orbene, l’assenza di potere discrezionale dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione nell’ambito dell’applicazione del motivo di non esecuzione previsto all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro deriva dal requisito del rispetto del principio del ne bis in idem sancito all’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
51 Tale principio, quale garantito dall’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali, implica che una persona non può essere perseguita penalmente in uno Stato membro a causa di un reato per il quale è già stata assolta o condannata «nell’Unione».
52 A tal riguardo, occorre rammentare che il diritto dell’Unione poggia sulla premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, e riconosce che questi condividono con esso, una serie di valori comuni sui quali l’Unione si fonda, così come precisato all’articolo 2 TUE [sentenza del 24 settembre 2020, Generalbundesanwalt beim Bundesgerichtshof (Principio di specialità) (C‑195/20 PPU, EU:C:2020:749), punto 30]. Tale premessa implica e giustifica l’esistenza della fiducia reciproca tra gli Stati membri, in particolare nei loro rispettivi sistemi di giustizia penale.
53 Il principio della fiducia reciproca impone a ciascuno di tali Stati, segnatamente per quanto riguarda lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, di ritenere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo [sentenza del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente), C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:1033, punto 35 e giurisprudenza ivi citata].
54 Una siffatta fiducia reciproca sussiste anche tra gli Stati contraenti della CAAS, il cui articolo 54 osta a che una persona che sia già stata giudicata con sentenza definitiva da uno Stato contraente sia «sottoposta a procedimento penale» da un altro Stato contraente (sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, C‑486/14, EU:C:2016:483, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).
55 Per contro, una fiducia nel sistema di giustizia penale dei paesi terzi che non sono parti di tale accordo o di quelli che non intrattengono altri rapporti privilegiati con l’Unione non può, in linea di principio, essere presunta, il che implica che all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, conformemente all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro, sia riconosciuto un margine di discrezionalità al fine di verificare se, tenuto conto di tutte le circostanze particolari di ciascun caso di specie, segnatamente delle condizioni in cui la persona ricercata è stata giudicata e, se del caso, del fatto che la condanna pronunciata nei suoi confronti sia stata eseguita, occorra rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo.
56 Tale interpretazione è inoltre conforme all’obiettivo dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro che, come risulta dal tenore letterale di tale disposizione e conformemente all’articolo 67, paragrafo 1, TFUE, mira a consentire all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di garantire la certezza del diritto della persona ricercata prendendo in considerazione il fatto che quest’ultima è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da un paese terzo, purché, in caso di condanna, quest’ultima sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione o non possa più essere eseguita secondo le leggi del paese di condanna (v., per analogia relativamente all’articolo 54 della CAAS, sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, C‑486/14, EU:C:2016:483, punto 44).
57 Occorre ricordare, al riguardo, che la condizione attinente al fatto che la condanna sia stata eseguita o sia in corso di esecuzione o non possa più essere eseguita secondo le leggi del paese di condanna, di per sé, produce l’effetto, se non soddisfatta, di imporre la consegna della persona ricercata affinché questa sia sottoposta a procedimento penale o sconti la pena privativa della libertà pronunciata a suo carico, e concorre alla realizzazione dell’obiettivo perseguito dal meccanismo del mandato d’arresto europeo che consiste nel prevenire, nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, l’impunità dei reati [v., in questo senso, sentenza dell’11 marzo 2020, SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione), C‑314/18, EU:C:2020:191, punto 47 e, per analogia, sentenza del 27 maggio 2014, Spasic, C‑129/14 PPU, EU:C:2014:586, punto 77].
58 In tale contesto, occorre ricordare che la decisione quadro deve essere interpretata in modo tale da garantire la conformità ai requisiti del rispetto dei diritti fondamentali delle persone interessate, senza che per questo sia rimessa in discussione l’efficacia del sistema di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, di cui il mandato d’arresto europeo, quale previsto dal legislatore dell’Unione, costituisce uno degli elementi essenziali (sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 63).
59 Poiché, come risulta dal punto 55 della presente sentenza, i principi di fiducia reciproca e di riconoscimento reciproco, che sono alla base del meccanismo del mandato d’arresto europeo, non sono automaticamente trasponibili nei confronti di decisioni pronunciate dai giudici di paesi terzi, la realizzazione dell’obiettivo, enunciato all’articolo 3, paragrafo 2, TUE, di prevenzione dei crimini e di lotta contro la criminalità nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia rischierebbe di essere compromessa se l’autorità giudiziaria dell’esecuzione fosse tenuta, indipendentemente dalle circostanze di ciascun caso di specie, a rifiutare la consegna del ricercato per il motivo di cui all’articolo 4, paragrafo 5, della decisione quadro.
60 Ne consegue che l’applicazione concreta del motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro deve essere lasciata alla discrezionalità dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione che, a tal fine, deve disporre di un margine di discrezionalità che le consenta di procedere a un esame caso per caso prendendo in considerazione tutte le circostanze rilevanti e, in particolare, le circostanze in cui il ricercato è stato giudicato nel paese terzo, al fine di determinare se la mancata consegna di tale persona sia tale da violare il legittimo interesse di tutti gli Stati membri in materia di prevenzione della criminalità nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
61 Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio sembra escludere, salvo ricorrere a un’interpretazione contra legem, che l’OLW possa essere applicato in modo da riconoscere all’autorità giudiziaria dell’esecuzione un siffatto margine di discrezionalità.
62 In proposito occorre ricordare, da un lato, che, dato che la decisione quadro è priva di effetto diretto, un giudice di uno Stato membro non è tenuto, sulla sola base del diritto dell’Unione, a disapplicare una disposizione del suo diritto nazionale contraria alla decisione quadro (v., in questo senso, sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 71, e giurisprudenza ivi citata).
63 Dall’altro lato, per quanto il carattere vincolante di una decisione quadro comporti, in capo alle autorità nazionali, un obbligo di interpretare il diritto nazionale, quanto più possibile, alla luce della lettera e dello scopo di tale decisione, al fine di conseguire il risultato perseguito da questa, il principio di interpretazione conforme non può porsi a fondamento di un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (v., in questo senso, sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punti 72, 73 e 76, e giurisprudenza ivi citata).
64 Ciò detto, tale principio d’interpretazione conforme esige che venga preso in considerazione il diritto interno nel suo complesso e che vengano applicati i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della decisione quadro di cui trattasi e di pervenire a una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima (sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 77 e giurisprudenza ivi citata).
65 Nel caso di specie, il governo dei Paesi Bassi ha segnalato, all’udienza dinanzi alla Corte, che era in corso di adozione una proposta di legge volta a modificare l’articolo 9 dell’OLW al fine di renderlo conforme alla decisione quadro.
66 In tali circostanze, spetta al giudice del rinvio valutare, in particolare, se, tenuto conto di tale potenziale modifica legislativa, il diritto dei Paesi Bassi possa ricevere un’applicazione tale da condurre ad un risultato compatibile con quello perseguito dalla decisione quadro.
67 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro deve essere interpretato nel senso che, quando uno Stato membro sceglie di recepire tale disposizione nel suo diritto interno, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve disporre di un margine di discrezionalità al fine di determinare se occorra o meno rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo per il motivo previsto da detta disposizione.
Sulla seconda questione
68 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, punto 2, e l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro debbano essere interpretati nel senso che la nozione di «stessi fatti», contenuta in entrambe le disposizioni, debba essere oggetto di un’interpretazione uniforme.
69 Come risulta da una giurisprudenza costante, dall’obbligo di applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto dal principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del proprio significato e della propria portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto non solo dei termini della medesima, ma anche del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi [sentenza del 25 giugno 2020, Ministerio Fiscal (Autorità preposta a ricevere una domanda di protezione internazionale), C‑36/20 PPU, EU:C:2020:495, punto 53 e giurisprudenza citata].
70 Per quanto riguarda, in particolare, la nozione di «stessi fatti» di cui all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro, la Corte ha considerato che, giacché tale disposizione non rinviava al diritto degli Stati membri per quanto riguarda tale nozione, quest’ultima doveva essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme (v., in questo senso, sentenza del 16 novembre 2010, Mantello, C‑261/09, EU:C:2010:683, punto 38).
71 La Corte ha inoltre constatato che la nozione di «medesimi fatti» figurava parimenti nell’articolo 54 della CAAS e, considerando l’obiettivo comune di tale articolo e dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione quadro, vale a dire evitare che una persona sia perseguita o giudicata nuovamente per gli stessi atti in un procedimento penale, ha ritenuto che queste due nozioni dovessero essere interpretate allo stesso modo, nel senso della sola identità dei fatti materiali, ricomprendente un insieme di fatti inscindibilmente collegati tra loro, a prescindere dalla qualificazione giuridica dei fatti medesimi o dall’interesse giuridico tutelato (sentenza del 16 novembre 2010, Mantello, C‑261/09, EU:C:2010:683, punti 39 e 40, e giurisprudenza ivi citata).
72 Al pari dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione quadro, l’articolo 4, punto 5, di quest’ultima non contiene alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri, cosicché, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 69 della presente sentenza, il senso e la portata della nozione di «stessi fatti», di cui a tale disposizione, devono parimenti dar luogo, in tutta l’Unione, ad un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi.
73 A tal riguardo, occorre rilevare, anzitutto, che tale nozione è formulata in termini rigorosamente identici a quella di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della decisione quadro.
74 Per quanto riguarda, poi, il contesto in cui tali due nozioni si inseriscono, occorre osservare che la formulazione dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro è del tutto analoga a quella dell’articolo 3, punto 2, di quest’ultima, ad eccezione del fatto che quest’ultima disposizione, che prevede uno dei «motivi di non esecuzione obbligatoria» del mandato d’arresto europeo, riguarda una sentenza emessa «da uno Stato membro», mentre l’articolo 4, punto 5, di tale decisione quadro, che enuncia uno dei «motivi di non esecuzione facoltativa», riguarda una sentenza resa «da un paese terzo».
75 In queste condizioni, considerazioni di coerenza e di certezza del diritto richiedono che alle nozioni formulate in termini identici in ciascuna di queste due disposizioni, nonché all’articolo 54 della CAAS, sia attribuita la medesima portata (v., in questo senso, sentenza del 10 novembre 2016, Özçelik, C‑453/16 PPU, EU:C:2016:860, punto 33).
76 La circostanza che l’articolo 3, punto 2, di tale decisione quadro riguardi le sentenze pronunciate nell’Unione, mentre l’articolo 4, punto 5, di quest’ultima riguarda quelle rese in un paese terzo, non può, di per sé, giustificare che a detta nozione sia conferita una portata diversa.
77 Invero, l’applicazione del principio ne bis in idem presuppone inevitabilmente l’esistenza di fiducia nel sistema di giustizia penale del paese in cui la sentenza è stata pronunciata (v., in queste senso, sentenza del 9 marzo 2006, Van Esbroeck, C‑436/04, EU:C:2006:165, punto 30 e giurisprudenza citata). Orbene, come risulta dal punto 55 della presente sentenza, l’elevato livello di fiducia esistente tra gli Stati membri non può essere presunto nel caso di paesi terzi e, in particolare, del sistema di giustizia penale di questi ultimi.
78 Tuttavia, da un lato, occorre sottolineare che è proprio a causa di tale incertezza che il legislatore dell’Unione ha classificato tra i motivi di non esecuzione facoltativa, piuttosto che tra i motivi di non esecuzione obbligatoria, la circostanza che la persona ricercata sia stata giudicata con sentenza definitiva in un paese terzo.
79 In tal modo, infatti, esso consente agli Stati membri di limitare le situazioni nelle quali l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutarsi di eseguire un mandato di arresto europeo per tale motivo, agevolando così la consegna delle persone ricercate, conformemente al principio del reciproco riconoscimento sancito dall’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro (sentenza del 6 ottobre 2009, Wolzenburg, C‑123/08, EU:C:2009:616, punti 58 e 59).
80 Inoltre, poiché, come risulta dalla risposta alla prima questione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve disporre di un margine di discrezionalità nell’ambito dell’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro, tale autorità è in condizioni di tener conto, al fine di determinare se occorra o meno rifiutare la consegna della persona ricercata, della fiducia che essa può legittimamente riporre nel sistema di giustizia penale del paese terzo interessato.
81 Dall’altro lato, conferire all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro e, in particolare, alla nozione di «stessi fatti», nell’accezione di quest’ultima, una portata più ridotta rispetto a quella riconosciuta all’articolo 3, punto 2, di tale decisione quadro e all’articolo 54 della CAAS sarebbe difficilmente conciliabile con quest’ultima disposizione, dato che tale convenzione è applicabile non solo agli Stati membri, ma anche a taluni paesi terzi che vi hanno aderito.
82 Per quanto riguarda, infine, la finalità di tale disposizione, occorre ricordare che, al pari dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro, l’articolo 4, punto 5, di quest’ultima mira a consentire all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di garantire la certezza del diritto per il ricercato prendendo in considerazione, nell’ambito del margine di discrezionalità di cui dispone, il fatto che esso è stato giudicato con sentenza definitiva per gli stessi fatti in un altro Stato, il che depone parimenti a favore di un’interpretazione coerente della nozione di «stessi fatti» contenuta in tali disposizioni.
83 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 3, punto 2, e l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro devono essere interpretati nel senso che la nozione di «stessi fatti», contenuta in queste due disposizioni, deve essere oggetto di un’interpretazione uniforme.
Sulla terza questione
84 Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro, che subordina l’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale disposizione alla condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna, debba essere interpretato nel senso che tale condizione è soddisfatta qualora la persona ricercata sia stata condannata per gli stessi fatti con sentenza definitiva a una pena detentiva che ha parzialmente scontato nel paese terzo di condanna e che per il resto le è stata condonata da un’autorità non giudiziaria di quel paese, nell’ambito di una misura di clemenza di carattere generale che vale anche per persone condannate per reati gravi e che non è fondata su considerazioni oggettive di politica penale.
85 Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, della decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo se in base ad informazioni in suo possesso risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da un paese terzo, «a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna» (in prosieguo: la «condizione di esecuzione»).
86 A tal riguardo, occorre osservare che l’articolo 4, paragrafo 5, della decisione quadro si riferisce in generale alle «leggi del paese della condanna», senza circoscrivere ulteriormente la causa dell’impossibilità di eseguire la pena.
87 Occorre dunque, in linea di principio, riconoscere tutte le misure di clemenza previste dalle leggi del paese della condanna le quali comportano che la sanzione inflitta non possa più essere eseguita, e ciò a prescindere, in particolare, dalla gravità dei fatti, dall’autorità che ha concesso la misura nonché dalle considerazioni da cui quest’ultima deriva.
88 Ne consegue che uno sconto della pena, concesso in conformità al diritto del paese della condanna, non può a priori essere escluso dall’ambito di applicazione dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro, anche quando è stato accordato da un’autorità non giurisdizionale in virtù di una misura di clemenza di carattere generale di cui beneficiano anche persone condannate per fatti gravi e che non discende da considerazioni oggettive di politica penale.
89 Tale interpretazione, fondata sul dettato dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro, è corroborata dal contesto di tale disposizione e dalla finalità perseguita da quest’ultima, nonché, più in generale, dall’obiettivo della decisione quadro.
90 Per quanto riguarda, in primo luogo, il contesto in cui si inserisce l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro, da un lato, occorre rilevare che la condizione di esecuzione prevista da tale disposizione è formulata in termini quasi identici a quelli di cui all’articolo 3, punto 2, di tale decisione quadro. Anche l’articolo 54 della CAAS contiene una siffatta condizione redatta in modo del tutto simile.
91 Di conseguenza, per le stesse ragioni esposte ai punti da 74 a 81 della presente sentenza, si deve attribuire a questa condizione la medesima portata.
92 Dall’altro lato, occorre osservare che, ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione rifiuta l’esecuzione del mandato d’arresto europeo «se il reato alla base del mandato d’arresto è coperto da amnistia nello Stato membro di esecuzione, se quest’ultimo era competente a perseguire il reato secondo la propria legge penale».
93 L’amnistia, perseguendo in generale lo scopo di spogliare del loro carattere delittuoso i fatti cui si riferisce, di modo che il reato non potrà più comportare procedimenti penali e, se una condanna è già stata pronunciata, si porrà fine alla sua esecuzione, implica quindi, in linea di principio, che la sanzione inflitta non può più essere eseguita, ai sensi dell’articolo 3, punto 2, e dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro.
94 Non si può tuttavia ritenere che il legislatore dell’Unione, avendo specificamente preso in considerazione l’ipotesi dell’amnistia nello Stato membro di esecuzione all’articolo 3, punto 1, di tale decisione quadro, abbia inteso escludere l’amnistia nello Stato membro della condanna, o anche altre misure di clemenza adottate da un’autorità non giurisdizionale di tale Stato, dall’ambito di applicazione dell’articolo 3, punto 2, e dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro.
95 In effetti, come risulta dal suo tenore letterale, l’articolo 3, punto 1, della decisione quadro riguarda l’ipotesi specifica in cui il reato commesso dal ricercato non può innescare un’azione penale nello Stato membro dell’esecuzione in quanto coperto da un’amnistia in tale Stato membro, mentre la condizione di esecuzione prevista all’articolo 4, punto 5, e all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro riguarda la situazione, sostanzialmente diversa, in cui il ricercato è stato condannato in un paese terzo o in uno Stato membro diverso dallo Stato membro dell’esecuzione.
96 In secondo luogo, per quanto riguarda la finalità della condizione di esecuzione prevista all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro, dal punto 57 della presente sentenza risulta che tale condizione di esecuzione consiste nel prevenire, all’interno dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, l’impunità dei reati.
97 In proposito occorre ricordare che, come emerge dall’articolo 67, paragrafo 3, TFUE, l’obiettivo assegnato all’Unione, consistente nel divenire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, comporta la necessità, per l’Unione, di adoperarsi per garantire un livello elevato di sicurezza attraverso misure di prevenzione e di lotta contro la criminalità, mediante provvedimenti di coordinamento e cooperazione tra forze di polizia e autorità giudiziarie e altre autorità competenti, nonché tramite il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie penali e, se necessario, il ravvicinamento delle legislazioni penali (sentenza del 27 maggio 2014, Spasic, C‑129/14 PPU, EU:C:2014:586, punto 62).
98 In tale contesto, la condizione di esecuzione riveste un’importanza particolare, dato che, nell’ipotesi in cui non sia soddisfatta, essa produce l’effetto di prevenire l’applicazione del principio del ne bis in idem e, pertanto, di imporre la consegna della persona ricercata affinché quest’ultima sia perseguita o sconti la pena privativa della libertà inflittale.
99 Il principio del ne bis in idem enunciato sia all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro, sia all’articolo 3, punto 2, di quest’ultima e all’articolo 54 della CAAS non mira tuttavia soltanto ad evitare, nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, l’impunità delle persone condannate con una sentenza penale definitiva, bensì anche a garantire la certezza del diritto attraverso il rispetto delle decisioni degli organi pubblici divenute definitive (v., in tal senso, sentenza del 27 maggio 2014, Spasic, C‑129/14 PPU, EU:C:2014:586, punto 77).
100 Orbene, la certezza del diritto delle persone giudicate con sentenza definitiva può essere proficuamente garantita solo se esse hanno l’assicurazione che, una volta condannate e qualora la sanzione inflittagli non possa più essere eseguita secondo le leggi dello Stato contraente di condanna, potranno circolare all’interno dell’Unione senza dover temere di essere perseguite per gli stessi fatti (v., in questo senso, sentenza dell’11 dicembre 2008, Bourquain, C‑297/07, EU:C:2008:708, punti da 49 a 51), ivi compreso quando hanno goduto di uno sconto della pena concesso da un’autorità non giurisdizionale in virtù di una misura di clemenza di carattere generale non fondata su considerazioni obiettive di politica penale.
101 Occorre tuttavia rilevare che, a differenza del motivo di non esecuzione obbligatoria previsto all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro, nell’applicazione del quale l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non dispone di alcun margine discrezionale, una siffatta autorità deve, come indicato al punto 60 della presente sentenza, usufruire, nell’ambito dell’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 5, di tale decisione quadro, di un margine di discrezionalità che le consenta di procedere a un esame caso per caso prendendo in considerazione l’insieme delle circostanze pertinenti. Tra queste figurano, in particolare, il fatto che la persona ricercata abbia goduto di una misura di clemenza di carattere generale, la portata di tale misura, nonché le condizioni in cui tale misura è stata adottata.
102 Tale esame delle circostanze pertinenti deve essere svolto alla luce degli obiettivi, ricordati al punto 99 della presente sentenza, perseguiti dall’articolo 4, punto 5, della decisione quadro e, più in generale, dell’obiettivo, sancito l’articolo 3, paragrafo 2, TUE, di prevenzione della criminalità e di lotta contro quest’ultima nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
103 In particolare, nell’esercitare il potere discrezionale di cui dispone, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve operare un bilanciamento tra, da un lato, la prevenzione dell’impunità e la lotta contro la criminalità e, dall’altro, la garanzia di certezza del diritto per la persona interessata, al fine di conseguire l’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, conformemente all’articolo 67, paragrafi 1 e 3, TFUE.
104 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro, che subordina l’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale disposizione alla condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna, deve essere interpretato nel senso che tale condizione è soddisfatta qualora la persona ricercata sia stata condannata per gli stessi fatti con sentenza definitiva a una pena detentiva che ha parzialmente scontato nel paese terzo della condanna e che per il resto le è stata condonata da un’autorità non giudiziaria di quel paese, in virtù di una misura di clemenza di carattere generale che vale anche per persone condannate per fatti gravi e che non è fondata su considerazioni oggettive di politica penale. Spetta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, nell’esercizio del potere discrezionale di cui dispone, operare un bilanciamento tra, da un lato, la prevenzione dell’impunità e la lotta contro la criminalità e, dall’altro, la garanzia della certezza del diritto per la persona interessata.
Sulle spese
105 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:
1) L’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, deve essere interpretato nel senso che, quando uno Stato membro sceglie di recepire tale disposizione nel suo diritto interno, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve disporre di un margine di discrezionalità al fine di determinare se occorra o meno rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo per il motivo previsto da detta disposizione.
2) L’articolo 3, punto 2, e l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, devono essere interpretati nel senso che la nozione di «stessi fatti», contenuta in queste due disposizioni, deve essere oggetto di un’interpretazione uniforme.
3) L’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, che subordina l’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale disposizione alla condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna, deve essere interpretato nel senso che tale condizione è soddisfatta qualora la persona ricercata sia stata condannata per gli stessi fatti con sentenza definitiva a una pena detentiva che ha parzialmente scontato nel paese terzo della condanna e che per il resto le è stata condonata da un’autorità non giudiziaria di quel paese, in virtù di una misura di clemenza di carattere generale che vale anche per persone condannate per fatti gravi e che non è fondata su considerazioni oggettive di politica penale. Spetta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, nell’esercizio del potere discrezionale di cui dispone, operare un bilanciamento tra, da un lato, la prevenzione dell’impunità e la lotta contro la criminalità e, dall’altro, la garanzia della certezza del diritto per la persona interessata.
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