Rassegna della giurisprudenza rilevante degli ultimi quindici anni in materia di MAE, aggiornata a dicembre 2020, a cura dei consiglieri della Sezione VI della Corte di Cassazione Ersilia Calvanese e Gaetano De Amicis.
SOMMARIO
Questioni di costituzionalità
1. Questioni sottoposte al vaglio della Corte costituzionale
1.1. Computo della custodia cautelare all’estero: illegittimità
1.2. Impugnazione delle misure cautelari: inammissibilità.
1.5. Rifiuto di consegna del cittadino di uno Stato non membro dell’U.E. residente o dimorante in Italia: questione pendente
2. Questioni dichiarate manifestamente infondate dalla Corte di Cassazione
2.1. Arresto obbligatorio da parte della polizia giudiziaria (art. 13)
2.2. Tutela della madre di prole di età inferiore a tre anni (18, comma 1, lett. s) (ora, 18, comma 1, lett. p)
2.3. Consegna sulla base di un m.a.e. non sottoscritto da un giudice
2.4. Brevità dei termini del procedimento in cassazione
2.5. Mancata previsione dell’indulto quale causa di rifiuto della consegna
2.6. Disciplina intertemporale relativamente ai reati commessi prima del 7 agosto 2002
2.7. Forma della udienza davanti alla Corte di appello
2.8. Ricorso per cassazione avverso misure cautelari limitato alla sola violazione di legge
2.9. Presupposti per l’esecuzione di misure cautelari straniere
2.10. Ricorso per cassazione proposto personalmente
2.11. Rifiuto della consegna per cittadino di Stato U.E. la cui famiglia risieda in Italia17
Disposizioni di principio e definizioni (art. 1)
1. Definizione di mandato d’arresto europeo.
1.1. Finalità del m.a.e. processuale (art. 1, comma 2)
2. Provvedimento sottoscritto da un giudice (art. 1, comma 3)
3. Nozione di “mandato di arresto” interno.
4. Applicazione nei confronti degli Stati U.E.
Garanzie costituzionali (art. 2)
1. Diritti fondamentali garantiti dalla CEDU (art. 2, comma 1, lett. a)
1.1. Processi in absentia.
1.2. Misura cautelare temporanea
1.3. Mancanza di misure alternative o di rieducazione
1.4. Traduzione di atti del procedimento estero
2. Principi costituzionali sul giusto processo (art. 2, comma 1, lett. b)
Autorità centrale (art. 4)
Garanzia giurisdizionale (art. 5)
1. Competenza.
2. Incompatibilità
Contenuto ed allegati del mandato d’arresto europeo (art. 6)
1. Contenuto del m.a.e
1.1. Nome, indirizzo, numero di telefono e di fax, indirizzo di posta elettronica dell'autorità giudiziaria emittente ((art. 6, comma 1, lett. b).
1.2. Esistenza di una decisione giudiziaria esecutiva (art. 6, comma 1, lett. c)
1.3. Descrizione del fatto (art. 6, comma 1, lett. e)
1.4. Indicazione della pena minima e massima (art. 6, comma 1, lett. f)
1.5. Esigenze cautelari
2. Traduzione (art. 6, comma 7)
3. Correzioni o modificazioni
4. Allegati
4.1. Titolo restrittivo (art. 6, comma 3)
4.2. Relazione sui fatti addebitati (art. 6, comma 4, lett. a)
4.3. Testo delle disposizioni di legge applicabili (art. 6, comma 4, lett. b)
4.4. Informazioni su identità e nazionalità (art. 6, comma 4, lett. c)
4.5. Autenticità degli allegati
4.6. Omessa allegazione (art. 6, comma 5)
4.7. Richiesta di informazioni allo Stato di emissione (art. 6, comma 2)
Casi di doppia punibilità (art. 7)
1. Casi di doppia punibilità (art. 7)
1.1. Verifica della doppia incriminabilità
1.2. Fattispecie di doppia incriminabilità
1.3. Reati in materia di tasse (art. 7, comma 2)
1.4. Limiti edittali (art. 7, commi 3 e 4)
Consegna obbligatoria (art. 8)
1. Fattispecie
1.1. Delitti tentati
1.2. Truffa (art. 8, comma 1, lett. v) e uso di documenti falsi (art. 8, comma 1, lett. h)
2. Incolpevole ignoranza (art. 8, comma 3)
Ricezione del mandato d’arresto ed applicazione di misure cautelari (art. 9)
1. Ricezione del M.A.E.
2. Applicazione di misure cautelari.
2.1. Presupposti
2.2. Motivazione
2.3. Cause ostative alla consegna (art. 9, comma 6)
2.4. Durata
2.5. Esecuzione (art. 9, comma 5-bis)
2.6. Impugnazioni (art. 9, comma 7)
2.6.1. Tipologia
2.6.2. Questioni deducibili
2.6.3. Procedimento
2.6.4. Annullamento dell’ordinanza cautelare
2.6.5. Diritto alla riparazione per ingiusta detenzione
Inizio del procedimento (art. 10)
1. Normativa applicabile al procedimento di consegna.
2. Patrocinio a spese dello Stato
3. Audizione dell’interessato (10, comma 1)
4. Udienza per la decisione
4.1. Fissazione (art. 10, comma 4, prima parte)
4.2. Avvisi (art. 10, comma 4, ult. parte)
4.3. Requisitoria del P.G.
4.4. Forma dell’udienza .
4.5. Rinvio dell’udienza per adesione del difensore all’astensione di categoria
Arresto ad iniziativa della polizia giudiziaria (art. 11)
1. Presupposti
1.1. Irreperibilità del ricercato
1.2. Segue. L’urgenza
Adempimenti conseguenti da parte della P.G. (art. 12)
Convalida (art. 13)
1. Competenza
2. Termine
3. Adempimenti
4. Audizione dell’interessato
5. Controllo affidato al giudice
6. Applicazione di misure cautelari
6.1. Competenza
6.2. Autonomia del provvedimento cautelare
6.3. Presupposti
6.4. Motivazione
6.5. Perenzione della misura. ..........................................................................60 6.6. Reiterazione della misura. ........................................................................60 Consenso alla consegna (art. 14) ..........................................................................61 1. Acquisizione del consenso. ............................................................................61 2. Procedimento..............................................................................................61 Informazioni ed accertamenti integrativi (art. 16)
1. Nozione
2. Inoltro della richiesta
3. Documentazione prodotta dal magistrato di collegamento.
4. Termine per la trasmissione (art. 16, comma 1)
4.1. Decorso
4.2. Natura del termine
5. Mancata acquisizione.
6. Termine a difesa
Decisione sulla consegna (art. 17)
1. Udienza
2. Immutabilità del giudice
3. Termine per la decisione (art. 17, comma 2)
3.1. Dies a quo
3.2. Proroga del termine (art. 17, comma 2, seconda parte)
3.3. Decorso del termine. Effetti
3.4. Sospensione dei termini per il periodo feriale (art. 39)
4. Lettura della sentenza (art. 17, comma 6)
5. Traduzione della sentenza
6. Decisione di rifiuto
6.1. Revoca delle misure cautelari (art. 17, comma 5)
6.2. Bis in idem
Sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza/sentenza irrevocabile di condanna (art. 17, comma 4)
1. Sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza
2. Sentenza irrevocabile di condanna
Condizioni ostative (art. 18)
1. Clausola di non discriminazione (art. 18, lett. a)
2. Limiti massimi di carcerazione preventiva (art. 18, lett. e)
3. Reato politico (art. 18, lett. f)
4. Rispetto delle garanzie attinenti al “giusto processo” (art. 18, lett. g)
4.1. Giudizio in contumacia
4.2. Imparzialità della magistratura
4.3. Rapporti con l’ipotesi di rifiuto a favore del residente e del cittadino
5. Trattamenti inumani o degradanti (art. 18, lett. h)
5.1. Situazione carceraria in Stati U.E.
5.1.1. Romania
5.1.2. Bulgaria
5.1.3. Ungheria
5.1.4. Belgio
6. Consegna del minorenne (art. 18, lett. i)
7. Amnistia (art. 18, lett. l)
8. Bis in idem (art. 18, lett. m)
9. Prescrizione (art. 18, lett. n)
10. Tutela della maternità (art. 18, lett. p)
11. Provvedimento privo di motivazione (art. 18, lett. q)
12. Sentenza contenente disposizioni contraria ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano (art. 18, lett. s) .............................................................................90
13. Onere di allegazione...................................................................................90
14. Valutazioni non richieste .............................................................................90 Motivi di rifiuto facoltativo (art 18-bis) ...................................................................92 1. Litispendenza (art. 18-bis, comma 1, lett. a) ....................................................92
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2. Giurisdizione italiana (art. 18-bis, comma 1, lett. b) ..........................................93 3. M.a.e. esecutivo emesso nei confronti di cittadino italiano o di Stato U.E. (art. 18-bis,
comma 1, lett. c)..................................................................................................96
3.1. In generale............................................................................................96
3.2. Vecchia disciplina. Estensione del regime al residente....................................96
3.3. Nozione di “residente”. ............................................................................97
3.4. Consenso all’esecuzione. ..........................................................................98
3.5. Il nuovo regime introdotto dalla L. 4 ottobre 2019, n. 117............................100
3.6. Estensione del rifiuto al cittadino di uno Stato terzo. Questione di costituzionalità. ..................................................................................................................... 101
3.7. Facoltatività del rifiuto e criteri di valutazione. ...........................................102 3.8. Modalità di riconoscimento ed esecuzione della pena...................................102 3.8.1. Regime prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161. . 102
3.8.2. Regime previsto dal d.lgs n. 161 del 2010, prima della riforma dell’art. 18.................................................................................................................. 103
Garanzie richieste allo Stato di emissione (art. 19).................................................106 1. Decisione pronunciata “in absentia” (art. 19, lett. a) ........................................ 106
1.1. La decisione quadro 2009/299/GAI e il decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 31 ..................................................................................................................... 106
1.2. La giurisprudenza alla luce del d.lgs. n. 31 del 2016....................................107 2. Cittadino italiano o residente (art. 19, lett. c) ................................................. 109 2.1. Lo status di apolide ............................................................................... 110 3. Le sentenze revocabili con opposizione .......................................................... 110 4. Nozione di “residente” ................................................................................111 Concorso di richieste (art. 20) ...........................................................................113 Termini per la decisione (art. 21) ........................................................................115 Ricorso per cassazione (art. 22)..........................................................................116 1. Termine per impugnare e modalità di presentazione ........................................116 2. Traduzione dell’atto di impugnazione.............................................................117 3. Interesse ad impugnare..............................................................................117 4. Motivi......................................................................................................117 5. Procedimento............................................................................................118 6. Cognizione della Corte................................................................................119 6.1. Poteri di accertamento...........................................................................119 6.2. Questioni rilevabili d’ufficio ..................................................................... 121 7. La tipologia della decisione..........................................................................121 8. Ricorso ex art. 625-bis cod. proc. pen. .......................................................... 122 Esecuzione della consegna (art. 23).....................................................................123 1. Decorso del termine: efficacia della sentenza (art. 23, comma 1).......................123 2. Misure cautelari.........................................................................................123 2.1. Controllo sullo status libertatis ................................................................ 123 2.2. Decorso del termine (art. 23, comma 5) ................................................... 123
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3. Sospensione della consegna (art. 23, commi 2, 3, 4, 5)....................................124 3.1. Casi....................................................................................................124 3.2. Ripristino della consegna........................................................................124
4. Adempimenti. ........................................................................................... 124 Rinvio e consegna temporanea (art. 24) ............................................................... 126 1. Decisione di rinvio .....................................................................................126 2. Casi di rinvio.............................................................................................127 3. Casi di trasferimento..................................................................................127 4. Efficacia della misura cautelare .................................................................... 127 5. Consegna temporanea................................................................................128 Consegna successiva (art. 25) ............................................................................ 130 Principio di specialità (art. 26) ............................................................................ 132 Competenza (art. 28)........................................................................................134 Perdita di efficacia del mandato d'arresto europeo (art. 31) .....................................136 1. Impugnazione del M.A.E. ............................................................................136 Principio di specialità (art. 32) ............................................................................ 137 Computabilità della custodia cautelare all'estero (art. 33) ........................................ 139 Spese (art. 37) ................................................................................................ 141 Norme applicabili (art. 39) ................................................................................. 142 1. Norme applicabili al procedimento di consegna ...............................................142 2. Sospensione dei termini per il periodo feriale..................................................142 Disciplina intertemporale (art. 40).......................................................................143 1. Limitazione temporale ................................................................................ 143 2. Ingresso di nuovi Stati nell’U.E.....................................................................144 3. Conversione del m.a.e. in domanda estradizionale...........................................145 4. Reato continuato ....................................................................................... 145 5. Reato permanente ..................................................................................... 146 6. Rapporti con la normativa estradizionale........................................................146 Esecuzione delle sentenze in base al d.lgs. n. 161 del 2010. ....................................147 Condizioni per il riconoscimento (art. 10)..............................................................147 1. Sentenza di condanna definitiva. .................................................................. 147 2. Consenso del condannato............................................................................147 4. Riconoscimento parziale..............................................................................148 Deroghe alla doppia punibilità (art. 11) ................................................................ 150 1. Verifica della corrispondenza del reato...........................................................150 2. Rinvio all’art. 8 MAE. Conseguenze. .............................................................. 150 Procedimento (art. 12) ...................................................................................... 151 1. Modalità di trasmissione..............................................................................151 2. Termine...................................................................................................151 3. Lettura della sentenza ................................................................................ 152 4. Rapporti con il m.a.e..................................................................................152
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5. Ricorso per cassazione................................................................................152 6. Richiesta di rinvio dell’udienza del difensore per adesione. ................................ 152 7. Liberazione anticipata.................................................................................152
Motivi di rifiuto (art. 13) .................................................................................... 153 1. Bis in idem (art. 13, lett. c) ......................................................................... 153 2. Prescrizione (art. 13, lett. d)........................................................................153 3. Verifiche non previste.................................................................................154
Sentenze di Corti internazionali e straniere ...........................................................188
1. La Corte di giustizia ...................................................................................188
A) La doppia incriminabilità...........................................................................188
B) Successione di leggi penali nel tempo e presupposti di esecuzione del mandato d’arresto europeo ............................................................................................. 189
C) Nozione di residente ................................................................................ 190
D) Disciplina applicabile. ..............................................................................192
E) Il principio di specialità.............................................................................192
F) Bis in idem.............................................................................................193
G) Mandato basato su una sentenza emessa in absentia .................................... 194
H) Ritrasferimento.......................................................................................196
I) Procedura per l’emissione del mandato interno..............................................197
L) Procedura nello Stato di esecuzione ............................................................ 197
M) Misure cautelari......................................................................................198
N) Trattamenti inumani e degradanti .............................................................. 200
O) Mandato interno: nozione.........................................................................204
P) Nozione di autorità giudiziaria....................................................................205
Q) Nozione di decisione giudiziaria ................................................................. 205
R) Le condizioni di indipendenza e imparzialità nel sistema giudiziario dello Stato di emissione........................................................................................................208
S) Nozione di forza maggiore ........................................................................209 R) Trasferimento dei detenuti e modalità di esecuzione della pena ....................... 210 U) Esecuzione del M.A.E. e pena pecuniaria ..................................................... 213 W) Esecuzione del M.A.E e pene accessorie......................................................214 V) Effetti della “Brexit” sul M.A.E....................................................................215 Z) Esecuzione del M.A.E. e tutela del minore....................................................216
2. La Corte europea dei diritti dell’uomo ............................................................ 217 A) Diritto allo svolgimento di indagini efficaci e limiti dell’obbligo di consegna basata sul
mandato di arresto europeo. ......................................................................... 217
B) Consegna passiva e condanna contumaciale. ...............................................217 3. La giurisprudenza dei Paesi U.E....................................................................218 A) Francia..................................................................................................218 B) Regno unito ........................................................................................... 219 C) Belgio
D) Irlanda..................................................................................................220
E) Germania...............................................................................................220 APPENDICE ..................................................................................................... 222
1. Relazioni e statistiche sull’attuazione del mandato di arresto europeo nella U.E.; manuale della Commissione U.E. sul ma.e...............................................................222
2. ALLEGATI.................................................................................................223 2.1. Manuale sull'emissione e l'esecuzione del mandato d'arresto europeo.............223 2.2. Statistiche ........................................................................................... 223 2.3. Risoluzione del P.E. del 27 febbario 2014 ..................................................223
Questioni di costituzionalità.
1. Questioni sottoposte al vaglio della Corte costituzionale.
1.1. Computo della custodia cautelare all’estero: illegittimità
Con sentenza n. 143 del 2008, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 33 della legge n. 69 del 2005, nella parte in cui non prevede che la custodia cautelare all'estero, in esecuzione del mandato d'arresto europeo, sia computata anche agli effetti della durata dei termini di fase previsti dall'art. 303, commi 1, 2 e 3, del codice di procedura penale. La Corte ha così esteso la ratio decidendi della sentenza n. 253 del 2004, che aveva dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 722 cod. proc. pen. in tema di estradizione, rilevando che a fortiori nell’istituto del mandato di arresto europeo, che non postula alcun rapporto intergovernativo, e quindi rende semplificato il sistema di consegna è “ancor meno tollerabile, sul piano costituzionale, uno squilibrio delle garanzie in tema di durata della carcerazione preventiva correlato al luogo - interno o esterno, rispetto ai confini nazionali - nel quale la carcerazione stessa è patita”. Pertanto, la durata della custodia cautelare deve sottostare ad una disciplina unitaria, così da attrarre i "tempi della consegna" all'interno dei "tempi del processo". In sostanza, la condizione del destinatario del provvedimento restrittivo, a seguito di mandato d'arresto europeo, non può risultare - quanto a garanzie in ordine alla durata massima della privazione della libertà personale - deteriore ne' rispetto a quella dell'indagato destinatario di una misura cautelare in Italia, ne', tanto meno, rispetto a quella dell'estradando: non essendo dato rinvenire alcuna ragione giustificativa di un diverso e meno favorevole trattamento del soggetto in questione.
1.2. Impugnazione delle misure cautelari: inammissibilità.
Con ordinanza del 7 gennaio 2008, il Tribunale di Bolzano, Sezione per il riesame, ha sollevato davanti alla Corte la questione della illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell’art. 22 della legge 22 aprile 2005, n. 69, nella parte in cui preclude l'impugnazione della misura cautelare imposta di fronte al tribunale del riesame competente. Le ragioni che sorreggono i dubbi di incostituzionalità per violazione del principio di eguaglianza e del diritto di difesa sono così rappresentate: diversità dei tempi richiesti dalla decisione sullo status libertatis; posizione valutata solo da un giudice di merito invece che da due giudici; insufficienza a ripristinare il principio dei tre gradi di giudizio dell'artificio di far giudicare la Cassazione sia sul merito che sul diritto; maggiori costi legali per il ricorso in Cassazione.
La Corte costituzionale, con ordinanza n. 256 del 2009, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, in quanto il rimettente ha sottoposto a scrutinio di costituzionalità non la norma dell'art. 9 della legge, che disciplina l'impugnazione dei provvedimenti in materia di misure cautelari emessi nel corso della procedura per l'esecuzione di un mandato d'arresto europeo, bensì la norma dell'art. 22 della stessa legge, della quale non deve fare applicazione, in quanto relativa ad altra specie di ricorso per cassazione, quello cioè previsto nei confronti dei provvedimenti che decidono sulla consegna. La Corte costituzionale ha osservato che si tratta di ricorsi ben distinti tra loro, quanto a finalità, oggetto e ambito di proponibilità, avendo il primo ad oggetto provvedimenti limitativi della libertà personale di natura cautelare, emessi nel corso della procedura per soddisfare specifiche esigenze cautelari della medesima (essenzialmente il pericolo che la persona richiesta si sottragga all'eventuale provvedimento di consegna) e potendo essere proposto solo per violazione di legge; mentre il secondo ha ad oggetto il provvedimento che, decidendo sulla richiesta di consegna avanzata dall'Autorità estera mediante il mandato d'arresto europeo, rappresenta l'atto conclusivo della procedura, ed è proponibile anche per il merito.
1. 3. Consegna a fini esecutivi della persona residente nello Stato: illegittimità.
Con tre ordinanze del 2009, la Corte di cassazione (Sez. 6, n. 33511 del 15/7/2009, Papierz, Rv. 244756; Sez. F, n. 34213 dell’1/9/2009, Musca, Rv. 244387; Sez. 6, n. 42868 del 23/10/2009, Sorin, non mass.) ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, e 117, primo comma Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, comma 1, lett. r), legge 22 aprile 2005, n. 69, nella parte in cui non prevede il rifiuto della consegna del residente non cittadino. In precedenza, la Corte aveva in più occasioni affermato l’applicazione al solo cittadino italiano del particolare regime previsto dalla evocata norma, ritenendo impossibile ricomprendere nella nozione, in via interpretava, anche lo straniero che dimori o risieda sul territorio italiano, attesa anche la discrezionalità lasciata a tal riguardo agli Stati dalla decisione-quadro 2002/584/GAI. La Corte di cassazione con le ordinanze in esame ha rilevato che la decisione quadro ha lasciato alla discrezionalità del legislatore nazionale di prevedere o meno un regime “garantito” per il cittadino ed il residente, ma non ha consentito di differenziare tra questi il regime di garanzie, così da riconoscere un privilegio in favore del solo cittadino. Scopo della disposizione è stato piuttosto quello di consentire nel migliore dei modi la risocializzazione del condannato, rendendo possibile il mantenimento dei suoi legami familiari e sociali per favorire un corretto reinserimento al termine dell'esecuzione; funzione, questa, che non tollera distinzioni tra cittadino e residente. La differenziazione operata dalla norma nazionale è parsa, poi, ancor meno giustificata dalla diversa disciplina dettata per il m.a.e. processuale, nell'art. 19, comma 1, lett. c), dove il residente è parificato al cittadino. Ulteriori profili di frizione con la Costituzione sono stati individuati dalla Corte con riferimento alla posizione del cittadino comunitario (in particolare , l'art. 17 CE, n. 1, che sancisce che chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro è cittadino dell'Unione, e, l'art. 18 CE, n. 1, che stabilisce che ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal Trattato CE e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso).
Con sentenza n. 227 del 24 giugno 2010, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, comma 1, lettera r), della legge 22 aprile 2005, n. 69, nella parte in cui non prevede il rifiuto di consegna anche del cittadino di un altro Paese membro dell’Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, ai fini dell’esecuzione della pena detentiva in Italia conformemente al diritto interno. In particolare, la Corte costituzionale ha ritenuto il contrasto della norma impugnata con gli artt. 11 e 117 Cost. per il tramite dei parametri interposti costituiti dall’art. 4, punto 6, della menzionata decisione quadro (disposizione che fonda il potere degli Stati membri di rifiutare la consegna del residente o del dimorante e sulla quale poggia la disciplina dettata dalla norma impugnata) e dall’art. 18 Trattato TUE (già art. 12 Trattato CE) ed in relazione alla violazione del principio di non discriminazione in base alla nazionalità, presupposto dalla prima disposizione e sancito dalla seconda. Invero, così come formulata, la norma determina una discriminazione soggettiva, del cittadino di altro Paese dell’Unione in quanto straniero, che, in difetto di una ragionevole giustificazione, non è proporzionata. All’autorità giudiziaria competente spetta accertare la sussistenza del presupposto della residenza o della dimora, legittime ed effettive, all’esito di una valutazione complessiva degli elementi caratterizzanti la situazione della persona,quali, tra gli altri, la durata, la natura e le modalità della sua presenza in territorio italiano, nonché i legami familiari ed economici che intrattiene nel e con il nostro Paese, in armonia con l’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. Resta riservata, invece, al legislatore la valutazione dell’opportunità di precisare le condizioni di applicabilità al non cittadino del rifiuto di consegna ai fini dell’esecuzione della pena in Italia, in conformità alle conferenti norme dell’Unione europea, così come interpretate dalla Corte di giustizia.
La su ricordata decisione della Corte costituzionale appare pienamente conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, che in seguito ad un rinvio pregiudiziale del giudice francese, nella causa Lopes Da Silva (Corte di giustizia, 5 settembre 2012, Lopes da Silva, C-42/11), ha nuovamente preso in esame la questione del rifiuto collegato esclusivamente alla cittadinanza ed ha nuovamente chiarito il significato e la portata dell’art. 4, punto 6, della decisione quadro. Il giudice, con riferimento alla normativa di attuazione francese, aveva chiesto alla Corte se il divieto di discriminazione, sancito dal Trattato, art. 18 TFUE, ostasse ad una normativa nazionale che consentiva di rifiutare la consegna ai fini dell’esecuzione di una pena solo qualora la persona da consegnare fosse cittadino, e la Corte di giustizia, nella sentenza citata, ha affermato che l’art. 4, punto 6, della decisione quadro e l’articolo 18 TFUEdevono essere interpretati nel senso che uno Stato membro, pur potendo, in sede di trasposizione dell’articolo 4, punto 6, decidere di limitare le situazioni in cui l’autorità giudiziaria nazionale dell’esecuzione può rifiutare la consegna di una persona rientrante nell’ambito di applicazione di tale disposizione, non è legittimato ad escludere in maniera assoluta e automatica da tale ambito di applicazione i cittadini di altri Stati membri che dimorano o risiedono nel suo territorio, indipendentemente dai legami che essi presentano con quest’ultimo.
1.4. Mancata previsione del rifiuto di consegna per il cittadino di uno Stato membro dell’U.E. residente o dimorante in Italia, in caso di estradizione esecutiva per l’estero: inammissibilità
La Corte di cassazione ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 27, comma terzo, 117, comma primo, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 40 della L. 22 aprile 2005, n. 69 e dell’art. 705 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono, in una situazione analoga a quella richiamata dall’art. 18, lett. r), della L. n. 69/05, che la Corte d’appello – in relazione ad una domanda di estradizione presentata dopo il 14 maggio 2005 da uno Stato membro dell’U.E., sulla base di una sentenza di condanna a pena detentiva, divenuta esecutiva dopo la data del 1° gennaio 2004, per un reato commesso anteriormente alla data del 7 agosto 2002 – pronunci sentenza contraria all’estradizione di un cittadino di uno Stato membro dell’U.E., che legittimamente ed effettivamente abbia la residenza o la dimora nel territorio italiano, quando ritenga che tale pena sia eseguita in Italia conformemente al diritto interno (Sez. 6, n. 12198, del 18/02/2011, Bodros, non mass.).
In senso analogo si è altresì pronunziata altra decisione (Sez. 6, n. 5580 del 26/01/2011, Stepanescu, Rv. 249231), che ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 27, comma terzo, 117, comma primo, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 705 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede il rifiuto della consegna, e la conseguente possibilità di scontare la pena in Italia, in favore del condannato, cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea, residente o dimorante nel nostro territorio ed ivi stabilmente radicato, per il quale sia stata attivata l’ordinaria procedura di estradizione, e non quella della consegna sulla base di un mandato di arresto europeo, in ragione dell’epoca del commesso reato, antecedente alla data del 7 agosto 2002 (ciò che esclude l’operatività del limite alla consegna previsto dall’art. 18, comma primo, lett. r), L. n. 69 del 2005, così come interpretato dalla Corte costituzionale con la pronuncia n. 227/2010).
Con sentenza n. 274 del 21 settembre 2011 la Corte costituzionale ha ritenuto manifestamente inammissibili entrambe le questioni.
Relativamente alla questione di legittimità costituzionale - sollevata dalla sentenza Stepanescu, la Corte costituzionale ha rilevato che il giudice rimettente, pur invocando nella sostanza l'applicabilità all'estradizione dello speciale motivo di rifiuto di cui all'art. 18, comma 1, lettera r), della legge n. 69 del 2005, che ha dato attuazione alla decisione quadro 13 giugno 2002, n. 2002/584/GAI del Consiglio, aveva omesso del tutto di specificare sia la data della decisione definitiva dell'autorità giudiziaria straniera che irrogava la pena per l'esecuzione della quale è stata proposta domanda di estradizione, sia quella della richiesta di estradizione, limitandosi ad indicare il tempus commissi delicti (nel corso del 1999) e la data della sentenza della Corte di appello impugnata. Tali carenze nella descrizione della fattispecie, in violazione del principio di autosufficienza dell'atto di rimessione, precludevano il necessario controllo in punto di rilevanza della questione, determinandone la manifesta inammissibilità.
In ordine alla questione sollevata con la sentenza Bodros, la Corte costituzionale ha rilevato che, secondo la prospettazione del rimettente, l'intervento richiesto alla Corte consisterebbe nell'inserire, nel complesso normativo dell'estradizione, un nuovo caso di rifiuto all'estradizione, evidentemente mutuato dalla disciplina del MAE, alla possibilità che la pena sia eseguita in Italia conformemente al diritto interno: consentendo, nella fase giurisdizionale del procedimento di estradizione, non solo la possibilità di impedire la «traditio», ma anche di eseguire la pena nel nostro ordinamento conformemente al diritto interno, inserendo nel procedimento di estradizione un'anticipazione di quanto previsto dalle norme sul MAE, previo intervento anche sull'art. 40 della citata legge n. 69 del 2005. Tale risultato prefigurato dal giudice a quo, tuttavia, determinerebbe non più una normativa intertemporale, ma un singolare innovativo meccanismo, diverso tanto dal precedente quanto da quello «a regime», creando un sistema «spurio» anche rispetto alla stessa norma transitoria. Inoltre, alla prospettazione del giudice a quo potrebbero seguire più soluzioni, parimenti praticabili perché tutte non obbligate costituzionalmente.
1.5. Rifiuto di consegna del cittadino di uno Stato non membro dell’U.E. residente o dimorante in Italia: questione pendente
Con ordinanza n. 10371 del 4/02/2020, la S.C. ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità̀ costituzionale dell'art. 18-bis, comma 1, lett. c), della legge n. 69 del 2005, come introdotto dall'art. 6, comma 5, lett. b), della legge 4 ottobre 2019, n. 117, nella parte in cui, non prevedendo il rifiuto facoltativo della consegna del cittadino di uno Stato terzo stabilmente residente o dimorante nel territorio italiano, non ne garantisce il diritto al rispetto della vita familiare, per contrasto con gli artt. 2 e 117, comma 1, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e all'art. 17, par. 1, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, nonché́ con gli artt. 11 e 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
La decisione si pone in contrasto con il precedente orientamento (Sez. 6, n. 7214 del 14/02/2019, Balde, Rv. 275721) che ha escluso che la causa ostativa de qua sia applicabile nei confronti di cittadini di Stati non membri dell'Unione Europea, anche qualora siano stabilmente radicati nel territorio nazionale, ritenendo manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità̀ sollevata in relazione alla violazione dell'art. 3 Cost. per la ritenuta diversità̀ di trattamento dei cittadini extracomunitari rispetto ai cittadini comunitari, sul presupposto che solo nei confronti di questi ultimi si pone l'esigenza di tutelare la libertà di stabilimento nell'ambito dello spazio comunitario, con la conseguente necessaria applicazione dei medesimi diritti e garanzie previste per i cittadini italiani. Analoghe ragioni giustificative di tale opzione ermeneutica sono state ribadite, successivamente, nella sentenza n. 45190 del 5 novembre 2019, che ha confermato la decisione di merito con la quale era stata disposta la consegna all'autorità̀ giudiziaria francese di un condannato di nazionalità̀ macedone, rilevando che non gli si potesse riconoscere lo status di apolide, in quanto aveva acquisito per nascita la cittadinanza della Macedonia e, nella legislazione di quel Paese, non ne è prevista la perdita per effetto dell'emigrazione e della permanenza in uno Stato diverso (Sez. 6, n. 45190 del 05/11/2019, Ljubisa, Rv. 277384).
Nell'escludere, finanche in relazione alla diversa disciplina dell'estradizione per l'estero, l'invocata estensione del motivo di rifiuto de quo nei confronti di cittadini di Stati non membri dell'Unione europea, questa Corte (Sez. 6, n. 5225 del 15/12/2017, dep. 2018, Ciomirtan, Rv. 272127) ha poi osservato che la relativa disposizione, sì come interpretata in via additiva dalla Corte costituzionale, si colloca «...pur sempre nel contesto di una condivisione di una cittadinanza eurounitaria tra cittadini italiani e quelli di Paesi dell'Unione europea nonché della comune appartenenza ad uno spazio giudiziario comune di cui il sistema del MAE costituisce espressione.».
(omissis, relazione del massimario in forma integrale scaricabile qui)
1. Diritti fondamentali garantiti dalla CEDU (art. 2, comma 1, lett. a)
1.1. Processi in absentia.
In molte pronunce, la S.C. ha vagliato la compatibilità di m.a.e. di tipo esecutivo emessi all’esito di provvedimenti di condanna pronunciati in absentia.
La Corte ha ritenuto conforme ai principi sul “giusto processo”, richiamati dall’art. 2, comma 1, della legge n. 69 del 2005, il mandato di arresto europeo emesso dalle autorità giudiziarie francesi sulla base di una sentenza di condanna pronunciata in contumacia, senza alcuna garanzia di contraddittorio e di difesa, poiché l’ordinamento francese garantisce al condannato la possibilità di chiedere, mediante opposizione, un nuovo giudizio nel rispetto del contraddittorio e dei diritti della difesa (Sez. 6, n. 5400 del 30/1/2008, Salkanovic, Rv. 23833212).
E’ stata ritenuta legittima la consegna disposta ai fini dell'esecuzione di una pena irrogata mediante decisione pronunciata "in absentia", quando nello Stato membro di emissione sia consentito alla persona richiesta di ottenere un nuovo giudizio, una volta venuta a conoscenza della decisione di condanna pronunciata nei suoi confronti (Sez. 6, n. 25303 del 21/06/2012, Mitrea, Rv. 252724, in relazione ad un m.a.e. emesso dalle autorità rumene, in cui la S.C. ha escluso l'incompatibilità con l'art. 6 C.E.D.U. dell'art. 171 del codice di procedura penale rumeno - che prevede l'obbligatorietà dell'intervento di un difensore per reati le cui pene siano superiori nel massimo a cinque anni di reclusione - sul presupposto che la persona richiesta in consegna era a conoscenza del procedimento penale a suo carico ed aveva già ammesso l'addebito).
La questione, esaminata alla luce dello specifico motivo di rifiuto di cui all’art. 18, comma 1, lett. g), l. n. 69 del 2005, deve essere ora vagliata all’esito delle riforme apportate all’art. 19, comma 1, lett. a) dal dal d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 31.
1.2. Misura cautelare temporanea.
Non viola l’art. 5, par. 1 lett. c) della CEDU il mandato di arresto europeo emesso per l’esecuzione di una misura cautelare «a termine» qualora il periodo di custodia cautelare ivi previsti risulti già decorso per la carcerazione subita in Italia in funzione della procedura di consegna (Sez. 6 n. 14976, 2/4/2009, Beben, Rv. 24308013; Sez. 6, n. 16544 del 27/4/2010, T., Rv. 24674914; Sez. 6, n. 47731 del 01/12/2015, Parnica, Rv. 26576915).
1.3. Mancanza di misure alternative o di rieducazione.
Ai fini dell'esecuzione di un m.a.e. esecutivo non costituisce condizione ostativa la mancata previsione nella legislazione dello Stato d'emissione di misure alternative, o comunque di risposte giudiziarie ai profili di risocializzazione e rieducazione del condannato (Sez. 6, n. 16492 del 06/04/2011, Gherca, Rv. 25004016).
1.4. Traduzione di atti del procedimento estero.
Ai sensi dell'art. 143 cod. proc. pen., che ha recepito nell'ordinamento interno i principi contenuti nell'art. 3 della direttiva 2010/64/UE, l'imputato alloglotta che non conosca la lingua italiana, qualora ne faccia espressa e motivata richiesta, ha diritto di ottenere la traduzione dei documenti fondamentali per il corretto funzionamento della procedura di consegna; un analogo diritto non sussiste, invece, con riferimento alla traduzione scritta di atti compiuti nell'ambito del procedimento estero, che può essere richiesta esclusivamente alla competente Autorità giudiziaria dello Stato di emissione del m.a.e. (Sez. 6, n. 50814 del 24/11/2016, Aleksishvili, Rv. 26835917).
2. Principi costituzionali sul giusto processo (art. 2, comma 1, lett. b)
La Corte ha circoscritto in via generale l’incidenza delle clausole di salvaguardia di principi costituzionali nazionali contenuta nella legge attuativa ai soli principi "comuni" di cui all’art. 6 T.U.E. (Sez. un. n. 4614 del 30/01/2007, Ramoci, Rv. 23535118). In tale prospettiva ha poi ulteriormente chiarito che ciò che conta è che siano rispettati i canoni del "giusto processo" come definiti dalle Carte sovrannazionali e in particolare quelli condensati nell'art. 6 della Cedu a cui si richiama il novellato art. 111 Cost. Ha ritenuto, pertanto, non rilevare, ai fini della decisione sulla consegna, il fatto che l'ordinamento dello Stato emittente presenti garanzie che possano apparire meno soddisfacenti di quelle dell'ordinamento italiano quanto alle specifiche norme che si ispirano ai principi di oralità e del contraddittorio (Sez. 6, n. 17632 del 3/5/2007, Melina, Rv. 23707819, nella specie, la Corte ha ritenuto non violato il diritto di difesa della persona chiesta in consegna sulla base di una sentenza di condanna fondata su dichiarazioni accusatorie di un correo, che in dibattimento si era avvalso della facoltà di non rispondere, poiché non risultava che fosse stato sollecitato dall'imputato un confronto con tale fonte accusatoria).
Ne discende, pertanto, che non è richiesto, ai fini della decisione sulla consegna, che l'ordinamento dello Stato emittente presenti le stesse garanzie dell'ordinamento italiano in tema di "giusto processo", ma è necessario che esso rispetti i relativi principi garantiti dalle Carte sovranazionali, ed in particolare dall'art. 6 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo, cui si richiama l'art. 111 Cost. (Sez. 6, n. 4528 del 27/01/2012, Baldi, Rv. 251959, che ha annullato con rinvio la pronuncia impugnata, ritenendo necessario verificare, attraverso le informazioni integrative previste dall'art. 16 della legge n. 69 del 2005, se il diritto di difesa della persona richiesta in consegna sia stato garantito nel corso degli interrogatori effettuati dinanzi agli organi di polizia tedesca, ove gran parte degli addebiti sarebbero stati oggetto di confessione).
Facendo applicazione di un principio fondamentale del nostro ordinamento, secondo cui la custodia cautelare, incidendo sul diritto fondamentale della libertà personale, deve essere detratta dalla durata della pena temporanea inflitta e da eseguire (artt. 137 e 138 cod. pen.), e già affermato anche in tema di estradizione, la Corte ha stabilito che non deve farsi seguito ad un mandato di arresto europeo esecutivo, quando la pena da espiare all’estero risulti giàinteramente scontata, sotto forma di custodia cautelare nel corso della procedura di consegna (Sez. 6, n. 6416 del 6/2/2008, Cvejn, Rv. 23839620).
La Corte, con riferimento ad un mandato di arresto europeo emesso dalle autorità greche, ha ritenuto non in contrasto con i diritti fondamentali del nostro ordinamento un m.a.e. emesso sulla base di un provvedimento cautelare volto ad evitare la celebrazione di un processo in absentia (Sez. F, n. 34574, 28/8/2008, D’Orsi, Rv. 24071521; Sez. F, n. 34295, del 21/8/2008, Zanotti, Rv. 24091122; Sez. 6, n. 19360 del 18/05/2010, Junski, Rv. 24734323; Sez. 6, n. 18625 del 23/04/2013, Waligora, Rv. 25517024).
Del pari, la Corte ha ritenuto non in contrasto con le garanzie costituzionali di cui all'art. 2, comma 1 della legge 22 aprile 2005, n. 69 la richiesta di consegna che si fondi su indizi di reità costituiti da reperti biologici prelevati all'imputato ad altri fini e conservati in una banca-dati del DNA (Sez. F, n. 34294, del 21/8/2008, Cassano, Rv 24071325; Sez. F, n. 39094 del 23/08/2018, Balozi, non mass.26 con riferimento a quanto prevede al riguardo il Trattato di Prum del 27 maggio 2005, ratificato in Italia con l. 30 giugno 2009, n. 85).; ovvero da prelievi ematici effettuati senza il consenso dell’imputato (Sez. F, n. 34571 del 28/8/2008, Velcovic, Rv. 24091427; Sez. 6, n. 36995, del 26/9/2008, Dicu, Rv. 24072328; Sez. 6, n. 4128 del 25/01/2017, Hudorovich, non mass.).
La S.C. ha ritenuto in contrasto con gli artt. 5 e 6 CEDU il mandato di arresto europeo, emesso (nella specie dall’autorità ungheresi) sulla base di un provvedimento nazionale non appellabile Sez. 6, n. 20571 del 01/07/2020, Emma, in via mass.).
(omissis, qui la relazione integrale del massimario)
1. Udienza
L’art. 17, comma 1 stabilisce che la decisione sull'esistenza delle condizioni per l'accoglimento della richiesta di consegna deve essere preceduta dall’audizione dei soggetti ivi indicati, compresa la persona richiesta in consegna, se compare. Pertanto, deve essere annullata con rinvio la sentenza della corte di appello, emessa senza l’audizione dell’interessato che abbia manifestato la volontà di essere ascoltato e contestualmente rappresentato il suo impedimento a comparire all’udienza (Sez. 6, n. 48013, del 12/12/2008, Barachini, Rv. 241926).
Nel caso in cui non sia stato già nominato un interprete a norma dell'art. 143 cod. proc. pen., la Corte ha chiarito che è onere della parte che intende produrre atti in lingua straniera procedere con perizia giurata alla loro traduzione ovvero avvalersi dell'assistenza di un proprio interprete di fiducia, in modo da consentire al giudice italiano di poter avere compiuta conoscenza di documenti stranieri e di poter rispettare i tempi previsti per la definizione del procedimento. (Sez. 6, n. 30059, del 15/7/2009, Lucza, Rv. 245112).
È stata ritenuta manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 111 e 117, primo comma Cost. (in relazione all'art. 6, primo comma, CEDU), la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 L. n. 69 del 2005, nella parte in cui non consente che, a richiesta di parte, il procedimento relativo alla decisione sulla richiesta di esecuzione del mandato d'arresto europeo c.d. "processuale" si svolga in pubblica udienza, anziché in camera di consiglio (In motivazione, la S.C. ha precisato, sulla scorta dei principi affermati dalla sent. n. 135 del 2014 della Corte costituzionale, che non è necessario garantire il controllo del pubblico sull'esercizio dell'attività giurisdizionale, attraverso lo svolgimento dell'udienza pubblica, quando l'oggetto della trattazione è essenzialmente costituito da questioni di carattere tecnico-giuridico ed altamente specialistico e l'ambito di valutazione del materiale probatorio risulta assai ristretto) (Sez. 6, n. 18650 del 30/04/2015, Ghabri, Rv. 263399; Sez. 6, n. 23574 del 03/06/2016, Piras, non mass.).
Si è anche affermato che la decisione della Corte di appello sulla consegna per l'estero deve essere sempre preceduta dalla celebrazione dell'udienza in camera di consiglio, anche qualora la persona richiesta abbia già anteriormente prestato il proprio consenso, trattandosi di forma procedimentale obbligatoriamente prevista dall'art. 14, comma 4, legge n. 69 del 2005 e non rinunciabile dall'interessato (Sez. 6, n. 48943 del 03/12/2015, Alexandroae, Rv. 265545).
Nel procedimento camerale di consegna previsto dalla legge 22 aprile 2005, n. 69, non è consentita l’astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisca ad una iniziativa regolarmente indetta degli organismi collettivi di categoria (Sez. 6, n. 27482 del 29 maggio 2017, Corvino, non mass.). Secondo tale pronuncia, che sviluppa una esegesi adeguatrice non solo alla ratio della legge n. 146 del 1990, ma anche alla lettera ed allo scopo della decisione quadro sul m.a.e., la centralità nel sistema di consegna della previsione di termini brevi e certi entro i quali la procedura deve essere esaurita dallo Stato di esecuzione emerge sia dall'art. 15, par. 1, della decisione-quadro, là dove prevede, in termini generali, che l'autorità giudiziaria dell'esecuzione decida la consegna della persona «nei termini e alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro» sia, più puntualmente, dall'art. 17, che stabilisce che «un mandato d'arresto europeo deve essere trattato ed eseguito con la massima urgenza», indicando non solo il lasso temporale entro il quale la relativa decisione deve essere adottata, ma prevedendo significativamente al contempo un sistema di controllo da parte delle istituzioni dell'Unione Europea sui ritardi ripetuti e sistemici nell'esecuzione dei mandati d'arresto da parte degli Stati membri. Sull'importanza dei termini stabiliti da detto articolo 17 si è pronunciata, inoltre, la Corte di giustizia (Corte U.E., 30/05/2013, C-168/13, Jeremy F.), che non ha esitato a considerare in contrasto con la normativa dettata dalla decisione-quadro un sistema nazionale che consenta lo sforamento dei termini ivi indicati, indipendentemente dallo status libertatis del consegnando. A queste esigenze di celerità si è adeguato il legislatore italiano, cadenzando tutto il procedimento avente ad oggetto la consegna entro termini sensibilmente contratti: termini che per la fase del ricorso per cassazione risultano addirittura più contenuti del non meno urgente procedimento ex art. 311 cod. proc. pen.
2. Immutabilità del giudice.
La Corte, ribadendo un orientamento già espresso in tema di estradizione, ha affermato che il principio dell'immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, comma 2, cod. proc. pen. non è applicabile alla pronuncia sul m.a.e. emessa dalla Corte di appello. Ne consegue che, una volta rinviato il giudizio sulla consegna ad altra udienza per l'acquisizione di ulteriore documentazione, non è imposta la stessa composizione del collegio, dovendo la pronuncia essere resa in base alla documentazione trasmessa dallo Stato richiedente e a conclusione della discussione orale delle parti (Sez. 6 n. 25879, del 25/6/2008, Vizitiu, 239947; Sez. 6 n. 25828 del 19/6/2008, Cebula, Rv. 240350; Sez. 6, n. 7792 del 18/02/2014, Manolache, Rv. 259001; Sez. 2, n. 8936 del 28/02/2019, Shyti, non mass.).
3. Termine per la decisione (art. 17, comma 2)
3.1. Dies a quo
Si è stabilito che il dies a quo dal quale deve farsi decorrere il termine, alla luce dell’inequivoco richiamo alle norme di cui agli artt. 9 e 13, legge n. 69 del 2005, coincide con quello della esecuzione della misura cautelare emessa dal giudice. Ne consegue che, in caso di arresto pre-cautelare ad iniziativa della polizia giudiziaria, non deve aversi riguardo, come dies a quo, alla data di tale arresto, ma a quella in cui viene notificata la misura coercitiva emessa successivamente dal Presidente della Corte d’Appello (Sez. 6, n. 45254 del 22/11/2005, Calabrese, Rv. 232634).
3.2. Proroga del termine (art. 17, comma 2, seconda parte)
L’espressione «cause di forza maggiore», utilizzata per legittimare la proroga del termine, è comprensiva di tutte quelle situazioni idonee a determinare ritardi incolpevoli nella decisione, ivi compreso l’eccessivo carico di lavoro di un ufficio giudiziario in rapporto all’organico di cui concretamente può disporre specie in periodo feriale (Sez. 6, n. 45254 del 22/11/2005, Calabrese, non mass. sul punto) o la obiettiva impossibilità di reperire un interprete (Sez. 6, n. 4357 del 1/2/2007, Kielian, non mass., nella quale la Corte ha tenuto conto nel computo del termine di 90 gg. anche la sospensione dei termini nel periodo feriale).
La SC. ha precisato che non è impugnabile l'ordinanza con cui la Corte d'appello proroga, per cause di forza maggiore, il termine per la decisione sulla richiesta di consegna, ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 22 aprile 2005 n. 69 (Sez. 6, n. 20739 del 10/07/2020, Gjoka Rv. 279429; Sez. F, n. 37090 del 05/09/2013, Espinoza Matamala, Rv. 256561). Ad identiche conclusioni è pervenuta la S.C. nelle ipotesi in cui la proroga sia stata espressamente effettuata ai fini dell’art. 16 (attività integrativa) (Sez. 6, n. 48924 del 29/11/2019, Mavrodi, non mass.).
3.3. Decorso del termine. Effetti
Il superamento del termine di 60 gg. di cui all’art. 17, comma 2, della legge n. 69 del 2005 non incide sulla validità della decisione in merito alla consegna, che con ogni evidenza non può cadere in perenzione a causa di ciò, ma determina solo l’effetto della rimessione in libertà del consegnando, a norma dell’art. 21 della legge n. 69 del 2005 (Sez. 6, n. 17632 del 3/5/2007, Melina, non mass. sul punto; Sez. 6, n. 2450 del 15/1/2008, Verduci, Rv. 238133; Sez. 6, n. 15627 del 14/4/2008, Usturoi, non mass.; Sez. F, 11/9/2008, n. 35290, Tudor, Rv. 240721; Sez. 6, n. 28140 del 16/07/2010, Ros, Rv. 247831; Sez. F, n. 32964 del 21/08/2012, Manea,Rv. 253424; Sez. 6, n. 12559 del 17/03/2016, Bohancanu, Rv. 267421; Sez. 6, n. 49991 del 30/10/2018, Scorza, non mass.).
Si è stabilito che nel caso in cui la sentenza che decide sulla consegna sia annullata, a causa dell’omesso avviso della data dell’udienza camerale al difensore, non si verifica, secondo la Corte, la perdita di efficacia della misura coercitiva prevista dall’art. 21 legge n. 69 del 2005, che si verifica invece soltanto – analogamente a quanto previsto in tema di riesame - quando la corte di appello non decide nei termini di cui agli artt. 14 e 17 della stessa legge (Sez. 6, n. 1181 del 7/1/2008, Patrascu, Rv. 238132; Sez. 6, n. 38640 del 30/09/2009, Dervishi Rv. 244758).
L’inosservanza del termine di sessanta giorni, peraltro, non preclude l'emissione di una nuova misura coercitiva personale, atteso il disposto dell'art. 9, comma 5, della legge su citata, quando sussiste il pericolo di fuga (Sez. F, n. 35525 del 07/08/2014, Brindusescu, Rv. 261744).
Inoltre, il termine di sessanta giorni entro il quale, a norma dell'art. 17, comma secondo, L. 22 aprile 2005, n. 69, deve essere emessa la decisione sulla domanda di consegna avanzata dall'autorità giudiziaria estera, riguarda esclusivamente la decisione della Corte d'appello e non anche quella della Corte di cassazione (Sez. 6, n. 25870 del 05/07/2010, El Moustaid, Rv. 247829) né quella davanti alla Corte d’appello in sede di rinvio (Sez. 2, n. 4864 del 04/02/2016, Alexandroae, Rv. 266380; Sez. 6, n. 39770 del 05/10/2012, Agu, Rv. 253398, in tal caso, l'unico termine da rispettare è quello di cui all'art. 22, comma 6, L. 69 del 2005).
La S.C. ha rilevato che la mancata previsione di un termine predeterminato di scadenza della custodia cautelare, successivo al provvedimento della Corte di appello, non costituisce motivo di irrazionalità del sistema e di irreparabile pregiudizio del richiesto in consegna, tenuto conto dei tempi ristretti, previsti dall'art. 22, legge 22 aprile 2005, n.69, per la decisione sull'eventuale ricorso per cassazione e della disciplina relativa ai casi di sospensione e rinvio della consegna (Sez. 6, n. 39770 del 05/10/2012, Agu, Rv. 253398; Sez. 2, n. 4864 del 04/02/2016, Alexandroae, Rv. 266380).
3.4. Sospensione dei termini per il periodo feriale (art. 39)
Alla procedura di consegna passiva, non si applica la sospensione dei termini per il periodo feriale (Sez. 6, n. 41686, del 30/10/2008, Nicoara, Rv. 241568, in tema di tardiva proposizione del ricorso per cassazione; Sez. 6, n. 44265 del 29/10/2013, Orlov, Rv. 257454). Peraltro, in altra decisione la Corte aveva ritenuto non spirato il termine di cui all’art. 17 della l. 69 del 2005 in quanto non vi era stata da parte dell’interessato “alcuna rinuncia alla sospensione dei terminiprocessuali nel periodo feriale né in termini espliciti e formali né attraverso alcuna condotta "attiva" o altra "iniziativa" significativa della sua volontà di rinunciare” (Sez. 6, n. 4357 del 1/2/2007, Kielian, non mass.).
4. Lettura della sentenza (art. 17, comma 6)
Non comporta nullità la omessa lettura della sentenza, al termine della camera di consiglio, come prescrive il sesto comma dell’art. 17 L. n. 69 del 2005 (Sez. 6, n. 25183 del 18/6/2008, Staiti, Rv. 239945, nella specie era stato dato regolare avviso di deposito della decisione al difensore; Sez. F, n. 34287 del 21/8/2008, Buza, Rv. 240339; Sez. 6, n. 47012 del 22/11/2013, Chitoi, Rv. 257838).
5. Traduzione della sentenza.
Applicando un principio già consolidato in relazione all’art. 546 cod. proc. pen., la Corte ha stabilito che non sussiste alcun obbligo di traduzione nella lingua nazionale della persona richiesta, che non conosce la lingua italiana, della motivazione della sentenza della corte di appello che dispone la consegna. Il consegnando, anche senza oneri personali (quando sussistano i presupposti del patrocinio a spese dello Stato), ha infatti la facoltà di avvalersi di un interprete di fiducia per la traduzione della sentenza, con eventuale differimento del relativo termine per l'impugnazione. (Fattispecie in cui il consegnando si era avvalso della facoltà di non comparire all'udienza di trattazione e decisione) (Sez. 6, n. 38639 del 30/9/2009, Pantovic, Rv. 245314).
A seguito dell'entrata in vigore del d. lgs. 4 marzo 2014, n. 32, con cui è stata data attuazione alla direttiva 2010/64/UE sull'assistenza linguistica, si è affermato che tale disciplina trova applicazione anche alle procedure di mandato di arresto europeo e di estradizione, come è dato evincere dai Lavori Preparatori, laddove - nella Tabella di concordanza annessa alla Relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo trasmessa al Senato della Repubblica - si evidenzia che la L. n. 69 del 2005, art. 9, comma 5, richiama le norme del codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali. Alla stregua di tale rinvio espresso, si deve pertanto ritenere che il diritto alla interpretazione e traduzione spetti anche a favore del destinatario del mandato di arresto europeo, in relazione a tale provvedimento, in linea con quanto disposto dalla stessa Direttiva traduzioni che contiene puntuali prescrizioni in tema di M.A.E. all'art. 2, paragrafo 7, e art. 3, paragrafo 6 (Sez. 6, n. 25287 del 01/04/2015, Perez Segovia, non mass. sul punto).
Sotto altro verso si è invece precisato (Sez. 6, n. 1199 del 08/01/2015, Ivancescu, non mass.) che le disposizioni di cui all'art. 2, par. 7 e art. 3, par. 6, della su citata Direttiva si limitano a stabilire, con riferimento al procedimento di esecuzione di un mandato di arresto europeo, che lo Stato membro di esecuzione assicuri l'assistenza di un interprete alle persone che siano soggette a tale procedimento e non parlino o non comprendano la lingua del procedimento, nonché la traduzione scritta del m.a.e. per le persone richieste in consegna che non comprendano la lingua in cui tale documento è redatto, o è stato tradotto dallo Stato membro emittente.
Le novellate disposizioni normative di cui all'art. 143 cod. proc. pen., a loro volta, non contengono alcun espresso riferimento alla speciale disciplina della procedura di consegna relativa al m.a.e., tanto che lo stesso legislatore, significativamente, restringe nel perimetro delle sole "accuse" enucleate a carico dell'"imputato" che non conosce la lingua italiana la realizzazione dei su ricordati obiettivi di piena informazione e conoscenza (arg. ex art. 143 cod. proc. pen., commi 1 e 3; v., inoltre, l'art. 3, par. 3 e 4, della su citata Direttiva 2010/64/UE), senza estenderne formalmente l'ambito di applicazione alle procedure di cooperazione giudiziaria penale governate dal principio del reciproco riconoscimento. Non sembrano esservi, tuttavia, ragioni ostative per colmare tale lacuna normativa sia attraverso il riferimento alla clausola di salvaguardia prevista in linea generale dalla L. n. 69 del 2005, art. 39, comma 1, - che consente l'applicazione delle disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari "in quanto compatibili" - sia attraverso il richiamo alla possibilità di applicare, anche nell'ambito della procedura di consegna legata all'esecuzione del m.a.e., le disposizioni del codice di rito in materia di misure cautelari personali, laddove se ne presenti la necessità (citata Legge, art. 9, comma 5). In relazione a tale ultimo profilo, infatti, si evidenzia, nella stessa Tabella di concordanza annessa alla Relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo trasmessa al Senato della Repubblica, che la L. n. 69 del 2005, art. 9, comma 5, attraverso su indicato rinvio alla normativa del codice di rito, individua il modo per inserire anche il mandato di arresto europeo nel novero degli atti di cui può esser disposta la traduzione.
Nella medesima prospettiva, inoltre, è agevole rilevare che proprio la generale esigenza di tutelare la complessiva equità del procedimento anche in relazione alla predisposizione di un'assistenza linguistica adeguata e gratuita (v. il considerando n. 17 della su citata Direttiva) ha indotto il legislatore europeo ad auspicare, sia pure attraverso la formulazione di un generale criterio di orientamento interpretativo per le scelte del legislatore e delle competenti autorità nazionali, che "I diritti previsti dalla presente direttiva dovrebbero altresì applicarsi, quali necessarie misure di accompagnamento, all'esecuzione del mandato d'arresto europeo nei limiti stabiliti dalla medesima. Gli Stati membri di esecuzione dovrebbero provvedere all'interpretazione e alla traduzione a beneficio delle persone ricercate che non parlino o non comprendano la lingua del procedimento e assumerne i relativi costi" (v., il considerando n. 15 della su indicata Direttiva europea). Sulla base delle su esposte considerazioni, pertanto, deve ritenersi che all'adempimento degli incombenti relativi alla traduzione dell'atto sopra indicato possa procedersi solo quando la persona richiesta in consegna, che non comprende la lingua italiana, ne faccia espressa e motivata richiesta in applicazione del quadro dei principii stabiliti dalla Direttiva 2010/64/UE, che impongono agli Stati membri di assicurare la traduzione scritta dei documenti fondamentali per l'esercizio del diritto di difesa, ivi comprese le sentenze.
Ne discende che a fronte di una specifica richiesta in tal senso formulata, i termini d'impugnazione non potrebbero che decorrere dal momento in cui la motivazione della decisione sia stata messa a disposizione dell'interessato nella lingua a lui comprensibile (Sez. 6, n. 1199 del 08/01/2015, Ivancescu, non mass.).
6. Decisione di rifiuto.
6.1. Revoca delle misure cautelari (art. 17, comma 5).
Quando la Corte d'appello rifiuta la consegna del cittadino italiano ai sensi dell'art. 18, comma 1, lett. r) (ora figurante all’art. 18-bis) L. 22 aprile 2005, n. 69, non deve provvedere alla revoca della misura cautelare a suo tempo applicata all'interessato, che mantiene la sua efficacia per consentire l'esecuzione in Italia della pena detentiva inflitta con la sentenza di condanna straniera. (Sez. 6, n. 17960 del 17/04/2013, Giorgio, Rv. 255169).
Ed infatti, l’art. 17, comma 5, stabilisce si che la Corte di appello, con la sentenza contraria alla consegna, revoca immediatamente le misure cautelari applicate all'interessato, ma tale disposizione deve ritenersi non applicabile nel caso in cui il rifiuto della consegna sia stato motivato dalla richiesta dell'interessato che la pena comminatagli con sentenza definitiva di condanna dell'autorità giudiziaria straniera venga eseguita in Italia ai sensi della citata legge, art. 18, comma 1, lett. r) (ora figurante all’art. 18-bis). È, invero, pacifico che, laddove venga adottata dall'autorità giudiziaria italiana una sentenza qual è quella esaminata in questa sede, non è più necessario un formale riconoscimento della sentenza di condanna straniera, discendendo la sua esecutività direttamente dalla legge interna di adeguamento della decisione quadro in materia di mandato di arresto europeo: la pronuncia italiana di rifiuto della consegna per la causale innanzi, che contestualmente delibera il riconoscimento della sentenza di condanna straniera, determinando la pena che deve essere seguita nello Stato, costituisce valido titolo esecutivo in applicazione analogica dell'art. 735 cod. proc. pen. (così Sez. 6, n. 46845 del 10/12/2007, Pano, Rv. 238330; Sez. 6, n. 7812 del 12/02/2008, Tavano, non mass.; Sez. 6, n. 7813 del 12/02/2008, Finotto, non mass.); con l'ulteriore conseguenza che la misura cautelare a suo tempo disposta nei confronti dell'interessato per permettere la consegna mantiene efficacia per consentire la disposta esecuzione in Italia della pena detentiva infitta con la sentenza straniera.
La correttezza di tale impostazione esegetica trova conforto nel dettato dell'art. 656, comma 10, cod. proc. pen. che, ai fini della esecuzione di una pena detentiva nei riguardi di un condannato che si trovi agli arresti domiciliari, il P.M. sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti al tribunale di sorveglianza, per l'eventuale applicazione di una misura alternativa alla detenzione, nel frattempo permanendo lo stato detentivo domiciliare, con computo del relativo periodo di applicazione come pena espiata a tutti gli effetti.
6.2. Bis in idem.
Una volta rifiutata la consegna, solo nel caso in cui il rifiuto sia motivato dal serio pericolo di sottoposizione a trattamenti non consentiti, ai sensi dell'art.18, comma 1, lett. h), legge 69 del 2005, la sentenza deve considerarsi adottata "allo stato degli atti" ed è, quindi, suscettibile di una nuova valutazione ove l'impedimento alla consegna venga rimosso (Sez. 6, n. 35290 del 19/07/2018, Sniadecki, Rv. 273780), mentre nei restanti casi (come quando sia stato motivato dal mancato invio da parte dello Stato richiedente della documentazione integrativa richiesta), la Corte d'appello non può (come nel caso in cui riceva la predetta documentazione), pronunciarsi nuovamente sulla medesima richiesta, modificando la precedente decisione di rifiuto divenuta irrevocabile.
Laddove la procedura di consegna non sia ancora conclusa, non può definirsi abnorme o preclusa l’apertura di nuova procedura avente ad oggetto il medesimo m.a.e. (nella specie era nella pendenza del ricorso per cassazione pervenuta alla Corte di appello la documentazione mancante): la S.C. ha affermato che non configura violazione del principio del "ne bis in idem" la pronuncia di una successiva decisione che dispone la consegna dell'interessato all'autorità giudiziaria dello Stato richiedente quando una precedente decisione abbia negato detta consegna definendo soltanto questioni attinenti al rito o meramente pregiudiziali, senza deliberare sul merito della richiesta (Sez. 6, n. 18872 del 26/04/2018, Di Lallo, Rv. 273134).
Inoltre, la S.C. ha precisato che, quand’anche nulla stabilisca la legge n. 69 del 2015 in ordine alla preclusività di precedenti decisioni, andava applicata la pacifica esegesi formatasi in ordine all'art. 707 cod. proc. pen., secondo cui la pronuncia di una successiva sentenza favorevole a seguito di un'ulteriore domanda presentata dallo stesso Stato per i medesimi fatti non deve ritenersi preclusa, quando la precedente decisione abbia definito questioni in rito o di natura pregiudiziale, senza deliberare sul merito della richiesta (Sez. 6, n. 18873 del 26/04/2018, Mancini, non mass.).
1. Sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
E’ oramai pacifica l’affermazione che l’autorità giudiziaria italiana, ai fini della "riconoscibilità" del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, deve limitarsi "a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente ha ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna" (Sez. un. n. 4614 del 30/1/2007, Ramoci, Rv. 235348; tra le tante, v. Sez. F, n. 33642 del 13/9/2005, Hussain, Rv. 232118; Sez. 6, n. 34355 del 23/9/2005, Ilie, Rv. 232053; Sez. 6, n. 16542 del 8/5/2006, Cusini, Rv. 233549; Sez. 6, n. 8449 del 14/2/2007, Piaggio, non mass. sul punto).
Si è precisato altresì che non è necessario che il mandato di arresto contenga una elaborazione dei dati fattuali che pervenga alla conclusione della gravità indiziaria, ma è necessario e sufficiente che le fonti di prova indicate nella relazione, ai sensi dell'art. 6, comma quarto, lett. a), l. n. 69 del 2005, siano astrattamente idonee a fondare la gravità indiziaria, sia pure con la sola indicazione delle evidenze fattuali a suo carico, mentre la valutazione in concreto delle stesse è riservata all'autorità giudiziaria del Paese emittente (Sez. F, n. 32381 del 24/08/2010, Termini, Rv. 248254; Sez. 6, n. 44911 del 06/11/2013, Stoyanov, Rv. 257466; Sez. 6, n. 3952 del 27/01/2016, Jovanovic, non mass.).
Esula pertanto dai poteri conferiti al giudice nazionale qualsiasi valutazione in ordine all'adeguatezza del materiale indiziario posto alla base del provvedimento cautelare e degli elementi di prova addotti a discarico dal ricorrente, i quali trovano la loro normale sede di prospettazione e disamina dinanzi all'autorità giudiziaria emittente (Sez. 6, n. 16362, del 16/4/2008; Mandaglio, Rv. 239649; da ultimo, v. Sez. 6, n. 44911 del 06/11/2013, Stoyanov, Rv. 257466; Sez. 6, n. 15244 del 14/05/2020, Navved, non mass.).
Si è affermato quindi che non é compito dell’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione verificare quale sia l’attendibilità e la concreta portata probatoria della chiamata in correità posta a fondamento della domanda di consegna da parte dell’autorità giudiziaria dello Stato di emissione, la quale soddisfa il suo onere motivazionale con la mera indicazione di tale fonte di prova (Sez. 6, n. 41758, del 19/12/2006, Brugnetti, non mass. sul punto). In senso contrario, si segnala soltanto un precedente, peraltro risalente (Sez. 6, n. 12453, del 3/4/2006, Nocera, Rv. 233543), nel quale la Corte ha ritenuto che il controllo sulla gravità indiziaria comporti l’esame da parte dell’Autorità richiesta della credibilità del dichiarante, secondo i canoni del diritto interno, ovvero tenendo presente la sua personalità, il suo passato, i suoi rapporti con l’accusato, e le ragioni che lo hanno indotto alla confessione, e quindi la verificadell’attendibilità delle dichiarazioni rese.
La Corte ha precisato che, una volta soddisfatta la condizione della allegazione dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell’art. 17, comma 4, della legge n. 69 del 2005, nel senso indicato dalla oramai pacifica giurisprudenza, l’autorità giudiziaria italiana non è tenuta ad effettuare ulteriori approfondimenti, trattandosi questo di compito di competenza esclusiva del giudice dello Stato di emissione (Sez. 6, n. 35832, del 17/9/2008, Indino, Rv. 240722, nella specie, il ricorrente aveva dedotto la mancata acquisizione di ulteriori dati informativi, come foto e deposizione della parte offesa; in tal senso si era espressa anche Sez. F, n. 33642 del 13/9/2005, Hussain, Rv. 232119, secondo cui non può essere richiesta alla autorità straniera la assunzione di una nuova prova non acquisita o non ancora acquisita, essendo ciò incompatibile con il principio di sovranità dei singoli Stati).
La Corte ha sottolineato che è comunque necessaria da parte dello Stato di emissione la specificazione delle fonti di prova. Pertanto, ha ritenuto ostativa alla consegna, ai sensi dell’art. 17, comma 4 legge n. 69 del 2005, la assenza - sia nella documentazione trasmessa dallo Stato di emissione sia in quella di seguito formalmente richiesta dall’autorità giudiziaria italiana - di indicazioni sulle specifiche fonti di prova relative all’attività criminosa e al coinvolgimento della persona richiesta (Sez. F, n. 23952 del 20/08/2020, Katic, Rv. 279542; Sez. 6, n. 30439, del 17/7/2008, Frunza, Rv. 243591, nella specie, lo Stato di emissione aveva soltanto dichiarato che gli indizi a carico del ricercato derivavano da “vaste indagini” svolte dalla polizia, senza fornire altre specificazioni; Sez. 6, n. 26698, del 10/6/2009, Barna, Rv. 244282, nella specie, la Corte ha stabilito che la mera duplicazione della narrativa del capo di imputazione non consente di dar luogo alla consegna; Sez. 6, n. 15935 del 15/04/2015, Jovanovic, Rv. 263086).
La Corte ha ritenuto idonea, ai fini della riconoscibilità del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, anche una querela presentata dalle parti offese alle autorità italiane, prodotta nel procedimento dalla persona richiesta in consegna (Sez. F, n. 34999, del 11/9/2007, Nonnis, Rv. 237511, nel caso di specie, secondo la S.C., la denuncia-querela acquisita agli atti aveva dimostrato, "per tabulas", l'inconsistenza del compendio indiziario posto a fondamento del mandato di arresto dall'autorità giudiziaria emittente).
Si è infine affermato che la condizione prevista dall’art. 17, comma 4, L. 69 del 2005 (sussistenza di gravi indizi di colpevolezza) non si applica alle sentenze contumaciali, che sono revocabili mediante opposizione (Sez. 6, n. 2450, del 15/1/2008, Verduci, non mass. sul punto; v., in motivazione, Sez. 6, n. 26026, del 13/6/2008, Franconetti, Rv. 240347).
2. Sentenza irrevocabile di condanna
Nonostante la decisione quadro parli, con riferimento al contenuto del mandato di arresto europeo, di sentenza “esecutiva” (enforceable judgment) (art. 8), la legge di attuazione individua il titolo del m.a.e. nella categoria delle sentenze irrevocabili.
Si è stabilito che una volta che l'autorità straniera abbia affermato che, secondo le norme interne, la sentenza di condanna a carico del soggetto di cui si chiede la consegna è divenuta esecutiva, non spetta all'autorità richiesta sindacare sulla base di quali presupposti normativi dell'ordinamento dello Stato di emissione sia stata affermata la esecutività della sentenza di condanna (Sez. 6, n. 17574, del 18/5/2006, Jovanovic, non mass.; Sez. 6, n. 46223 del 24/11/2009, Pintea, Rv. 245449).
Più di recente, la Corte (Sez. 6, n. 42159 del 16/11/2010, Cinque, Rv. 248689) ha precisato che quando l'autorità estera ha richiesto la consegna ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, occorre che la relativa richiesta sia basata su una sentenza di condanna dotata di forza esecutiva, dovendosi ritenere che l'art. 8, par. 1, lett. c), della decisione quadro n. 2002/584/GAI del 13 giugno 2002 ha inteso dare rilevanza alla sola "esecutività", e non certo alla "irrevocabilità" della sentenza, quale condizione essenziale del nuovo sistema di cooperazione finalizzato alla consegna delle persone ricercate tra gli Stati membri dell'U.E (nel caso di specie, relativo ad una richiesta di consegna di un cittadino italiano avanzata dall'autorità giudiziaria francese, la S.C. ha ritenuto dotata di forza esecutiva, benché ancora ricorribile per cassazione, la sentenza contumaciale emessa in Francia dal giudice di secondo grado, annullando di conseguenza la statuizione concernente la consegna del cittadino, a norma dell'art. 18, comma primo, lett. r), della legge n. 69 del 2005 - ora figurante all’art. 18-bis)(conf. Sez. 6, n. 2745 del 19/01/2012, Pistoia, Rv. 251787).
Da ultimo si è precisato che, qualora la sentenza sia esecutiva, ma ancora impugnabile nel merito (ad es. come nel sistema belga delle sentenze contumaciali di primo grado) l'Autorità giudiziaria italiana deve applicare gli stessi parametri di valutazione previsti dalla su citata disposizione di cui all'art. 17, quarto 4, per le sentenze irrevocabili, ma non può, in contrasto con la volontà del consegnando, porla in esecuzione nello Stato: in tal caso la Corte d'appellodeve disporre la consegna del ricercato all'Autorità giudiziaria richiedente con le garanzie previste dall'art. 19, lett. c), l. n. 69 del 2005, con le quali è tutelato l'interesse del ricorrente a non rinunciare alla possibilità̀ di ottenere un nuovo grado di merito nello Stato membro emittente (cfr. Corte di giustizia, sent. 21/10/2010, C-306/09, I.B.) (Sez. 6, n. 12560 del 22/03/2016, Ricci, non mass.; Sez. 6, n. 3949 del 26/01/2016, Picardi, non mass.; Sez. 6, n. 30762 del 11/07/2019, Idehen, non mass.).
Quando il mandato di arresto europeo è stato emesso dall'autorità giudiziaria estera per l'esecuzione di una sentenza contumaciale di condanna riguardante un cittadino italiano, la corte di appello è tenuta a verificare - ai fini della consegna dell'interessato ex art. 19, lett. c, l. n. 69 del 2005 - se sussista un reale interesse di quest'ultimo ad impugnare la pronuncia di condanna "in absentia", altrimenti dovendo disporre la diretta esecuzione della pena in Italia (Sez. 6, n. 8464 del 16/02/2017, Sgobba, Rv. 268946, relativamente ad un m.a.e. emesso dalle autorità romene, in cui la S.C. ha annullato con rinvio l'impugnata sentenza, di rifiuto della consegna, per difetto di motivazione e per mancanza di verifica della sussistenza di un reale intento dell'interessato di impugnare la sentenza di condanna "in absentia", come consentito dalla legislazione romena).
In ordine alle sentenze contumaciali francesi, ancora soggette ad opposizione, la Corte ha precisato che, benché il relativo mandato di arresto europeo, deve considerarsi processuale (in particolare agli effetti dell’art. 19, lett. c) legge n. 69 del 2005), esse hanno comunque carattere “esecutivo” e devono essere equiparate – quanto alle valutazioni di cui all’art. 17, comma 4 legge n. 69 del 2005 - alle sentenze irrevocabili (Sez. 6, n. 26026, del 13/6/2008,Franconetti, Rv. 240347; in senso conf. v. anche Sez. 6, n. 2450 del 15/1/2008, Verduci, non mass. sul punto; Sez. 6, n. 6920 del 13/02/2015, Vara Enriquez, Rv. 262621; Sez. 6, n. 42041 del 04/10/2016, Ben Said, non mass.; Sez. F, n. 36352 del 20/08/2019, Teh, non mass.).
Pertanto, deve essere applicato il regime previsto dall'art. 18, lett. r)(ora figurante all’art. 18-bis), L. 22 aprile 2005 n. 69, nel caso in cui la consegna del cittadino sia richiesta dalle autorità giudiziarie francesi, sulla base di una sentenza di condanna per delitto pronunciata in contumacia (jugement par default correctionnel), e l'interessato abbia espressamente richiesto di voler scontare la pena in Italia, dimostrando in tal modo di non voler attivare il meccanismo di opposizione per la ripetizione del processo (Sez. 6, n. 13480 del 19/03/2010, Pagani, Rv. 246852). Deve invece deve essere applicato il particolare regime previsto dall'art. 19, lett. c), L. 22 aprile 2005 n. 69, nel caso in cui la consegna del residente nello Stato italiano sia richiesta dalle autorità giudiziarie francesi, sulla base di una sentenza di condanna pronunciata "in absentia", tempestivamente impugnata con il rimedio dell'opposizione (Sez. F, n. 35489 del 10/09/2009, Bitri, Rv. 244755). Sul tema, si veda sub artt. 18 e 19 della legge n. 69 del 2005, con riferimento al particolare regime previsto per il cittadino.
È stato a tal riguardo affermato che, al di fuori delle tassative ipotesi regolate dall'art. 18 della legge 22 aprile 2005, n. 69, non compete allo Stato di esecuzione alcuna valutazione sulle modalità di acquisizione delle prove poste alla base della sentenza irrevocabile di condanna (Sez. 6, n. 46223 del 24/11/2009, Pintea, Rv. 245450, nella specie, il ricorrente lamentava la violazione dei diritti minimi della difesa, essendo state acquisite le prove testimoniali al di fuori del dibattimento; v., inoltre, Sez. 6, n. 6920 del 13/02/2015, Vara Enriquez, Rv. 262621; Sez. 6, n. 15261 del 14/05/2020, Gruita, non mass.).
(omissis, qui il testo della relazione del massimario in forma integrale)
1. Litispendenza (art. 18-bis, comma 1, lett. a)
Per la configurabilità del motivo di rifiuto della consegna basato sull'ipotesi di "litispendenza internazionale" di cui all'art. 18, comma 1, lett. o), legge n. 69 del 2005, è necessario che il fatto di reato oggetto del mandato d'arresto europeo corrisponda alla medesima vicenda storica per la quale si procede in Italia, tenuto conto dei profili spazio-temporali e modali dei fatti, indipendentemente dalla qualificazione giuridica che agli stessi sia stata data dalle diverse autorità (Sez. 6, n. 18084 del 10/05/2012, Rocchi, Rv. 252510, in relazione ad una fattispecie concernente un m.a.e. emesso dalle autorità spagnole per il reato di partecipazione ad un'associazione finalizzata al narcotraffico, mentre il procedimento pendente in Italia riguardava il reato di offerta, messa in vendita, cessione, commercializzazione o detenzione di sostanze stupefacenti; Sez. 6, n. 3504 del 22/01/2014, Rombolacci, Rv. 25851279; Sez. 6, n. 9765 del 20/02/2014, Makar, Rv. 25911780; conf. Sez. 6, n. 48057 del 09/11/2016, Caruso, non mass.).
Si è inoltre chiarito che il motivo di rifiuto della consegna basato sull'ipotesi di "litispendenza internazionale" ex art. 18, comma 1, lett. o), legge 22 aprile 2005, n. 69 va correttamente interpretato alla luce del nuovo quadro di principi e regole del diritto euro-unitario, di talché va riconosciuta la prevalenza della giurisdizione straniera esecutiva (relativa, quindi, a sentenze di condanna definitive) rispetto alle esigenze processuali proprie della giurisdizione interna, non solo nell'ipotesi di pendenza di un procedimento penale per gli stessi fatti oggetto del m.a.e. ma, anche, nel caso in cui il procedimento penale dovrebbe instaurarsi ex novo in relazione agli stessi fatti e nei confronti della stessa persona (Sez. 6, n. 21323 del 22/05/2014, Maciej, Rv. 259243, relativamente ad una fattispecie in cui il ricorrente era stato condannato in Polonia con sentenze irrevocabili per i reati di associazione a delinquere e furti aggravati, commessi in parte in Italia e per i quali non era stata avviata ancora alcuna indagine in territorio nazionale; nello stesso senso v. Sez. 6, n. 4444 del 25/01/2018, Grigorie, Rv. 272126).
In linea generale, la litispendenza dinanzi all'autorità giudiziaria straniera non fa venir meno la giurisdizione italiana, salvo il caso di pronuncia di sentenza definitiva da parte dell'Autorità estera (Sez. 2, n. 27292 del 04/06/2013, Aquila, Rv. 255711, che in motivazione ha richiamato la disciplina vigente in tema di mandato di arresto europeo in cui è previsto il rifiuto della consegna in caso di "litispendenza internazionale" di cui all'art. 18, comma 1, lett. o), legge n. 69 del 2005).
La S.C. ha affermato che sussiste il motivo ostativo alla consegna di cui all'art. 18, comma 1, lett. o), della legge n. 69 del 2005, quando nei confronti della persona ricercata dall'autorità giudiziaria estera sia in corso un procedimento penale in Italia per lo stesso fatto, salva l'ipotesi in cui il mandato di arresto europeo riguardi l'esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa in uno Stato membro dell'U.E. (fattispecie relativa ad un M.A.E. esecutivo emesso dall'autorità giudiziaria bulgara per fatti di reclutamento di persone da avviare alla prostituzione, in cui la S.C. ha annullato con rinvio la decisione di consegna, dovendo la Corte distrettuale verificare la coincidenza delle condotte descritte nel M.A.E. con quelle, apparentemente analoghe, costituenti oggetto di una sentenza di condanna di primo grado, pronunciata in Italia nei confronti della medesima persona ricercata dall'autorità estera) (Sez. 6, n. 41370 del 16/11/2010, Iliev Penchev, Rv. 248530).
2. Giurisdizione italiana (art. 18-bis, comma 1, lett. b)
Si è affermato che deve essere rifiutata, ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. p), L. 22 aprile 2005, n. 69, la consegna richiesta dall’autorità giudiziaria straniera, allorquando una parte della condotta criminosa si sia verificata nel territorio italiano (Sez. 6, n. 47133 del 18/12/2007, Lichtenberger, Rv. 238159, nella quale è stata rifiutata la consegna richiesta di un cittadino italiano imputato, in concorso con altre persone, di diversi episodi di furto aggravato consumati in territorio tedesco, la cui progettazione, organizzazione e predisposizione erano avvenute in territorio italiano; Sez. 6, n. 46843 del 10/12/2007, Mescia, Rv. 238158, nella quale è stata rifiutata la consegna di un cittadino italiano imputato, in concorso con altre persone, dei delitti di associazione per delinquere e truffa, la cui condotta criminosa si era realizzata nella sua parte iniziale in territorio italiano, mentre l’attività svolta in territorio austriaco era materialmente attribuibile solo ai coimputati).
Si è invece sostenuto che non sussiste il divieto di consegna ex art. 18, lett. p), legge n. 69 del 2005, allorquando per lo stesso fatto l’autorità giudiziaria italiana abbia emesso decreto di archiviazione del procedimento, proprio in ragione della esistenza di un analogo processo pendente nello Stato di emissione Sez. 6, n. 7813 del 12/02/2008, Finotto, Rv. 238723).
E’ stato chiarito che è ostativa soltanto la commissione in Italia - in tutto od in parte - della condotta criminosa oggetto del m.a.e. Pertanto, nel caso in cui la richiesta di consegna riguardi il reato di reclutamento di donne da destinare alla prostituzione, consumato all'estero, non è ostativa l’eventuale commissione in Italia dello sfruttamento della prostituzione, trattandosi di reato diverso ed ulteriore dal primo (nella fattispecie, la Corte di appello aveva rifiutato la consegna in relazione ad un mandato di arresto esecutivo emesso dalle autorità rumene per il reato di tratta di esseri umani finalizzata all'esercizio della prostituzione, ritenendo in parte il reato consumato in Italia, dove era avvenuto lo sfruttamento della prostituzione, Sez. F, n. 35285, del 2/9/2008, Ghinea, Rv. 240983).
Si è stabilito che, perché debba essere respinta una richiesta di consegna, la giurisdizione italiana deve risultare con certezza, sulla base del quadro fattuale incontrovertibilmente desumibile dagli stessi elementi offerti dalla autorità di emissione o da quelli forniti in sede di sollecitazione integrativa ex art. 16 legge n. 69 del 2005 (Sez. 6, n. 11888 del 16/03/2016, Benvenuto, non mass.; Sez. 6, n. 27825 del 30/06/2015, Ignat, Rv. 264055; Sez. 6, n. 45669 del 29/12/2010, Llanaj, Rv. 248973; Sez. F, n. 34299, del 21/8/2008, Ratti, Rv. 240912; Sez. F, n. 34576, del 28/8/2008, Maloku, Rv. 240917; Sez. F, n. 34295, del 21/8/2008, Zanotti, non mass. sul punto). Pertanto, una volta che dalla documentazione fornita dallo Stato di emissione risulti il reato non commesso in Italia, non è sufficiente che la persona interessata prospetti una questione di giurisdizione, ma occorre che la stessa alleghi elementi dimostrativi a sostegno (Sez. F, n. 35288, dell’11/9/2008-15/9/2008, Filippa, Rv. 240719).
Inoltre, il motivo di rifiuto della consegna previsto dall'art. 18, comma 1, lett. p), L. 22 aprile 2005, n. 69, è evocabile quando la richiesta di consegna sia formulata per ragioni processuali, ossia ai fini dell'esercizio di un'azione penale (Sez. 6, n. 21323 del 22/05/2014, Maciej, Rv. 259244).
Si è inoltre affermato che sussiste il motivo di rifiuto della consegna previsto dall'art. 18, comma 1, lett. p), della L. n. 69 del 2005, solo quando la consumazione dei reati oggetto del m.a.e. sia avvenuta in tutto o in parte nel territorio italiano, e le relative condotte, sufficientemente precisate nei loro estremi oggettivi con riferimento a fonti specifiche di prova, siano idonee a fondare una notizia di reato che consenta all'autorità giudiziaria italiana l'immediato e contestuale esercizio dell'azione penale per gli stessi fatti per i quali procede il giudice estero (Sez. 6, n. 7580 del 25/2/2011, H., Rv. 249233, nella cui motivazione si osserva che l'eventuale, astratta e futura, configurabilità in Italia di fatti/reato specifici, o di parte di condotte ad essi pertinenti – ovviamente, quando una specifica notizia di reato inerente a condotte di rilevanza penale consumate almeno in parte in Italia dovesse essere formalizzata o comunque acquisita - pur se in astratto suscettibili di unificazione nella continuazione con i fatti reato consumati solo all'estero, non risulterebbe idonea ad impedire la consegna relativamente ai fatti consumati all'estero e per i quali solo all'estero si procede; nello stesso senso v. Sez. F, n. 35856 del 29/08/2013, Napolitano, Rv. 256720.
Questo perché – prosegue la S.C. nella sentenza da ultimo citata – “l'ipotetica continuazione non è idonea, nella materia disciplinata dalla L. n. 69 del 2005, a determinare la competenza nazionale per reati commessi tutti e solo all'estero. Altro è, infatti, il beneficio eventuale futuro del riconoscimento della continuazione tra sentenze nazionali e straniere che, per quanto attiene al trattamento sanzionatorio, può conseguire anche al mero riconoscimento della sentenza straniera, ed altro è la competenza che impone il rifiuto della consegna nell'ambito della procedura mae”.
In senso contrario, tuttavia, si è espressa la prevalente giurisprudenza, secondo cui il motivo di rifiuto della consegna previsto dall'art. 18, comma 1, lett. p), legge 22 aprile 2005, n. 69, sussiste quando anche solo una parte della condotta si sia verificata in territorio italiano, purchè tale circostanza risulti con certezza, non potendosi ritenere sufficiente la mera ipotesi che il reato sia stato commesso in tutto o in parte in Italia mentre non è necessario che gli elementi acquisiti consentano l'immediato e contestuale esercizio dell'azione penale in Italia per gli stessi fatti per i quali procede il giudice estero (Sez. 6, n. 45914 del 12/11/2013, Uglava, Rv. 25746981, che in applicazione di tale principio ha respinto la richiesta di consegna relativamente ad un tentato omicidio avvenuto in Belgio ai danni di cittadino straniero, ma ideato in Italia; Sez. 6, n. 6001 del 04/02/2014, Gurchiani, Rv. 25863382, secondo cui è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato un frammento della condotta che, pur privo dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo, sia apprezzabile in modo tale da collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in territorio estero; Sez. 6, n. 6151 del 05/02/2014, Lafortezza, Rv. 25863483; Sez. 6, n. 17704 del 18/04/2014, Araujo Gomez, Rv. 259345; Sez. 6, n.5548 del 01/02/2018, Manco, Rv. 272198; Sez. 6, n. 40831, 18/09/2018, P., Rv. 274121; nello stesso senso v. Sez. 6, n. 4444 del 25/01/2018, Grigorie, Rv. 272126).
Da ultimo, la S.C. ha ribadito che, ai fini dell'applicazione del motivo di rifiuto della consegna di cui all'art. 18, comma 1, lett. p), L. 22 aprile 2005, n. 69, non è sufficiente che si proceda per reati commessi almeno in parte nel territorio italiano, ma è necessario che questa parte di azione si riferisca ad un reato punibile secondo la legge italiana (Nella specie, la Corte ha escluso la ricorrenza dei presupposti per l'applicazione dell'indicato motivo di rifiuto della consegna nei riguardi di un imputato di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata all'evasione dell'imposta specificamente prevista nel Regno Unito per la produzione di tabacco per sigarette da arrotolare, trattandosi di parte di condotta prestata nel territorio nazionale che non assume autonoma rilevanza secondo la legge penale italiana) (Sez. 6, n. 13446 del 01/04/2016, Buchner Baucevich, Rv. 267167).
Sui presupposti del motivo di rifiuto in esame da ultimo la S.C. ha affermato che laddove venga avanzata una richiesta di consegna con riferimento a fatti posti in essere in prevalenza sul territorio dello Stato, il motivo obbligatorio di rifiuto della consegna – di cui all’art. 18, comma 1, lett. P), l. 22/04/2005, n.69, risulta sussistente unicamente nel caso in cui sia individuabile una situazione oggettiva, desumibile da indagini sul fatto che costituisce oggetto del mandato di arresto, che palesi una effettiva volontà da parte dello Stato di affermare la propria giurisdizione; non potendo altrettanto affermarsi laddove vi sia solamente un potenziale interesse dell’ordinamento nazionale nell’affermare la propria giurisdizione (Sez. 6, n. 27992 del 13/06/2018, H., Rv. 273544; in termini v. Sez. 6, n. 21066 del 9/07/2020, Ruffini, non mass. sul punto). Tale presupposto è stato ulteriormente circoscritto dalla S.C., affermando che, laddove la richiesta di consegna riguardi fatti posti in essere anche solo in parte sul territorio dello Stato, ovvero in un altro luogo ad esso assimilabile, il rifiuto della consegna – previsto dall’art. 18, comma 1, lett. p), legge n. 69 del 2005 – opererebbe unicamente nel caso in cui risulti già pendente (almeno a livello investigativo) sul territorio nazionale un procedimento penale per il medesimo fatto che costituisce oggetto del mandato di arresto europeo (Sez. 6, n. 15866 del 04/04/2018, Spasiano, Rv. 272912; v., inoltre, Sez. 6, n. 2959 del 22/01/2020, M.,Rv. 278197).).
In ordine alla mancata previsione della non operatività del rifiuto nel caso in cui il mandato d'arresto europeo concerne “l'esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa in uno Stato membro dell'Unione europea”, di cui alla precedente lettera o), la Corte ha osservato che l’ipotesi di rifiuto di cui alla lett. p), va tenuta distinta da quella prevista dalla precedente lettera: quest’ultima presuppone infatti la identità o medesimezza del fatto (che potrebbe essere stato commesso o meno in Italia) e la pendenza in Italia di un procedimento penale; la prima richiede invece la configurabilità della giurisdizione italiana, secondo i criteri stabiliti dagli artt. 6 e ss. cod. pen., in ordine ai fatti oggetto della consegna, dei quali l’autorità giudiziaria italiana acquisisce la notitia criminis attraverso il procedimento di consegna. La Corte in particolare ha ritenuto non fondata la tesi secondo cui, a fronte di una richiesta esecutiva, la consegna non potrebbe essere rifiutata a norma della lettera p), posto che per quei fatti non potrebbe più essere iniziato in Italia un procedimento penale a causa del divieto del ne bis in idem. Ha osservato che, mentre il rifiuto di cui alla lettera o) è da ritenersi connesso con il divieto del ne bis in idem sancito dall’art. 54 della Convenzione applicativa degli accordi di Schengen, nel caso previsto dalla lettera p), il giudicato straniero non spiega alcuna incidenza, in quanto sono privilegiate le esigenze della giurisdizione nazionale nella loro espressione spaziale (principio di territorialità), salvo il solo caso in cui il fatto oggetto del m.a.e. non si identifichi in termini di medesimezza in quello punibile in Italia (Sez. F, n. 35285, del 2/9/2008, Ghinea, Rv. 240982).
Nel caso in cui sia rifiutata la consegna, la corte di appello o la corte di cassazione dispongono la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica territorialmente competente per i seguiti di compensa in ordine ai fatti penalmente rilevanti commessi in tutto od in parte nello Stato.
Si è infine osservato (Sez. 6, n. 45524 del 20/12/2010, Ahmad, Rv. 248717) che quando la richiesta di consegna presentata dall'autorità straniera riguardi fatti commessi in parte nel territorio dello Stato ed in parte in territorio estero, la verifica della sussistenza del motivo di rifiuto previsto dall'art. 18, comma primo, lett. p), della legge n. 69 del 2005, deve essere coordinata con la disposizione contenuta nell'art. 31 della Decisione quadro 2002/584/GAI del 13 giugno 2002, che fa salvi eventuali accordi o intese bilaterali o multilaterali vigenti al momento della sua adozione, "nella misura in cui questi consentono di approfondire o di andare oltre gli obiettivi di quest'ultima e contribuiscono a semplificare o agevolare ulteriormente la consegna del ricercato" (nel caso di specie, relativo ad un m.a.e. processuale emesso dall'autorità tedesca per reati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina commessi sia in Germania che nel territorio italiano, la S.C. ha rigettato il ricorso, ritenendo applicabile l'art. II dell'Accordo bilaterale italo-tedesco del 24 ottobre 1979, ratificato con legge 11 dicembre 1984, n. 969, con il quale le parti hanno inteso facilitare l'applicazione della Convenzione europea di estradizione del 1957, nell'ipotesi in cui la domanda di consegna riguardi anche altri reati non soggetti alla giurisdizione dello Stato di rifugio e risulti opportuno far giudicare tutti i reati nello Stato richiedente)(in senso conforme, Sez. 6, n. 42536 del 09/10/2014, Galal, Rv. 260727; Sez. 6, n. 5750 del 04/02/2014, Ahmetovic, Rv. 258632; Sez. 6, n. 20281 del 24/04/2013, Vetro, Rv. 257024; Sez. 6, n. 3198 del 20/01/2015, Abd Erahman, non mass; Sez. 6, n. 13868 del 22/03/2018, Akinyemi, Rv. 272776). La S.C. ha rilevato che i medesimi principi non possono essere estesi all’Accordo bilaterale stipulato con l’Austria, che non contiene analoghe previsioni (Sez. 6, n. 44348 del 14/10/2016, Zoran, non mass.).
Si è inoltre precisato che, ai fini dell'applicazione dell'art. II dell'Accordo bilaterale italo- tedesco del 24 ottobre 1979, ratificato con legge 11 dicembre 1984, n. 969, che costituisce un limite al motivo di rifiuto previsto dall'art. 18, comma 1, lett. p), della legge n. 69 del 2005, per i fatti commessi in tutto o in parte nel territorio nazionale, qualora la richiesta di consegna riguarda una pluralità di reati, alcuni dei quali commessi in parte in Italia, e risulta opportuno far giudicare tutte le imputazioni nello Stato richiedente, la Corte d'appello deve valutare l'effettiva sussistenza delle ragioni che rendono preferibile un processo unitario dinanzi all'A.G. tedesca, avendo riguardo sia ai profili fattuali oggetto della regiudicanda (natura dei reati, contiguità temporale, riferibilità ai medesimi soggetti), sia allo stato delle indagini nei Paesi interessati, sia al grado di coinvolgimento degli interessi delle persone offese dal reato, in relazione all'eventuale pregiudizio derivante dalla trattazione del procedimento in territorio estero (Sez. 6, n. 42536 del 09/10/2014, Galal, Rv. 260728).
Sul punto va segnalata la problematica relativa alle conseguenze derivanti dalla litispendenza che, a seguito della mancata consegna, si viene a realizzare per reati transnazionali. Per risolvere i possibili conflitti tra giurisdizioni parimenti competenti territorialmente è stata adottata una decisione quadro del Consiglio dell’UE relativa alla prevenzione e alla risoluzione dei conflitti di giurisdizione nei procedimenti penali (note omesse), recepita nel nostro ordinamento con il d.lgs. 15/02/2016, n. 29.
Nella diversa ipotesi di «reati che sono stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, se la legge italiana non consente l'azione penale per gli stessi reati commessi al di fuori del suo territorio», si è stabilito che è necessario verificare "se la legge italiana" consentirebbe "l'azione penale" nei confronti di un cittadino italiano che avesse commesso all’estero uno "stesso reato", cioè un reato analogo a quello per il quale l'A.G. ha emesso il m.a.e. (Sez. 6, n. 40760 del 23/06/2016, Pozdnyakov, Rv. 268092, fattispecie in cui il m.a.e. era stato emesso dalle autorità portoghesi per un reato di corruzione commesso da un pubblico ufficiale straniero nel territorio di uno Stato terzo rispetto sia allo Stato emittente il mandato sia a quello richiesto, nella quale la S.C. ha stabilito che il reato era procedibile secondo la legge italiana a norma dell'art. 7, n. 4 cod. pen.; analogamente v. Sez. 6, n. 17225 del 04/06/2020, Hughes, Rv. 279025; Sez. 6, n. 21066 del 9/07/2020, Ruffini, non mass.).
E’ stata ritenuta operante la causa di rifiuto in esame in un caso in cui la condotta oggetto dell’esercizio dell’azione penale nello Stato richiedente (Francia) era riconducibile, stante la permanenza della condotta di sottrazione e trattenimento di minori al momento dell’arresto in Italia, alla fattispecie di cui all’art. 574-bis cod. pen. (Sez. 6, n. 21966 del 4 maggio 2017, G., non mass.).
Sul carattere facoltativo, e non obbligatorio, del motivo di rifiuto in esame, oggi previsto dall’art. 18 bis lett. b), legge cit., con il conseguente rilievo delle valutazioni ancorate alla specificità delle acquisizioni investigative da parte delle autorità dello Stato di emissione ed alla correlate migliori possibilità di giudicare adeguatamente i fatti di reato avendo a disposizione tutti gli elementi di prova v., in motivazione Sez. 6, n. 21070 del 10/07/2020, Chouli, non mass. (che ha dichiarato inammissibile il ricorso in relazione ad una associazione criminale finalizzata al traffico di banconote contraffatte operante tra la Francia e l’Italia, essendosi prodotto nel territorio francese il maggior danno conseguente alla commissione dei reati fine).
3. M.a.e. esecutivo emesso nei confronti di cittadino italiano o di Stato U.E. (art. 18-bis, comma 1, lett. c)
3.1. In generale
La norma riprende in forma di rifiuto obbligatorio la disposizione contenuta nell’art. 4, par. 6 della decisione quadro che consente la non esecuzione del m.a.e. “se il mandato d'arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno”85.
La Suprema Corte ha annullato ex officio la decisione di consegna che, in presenza di un titolo definitivo, aveva applicato il regime di cui all’art. 19, lett. c) legge n. 69 del 2005, anziché quello previsto dall’art. 18, lett. r) (Sez. 6, n. 7813 del 12/02/2008, Finotto, Rv. 238724).
3.2. Vecchia disciplina. Estensione del regime al residente.
La Suprema Corte aveva stabilito, in un primo tempo, che il particolare regime previsto dall’art. 18, lett. r), della legge n. 69 del 2005 si applicava al solo cittadino italiano (tra tante, Sez. 6, n. 25879, del 25/6/2008, Vizitiu, Rv. 239946). mass.) e non poteva estendersi in via interpretativa allo straniero che dimori o risieda sul territorio italiano.
Successivamente, con tre ordinanze, la Suprema Corte ha ritenuto invece di sollevare la questione di costituzionalità della norma in esame, nella parte in cui non prevede il rifiuto della consegna del residente non cittadino (Sez. F, n. 34213, del 1/9/2009, Musca, Rv. 244387; Sez. 6, n. 33511 del 15/7/2009, Papierz, Rv. 244756; Sez. 6, n. 42868 del 23/10/2009, Sorin, non mass.).
Con la sentenza n. 227 del 2010, riportata in premessa, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, comma 1, lettera r), della legge 22 aprile 2005, n. 69, nella parte in cui non prevede il rifiuto di consegna anche del cittadino di un altro Paese membro dell’Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, ai fini dell’esecuzione della pena detentiva in Italia conformemente al diritto interno.
A seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione in esame, la S.C. ha stabilito che debba essere annullata con rinvio la sentenza della Corte di appello che abbia disposto la consegna del cittadino comunitario all'autorità estera richiedente, spettando alla medesima Corte di appello l'apprezzamento in ordine all'eventuale condizione di "residente" del ricorrente in Italia, sulla base della documentazione già acquisita e delle eventuali integrazioni istruttorie disposte a norma dell'art. 16 della legge sopra indicata (Sez. F, n. 30039 del 27/07/2010, Alecsa, Rv. 247810; Sez. F, n. 31009 del 3/08/2010, Antohi, Rv. 247811).
3.3. Nozione di “residente”.
Appare oramai consolidato l’orientamento delineato dalla S.C. in ordine alla nozione di “residente”, dovendosi avere riguardo ad una nozione che si renda funzionale alla assimilazione, operata dalla citata norma, della categoria dello straniero residente allo status del cittadino, con la conseguenza che assume rilievo l'esistenza di un “radicamento reale e non estemporaneo” dello straniero in Italia, che dimostri che egli abbia ivi istituito, con continuità temporale e sufficiente stabilità territoriale, la sede principale, anche se non esclusiva, dei propri interessi affettivi, professionali od economici (Sez. 6, n. 12665, del 19/3/2008, Vaicekauskaite, Rv. 239156, relativa ad una fattispecie in cui la Corte ha escluso che ricorresse la suddetta condizione nei confronti di una cittadina lituana, dimorante da meno di tre anni - con più soluzioni di continuità - in Italia, dove aveva svolto saltuaria attività lavorativa, e che aveva mantenuto con il paese di origine solide relazioni familiari; Sez. F, n. 36322, 15/9/2009, Grosu, Rv. 245117, fattispecie in cui la Corte ha escluso che ricorresse la suddetta condizione nei confronti di una cittadina rumena, che, priva di permesso di soggiorno e di una attività lavorativa in Italia, risultava con certezza essere stata presente nello Stato solo nel 2005, data in cui aveva dato alla luce la figlia, e dal febbraio 2008 quando aveva ivi fissato il suo domicilio; Sez. 6, n. 2950 del 19/1/2010, Lazurca, Rv. 245791, nella quale la Corte ha escluso che ricorresse la suddetta condizione nei confronti di un cittadino rumeno, trasferitosi in Italia da circa 2 anni prima dell'arresto, dove aveva ottenuto la formale residenza, ma privo di stabile lavoro; Sez. 6, n. 2951 del 19/1/2010, Gheorghita, Rv. 245792 in cui la Corte ha escluso che ricorresse la suddetta condizione nei confronti di un cittadino rumeno, trasferitosi in Italia solo pochi mesi prima dell'arresto, dove aveva svolto un'attività lavorativa precaria).
Nello stesso senso la Corte ha affermato che occorre non solo la dimostrazione che l'interessato abbia in Italia la sua dimora abituale - intesa, peraltro, non come assoluta continuità della stessa, ma come "abitudine della dimora", compatibile anche con frequenti allontanamenti, eventualmente determinati dall'organizzazione e dalle esigenze della vita moderna - ma anche quella che egli intenda stabilmente permanere nel territorio italiano per un apprezzabile periodo di tempo (Sez. 6, n. 17643, del 28/4/2008, Chaloppe, Rv. 239651, relativa ad una fattispecie in cui la Corte ha escluso la ricorrenza della suddetta condizione nei confronti di un cittadino francese risultato senza fissa dimora e privo di documenti, osservando che il mero certificato di residenza non appare idoneo, da solo, a dimostrare la sussistenza del requisito di legge, a fronte di significative risultanze di segno contrario) (a tali principi si è adeguata Sez. 6 n. 1421 del 14/1/2009, Markovic, non mass.).
Un ulteriore affinamento della nozione di “residenza” è venuto da ultimo, con la precisazione che tra gli indici concorrenti vanno indicati la legalità della presenza in Italia, l'apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, la distanza temporale tra quest'ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all'estero, la fissazione in Italia della sede principale, anche se non esclusiva, e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali (Sez. 6, n. 19389 del 25/06/2020, D., Rv. 279419; Sez. 6, n. 49992 del 30/10/2018, Antov, Rv. 274313; Sez. 6, n. 50386 del 25/11/2014, Batanas, Rv. 261375, in relazione ad una fattispecie n cui la Corte, con riferimento ad un m.a.e. esecutivo, ha ritenuto corretta la decisione impugnata la quale aveva escluso la sussistenza della condizione di residente in relazione ad un cittadino rumeno che, pur formalmente residente in Italia, vi aveva svolto solo saltuariamente attività lavorativa, nel contempo mantenendo significativi contatti e la sua residenza in Romania, nel cui territorio aveva commesso il reato oggetto della richiesta di consegna in epoca di molto successiva al suo formale insediamento in Italia); Sez. 6, n. 9767 del 26/02/2014, Echim, Rv. 259118; Sez. 6, n. 46494 del 20/11/2013, Chiriac, Rv. 258414; Sez. 6, n. 51268 del 29/12/2015, Timis).
Quanto alla distanza temporale della condanna dalla fissazione in Italia della sede principale e consolidata degli interessi lavorativi e familiari, la S.C. ha precisato che questa è da ricollegarsi all'esigenza che il radicamento in Italia possa considerarsi il risultato di una scelta incondizionata, svincolata dalle sorti del processo celebrato nel Paese di origine e dunque non implicante la volontà di agire secundum eventum litis (Sez. 6, n. 520 del 04/01/2017, Mihai, non mass.).
Quanto al presupposto necessario della legalità della presenza in Italia (Sez. 6, n. 46494 del 20/11/2013, Chiriac, Rv. 258414; Sez. 6, n. 9767 del 26/02/2014, Echim, Rv. 259118; Sez. 6, n. 50386 del 25/11/2014, Batanas, Rv. 261375), si è precisato che i precedenti penali e le pendenze giudiziarie, contraddicendo la finalità di reinserimento sociale e lavorativo della persona richiesta in consegna, non costituiscono elementi di fatto utili ad attestare l'esistenza di un radicamento territoriale stabile e non estemporaneo nello Stato (Sez. 6, n. 16169 del 05/04/2013, Pierzyna Krzysztof, Rv. 254771; Sez. 6, n. 17706 del 18/04/2014, Tirziman, Rv. 262760; Sez. 6, n. 55360 del 28/12/2016, Stetco, non mass.).
Da tali indici è possibile prescindere solo per il cittadino comunitario che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente in conseguenza di un soggiorno in Italia per un periodo ininterrotto di cinque anni (Sez. 6, n. 10042 del 9/3/2010, Matei, Rv. 246507, con riferimento ad un m.a.e. esecutivo, ha stabilito che non ricorresse la condizione di residente e che, pertanto, dovesse ritenersi irrilevante la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, comma 1 lett. r) (ora 18-bis), nella parte in cui non prevede il rifiuto della consegna nei confronti della persona residente nello Stato; Sez. 6, n. 13517 dell’8/4/2010, Vaduva, Rv. 24674686, nella specie la Corte ha escluso la ricorrenza della suddetta condizione nei confronti di un cittadino rumeno, privo di attività lavorativa, richiesto in consegna per un reato commesso circa 1 anno prima dell'emissione del m.a.e.; Sez. 6, n. 14710 del 9/4/2010, S., Rv. 24674787, in tal caso la Corte ha escluso la ricorrenza della suddetta condizione nei confronti di un cittadino rumeno, privo di attività lavorativa e presente in Italia da un anno; Sez. 6, n. 20553 del 27/05/2010, Cocu, Rv. 247101, secondo cui tra gli indici necessari, anche se non sufficienti, si pone in primo luogo quello della formale iscrizione o residenza anagrafica nel territorio dello Stato).
Si è affermato che, quando la persona richiesta sia cittadino di altro Paese membro dell'Unione Europea ed abbia invocato la sussistenza del motivo di rifiuto di consegna previsto dall'art. 18, comma 1, lett. r) (ora 18-bis) della legge 22 aprile 2005, n. 69, allegando documenti inidonei a provare il suo stabile "radicamento" in Italia, la Corte d'appello, in assenza di ulteriori e specifiche allegazioni, non è tenuta a compiere "ex officio" attività̀ di integrazione istruttoria supplementare, posto che questa avrebbe natura meramente esplorativa (Sez. F, n. 33865 del 30/07/2015, Hetes, Rv. 264372; Sez. 6, n. 41910 del 07/10/2013, Bobiti, Rv. 257023; Sez. 6, n. 15887 del 14/04/2016, Meteleaga, non mass.).
Si è inoltre precisato che è inammissibile il motivo di ricorso che - formulato da cittadino di altro Paese membro dell'Unione Europea il quale abbia chiesto di scontare la pena in Italia a norma dell'art. 18, comma 1, lett. r) (ora 18-bis) della L. 22 aprile 2005, n. 69 - consiste nella prospettazione di specifiche allegazioni in ordine al suo stabile radicamento nel territorio dello Stato, se non preceduto da corrispondente deduzione alla Corte d'appello, poiché mentre quest'ultima può svolgere ogni opportuna verifica in proposito, alla prima difettano poteri sostitutivi o di integrazione istruttoria e la sua cognizione, ai sensi dell'art. 609 cod. proc. pen. - applicabile anche al ricorso per cassazione di cui all'art. 22 della legge n. 69 del 2005 - è limitata ai motivi proposti e alle questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del processo, nonché a quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello (Sez. 6, n. 24540 del 04/06/2015, Antov, Rv. 264171; v., inoltre, Sez. 6, n. 49882 del 05/12/2019, H., Rv. 277414).).