Il minore ha diritto di essere giudicato da un tribunale specializzato per i procedimenti penali contro minorenni nel rispetto della esigenza della tutela della condizione minorile affermata dall'art. 31 Cost., da considerare come rientrante nei diritti fondamentali della persona la cui salvaguardia costituisce un presupposto per la estradizione a norma degli artt. 698 e 705 c.p.p.
In Lettonia non risulta né che il minorenne condannato a pena detentiva riceva un trattamento penitenziario in speciali istituti né che l'accertamento giudiziale circa la sua capacità di intendere e volere sia effettuato sulla base di indagini che tengano conto della specifica considerazione della sua personalità in via di sviluppo.
Corte Suprema di Cassazione
Sezione VI Penale
(ud. 19/01/2004) 30-03-2004, n. 15108
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Renato FULGENZI - Presidente
Dott. Ilario S. MARTELLA - Consigliere
Dott. Giovanni CONTI - Consigliere
Dott. Vincenzo ROTUNDO - Consigliere
Dott. Agnello ROSSI - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
Sentenza
sul ricorso proposto da:
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bologna nel procedimento di estradizione nei confronti di:
S.A., n. a R. (L.) il 5 l. 1.;
avverso la sentenza in data 29 aprile 2003 della Corte di appello di Bologna;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Giovanni CONTI;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GERACI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna si pronunciava in senso contrario alla estradizione richiesta dalla Repubblica di Lettonia nei confronti di S.A., cittadino lettone, imputato di vari furti con effrazione commessi in danno di uffici e di esercizi commerciali di R. dal 6 l. 1. al 9 f. 1.. Con la stessa sentenza veniva disposta la revoca della misura cautelare personale (arresti domiciliari) allo stesso applicata.
Osservava la Corte di appello che lo S. aveva commesso i fatti addebitatigli poco più che quattordicenne, e che mentre non vi era motivo di ritenere che il medesimo, se estradato, potesse essere sottoposto a trattamenti contrari al senso di umanità, non vi era tuttavia la certezza che gli fossero riconosciuti in quel paese le medesime garanzie che in Italia assistono l'imputato minorenne, e in particolare che potesse essere giudicato da un tribunale specializzato per i procedimenti penali contro minorenni nel rispetto della esigenza della tutela della condizione minorile affermata dall'art. 31 Cost., da considerare come rientrante nei diritti fondamentali della persona la cui salvaguardia costituisce un presupposto per la estradizione a norma degli artt. 698 e 705 c.p.p.
Ricorre per Cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bologna, che deduce la violazione degli artt. 698 e 705 c.p.p., osservando che non rientra nei principi costituzionali che presidiano i diritti fondamentali della persona l'assicurazione all'estradando minorenne dell'osservanza da parte del paese richiedente di regole specificamente assimilabili a quelle che nel nostro ordinamento caratterizzano il processo penale minorile, una volta che non sia in discussione che l'estradando sarà sottoposto a un giusto processo e che la pena eventualmente irrogata sia finalizzata alla sua rieducazione.
Motivi della decisione
Va ribadito che, in considerazione della tutela che il nostro ordinamento accorda alla condizione minorile (art. 31 Cost.), la quale assurge al valore di diritto fondamentale della persona, e tenuto conto dell'art. 14, par. 4, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, ratificato con la legge 25 ottobre 1977, n. 881, non può essere concessa l'estradizione di un minorenne qualora l'ordinamento dello stato richiedente preveda che lo stesso sarà giudicato come se fosse un adulto, la sua imputabilità sarà presunta senza alcun previo accertamento e la pena eventualmente inflittagli sarà eseguita negli ordinari istituti per adulti (Cass., sez. 1°, c.c. 25 maggio 1987, Sciacca).
Inoltre, a tal fine, non può prescindersi dalla garanzia che l'accertamento della imputabilità del minore passi attraverso la dimostrazione della sua capacità di intendere e volere, che, in base alle norme fondamentali sopra richiamate, implica che al giovane deviante sia assicurato un trattamento processuale e sostanziale diverso da quello ordinario e conformato a prospettive di recupero (v. Corte cost., sent. n. 128 del 1987).
Ancora, va sottolineato che, in base all'art. 26.3 delle Regole minime sull'amministrazione della giustizia minorile (c.d. "Regole di Pechino"), adottate dalla Assemblea generale delle Nazioni unite con la risoluzione n. (40)33 del 29 novembre 1985, i minori devono essere tenuti in istituti separati da quelli degli adulti; e che analoga previsione è contenuta nell'art. 15 della Raccomandazione n. (87)20 sulle risposte sociali alla delinquenza minorile, emanata dal Consiglio d'Europa il 18 aprile 1988, nonché nell'art. 37, lett. c), della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a Nuova York il 20 novembre 1989, ratificata con la legge 27 maggio 1991, n. 176.
Ciò posto, rileva il Collegio che è stata acquisita agli atti comunicazione della Autorità della Repubblica di Lettonia circa le norme ivi vigenti in tema di processi a carico di imputati minorenni.
Da tale documentazione si desume che, in base all'art. 64 della "legge criminale", sono considerati minori le persone che, come nel nostro ordinamento, non hanno compiuto i diciotto anni di età al momento della commissione di fatti penalmente rilevanti.
A norma dell'art. 65 della predetta "Legge" sono stabilite pene massime detentive (o pecuniarie) per il condannato minorenne; il quale può ottenere la libertà condizionale dopo avere scontato almeno la metà della pena irrogata. Inoltre è previsto che, espiata la pena, il minore è considerato come persona che non ha mai subito una condanna.
Ancora, in base all'art. 66, è nella facoltà del tribunale, tenuto conto delle circostanze particolari del reato, o di circostanze attenuanti, o delle informazioni ricevute sulla personalità del minore, fare rilasciare il condannato, stabilendo delle misure coattive di tipo riparatorio o preventivo, applicabili peraltro solo se si tratti di minore che abbia una età di almeno quindici anni.
È infine prevista la facoltà del giudice di accordare al minore la sospensione condizionale della pena (art. 67).
Da tale complesso di previsioni normative, si ricava che nella Repubblica della Lettonia la condizione del minore delinquente è oggetto di un trattamento punitivo differenziato e mitigato rispetto a quello applicato al maggiorenne.
Tuttavia, non risulta né che il minorenne condannato a pena detentiva riceva un trattamento penitenziario in speciali istituti né che l'accertamento giudiziale circa la sua capacità di intendere e volere sia effettuato sulla base di indagini che tengano conto della specifica considerazione della sua personalità in via di sviluppo.
Simili carenze si rivelano particolarmente gravi nel caso di specie, trattandosi di soggetto che, al momento del fatto, aveva appena raggiunto l'età di quattordici anni.
Ne deriva che l'ordinamento lettone si pone in contrasto con i diritti fondamentali espressi dall'art. 31 Cost. con riferimento alla condizione minorile, e che bene ha fatto la Corte di appello di Bologna a pronunciarsi in senso contrario alla richiesta estradizione.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp.att.c.p.p.
Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2004.
Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2004