Consentita al giudice penale di merito la revoca dei testimoni difensivi già ammessi per mancata citazione.
L'omessa citazione non comporta l'automatica decadenza della parte richiedente dalla prova, ma consente al giudice di valutare se, per la superfluità della testimonianza o per il ritardo che comporterebbe per la decisione, debba dichiararsi la decadenza della parte dalla prova, ovvero differire l'audizione del teste già ammesso ad un'udienza successiva.
Orientamente pià rigoroso peraltro afferma che la mancata citazione dei testimoni già ammessi dal giudice comporta la decadenza della parte dalla prova, poiché il termine per la citazione dei testimoni è inserito in una sequenza procedimentale che non ammette ritardi o rinvii dovuti alla mera negligenza delle parti ed ha, pertanto, natura perentoria.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
sent., (data ud. 18/12/2024) 16/01/2025, n. 1951
Dott. PELLEGRINO Andrea - Presidente
Dott. SGADARI Giuseppe - Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A. nato a P il (Omissis)
avverso la sentenza del 17/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE SGADARI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale GIUSEPPE SASSONE, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Parma, emessa l'8 novembre 2022, che aveva condannato il ricorrente alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno nei confronti della parte civile in relazione a due reati di appropriazione indebita e ad un reato di furto, commessi quale presidente della AMNC ed inerenti a denaro confluito sul conto corrente della associazione e versato in contanti dai soci, nonché alla sottrazione di documenti.
2. Ricorre per cassazione A.A., deducendo:
1) violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello ritenuto la legittimazione di B.B. a sporgere querela per conto della Associaizone NMC , costituitasi parte civile, pur in difetto di titolo, essendo rimasto provato, anche attraverso le parole dello stesso testimone, che non vi era stata alcuna assemblea nella quale egli era stato nominato presidente e che la sua carica era fittizia in quanto l'imputato era rimasto di fatto alla presidenza dell'associazione anche dopo la sua estromissione;
2) violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte avallato la decisione del Tribunale di revocare l'audizione dei testimoni difensivi già indicati nella lista testi e che non avrebbero potuto essere escussi all'udienza prevista in quanto, in quella occasione (udienza del 22.2.2022), doveva procedersi alla escussione dei testi della parte civile ed all'esame dell'imputato;
D'altra parte, la circostanza che i testi difensivi non erano stati citati per l'udienza indicata, non comporterebbe un'automatica decadenza della parte dalla prova, che avrebbe potuto essere espletata alla successiva udienza nella quale erano presenti cinque dei testi compresi nella originaria lista, la cui escussione non avrebbe potuto comportare alcun ritardo;
3) violazione di legge per essersi proceduto ad una duplicazione dei capi di imputazione inerenti al reato di appropriazione indebita, una prima volta contestato al capo 1) in relazione al denaro confluito sul conto corrente dell'associazione ed una seconda volta contestato al capo 2) con riguardo al denaro conferito in contanti dai soci;
4) vizio della motivazione quanto alla ritenuta sussistenza del reato di furto, che aveva avuto ad oggetto documenti la cui sottrazione non avrebbe potuto costituire alcun profitto per l'imputato, stante il fatto che tali documenti erano costituiti da fatture quietanzate, così da doversi escludere anche la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato;
5) vizio della motivazione per non avere la Corte escluso l'aggravante del rilevante danno contestata in relazione ai reati di appropriazione indebita;
6) violazione di legge e vizio della motivazione quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena;
7) vizio della motivazione in ordine all'aumento di pena per la continuazione tra i reati.
Si dà atto che nell'interesse del ricorrente è stata depositata una memoria difensiva, con la quale si è insistito in particolare sul secondo motivo di ricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi in parte generici, in parte non consentiti ed in parte manifestamente infondati.
1. In ordine al primo motivo, inerente alla legittimazione di B.B. a costituirsi parte civile quale presidente dell'Associazione MNC non solo la carica formale rivestita dal teste è stata acclarata attraverso le sue dichiarazioni e quelle dell'imputato, ma la sentenza impugnata ha dato atto, a fg. 10, che nel fascicolo è contenuta la delibera assembleare che è stata sottoscritta da tutti i soggetti interessati, vale a dire i soci, che avevano espresso liberamente la loro volontà, circostanza decisiva per dare validità all'atto e legittimare la fonte dei poteri di rappresentanza in capo al teste, circostanze sulle quali il ricorso sorvola.
2. Quanto al secondo motivo, è lo stesso ricorrente ad ammettere (fg. 11 del ricorso) che all'udienza davanti al Tribunale del 22 febbraio 2022, alla presenza di uno dei suoi due difensori di fiducia, non si era provveduto alla citazione dei testimoni a discarico, nonostante la difesa fosse stata a ciò onerata proprio per quella udienza.
Ne era seguita la revoca da parte del Tribunale dell'ordinanza di ammissione dei testi.
La statuizione adottata, così come quelle di rigetto da parte del Tribunale e della Corte di appello di ogni ulteriore istanza sul punto - sia ai sensi dell'art. 507 che dell'art. 603 cod. proc. pen. - non sono viziate giuridicamente, in quanto i giudici di merito, come è stato specificato a fg. 5 della sentenza impugnata, hanno ritenuto superfluo l'esame dei testi difensivi, attraverso un congruo giudizio di fatto, per questo non rivedibile in questa sede, che trova fondamento nella circostanza che la Corte di appello ha valorizzato come elemento decisivo di prova ai fini della affermazione di responsabilità, le dichiarazioni spontanee dell'imputato, idonee a superare ogni altra argomentazione a discarico.
Infatti, il ricorrente aveva sostanzialmente ammesso i fatti illeciti più rilevanti, invocando una non consentita compensazione tra i prelievi di danaro effettuati e propri, presunti, crediti verso l'associazione (fgg. 11 e 12 della sentenza impugnata, laddove è stata fatta corretta applicazione del principio, che il ricorso non contesta, secondo cui, in tema di appropriazione indebita, non può essere eccepita, al fine di esonero da responsabilità, la compensazione con un credito preesistente, ove questo non sia certo, liquido ed esigibile; Sez. 2, n. 27884 del 01/06/2022, Cottone, Rv. 283632-01; Sez. 2, n. 293 del 04/12/2013, dep. 2014, Silvano, Rv. 257317-01).
Deve, ancora, aggiungersi, che la soluzione adottata dai giudici di merito in ordine alla revoca dei testimoni difensivi, è corretta anche accedendo alla tesi giurisprudenziale più favorevole alle ragioni dell'imputato, secondo la quale, la mancata citazione del teste per l'udienza non comporta l'automatica decadenza della parte richiedente dalla prova, ma consente al giudice di valutare se, per la superfluità della testimonianza o per il ritardo che comporterebbe per la decisione, debba dichiararsi la decadenza della parte dalla prova, ovvero differire l'audizione del teste già ammesso ad un'udienza successiva (Sez. 6, n. 33163 del 03/11/2020, C.
, Rv. 279922-01).
Altro, più rigoroso principio, pure affermato in sede di legittimità, porterebbe, a maggior ragione, alla medesima soluzione (in tema di prova testimoniale, la mancata citazione dei testimoni già ammessi dal giudice comporta la decadenza della parte dalla prova, poiché il termine per la citazione dei testimoni è inserito in una sequenza procedimentale che non ammette ritardi o rinvii dovuti alla mera negligenza delle parti ed ha, pertanto, natura perentoria, vedi Sez. 4, n. 31541 del 13/10/2020, Mamè, Rv. 279758).
Le ulteriori deduzioni del ricorrente - sulla circostanza che in quella udienza non si sarebbero potuti escutere i testimoni difensivi per il carico di lavoro previsto -sono ininfluenti ed apodittiche.
Tanto supera ed assorbe ogni altra considerazione, anche con riferimento al contenuto della memoria depositata.
3. Il terzo motivo, inerente alla "duplicazione" dei capi di imputazione relativi al reato di appropriazione indebita, è generico: i capi di imputazione sono due, perché, come afferma lo stesso ricorso, due sono le condotte contestate, tra loro distinte in quanto inerenti a diverso oggetto (il denaro contenuto sul conto corrente dell'associazione ed il denaro contante versato direttamente dai soci nella mani dell'allora presidente oggi imputato) e che, correttamente, sono state ritenute avvinte dal medesimo disegno criminoso.
In ogni caso, la questione giuridica - relativa ad una presunta e non meglio definita violazione di legge - avrebbe dovuto essere dedotta con l'atto di appello e così non è stato, sicché il motivo, oltre che generico, non è consentito, ai sensi dell'art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
4. Il quarto motivo, inerente al reato di furto di cui al capo 3), è aspecifico in quanto il ricorrente sorvola sulla circostanza - idonea a sostenere l'assunto della Corte in suo danno - che la sottrazione aveva avuto ad oggetto non solo le fatture quietanzate ma anche gli estratti conto bancari, dai quali si sarebbero potute facilmente evincere, a dimostrazione dell'intento illecito dell'autore, tutte le numerose e ripetute sottrazioni indebite di denaro da parte del ricorrente.
La sentenza impugnata, in proposito, ha correttamente richiamato il principio di diritto secondo il quale, nel delitto di furto, il fine di profitto che integra il dolo specifico del reato va inteso come qualunque vantaggio anche di natura non patrimoniale perseguito dall'autore (Sez. U, n. 41570 del 25/05/2023, Rv. 285145). Il quinto motivo, relativo alla aggravante del rilevante danno procurato alla vittima, contestata in relazione ai reati di appropriazione indebita, non è consentito in quanto non aveva formato oggetto dell'atto di appello.
6. Gli ulteriori e residuali motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, sono manifestamente infondati.
La Corte ha ritenuto congrua la pena base inflitta per il reato di furto e quantificata in termini di poco superiori al minimo edittale, ritenendo proporzionati anche gli aumenti di pena per continuazione e negando il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena in considerazione non solo della mancata restituzione del compendio dell'indebita appropriazione, ma anche tenuto conto del comportamento processuale del ricorrente e della "pervicacia dimostrata reiterando i fatti appropriativi in un ampio arco temporale", così da escludere la prognosi negativa di ricaduta nel reato.
La motivazione è conforme ai principi di diritto inerenti al tema.
La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Ferrario; Sez. 3 n. 1182 del 17/10/2007 dep. 2008, Cilia, Rv. 238851).
Nell'ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all'obbligo motivazionale di cui all'art. 125, comma 3, cod. pen., anche ove adoperi espressioni come "pena congrua", "pena equa", "congruo aumento", ovvero si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Ruggieri, Rv. 237402).
Ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall'art. 133 cod. pen., che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti medesime (cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 2, n. 4790 del 16/1/1996, Romeo, Rv. 204768).
Il che vale anche per la mancata concessione del beneficio ex art. 163
cod. pen. (Sez. 3, n. 35852 del 11/05/2016, Camisotti, Rv. 267639).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila alla Cassa delle Ammende, commisurata all'effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
Deve, infine, essere rigettata la richiesta di liquidazione delle spese in favore della parte civile, che ha depositato una memoria priva di contenuti rispetto alle censure coltivate in ricorso (sul punto, argomenta da Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, Sacchettino, in motivazione).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese sostenute dalla parte civile B.B.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2024.
Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2025.