In tema di restituzione nel termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna ritualmente notificato, grava sull’istante un onere di allegazione, ma non di prova, in ordine alle ragioni della mancata conoscenza del provvedimento, a fronte del quale il giudice è tenuto a verificare che l’interessato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, disponendo la restituzione nel termine anche qualora residui incertezza circa tale conoscenza; viceversa, nel caso in cui l’interessato ometta di indicare le ragioni che gli abbiano impedito di acquisire tale conoscenza, non sorge l’obbligo di verifica da parte dell’autorità giudiziaria della conoscenza effettiva, e la richiesta non può trovare accoglimento.
E' illegittimo per contrarietà ai principi del giusto processo, di cui all’art. 111 Cost. e all’art. 6, comma 3, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo il provvedimento di rigetto di una istanza di restituzione nel termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna fondato sul mero rilievo della regolarità formale della notificazione del decreto medesimo.
Corte di Cassazione
sez. VI Penale
sentenza 15 luglio – 24 agosto 2020, n. 24031
Presidente Petruzzellis – Relatore Amoroso
Ritenuto in fatto
1. Con il provvedimento in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari di Matera ha disposto il rigetto della richiesta di restituzione nel termine avanzata in data 16/09/2019 da L.N. ex art. 175 c.p.p., commi 2 e 2-bis, ai fini della proposizione dell’opposizione avverso il decreto penale di condanna n. 246/2016 emesso il 12/07/2016 e notificato in data 6/02/2017.
Il Gip, pur dopo aver rilevato che la notificazione è stata eseguita il 6/02/2017 ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 8, con deposito nella casa del Comune e per compiuta giacenza degli avvisi in (omissis) , sebbene dal certificato storico di residenza il predetto risultasse avere trasferito la propria residenza dal 13 gennaio 2017 in (omissis), ha ritenuto che tale modifica della residenza fosse irrilevante perché di fatto contraddetta dal verbale di accettazione di remissione della querela sottoscritto dal ricorrente in data 11 marzo 2017, da cui emergeva che la sua residenza era quella di (omissis) dove era stata tentata la consegna del decreto penale e dove erano state eseguiti i previsti avvisi di cui all’art. 157 c.p.p., comma 8.
2. Tramite il proprio difensore di fiducia, L.N. ha proposto ricorso, articolando due motivi con cui si deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione.
Con il primo motivo si premette che l’istanza di remissione in termini è stata avanzata dal L. dopo la notificazione in data 6/09/19 di una cartella esattoriale dell’importo di Euro 510,88, che si appurava essere relativa al mancato pagamento della pena di Euro 500 di multa irrogatagli con il decreto penale di condanna emesso il 12 luglio 2016 dal Gip del Tribunale di Matera per il reato di cui all’art. 570 c.p., comma 1.
Si rileva che mentre la notificazione della cartella esattoriale era stata correttamente eseguita in (omissis) , la notificazione del decreto penale è avvenuta sulla base della residenza in (omissis) , diversa da quella di (omissis) , in cui il L. risultava essersi trasferito, come da certificato storico che attesta il riferito mutamento di residenza dal 13 gennaio 2017 fino al 29 agosto 2019.
Pertanto, la decisione impugnata è da ritenersi erronea perché avrebbe attribuito rilevanza ad una residenza risultante nel verbale di accettazione della remissione di querela che, oltre a non rivestire le forme di una elezione o dichiarazione di domicilio, era anche di data posteriore alla notificazione precedentemente eseguita, ed era frutto di un travisamento di un dato documentale, emergendo dal verbale di accettazione di remissione che la residenza anagrafica indicata non corrispondeva a quella considerata agli effetti della notificazione, essendo stato indicato il diverso numero civico ** di vico B.
Il ricorrente ha prodotto copia della carta di identità e del verbale di accettazione di remissione della querela datato 11 marzo 2017, a supporto di quanto dedotto, evidenziando che il ricorrente non era più residente in (OMISSIS) dopo la intervenuta separazione dalla propria moglie con decreto di omologa del 7/12/2016, e che pertanto non ha avuto conoscenza effettiva del decreto penale di condanna, se non dopo la notificazione della cartella esattoriale.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
Si deve innanzitutto premettere che in tema di restituzione nel termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna ritualmente notificato, grava sull’istante un onere di allegazione, ma non di prova, in ordine alle ragioni della mancata conoscenza del provvedimento, a fronte del quale il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2, come modificato dalla L. 28 aprile 2014, n. 67, art. 11, a verificare che l’interessato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, disponendo la restituzione nel termine anche qualora residui incertezza circa tale conoscenza; viceversa, nel caso in cui l’interessato ometta di indicare le ragioni che gli abbiano impedito di acquisire tale conoscenza, non sorge l’obbligo di verifica da parte dell’autorità giudiziaria della conoscenza effettiva, e la richiesta non può trovare accoglimento (cfr. Sez. 4, n. 33458 del 21/06/2018, Biagi, Rv. 273427; Sez.4 n. 3882 del 04/10/2017, Murgia, Rv. 271944; Sez. 2 n. 51107 del 09/11/2016, Raimondo, Rv. 268855).
Secondo la giurisprudenza consolidata di legittimità, in coerenza ai principi del giusto processo, di cui all’art. 111 Cost. e all’art. 6, comma 3, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, è illegittimo il provvedimento di rigetto di una istanza di restituzione nel termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna fondato sul mero rilievo della regolarità formale della notificazione del decreto medesimo.
Si è affermato che in ciò risiede la differenza tra l’ipotesi all’esame e quella contemplata nell’art. 175 c.p.p., comma 1, per la quale la legge richiede espressamente la prova, da parte del soggetto che formula l’istanza, di non avere potuto osservare il termine stabilito a pena di decadenza.
Ne deriva come logico corollario che compete al giudice attivare i propri poteri istruttori per verificare che l’interessato non abbia avuto effettiva conoscenza e, qualora non venga superata una situazione di obiettiva incertezza circa la tempestiva conoscenza del provvedimento e l’istante abbia adempiuto al proprio onere di allegazione, il giudice è tenuto a disporre la restituzione nel termine per l’opposizione (cfr. Sez. 1 n. 57646 del 29/09/2017, Mangiapia, Rv. 271912).
Nel caso all’esame dal tenore del provvedimento impugnato non emerge che il giudice abbia condotto la valutazione richiesta, a fronte delle circostanze allegate dalla parte istante.
Effettivamente la notificazione del decreto penale risulta essere stata eseguita nelle forme del deposito presso la casa del comune, ma sulla base del riferimento ad una residenza diversa da quella anagrafica, come risultante dal certificato storico allegato al ricorso.
La notificazione eseguita dopo i due tentativi di consegna presso il predetto domicilio coniugale, e con gli avvisi per raccomandata inoltrati sempre presso il medesimo indirizzo, appare viziata dalla mancanza di nuove ricerche anagrafiche che non sono state effettuate sul presupposto che l’abitazione del L. fosse di fatto rimasta quella in cui il predetto aveva risieduto con il proprio coniuge.
Del tutto insufficiente è la circostanza utilizzata dal Gip per affermare che la notificazione sia stata eseguita ritualmente, essendo effettivamente carente sia la prova di una formale dichiarazione di domicilio, che la verifica di un’ipotetica presenza di fatto in quell’abitazione desunta da un verbale redatto dai carabinieri in epoca successiva alla notificazione, sulla base di una residenza estrapolata dalla carta di identità, e peraltro anche diversa da quella considerata agli effetti della notificazione (il numero civico non corrisponde).
Quindi, a fronte di tali allegazioni, il giudice non ha verificato in alcun modo se il ricorrente avesse continuato di fatto ad abitare presso la residenza di (omissis) anche dopo la separazione coniugale, desumendo tale circostanza dalla mera indicazione della diversa residenza del L. tratta da un verbale sottoscritto dal medesimo ricorrente, senza un vaglio approfondito del contenuto dell’atto (da cui si evince che l’indicazione della residenza è stata desunta dal documento di identità del L. utilizzato per la sua identificazione).
Pertanto, non essendo stato esercitato alcuno scrutinio effettivo nel provvedimento impugnato delle circostanze addotte a supporto della mancata effettiva conoscenza del decreto penale, ed a prescindere dalla mera apparente regolarità formale della notificazione, che neppure sussiste nel caso di specie per quanto osservato sulla diversità della residenza anagrafica, lo stesso va annullato senza rinvio con trasmissione degli atti all’ufficio Gip presso il Tribunale di Matera per l’ulteriore corso.
Considerato che il procedimento riguarda reati commessi in ambito familiare si deve disporre nel caso di diffusione del presente provvedimento l’oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti private a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Matera ufficio Gip per l’ulteriore corso.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.