Estradizione negata per padre di bambino invalido: la inderogabilità dell'assistenza al soggetto infantile, tanto più se in condizioni di menomazione fisica, è espressione di un principio generale, informato alla esigenza primaria di tutela dell'interesse del bambino, affermato in vari testi sovrannazionali, quali, tra l'altro, la Convenzione sui diritti dell'infanzia, approvata dalle Nazioni unite il 20 novembre 1989 (in particolare, art. 9) e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, adottata il 7 dicembre 2000 (art. 24); principio che, con specifico riferimento alla assistenza di entrambi i genitori, ha trovato riconoscimento esplicito anche nell'ambito della normativa interna, come può ad esempio ricavarsi dagli artt. 28 (Diritto alla unità familiare) e 31 (Disposizioni a favore dei minori) del Testo unico delle disposizioni sulla immigrazione di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286; nonchè in pronunce della Suprema Corte che sottolineano tra l'altro la necessità che ad entrambi i genitori sia assicurata la possibilità di sovvenire alle esigenze di assistenza del bambino.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
(ud. 07/10/2010) 31-01-2011, n. 3400
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE ROBERTO Giovanni - Presidente
Dott. MILO Nicola - Consigliere
Dott. IPPOLITO Francesco - Consigliere
Dott. LANZA Luigi - Consigliere
Dott. CONTI Giovanni - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
P.A., n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/04/2009 della Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Giovanni Conti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. D'AMBROSIO Vito, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma dichiarava sussistenti le condizioni per l'estradizione verso la Repubblica di Romania di P.A., cittadino rumeno, al fini della esecuzione della pena di anni tre e mesi sei di reclusione, Infettagli per il reato di furto aggravato (commesso il (OMISSIS)) con sentenza in data 10 maggio 2000 del Tribunale di Focsani, divenuta definitiva a seguita della sentenza in data 7 novembre 2000 della Corte di appello di Galati.
2. Ricorre per cassazione l'estradando, a mezzo del difensore avv. ASi, che denuncia:
2.1. Violazione dell'art. 10 della Convenzione Europea di estradizione, in relazione alla intervenuta prescrizione della pena, stante il disposto dell'art. 126 c.p., lett. b), rumeno, secondo cui la prescrizione si compie nel tempo di cinque anni dalla condanna cui va aggiunta la durata della pena detentiva da scontare, nella specie pari a tre anni, quattro mesi e dieci giorni, dovendosi scomputare il tempo sofferto in stato di custodia cautelare a norma dell'art. 88 c.p. rumeno.
Ne derivava che nel caso in esame la prescrizione della pena maturava una volta decorso il tempo complessivo di anni otto, mesi quattro e giorni dieci, spirato, a far capo dalla sentenza definitiva di condanna (7 novembre 2000) il 17 marzo 2009. Il tempo di prescrizione sarebbe comunque decorso alla data del 7 maggio 2009 anche volendo tenere conto, come ritenuto dalla Corte di appello, non della pena residua da scontare ma di quella inflitta.
Non poteva poi condividersi l'assunto della Corte di appello secondo cui l'arresto a fini estradizionali del P., in data 25 novembre 2008, e la successiva applicazione di misura cautelare, aveva interrotto il corso della prescrizione, trattandosi di misure cautelari aventi l'unica finalità di assicurare la consegna dell'estradando allo Stato richiedente, che non possono considerarsi come inizio della esecuzione della pena, la quale può avvenire unicamente nello Stato richiedente.
2.2. Omessa valutazione del pregiudizio che deriverebbe dalla estradizione del P. all'interesse primario del figlio minore dell'estradando, di soli quindici mesi di età, versante in gravi condizioni di salute in quanto affetto da artrogriposi multipla congenita e riconosciuto invalido al cento per cento; pertanto bisognoso di costanti cure e assistenza da parte di entrambi i genitori, e non della sola madre, come ritenuto dalla Corte di appello.
Al riguardo il ricorrente osserva ancora che il gravissimo stato patologico del minore, comunque attestato dal verbale della Commissione Sanitaria di prima istanza per il riconoscimento della invalidità civile, prodotto dalla difesa, ben avrebbe potuto essere ulteriormente comprovato sulla base di apposita perizia, che era nei poteri della Corte di appello disporre.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Come comunicato dall'autorità rumena, in base all'art. 126 c.p., rum., la prescrizione della pena si compie in "cinque anni più la durata della pena che si deve scontare", con il massimo di quindici anni, e il termine decorre dalla data della sentenza definitiva.
Inoltre, in forza della L. Rumena n. 302 del 2004, art. 35, par. 2, in tema di cooperazione internazionale giudiziaria in materia penale, la domanda di estradizione interrompe il corso della prescrizione della pena (v. comunicazione in data 28 ottobre 2009 della Direzione per le leggi e trattati internazionali di Bucarest).
Dato che la pena inflitta è pari ad tre e mesi sei di reclusione, addizionato a questa il termine fisso di cinque anni, deriva che dalla data della sentenza definitiva (7 novembre 2000) sino a quella della domanda di estradizione (febbraio 2008) non era ancora decorso il termine complessivo pari a otto anni e sei mesi (che sarebbe spirato solo in data 7 maggio 2009). A non diversa conclusione si preverrebbe anche scomputando il breve periodo (un mese e venti giorni) presofferto.
2. Va ancora considerato che il titolo posto a base della domanda di estradizione è esecutivo, atteso che, come comunicato in data 13 aprile 2010, la domanda di "riabilitazione" proposta dal P. con riferimento alla predetta sentenza di condanna è stata respinta con decisione in data 7 aprile 2010.
3. Il secondo motivo è invece fondato.
3.1. Il ricorrente aveva dedotto che ostava alla sua estradizione la necessità di assistenza in favore del figlioletto di soli quindici mesi di età (alla data di proposizione del ricorso), che versava in gravi condizioni di salute, in quanto affetto da artrogriposi multipla congenita e riconosciuto invalido al cento per cento; pertanto bisognoso di costanti cure e assistenza da parte di entrambi i genitori.
3.2. La Corte di appello ha rilevato, da un lato, che non era stata "chiesta alcuna perizia per la definizione dell'entità e pericolosità della malattia e delle connesse esigenze di cura e di trattamento", dall'altro che la madre avrebbe potuto "continuare a prendersi cura del bambino, provvedendo all'assistenza e ai trattamenti del caso". 3.3. Ora, quanto al primo rilievo, va osservato che in atti è rinvenibile varia documentazione prodotta dall'estradando, tra cui un certificato rilasciato dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, in data 25 agosto 2008, attestante che il bambino P. V.A. "presenta quadro clinico caratterizzato da dismorfie facciali (rime palpebrali strette, ipertelorismo, labbra sottili, filtro liscio), artrogriposi (dita delle mani flesse e piedi "a piccozza"), lussazione congenita anca, cifosi e gibbo vertebrale destro, ritardo psicomotorio e difficoltà di accrescimento"; sicchè egli necessitava di "trattamento riabilitativo e di periodici controlli multispecialistici". Altra documentazione medica prodotta, proveniente da strutture sanitarie pubbliche, conferma in pieno questa diagnosi, formulandosi inoltre un giudizio di invalidità al cento per cento del bambino, necessitante di assistenza continua stante la sua incapacità assoluta a compiere gli atti quotidiani della vita.
A fronte di tale eloquente documentazione la Corte di appello, ove ritenuto necessario, avrebbe potuto e dovuto disporre eventualmente una perizia d'ufficio, essendo del tutto irrilevante che l'estradando, che aveva pienamente assolto all'onere di allegazione, non avesse sollecitato un simile accertamento.
3.4. E, venendo al secondo rilievo esposto nella sentenza impugnata, poichè la documentazione medica prodotta attestava una invalidità totale del bambino, e la necessità di assistenza continua, risulta palesemente arbitraria la valutazione della Corte romana secondo cui tale assistenza bene avrebbe potuto essere svolta dalla sola madre;
il tutto senza alcun accertamento circa la concreta possibilità della stessa, in relazione alle sue occupazioni e alle condizioni di reddito della famiglia, di fare fronte, da sola, a un simile totalizzante impegno.
4. Vale al riguardo sottolineare che la inderogabilità dell'assistenza al soggetto infantile, tanto più se in condizioni di menomazione fisica, è espressione di un principio generale, informato alla esigenza primaria di tutela dell'interesse del bambino, affermato in vari testi sovrannazionali, quali, tra l'altro, la Convenzione sui diritti dell'infanzia, approvata dalle Nazioni unite il 20 novembre 1989 (in particolare, art. 9) e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, adottata il 7 dicembre 2000 (art. 24); principio che, con specifico riferimento alla assistenza di entrambi i genitori, ha trovato riconoscimento esplicito anche nell'ambito della normativa interna, come può ad esempio ricavarsi dagli artt. 28 (Diritto alla unità familiare) e 31 (Disposizioni a favore dei minori) del Testo unico delle disposizioni sulla immigrazione di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286; nonchè in pronunce della Suprema Corte (v. ad es. Cass. civ., sez. 1^, n. 396, 11 gennaio 2006; Id., n. 22080, 16 ottobre 2009; Id., n. 823, 19 gennaio 2010; Cass. pen., sez. 6^, n. 2166, 4 dicembre 2007, Kochanska), che sottolineano tra l'altro la necessità che ad entrambi i genitori sia assicurata la possibilità di sovvenire alle esigenze di assistenza del bambino (Cass. civ., sez. 1^, n. 4623, 25 febbraio 2010), come desumibile anche, in materia processuale penale, dall'art. 275 c.p.p., comma 4.
5. La sentenza impugnata va pertanto annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che dovrà accertare, quali siano le necessita di assistenza del figlio del P.; se esse possano essere soddisfatte tenuto conto anche delle concrete capacità reddituali e in genere delle condizioni di vita, dalla sola madre; dovendosi altrimenti dichiarare che non sussistono allo stato, le condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione avanzata dall'a.g. rumena nei confronti di P.A..
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo giudizio.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2011