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Paese sicuro, quali condizioni sub direttiva 32/13 (CGUE, 406/22)

4 ottobre 2024, Corte di giustizia dell'Unione europea

L’ Articolo 37 della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel senso che: essa osta a che un paese terzo sia designato come paese di origine sicuro qualora talune parti del suo territorio non soddisfino le condizioni sostanziali per una siffatta designazione, enunciate nell'allegato I di tale direttiva

Tre questioni all'esame della Corte: 

  • nozione stessa di paese di origine sicuro,
  • la legittimità di tale designazione, in particolare nel caso fosse stata effettuata con esclusione di parti di territorio, e
  • la possibilità per il giudice di rilevare d’ufficio la legittimità di tale designazione.

"La designazione di un paese come paese di origine sicuro dipende (..) dalla possibilità di dimostrare che, in modo generale e uniforme, non si ricorre mai alla persecuzione quale definita all'articolo 9 della direttiva2011/95, tortura o pene o trattamenti inumani o degradanti e che non vi sia alcuna minaccia dovuta alla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato internazionale o interno». (punto 68), «Le condizioni stabilite in tale allegato devono essere rispettate in tutto il territorio del paese terzo interessato affinché quest'ultimo sia designato come paese di origine sicuro» (punto 69).

Inoltre: «interpretare l'articolo 37 della direttiva 2013/32 nel senso che esso consente ai paesi terzi di essere designati come paesi di origine sicuri, ad eccezione di talune parti del loro territorio, avrebbe l'effetto di estendere l'ambito di applicazione di tale particolare regime di esame. Poiché una siffatta interpretazione non trova alcun sostegno nel tenore letterale di tale articolo 37 o, più in generale, in tale direttiva, il riconoscimento di una siffatta facoltà violerebbe l'interpretazione restrittiva cui devono essere subordinate le disposizioni derogatorie» (punto 71).

Sulla necessaria verifica d’ufficio da parte del giudice della legittimità della designazione di un paese come sicuro, sottolinea che il mancato rispetto dei criteri previsti dalla direttiva per la designazione, implicando anche gli aspetti procedurali della domanda, deve essere oggetto di un esame completo ed ex nunc da parte del giudice, che vi deve provvedere anche d’ufficio (punti 90 e 91 in particolare). Si tratta di un dovere che val al di là del semplice esame delle schede paese allegate al decreto interministeriale e comprende la necessità di esaminare tutte le risultanze del fascicolo e le COI più recenti.

E’ chiaro che gli stessi principi valgono a maggior ragione per la possibilità di designare un paese sicuro con esclusione di categorie di persone che sarebbero comunque a rischio persecuzioni o trattamenti inumani e degradanti, laddove in particolare si afferma al punto 68 che «la designazione di un paese come paese di origine sicuro dipende, … , dalla possibilità di dimostrare che, in modo generale e uniforme, non si ricorre mai alla persecuzione quale definita all'articolo 9 della direttiva2011/95, tortura o pene o trattamenti inumani o degradanti», e si chiarisce che tali possibilità di esclusione (per parti di territorio o categorie di persone) previste dal vecchio testo della direttiva sono state abrogate dal nuovo testo della direttiva procedure per cui non è ammissibile una lettura dell’art 37 della direttiva che riproponga le norme abrogate, mentre le eccezioni alla procedura ordinaria devono essere interpretata restrittivamente (punto 71).

cfr. analisi Sentenza del 4 ottobre 2024 della Grande sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C‑406/22), su magistraturademocratica.it

(traduzione automatica non ufficiale)

Corte di giustizia dell'Unione europea 

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Camera)

4 ottobre 2024 (*)


“Rinvio pregiudiziale - Politica d'asilo - Protezione internazionale - Direttiva 2013/32/UE - Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale - Articoli 36 e 37 - Nozione di “paese di origine sicuro” - Designazione - Allegato I - Criteri - Articolo 46 - Diritto a un ricorso effettivo - Riesame da parte del giudice della designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro


Nella causa C-406/22,


avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Krajský soud v Brně (Tribunale regionale di Brno, Repubblica Ceca), con decisione del 20 giugno 2022, pervenuta in cancelleria il 20 giugno 2022, nel procedimento


CV

contro

Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky,

LA CORTE (Grande Camera),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, A. Prechal, E. Regan (relatore), T. von Danwitz, Z. Csehi e O. Spineanu-Matei, presidenti di sezione, J.-C. Bonichot, I. Jarukaitis, A. Kumin, M.L. Arastey Sahún e M. Gavalec, giudici,

Avvocato generale: N. Emiliou,

cancelliere: C. Di Bella, amministratore,

vista la procedura scritta e a seguito dell'udienza del 6 giugno 2023,

viste le osservazioni presentate

- per il governo ceco, da A. Edelmannová, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti,

- il governo tedesco, da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti

- per il Governo olandese, da M.K. Bulterman, A. Hanje e P.P. Huurnink, in qualità di agenti,

- la Commissione europea, da A. Azéma e M. Salyková, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale presentate all'udienza del 30 maggio 2024,

pronuncia la presente

sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione degli articoli 36 e 37, dell'articolo 46, paragrafo 3, e dell'allegato I della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale (GU L 180, pag. 60), nonché dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la “Carta”).


2 Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra CV e il Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky (Ministero dell'Interno della Repubblica Ceca, Dipartimento per l'asilo e le politiche migratorie, in prosieguo: il “Ministero dell'Interno”), in merito al rigetto della sua domanda di protezione internazionale.


Il quadro giuridico


Diritto internazionale


La Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati


3 Ai sensi dell'articolo1, sezione A, punto 2, della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [United Nations Treaty Series, vol. 189, pag. 150,n. 2545 (1954)), entrata in vigore il 22 aprile 1954 e integrata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 ed entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (di seguito “Convenzione di Ginevra”) “[ai fini della presente Convenzione, il termine ‘rifugiato’ si applica a qualsiasi persona [. . per il fondato timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese; [...]”.


La CEDU


4 L'articolo 15 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in seguito denominata “CEDU”), intitolato “Deroga in tempo di emergenza”, dispone che: “1:


“(1) In tempo di guerra o di altra emergenza pubblica che minacci la vita della nazione, ogni Alta Parte Contraente può adottare misure in deroga agli obblighi derivanti dalla presente Convenzione nella misura strettamente richiesta dalle esigenze della situazione, purché tali misure non siano incompatibili con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale”.


2. La disposizione precedente non autorizza alcuna deroga all'articolo 2, tranne nel caso di morti risultanti da atti di guerra legittimi, e agli articoli 3, 4 (paragrafo 1) e 7.


3. Ogni Alta Parte Contraente che si avvale di questo diritto di deroga tiene pienamente informato il Segretario Generale del Consiglio d'Europa delle misure adottate e delle relative motivazioni. Essa informerà inoltre il Segretario Generale del Consiglio d'Europa della data in cui tali misure avranno cessato di essere in vigore e le disposizioni della Convenzione saranno di nuovo pienamente applicate.”


Diritto dell'Unione europea


Direttiva 2005/85/CE


5 La direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326, pag. 13) è stata abrogata dalla direttiva 2013/32. L'articolo 30 della direttiva 2005/85, intitolato “Designazione da parte di uno Stato membro di paesi terzi quali paesi di origine sicuri”, stabiliva al paragrafo 1 che:


“Fatto salvo l'articolo 29, gli Stati membri possono mantenere o introdurre una legislazione che consenta loro, conformemente all'allegato II, di designare come paesi di origine sicuri, a livello nazionale, paesi terzi diversi da quelli che figurano nell'elenco comune minimo ai fini dell'esame delle domande di asilo. Possono anche designare come sicuro parte del territorio di un paese se le condizioni stabilite nell'allegato II sono soddisfatte per quella parte del territorio”.


6 L'articolo 31 di quest'ultima direttiva, intitolato “Il concetto di paese di origine sicuro”, prevedeva al paragrafo 1:


“Un Paese terzo designato come Paese di origine sicuro ai sensi dell'articolo 29 o dell'articolo 30 può essere considerato tale per un determinato richiedente asilo, dopo un esame individuale della domanda presentata da tale persona, solo se:


(a) la persona in questione ha la cittadinanza di quel paese; o


(b) l'interessato è apolide e il paese di precedente residenza abituale ;


e se il richiedente asilo non ha fornito seri motivi per ritenere che questo non sia un Paese di origine sicuro in considerazione della sua particolare situazione, tenendo conto della qualifica di rifugiato ai sensi della Direttiva 2004/83/CE del Consiglio [del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 304, pag. 12)”. 12)]. ”


7 L'allegato II di tale direttiva, intitolato “Designazione come paese di origine sicuro ai fini degli articoli 29 e 30, paragrafo 1”, stabiliva i criteri per la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro.


Direttiva 2011/95/UE


8 La direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 337, pag. 9), all'articolo 9, intitolato “Atti di persecuzione”, prevede:


“1. Per essere considerato un atto di persecuzione ai sensi dell'articolo1, sezione A, della Convenzione di Ginevra, un atto deve:


(a) essere di natura sufficientemente grave o ripetuto da costituire una grave violazione dei diritti umani fondamentali, in particolare dei diritti ai quali non è possibile derogare ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 2, della [CEDU]; oppure


(b) essere un accumulo di varie misure, comprese le violazioni dei diritti umani, sufficientemente gravi da colpire un individuo in modo paragonabile a (a).


2. Gli atti di persecuzione, ai sensi del paragrafo 1, possono assumere in particolare le seguenti forme:


(a) violenza fisica o mentale, compresa la violenza sessuale ;


(b) misure legali, amministrative, di polizia e/o giudiziarie di per sé discriminatorie o attuate in modo discriminatorio ;


c) azioni penali o sanzioni sproporzionate o discriminatorie;


d) il rifiuto di un ricorso giudiziario con conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria;


(e) l'azione penale o la punizione per il rifiuto di prestare il servizio militare in caso di conflitto, qualora il servizio militare comporti la commissione di reati o il compimento di atti che rientrano nell'ambito dei motivi di esclusione di cui all'articolo 12, paragrafo 2;


f) atti diretti contro persone a causa del loro sesso o contro bambini.


3. Ai sensi dell'articolo 2, lettera d), deve sussistere un nesso tra i motivi di cui all'articolo 10 e gli atti di persecuzione ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo o la mancanza di protezione contro tali atti.”


Direttiva 2013/32


9 I considerando 18 e 20 della direttiva 2013/32 affermano:


“(18) È nell'interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti protezione internazionale che le domande di protezione internazionale siano decise il più rapidamente possibile, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato ed esaustivo.


[...]


(20) In circostanze ben definite, qualora una domanda sia verosimilmente infondata o sussistano gravi preoccupazioni relative alla sicurezza nazionale o all'ordine pubblico, gli Stati membri dovrebbero poter accelerare la procedura d'esame, in particolare introducendo termini più brevi ma ragionevoli per alcune fasi della procedura, senza pregiudicare lo svolgimento di un esame adeguato ed esaustivo e l'effettivo accesso del richiedente ai principi e alle garanzie fondamentali previsti dalla presente direttiva”.


10 L'articolo 31 della direttiva, intitolato “Procedura d'esame”, prevede al paragrafo 8 che:


“Gli Stati membri possono decidere, nel rispetto dei principi e delle garanzie fondamentali di cui al capo II, di accelerare una procedura d'esame e/o di svolgere tale procedura alla frontiera o nelle zone di transito conformemente all'articolo 43 qualora:


[...]


b) il richiedente provenga da un paese di origine sicuro ai sensi della presente direttiva; [...]


[...] ”


11 L'articolo 32 della Direttiva, intitolato “Domande infondate”, recita: “1:


“(1) Fatto salvo l'articolo 27, gli Stati membri possono considerare infondata una domanda solo se l'autorità accertante ha stabilito che il richiedente non ha i requisiti per beneficiare della protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95]”.


2. In caso di domanda infondata corrispondente a una delle situazioni elencate all'articolo 31, paragrafo 8, gli Stati membri possono anche considerare una domanda manifestamente infondata, se è definita come tale nella legislazione nazionale.”


12 L'articolo 36 della direttiva 2013/32, intitolato “Il concetto di paese di origine sicuro”, recita:


“1. Un paese terzo designato come paese di origine sicuro ai sensi della presente direttiva può essere considerato tale per un determinato richiedente, previo esame individuale della domanda presentata da tale persona, solo se:


(a) il richiedente è cittadino di quel paese; oppure


b) l'interessato è apolide e il paese di precedente residenza abituale,


e il richiedente non ha addotto seri motivi per ritenere che questo non sia un paese di origine sicuro a causa della sua situazione personale, tenendo conto delle condizioni richieste per qualificarsi come beneficiario di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95].


2. Gli Stati membri prevedono nel loro diritto nazionale norme e modalità supplementari per l'applicazione del concetto di Paese di origine sicuro”.


13 L'articolo 37 di tale direttiva, intitolato “Designazione da parte di uno Stato membro di paesi terzi quali paesi di origine sicuri”, prevede:


“ 1. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre una legislazione che consenta loro, conformemente all'allegato I, di designare paesi di origine sicuri a livello nazionale ai fini dell'esame delle domande di protezione internazionale.


2. Gli Stati membri riesaminano regolarmente la situazione nei paesi terzi designati come paesi di origine sicuri in conformità al presente articolo.


3. Nel determinare se un paese è un paese di origine sicuro ai sensi del presente articolo, gli Stati membri si basano su una serie di fonti di informazione, tra cui in particolare le informazioni provenienti da altri Stati membri, dall'[Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (UESA)], dall'[Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR)], dal Consiglio d'Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti.


4. Gli Stati membri notificano alla Commissione [europea] i paesi designati come paesi di origine sicuri ai sensi del presente articolo”.


14 L'articolo 43 della direttiva, intitolato “Procedure di frontiera”, prevede al paragrafo 1 che:


“Gli Stati membri possono prevedere procedure conformi ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capitolo II per decidere, alla loro frontiera o nelle loro zone di transito, su:


[...]


(b) il merito di una domanda nell'ambito di una procedura ai sensi dell'articolo 31, paragrafo 8”.


15 L'articolo 46 della direttiva 2013/32, intitolato “Diritto a un ricorso effettivo”, prevede:


“ 1. Gli Stati membri provvedono affinché i richiedenti asilo abbiano diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice contro i seguenti atti :


(a) una decisione relativa alla loro domanda di protezione internazionale, comprese :


(i) una decisione che dichiara infondata la domanda di status di rifugiato e/o di protezione sussidiaria;


[...]


(iii) le decisioni prese alla frontiera o nelle zone di transito di uno Stato membro ai sensi dell'articolo 43, paragrafo 1;


[...]


3. Per conformarsi al paragrafo 1, gli Stati membri provvedono affinché un ricorso effettivo preveda un esame completo ed ex nunc sia dei fatti che delle questioni giuridiche, compreso, se del caso, un esame della necessità di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95], almeno nel contesto delle procedure di ricorso dinanzi a un tribunale di primo grado.


[...]


5. Fatto salvo il paragrafo 6, gli Stati membri consentono al richiedente di rimanere nel loro territorio fino alla scadenza del termine previsto per l'esercizio del diritto a un ricorso effettivo e, se tale diritto è stato esercitato entro il termine previsto, in attesa dell'esito del ricorso.


6. Nel caso in cui una decisione :


(a) ritenga una domanda manifestamente infondata ai sensi dell'articolo 32, paragrafo 2, o infondata dopo l'esame ai sensi dell'articolo 31, paragrafo 8, ad eccezione dei casi in cui le decisioni si basano sulle circostanze di cui all'articolo 31, paragrafo 8, lettera h) ;


[...]


un tribunale è competente a decidere se il ricorrente può rimanere nel territorio dello Stato membro, su richiesta del ricorrente o di propria iniziativa, se tale decisione ha l'effetto di porre fine al diritto del ricorrente di rimanere nello Stato membro e se, in tali casi, il diritto di rimanere nello Stato membro in attesa dell'esito del ricorso non è previsto dal diritto nazionale.


[...] ”


16 L'articolo 53 di questa direttiva, intitolato “Abrogazione”, prevede:


“La direttiva [2005/85] è abrogata, per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva, con effetto dal 21 luglio 2015, [...]”.


I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato III”.


17 Ai sensi dell'allegato I di tale direttiva, intitolato “Designazione come paese di origine sicuro ai fini dell'articolo 37, paragrafo 1”:


“Un paese è considerato un paese di origine sicuro quando, sulla base della situazione giuridica, dell'applicazione della legge nell'ambito di un sistema democratico e delle circostanze politiche generali, si può dimostrare che, in generale e in modo uniforme, non si ricorre mai alla persecuzione, come definita all'articolo 9 della direttiva [2011/95], alla tortura o a trattamenti o punizioni inumani o degradanti e che non vi è alcuna minaccia di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato internazionale o interno.


Nel fare questa valutazione, si tiene conto, tra l'altro, della misura in cui il Paese offre protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti, attraverso i seguenti elementi


a) le disposizioni legislative e regolamentari adottate in materia e il modo in cui vengono applicate ;


(b) il modo in cui sono rispettati i diritti e le libertà definiti nella [CEDU] e/o nel Patto internazionale sui diritti civili e politici[, adottato il 16 dicembre 1966 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite ed entrato in vigore il 23 marzo 1976,] e/o nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, in particolare i diritti rispetto ai quali non è possibile derogare ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 2, della [CEDU] ;


(c) il modo in cui viene rispettato il principio di non respingimento in conformità con la Convenzione di Ginevra ;


d) l'esistenza di un sistema di sanzioni efficaci contro le violazioni di tali diritti e libertà”.


Regolamento (UE) 2024/1348


18 L'articolo 61 del regolamento (UE) 2024/1348 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, che istituisce una procedura comune in materia di protezione internazionale nell'Unione e abroga la direttiva 2013/32/UE (GU L, 2024/1348), intitolato “Concetto di Paese di origine sicuro”, prevede, al paragrafo 2, che:


“La designazione di un Paese terzo come Paese di origine sicuro sia a livello [dell'Unione europea] sia a livello nazionale può prevedere eccezioni per parti specifiche del suo territorio o per categorie di persone chiaramente identificabili”.


19 L'articolo 78 di tale regolamento, intitolato “Abrogazione”, stabilisce al paragrafo 1 che:


“La direttiva [2013/32] è abrogata con effetto dalla data di cui all'articolo 79, paragrafo 2, fatto salvo l'articolo 79, paragrafo 3.”


20 L'articolo 79 di tale regolamento, intitolato “Entrata in vigore e applicazione”, prevede, ai paragrafi 2 e 3:


“ 2. Il presente regolamento si applica a decorrere dal 12 giugno 2026.


3. Il presente regolamento si applica alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale per le domande presentate a partire dal 12 giugno 2026. Le domande di protezione internazionale presentate prima di tale data sono disciplinate dalla direttiva [2013/32]. Il presente regolamento si applica alla procedura di revoca della protezione internazionale quando l'esame per la revoca della protezione internazionale è avviato il 12 giugno 2026 o successivamente. Se l'esame ai fini della revoca della protezione internazionale è stato avviato prima del 12 giugno 2026, la procedura di revoca della protezione internazionale è disciplinata dalla direttiva [2013/32]”.


Diritto ceco


Legge sull'asilo


21 L'articolo 2, paragrafo 1, lettere b) e k), della zákon č. 325/1999 Sb., o azylu (leggen. 325/1999, sull'asilo), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: la “legge sull'asilo”), prevede:


“Ai fini della presente legge, si applicano le seguenti definizioni


[...]


b) richiedente protezione internazionale: lo straniero che ha presentato nella Repubblica ceca una domanda di protezione internazionale che non ha ancora dato luogo a una decisione definitiva. Lo straniero ha lo status di richiedente protezione internazionale anche durante il periodo di tempo stabilito per la presentazione del ricorso ai sensi dell'articolo 32 e durante il periodo del procedimento giudiziario relativo al ricorso contro la decisione del Ministero ai sensi del [zákon č. 150/2002 Sb.., soudní řád správní (leggen. 150/2002 - codice di procedura amministrativa), nella versione applicabile alla controversia nel procedimento principale (di seguito “codice di procedura amministrativa”),] se tale ricorso ha effetto sospensivo, o fino a quando il tribunale regionale emette una decisione che non riconosce l'effetto sospensivo, se lo straniero ha richiesto l'effetto sospensivo. [...]


[...]


(k) Paese di origine sicuro: lo Stato di cui lo straniero è cittadino o, nel caso di un apolide, lo Stato della sua ultima residenza permanente,


1. che generalmente e uniformemente non ricorre mai alla persecuzione, alla tortura o a trattamenti o punizioni inumani o degradanti, e dove non esiste la minaccia di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato internazionale o interno,


2. i suoi cittadini o apolidi non partono per i motivi di cui all'articolo 12 o all'articolo 14 bis,


3. ha ratificato e rispetta i trattati internazionali sui diritti umani e le libertà fondamentali, comprese le disposizioni sui rimedi efficaci, e


4. autorizza l'azione di persone giuridiche che controllano la situazione per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani,


[...] ”


22 L'articolo 3 quinquies di questa legge recita:


“ 1. Il richiedente protezione internazionale ha il diritto di rimanere nel territorio; [...] il diritto di rimanere nel territorio non dà diritto a un permesso di soggiorno ai sensi del [zákon č. 326/1999 Sb.., o pobytu cizinců na území České republiky a o změně některých zákonů (Leggen. 326/1999, sul soggiorno degli stranieri nel territorio della Repubblica Ceca e che modifica alcuni atti)]. Il Ministero ha il diritto di limitare il soggiorno del richiedente protezione internazionale sul territorio solo a una parte del territorio o al centro di accoglienza della zona di transito di un aeroporto internazionale se il richiedente non è autorizzato a entrare nel territorio.


2. Se il richiedente protezione internazionale non è una persona che ha ripetuto una domanda di protezione internazionale, il suo soggiorno nel territorio non può essere interrotto sulla base di una decisione amministrativa o giudiziaria; [...]”.


23 L'articolo 16, paragrafi 2 e 3, della legge recita come segue:


“ 2. La richiesta di protezione internazionale di un richiedente proveniente da uno Stato che la Repubblica Ceca considera un Paese d'origine sicuro è altresì respinta in quanto manifestamente infondata, a meno che il richiedente non dimostri che, nel suo caso, tale Stato non può essere considerato tale.


3. Se vi sono motivi per respingere la domanda di protezione internazionale in quanto manifestamente infondata, non è necessario esaminare se il richiedente protezione internazionale soddisfa i motivi per il riconoscimento dell'asilo di cui agli articoli 13 e 14 o della protezione sussidiaria di cui all'articolo 14 ter. Se vi sono motivi per respingere la domanda di protezione internazionale in quanto manifestamente infondata ai sensi del paragrafo 2, non è neppure necessario esaminare se il richiedente protezione internazionale non dimostri circostanze che indichino che sarebbe esposto a persecuzione per i motivi di cui all'articolo 12 o che rischierebbe di subire un danno grave ai sensi dell'articolo 14 bis”.


24 Ai sensi dell'articolo 32, paragrafo 2, della legge sull'asilo:


“La presentazione di un ricorso [...] ha effetto sospensivo, ad eccezione [...] di un ricorso contro una decisione ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 2 [...]”.


25 L'articolo 85 ter, paragrafo 1, di tale legge prevede:


“A seguito [... ] di una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale in quanto manifestamente infondata, se non è stata annullata da un tribunale, o di una decisione di un tribunale regionale che non riconosce l'effetto sospensivo se tale effetto è stato richiesto, il Ministero emette d'ufficio nei confronti dello straniero un ordine di allontanamento valido per un massimo di un mese, a meno che non venga avviato un procedimento ai sensi della [leggen. 326/1999 sul soggiorno degli stranieri nel territorio della Repubblica ceca e che modifica alcuni atti] [...]”.


26 L'articolo 86, paragrafo 4, di tale legge prevede:


“Il Ministero stabilisce con decreto l'elenco dei Paesi di origine sicuri, [...] rivede almeno una volta all'anno gli elenchi dei Paesi stabiliti con decreto”.


Decreton. 328/2015, che attua la legge sull'asilo e la legge sulla protezione temporanea degli stranieri.


27 L'articolo 2, paragrafo 15, della vyhláška č. 328/2015 Sb., kterou se provádí zákon o azylu a zákon o dočasné ochraně cizinců (decreton. 328/2015, di attuazione della legge sull'asilo e della legge sulla protezione temporanea degli stranieri) prevede:


“La Repubblica Ceca considera come paese di origine sicuro [...] la Moldavia, ad eccezione della Transnistria, [...]”.


Il Codice di procedura amministrativa


28 L'articolo 75, paragrafo 2, del Codice di procedura amministrativa stabilisce che:


“Il tribunale esamina i punti contestati della decisione nei limiti dei motivi dedotti. [...] ”


29 L'articolo 76, paragrafo 1, dello stesso Codice prevede:


“Il tribunale annulla, con sentenza inaudita altera parte, la decisione impugnata per vizi procedurali


a) quando il controllo è impossibile a causa dell'incomprensibilità della decisione o del difetto di motivazione,


b) perché i fatti su cui l'autorità amministrativa si è basata per adottare la decisione impugnata non corrispondono al fascicolo o sono infondati, oppure devono essere ampiamente o sostanzialmente integrati,


c) a causa di una violazione sostanziale delle disposizioni relative al procedimento dinanzi all'autorità amministrativa, se ciò può comportare una decisione illegittima nel merito.


Il procedimento principale e le questioni pregiudiziali


30 Il 9 febbraio 2022 CV, cittadino moldavo, ha presentato una domanda di protezione internazionale nella Repubblica ceca. In tale domanda ha dichiarato di aver assistito, nel corso del 2015, in Moldavia, a un incidente in cui il conducente di un'autovettura avrebbe investito e ucciso un pedone per poi fuggire dalla scena. La sera stessa dell'incidente, alcuni individui si sono recati a casa di CV, lo hanno portato in un bosco e lo hanno aggredito.


31 Dopo essere fuggito, CV si è nascosto da amici prima di tornare a casa due giorni dopo e scoprire che la sua casa era stata bruciata. È quindi fuggito dalla Moldavia ed è entrato nella Repubblica Ceca utilizzando un passaporto rumeno falso fornito da un conoscente. Nel corso del 2016 e del 2019, CV è tornato in Moldavia, cercando di assicurarsi che nessuno, a eccezione dei suoi cugini, sapesse dove si trovava.


32 A sostegno della sua domanda di protezione internazionale, CV ha fatto riferimento a minacce nei suoi confronti in Moldavia da parte di individui che le autorità di polizia non sarebbero state in grado di identificare. Ha inoltre dichiarato di non voler tornare nella sua regione d'origine a causa dell'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione Russa.


33 Con decisione dell'8 marzo 2022 (in prosieguo: la “decisione di rigetto”), il Ministero dell'Interno ha respinto tale domanda in quanto manifestamente infondata, ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 2, della legge sull'asilo, alla luce degli elementi raccolti sulla situazione politica e di sicurezza in Moldavia e sul rispetto dei diritti umani in tale Paese terzo. In particolare, tale Ministero ha rilevato che, ai sensi dell'articolo 2 del decreton. 328/2015, che attua la legge sull'asilo e la legge sulla protezione temporanea degli stranieri, la Repubblica Ceca considera la Repubblica di Moldova, ad eccezione della Transnistria, un “Paese di origine sicuro”, senza che CV sia riuscita a dimostrare che ciò non si applicherebbe al suo caso specifico.


34 La CV ha impugnato tale decisione dinanzi al Krajský soud v Brně (Tribunale regionale di Brno, Repubblica Ceca), che è il giudice del rinvio. Davanti a tale tribunale, ribadendo, in sostanza, gli elementi formulati a sostegno della sua domanda di protezione internazionale, egli sostiene che, mentre tale Ministero era tenuto a prendere in considerazione tutte le informazioni pertinenti e a valutare tale domanda in modo globale, ha mantenuto come unico fattore determinante il fatto che CV sia originario della Repubblica di Moldova.


35 Dinanzi a tale tribunale, il Ministero dell'Interno ha dichiarato di non essere stato all'oscuro della situazione derivante dal conflitto che ha avuto origine dall'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione Russa. Tuttavia, alla data di adozione di tale decisione, non vi era alcuna notizia che indicasse che tale conflitto si sarebbe esteso al di là dell'Ucraina o che il Ministero avrebbe dovuto, in un modo o nell'altro, rivedere il contenuto delle informazioni raccolte in merito alla Repubblica di Moldova.


36 Inoltre, lo stesso tribunale afferma che il Ministero ha riconosciuto l'esistenza di carenze fondamentali nel rispetto della legge in Moldavia, in particolare per quanto riguarda la giustizia, per cui non si può escludere l'esistenza di casi di persecuzione ai sensi dell'articolo 9 della direttiva 2011/95. In particolare, vi è il rischio di persecuzioni in Ucraina. In particolare, esiste il rischio di procedimenti giudiziari o condanne penali sproporzionati o discriminatori, che colpiscono soprattutto gli oppositori politici, i loro avvocati, i difensori dei diritti umani e gli attivisti della società civile. Tuttavia, il Ministero degli Interni ha ritenuto che CV non rientrasse in nessuna di queste categorie. Inoltre, CV non ha indicato di avere problemi con le istituzioni statali moldave.


37 Il 9 maggio 2022, il tribunale nazionale ha accolto la richiesta di CV di conferire effetto sospensivo al suo ricorso contro la decisione di respingimento, accettando la sua argomentazione secondo cui un esito positivo dopo aver lasciato il territorio ceco avrebbe avuto per lui solo un effetto formale, dal momento che, in Moldavia, sarebbe stato esposto al rischio di subire gravi danni da parte degli individui che lo avevano attaccato in passato. Inoltre, la Corte ha dichiarato di aver tenuto conto del fatto che, il 28 aprile 2022, la Repubblica di Moldova aveva deciso, a causa dell'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione Russa, di prorogare l'esercizio del suo diritto di deroga agli obblighi derivanti dalla CEDU, ai sensi dell'articolo 15 di tale Convenzione, diritto che aveva invocato il 25 febbraio 2022 a causa della crisi energetica che stava attraversando.


38 Poiché la domanda di protezione internazionale della CV è stata respinta tenendo conto, tra l'altro, del fatto che la Repubblica Ceca aveva designato la Repubblica di Moldova come paese di origine sicuro, ad eccezione della Transnistria, il giudice del rinvio si interroga, in primo luogo, sulla nozione di “paese di origine sicuro” e, in particolare, tenuto conto dell'articolo 37 della direttiva 2013/32 e del suo allegato I, sui criteri per designare un paese terzo come paese di origine sicuro.


39 In primo luogo, si chiede se un Paese terzo cessi di poter essere designato come tale quando invoca il diritto di deroga previsto dall'articolo 15 della CEDU.


40 In secondo luogo, il giudice del rinvio si chiede se il diritto dell'Unione osti a che uno Stato membro designi un Paese terzo come Paese di origine sicuro, ad eccezione di alcune parti del suo territorio. A tal proposito, esso ricorda che la possibilità di effettuare una siffatta designazione parziale, che figurava all'articolo 30 della direttiva 2005/85, che la direttiva 2013/32 ha abrogato, non è più prevista all'articolo 37 di tale direttiva. Inoltre, la Corte ritiene che il concetto di “Paese di origine sicuro” sia volto a semplificare la procedura di esame delle domande di protezione internazionale, una semplificazione che sarebbe giustificata solo per i Paesi terzi i cui cittadini è effettivamente improbabile che debbano ottenere la protezione internazionale o la protezione sussidiaria. Tuttavia, questo sarebbe il caso solo dei Paesi terzi che soddisfano i criteri di cui all'allegato I della direttiva 2013/322 su tutto il loro territorio.


41 In secondo luogo, se si dovesse ritenere che un Paese terzo che ha esercitato il diritto di deroga previsto dall'articolo 15 della CEDU non possa essere designato come Paese di origine sicuro o che tale designazione non possa escludere una parte del territorio del Paese terzo interessato, il giudice del rinvio si interroga sulla portata del controllo che è tenuto a esercitare a tale riguardo ai sensi dell'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, disposizione che non è stata recepita nell'ordinamento ceco, ma che esso ritiene abbia effetto diretto.


42 In particolare, detto giudice precisa che le domande di protezione internazionale presentate da cittadini di Paesi terzi designati come Paesi di origine sicuri possono essere soggette, come la domanda oggetto del procedimento pendente dinanzi ad esso, a un regime speciale di esame, che consente, ai sensi delle disposizioni di tale direttiva, in particolare di trattare tali domande con una procedura accelerata e, se del caso, di dichiararle manifestamente infondate. Tale giudice ricorda altresì che, in tali circostanze, lo Stato membro in cui il richiedente protezione internazionale ha presentato tale domanda non può consentirgli di rimanere sul suo territorio in attesa dell'esito del ricorso contro la decisione di rigetto di tale domanda.


43 Di conseguenza, lo stesso giudice si chiede se, quando è investito di un ricorso contro una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale adottata nell'ambito di un siffatto sistema, sia tenuto, in virtù dell'esame completo ed ex nunc sia dei fatti che delle questioni giuridiche previsto dall'articolo 46 (3, della direttiva 2013/32, letto alla luce dell'articolo 47 della Carta, a sollevare l'inosservanza delle norme stabilite da tale direttiva ai fini della designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro, anche se tale inosservanza non è stata contestata dal richiedente che ha presentato tale ricorso.


44 In tali circostanze, il Krajský soud v Brně (Tribunale di Brno) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:


“1) Se il criterio per la designazione di un paese di origine sicuro ai fini dell'articolo 37, paragrafo 1, della direttiva [2013/32] di cui all'allegato I, lettera b), di tale direttiva (ossia che un determinato paese offra protezione da persecuzioni e maltrattamenti in virtù del modo in cui sono rispettati i diritti e le libertà sanciti dalla [CEDU], in particolare i diritti per i quali non possono essere autorizzate deroghe ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 2, [CEDU]) debba essere interpretato nel senso che, se un paese deroga agli obblighi previsti da [tale Convenzione] in caso di stato di emergenza ai sensi dell'articolo 15 [di tale Convenzione], non soddisfa più tale criterio per essere designato come paese di origine sicuro.


(2) Se gli articoli 36 e 37 della direttiva [2013/32] debbano essere interpretati nel senso che ostano a che uno Stato membro designi come paese di origine sicuro solo una parte di un paese, con specifiche eccezioni territoriali in cui non si applica la presunzione che tale parte del paese sia sicura per il richiedente, e che, se uno Stato membro designa come sicuro un paese con tali eccezioni territoriali, tale paese non può essere considerato nel suo complesso un paese di origine sicuro ai fini di tale direttiva.


3) Nel caso in cui una delle [prime] due questioni pregiudiziali venga risolta in senso affermativo [...] se l'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva [2013/32], in combinato disposto con l'articolo 47 della [Carta], debba essere interpretato nel senso che l'organo giurisdizionale investito di un ricorso avverso una decisione di manifesta infondatezza di una domanda ai sensi dell'articolo 32, paragrafo 2, di tale direttiva, una decisione emessa nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 31, paragrafo 8, lettera b), di [tale] direttiva, debba prendere in considerazione d'ufficio (ex officio), anche in assenza di censure sollevate dal richiedente, il contrasto tra la designazione di un paese come [paese di origine] sicuro e il diritto dell'Unione per i motivi summenzionati. ”


Le questioni pregiudiziali


La prima questione


45 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 37 della direttiva 2013/32, in combinato disposto con l'allegato I della stessa, debba essere interpretato nel senso che un paese terzo cessa di soddisfare i criteri che gli consentono di essere designato come paese di origine sicuro per il solo fatto di invocare il diritto di derogare agli obblighi stabiliti dalla CEDU, ai sensi dell'articolo 15 di tale Convenzione.


46 Come risulta dalle informazioni fornite da tale giudice, il ricorrente nel procedimento principale contesta al Ministero dell'Interno che, sebbene egli abbia esposto le minacce cui è soggetto in Moldavia e abbia indicato di non voler tornare nella sua regione di origine a causa dell'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione Russa, tale Ministero ha basato la decisione di respingimento unicamente sul fatto che egli è originario della Repubblica di Moldavia e che la Repubblica Ceca ha designato tale paese terzo come paese di origine sicuro, ad eccezione della Transnistria. Di conseguenza, tale giudice si chiede quale effetto possa avere tale designazione sul fatto che, il 28 aprile 2022, mentre il procedimento principale era pendente dinanzi ad esso, la Repubblica di Moldova ha deciso di prorogare l'esercizio del suo diritto di deroga agli obblighi derivanti dalla CEDU, ai sensi dell'articolo 15 della stessa, a causa dell'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione russa.


47 In via preliminare, occorre ricordare che gli articoli 36 e 37 della direttiva 2013/32, relativi, rispettivamente, alla nozione di paese di origine sicuro e alla designazione da parte degli Stati membri di paesi terzi quali paesi di origine sicuri, istituiscono un regime speciale di esame cui gli Stati membri possono sottoporre le domande di protezione internazionale, tale regime si basa su una forma di presunzione confutabile di sufficiente protezione nel Paese d'origine, che può essere confutata dal richiedente se questi adduce motivi convincenti relativi alla sua particolare situazione (cfr., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, A, C-404/17, EU: C:2018:588, punto 25).


48 Nell'ambito delle specificità di tale regime speciale di esame, gli Stati membri possono decidere, ai sensi dell'articolo 31, paragrafo 8, lettera b), di tale direttiva, in primo luogo, di accelerare la procedura di esame e, in secondo luogo, di svolgere tale procedura alla frontiera o nelle zone di transito, conformemente all'articolo 43 di tale direttiva.


49 Inoltre, quando una domanda di protezione internazionale, presentata da un richiedente proveniente da un Paese di origine sicuro, è stata considerata infondata, in quanto, ai sensi dell'articolo 32, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, l'autorità accertante ha stabilito che il richiedente non ha i requisiti per beneficiare della protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95, gli Stati membri possono anche considerare, ai sensi di tale articolo 32, paragrafo 2, tale domanda manifestamente infondata, se è definita come tale nel diritto nazionale.


50 Inoltre, una delle conseguenze per la persona la cui domanda è respinta sulla base dell'applicazione del concetto di Paese d'origine sicuro è che, contrariamente a quanto previsto nel caso di un semplice respingimento non può essere autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato membro in cui tale domanda è stata presentata in attesa dell'esito del suo ricorso contro la decisione di rigetto di tale domanda, come risulta dalle disposizioni dell'articolo 46, paragrafi 5 e 6, della direttiva 2013/32 (v., in tal senso, causa C-404/17 A[2018] ECR I-0000, EU: C:2018:588, punto 27).


51 Fatte queste osservazioni introduttive, occorre rilevare che l'articolo 37 di tale direttiva riguarda, come indica il suo titolo, la designazione da parte degli Stati membri di paesi terzi come paesi di origine sicuri. In particolare, l'articolo 37, paragrafo 1, stabilisce che gli Stati membri possono mantenere o adottare disposizioni legislative che consentano loro, conformemente all'allegato I di tale direttiva, di designare paesi di origine sicuri, a livello nazionale, ai fini dell'esame delle domande di protezione internazionale.


52 Tale allegato I specifica, tra l'altro, che un Paese terzo può essere considerato un Paese di origine sicuro quando, sulla base della situazione giuridica, dell'applicazione della legge in un sistema democratico e delle circostanze politiche generali, si può dimostrare che, in generale e uniformemente non si ricorre mai alla persecuzione, come definita all'articolo 9 della Direttiva 2011/95, alla tortura o a trattamenti o punizioni inumani o degradanti e che non vi è alcuna minaccia di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato internazionale o interno.


53 A questo proposito, l'allegato elenca i fattori che possono essere presi in considerazione per valutare, tra l'altro, la misura in cui il Paese terzo interessato offre protezione contro la persecuzione e i maltrattamenti. Tali fattori comprendono, alla lettera b) del secondo paragrafo di tale allegato, il modo in cui sono rispettati i diritti e le libertà sanciti dalla CEDU, in particolare i diritti per i quali non può essere autorizzata alcuna deroga ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 2, di tale Convenzione.


54 Sebbene tale articolo della CEDU preveda la possibilità, in tempo di guerra o di altra emergenza pubblica che minacci la vita della nazione, di adottare misure in deroga agli obblighi previsti da tale Convenzione, l'esercizio di tale potere è soggetto a determinate garanzie.


55 Ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 1, della CEDU, tale potere deve, innanzitutto, essere esercitato nella misura strettamente necessaria alle esigenze della situazione, a condizione che le misure adottate non siano in contrasto con altri obblighi di diritto internazionale. In secondo luogo, l'articolo 15, paragrafo 2, prevede che non si possa derogare all'articolo 2 della CEDU, relativo al diritto alla vita, salvo nel caso di decessi risultanti da atti di guerra legittimi, agli articoli 3 e 4, paragrafo 1, di tale Convenzione, che vietano rispettivamente la tortura e le pene o i trattamenti inumani o degradanti e la schiavitù, o all'articolo 7 di tale Convenzione, che sancisce il principio secondo cui non vi può essere pena senza legge. Infine, come sottolinea il giudice del rinvio, le misure adottate ai sensi dell'articolo 15 restano soggette al controllo della Corte europea dei diritti dell'uomo.


56 Inoltre, come ha osservato, in sostanza, l'Avvocato generale al paragrafo 62 delle sue conclusioni, dalla mera invocazione da parte di un Paese terzo del diritto di deroga ai sensi dell'articolo 15 della CEDU non si può dedurre né che tale Paese terzo abbia effettivamente adottato misure che hanno l'effetto di derogare agli obblighi previsti da tale Convenzione né, eventualmente, quale sia la natura e la portata delle misure derogatorie adottate.


57 Ne consegue che non si può ritenere che un paese terzo cessi di soddisfare i criteri, menzionati al punto 52 della presente sentenza, che gli consentono di essere designato come paese di origine sicuro, ai sensi dell'articolo 37 della direttiva 2013/32, per il solo fatto di aver invocato il diritto di deroga previsto dall'articolo 15 della CEDU.


58 Ciò premesso, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 85 delle sue conclusioni, una siffatta invocazione deve indurre le autorità competenti dello Stato membro che ha designato il paese terzo interessato come paese di origine sicuro a valutare se, tenuto conto delle condizioni di attuazione di tale diritto di deroga, sussistano motivi per mantenere tale designazione ai fini dell'esame delle domande di protezione internazionale presentate dai richiedenti provenienti da tale paese terzo.


59 L'articolo 37, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 impone agli Stati membri di esaminare regolarmente la situazione nei Paesi terzi designati come Paesi di origine sicuri. In tal modo, il legislatore dell'UE ha inteso obbligare gli Stati membri a tenere conto del fatto che le circostanze da cui si può presumere che i richiedenti protezione internazionale siano sicuri in un determinato Paese di origine sono, per loro stessa natura, soggette a variazioni.


60 Di conseguenza, tale obbligo di esame periodico riguarda anche il verificarsi di eventi significativi che, per la loro importanza, possono incidere sulla capacità di un Paese terzo designato come Paese di origine sicuro di continuare a soddisfare i criteri stabiliti, a tal fine, nell'Allegato I di tale direttiva, e quindi di essere presunto in grado di garantire la sicurezza dei richiedenti.


61 L'invocazione del diritto di deroga previsto dall'articolo 15 della CEDU costituisce un tale evento. Come ha osservato l'Avvocato generale L'Avvocato generale ha osservato, in sostanza, al paragrafo 67 delle sue conclusioni, che se misure contrarie all'articolo 15, paragrafo 2, che derogano in particolare alla proibizione di pene o trattamenti inumani o degradanti di cui all'articolo 3 di tale Convenzione, precludono, per loro stessa natura, la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro, non si può escludere che misure di deroga che incidono su diritti fondamentali diversi da quelli che l'articolo 15, paragrafo 2, esclude dall'ambito di applicazione di tale deroga, possano anche essere incompatibili con i criteri stabiliti nell'allegato I della direttiva 2013/32 ai fini della designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro. Inoltre, una tale invocazione rivela, in ogni caso, un rischio significativo di un cambiamento significativo nel modo in cui le norme sui diritti e sulle libertà sono applicate nel paese terzo interessato.


62 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l'articolo 37 della direttiva 2013/32, in combinato disposto con l'allegato I della stessa, deve essere interpretato nel senso che un paese terzo non cessa di soddisfare i criteri che gli consentono di essere designato come paese di origine sicuro per il solo motivo che invoca il diritto di derogare agli obblighi stabiliti dalla CEDU, ai sensi dell'articolo 15 di tale Convenzione, le autorità competenti dello Stato membro che ha effettuato tale designazione devono tuttavia valutare se le condizioni di attuazione di tale diritto siano tali da mettere in discussione tale designazione.


La seconda domanda


63 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 37 della direttiva 2013/32 debba essere interpretato nel senso che osta a che un paese terzo sia designato come paese di origine sicuro, ad eccezione di alcune parti del suo territorio.


64 Poiché la Repubblica ceca ha designato la Repubblica di Moldova come Paese di origine sicuro, ad eccezione della Transnistria, tale giudice dubita che tale designazione parziale sia conforme a tale direttiva.


65 Secondo una giurisprudenza consolidata, nell'interpretare una disposizione del diritto dell'Unione occorre tener conto non solo dei suoi termini, ma anche del suo contesto, degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui fa parte e, se del caso, della sua genesi (sentenza del 14 maggio 2020 nella causa Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, C-924/19 PPU e C-925/19 PPU, EU: C:2020:367, punto 113 e giurisprudenza citata).


66 Per quanto riguarda, in primo luogo, la formulazione dell'articolo 37 della direttiva 2013/32, che, conformemente al suo titolo, riguarda la designazione da parte di uno Stato membro di paesi terzi come paesi di origine sicuri, vi sono diversi riferimenti ai termini “paese” e “paese terzo” senza alcuna indicazione del fatto che, ai fini di tale designazione, tali termini possano essere intesi come riferiti solo a una parte del territorio del paese terzo interessato.


67 Per quanto riguarda, poi, il contesto dell'art. 37 di tale direttiva, da esso risulta, in primo luogo, che gli Stati membri possono designare paesi di origine sicuri conformemente all'allegato I della direttiva. Tuttavia, come la formulazione dell'articolo 37, i criteri stabiliti in tale allegato non forniscono alcuna indicazione del fatto che gli Stati membri possano designare come paese di origine sicuro solo la parte del territorio del paese terzo interessato in cui tali criteri sono soddisfatti.


68 Al contrario, ai sensi di tale allegato, la designazione di un paese come paese di origine sicuro dipende, come ricordato al punto 52 della presente sentenza, dalla possibilità di dimostrare che, in generale e uniformemente persecuzioni come definite all'articolo 9 della direttiva 2011/95, tortura o trattamenti o pene inumani o degradanti, e che non vi è alcuna minaccia di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato internazionale o interno.


69 Come ha osservato l'avvocato generale ai paragrafi 92 e 93 delle sue conclusioni, l'uso dei termini “in generale e uniformemente” tende a indicare che, in assenza di qualsiasi riferimento a una parte del territorio del paese terzo interessato elencata nell'allegato I della direttiva 2013/32 o nell'articolo 37 di tale direttiva, le condizioni di cui a tale allegato devono essere soddisfatte in tutto il territorio del paese terzo interessato affinché esso possa essere designato come paese di origine sicuro.


70 In secondo luogo, come illustrato ai punti da 47 a 50 della presente sentenza, la designazione da parte di uno Stato membro di paesi terzi quali paesi di origine sicuri consente di sottoporre le domande di protezione internazionale dei richiedenti provenienti da tali paesi terzi a un regime speciale di esame avente carattere derogatorio.


71 A tal proposito, interpretare l'articolo 37 della direttiva 2013/32 nel senso di consentire la designazione di paesi terzi come paesi di origine sicuri, ad eccezione di alcune parti del loro territorio, avrebbe l'effetto di estendere l'ambito di applicazione di tale regime speciale di esame. Poiché tale interpretazione non trova alcun sostegno nella formulazione dell'articolo 37 o, più in generale, in tale direttiva, riconoscere una simile opzione significherebbe disattendere l'interpretazione rigorosa cui devono essere sottoposte le disposizioni aventi carattere derogatorio (si veda, in tal senso, la causa C-502/13 Commissione/Lussemburgo, Racc. 2015, pag. I-0000, punto 61): C:2015:143, punto 61, e causa C-216/22 , Bundesrepublik Deutschland (ricevibilità di un ricorso successivo), Racc. 2000, pag. I-0000, punto 35, e la giurisprudenza ivi citata].


72 In terzo luogo, l'interpretazione secondo cui l'articolo 37 della direttiva 2013/32 non consente agli Stati membri di designare un paese terzo come paese di origine sicuro, ad eccezione di alcune parti del suo territorio, è confermata dalla genesi di tale articolo. A tale proposito, va osservato che, prima dell'entrata in vigore della direttiva 2013/32, la facoltà di designare i Paesi terzi come Paesi di origine sicuri ai fini dell'esame delle domande di protezione internazionale era concessa agli Stati membri dalla direttiva 2005/85, in particolare dall'articolo 30 della stessa.


73 L'articolo 30 prevedeva espressamente che gli Stati membri potessero designare come sicura anche una parte del territorio di un Paese terzo se le condizioni di cui all'allegato II della direttiva 2005/85, che corrispondono, nella sostanza, a quelle di cui all'allegato I della direttiva 2013/32, erano soddisfatte in relazione a tale parte del territorio. Sebbene l'allegato II della direttiva 2005/85, come l'allegato I della direttiva 2013/32, richiedesse la prova che la persecuzione non fosse mai stata usata “in modo generale e uniforme”, dai termini stessi dell'articolo 30 risultava che tale requisito si applicava, nel caso di tale designazione parziale, solo alla parte di territorio designata come sicura.


74 Ai sensi dell'articolo 53 della direttiva 2013/32, quest'ultima ha abrogato la direttiva 2005/85, il cui articolo 30, come risulta dalla tavola di concordanza di cui all'allegato III della direttiva 2013/32, è stato sostituito dall'articolo 37 di tale direttiva. Tuttavia, la possibilità di designare come sicura una parte del territorio di un Paese terzo non compare più in quest'ultimo articolo.


75 L'intenzione di sopprimere tale opzione emerge dal testo stesso della modifica dell'articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2005/85, contenuta nella proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale [COM(2009) 554 definitivo, pag. 60], in cui tale opzione è stata, nella maggior parte delle versioni linguistiche, esplicitamente cancellata e, nelle altre versioni, soppressa.


76 Inoltre, tale intenzione è confermata dalla spiegazione dettagliata della proposta [COM(2009) 554 definitivo, allegato, 14959/09 ADD 1, pag. 15], che la Commissione aveva fornito al Consiglio dell'Unione europea, in cui si afferma espressamente l'intenzione di abolire la possibilità per gli Stati membri di applicare il concetto di Paese di origine sicuro a una parte di un Paese terzo e la conseguenza che ne deriva, ossia che d'ora in poi sarà necessario che le condizioni materiali per tale designazione siano soddisfatte per l'intero territorio del Paese terzo interessato.


77 In quarto e ultimo luogo, gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2013/32 non ostano a tale conseguenza e, di conseguenza, all'interpretazione dell'articolo 37 di tale direttiva, secondo cui essa non consente agli Stati membri di designare come paese di origine sicuro un paese terzo alcune parti del cui territorio non soddisfano le condizioni materiali per tale designazione, indicate nell'allegato I di tale direttiva.


78 A tale riguardo, oltre al fatto che la direttiva 2013/32 persegue l'obiettivo generale di stabilire norme procedurali comuni, essa mira in particolare, come risulta, in particolare, dal considerando 18, a garantire che le domande di protezione internazionale siano trattate “il più rapidamente possibile, senza pregiudicare lo svolgimento di un esame adeguato ed esaustivo” (sentenza del 25 luglio 2018, Alheto, C-585/16, EU:C:2018:584, punto 109).


79 In tale prospettiva, il considerando 20 di tale direttiva afferma che, in circostanze ben definite, qualora, tra l'altro, una domanda sia verosimilmente infondata, gli Stati membri dovrebbero poter accelerare la procedura d'esame, in particolare introducendo termini più brevi ma ragionevoli per talune fasi della procedura, senza pregiudicare lo svolgimento di un esame adeguato ed esaustivo e l'accesso effettivo del richiedente alle garanzie e ai principi fondamentali previsti da tale direttiva.


80 Come illustrato ai punti da 47 a 50 della presente sentenza, uno Stato membro può assoggettare le domande di protezione internazionale presentate da richiedenti provenienti da un paese terzo che tale Stato membro ha designato come paese di origine sicuro a un regime speciale di esame, basato su una forma di presunzione relativa di protezione sufficiente nel paese di origine, in base al quale è possibile, in particolare, accelerare la procedura di esame di tali domande.


81 Poiché, come rilevato al punto 78 della presente sentenza, la direttiva 2013/32 mira a garantire un esame rapido ed esaustivo delle domande di protezione internazionale, spetta al legislatore dell'Unione, nell'esercizio del suo potere discrezionale ai fini dell'istituzione di procedure comuni per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale, bilanciare questi due obiettivi nel determinare le condizioni alle quali gli Stati membri possono designare un paese terzo come paese di origine sicuro. Pertanto, il fatto che tale legislatore non abbia previsto, nel contesto di tale direttiva, la possibilità per gli Stati membri di escludere una parte del territorio di un paese terzo ai fini di tale designazione riflette tale bilanciamento e la sua scelta di favorire un esame esaustivo delle domande di protezione internazionale presentate da richiedenti il cui paese d'origine non soddisfa, per tutto il suo territorio, le condizioni materiali di cui all'allegato I di tale direttiva.


82 Mentre l'articolo 61, paragrafo 2, del regolamento n. 2024/1348, che abroga la direttiva 2013/32 con effetto dal 12 giugno 2026, reintroduce tale opzione, prevedendo che la designazione di un Paese terzo come Paese di origine sicuro, sia a livello dell'Unione che a livello nazionale, può prevedere eccezioni per parti specifiche del suo territorio, è prerogativa del legislatore dell'Unione riconsiderare questa scelta, effettuando un nuovo bilanciamento, a condizione che rispetti i requisiti derivanti in particolare dalla Convenzione di Ginevra e dalla Carta. Inoltre, il fatto che il regime giuridico introdotto a tal fine da tale regolamento differisca da quello previsto dalla direttiva 2005/85 corrobora l'interpretazione secondo cui il legislatore dell'Unione non ha previsto tale opzione nella direttiva 2013/32.


83 Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che l'articolo 37 della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un paese terzo sia designato come paese di origine sicuro qualora talune parti del suo territorio non soddisfino le condizioni sostanziali per tale designazione di cui all'allegato I di detta direttiva.


La terza questione


84 Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, letto alla luce dell'articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che, qualora un giudice sia investito di un ricorso contro una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale esaminata nell'ambito del regime speciale applicabile alle domande presentate da richiedenti provenienti da paesi terzi designati, ai sensi dell'articolo 37 di tale direttiva, come paesi di origine sicuri, tale giudice deve, nell'ambito del controllo completo ed ex nunc richiesto dall'articolo 46, paragrafo 3, di tale direttiva, sollevare una violazione dei requisiti sostanziali per tale designazione, indicati nell'allegato I di tale direttiva, anche se tale violazione non è espressamente dedotta a sostegno del ricorso.


85 Conformemente al suo titolo, l'articolo 46 della direttiva 2013/32 riguarda il diritto a un ricorso effettivo dei richiedenti protezione internazionale. L'articolo 46, paragrafo 1, riconosce che i richiedenti protezione internazionale hanno tale diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice contro le decisioni relative alla loro domanda. Il paragrafo 3 di tale articolo 46 definisce la portata di tale diritto a un ricorso effettivo, stabilendo che gli Stati membri vincolati da tale direttiva devono garantire che l'organo giurisdizionale dinanzi al quale è impugnata la decisione sulla domanda di protezione internazionale in questione svolga “un esame completo ed ex nunc sia dei fatti che delle questioni giuridiche, compreso, se del caso, un esame della necessità di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95]” (cfr., in tal senso, sentenza del 29 luglio 2019 nella causa Torubarov, C-556/17, EU: C:2019:626, punto 51 e giurisprudenza citata).


86 Inoltre, occorre ricordare che dalla giurisprudenza della Corte emerge che le caratteristiche del rimedio previsto dall'articolo 46 della direttiva 2013/32 devono essere determinate in conformità all'articolo 47 della Carta, che costituisce una riaffermazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva. L'articolo 47 della Carta è sufficiente di per sé e non ha bisogno di essere chiarito da disposizioni del diritto dell'Unione o del diritto nazionale per conferire ai singoli un diritto che può essere invocato in quanto tale. Lo stesso non può quindi dirsi per l'articolo 46, paragrafo 3, di tale direttiva, letto alla luce dell'articolo 47 della Carta (v., in tal senso, sentenza del Tribunale di primo grado del 17 settembre 2019, Torubarov, C-556/17, Racc. pag. 626, punti 55 e 56, e giurisprudenza ivi citata).


87 In tale prospettiva, per quanto riguarda la portata del diritto a un ricorso effettivo, come definito in detto articolo 46, paragrafo 3, la Corte ha dichiarato che i termini “garantire che un ricorso effettivo preveda un esame completo ed ex nunc sia dei fatti che dei punti di diritto” devono essere interpretati nel senso che gli Stati membri sono tenuti, in virtù di tale disposizione, di adeguare il loro diritto nazionale in modo tale che il trattamento dei ricorsi in questione comprenda l'esame da parte del giudice di tutti gli elementi di fatto e di diritto che gli consentano di effettuare una valutazione aggiornata della fattispecie (v., in tal senso, sentenza del Tribunale di primo grado, causa C-585/16, Alheto, EU: C:2018:584, punto 110).


88 A tal proposito, innanzitutto, l'espressione “ex nunc” evidenzia l'obbligo del giudice di effettuare una valutazione che tenga conto, se del caso, di nuovi elementi emersi dopo l'adozione della decisione impugnata. Tale valutazione consente di trattare la domanda di protezione internazionale in modo esaustivo, senza dover rinviare il caso all'autorità accertante. Il potere di cui dispone il giudice di prendere in considerazione nuovi elementi sui quali tale autorità non si è pronunciata è coerente con la finalità della direttiva 2013/32, come ricordato al punto 78 della presente sentenza (sentenza del 25 luglio 2018, Alheto, C-585/16, EU:C:2018:584, punti 111 e 112).


89 Poi, l'aggettivo “completo” di cui all'articolo 46, paragrafo 3, di tale direttiva conferma che il giudice è tenuto a prendere in considerazione sia gli elementi di cui l'autorità accertante ha tenuto o avrebbe dovuto tenere conto sia quelli emersi dopo l'adozione della decisione da parte di tale autorità (sentenza del 25 luglio 2018, Alheto, C-585/16, EU:C:2018:584, punto 113).


90 Infine, i termini “se del caso” nella frase “compreso, se del caso, un esame delle esigenze di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95]” evidenziano il fatto che l'esame completo ed ex nunc che il giudice deve effettuare non deve necessariamente riguardare l'esame sostanziale delle esigenze di protezione internazionale e può quindi riguardare gli aspetti procedurali di una domanda di protezione internazionale (v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018 nella causa C-585/16 Alheto, EU: C:2018:584, punto 115).


91 La designazione di un paese terzo quale paese di origine sicuro rientra in tali aspetti procedurali delle domande di protezione internazionale in quanto, tenuto conto delle considerazioni esposte ai punti da 48 a 50 della presente sentenza, tale designazione è suscettibile di incidere sulla procedura di esame relativa a tali domande.


92 Inoltre, come indicato al paragrafo 46 della presente sentenza, il ricorrente nel procedimento principale lamenta che, sebbene abbia descritto le minacce di cui era oggetto in Moldova e abbia dichiarato di non voler tornare nella sua regione d'origine a causa dell'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione Russa, l'autorità che ha adottato la decisione di rigetto della sua domanda ha basato tale decisione unicamente sul fatto che egli non era tornato in Moldova, tale autorità ha basato tale decisione esclusivamente sul fatto che egli è originario della Repubblica di Moldova, avendo la Repubblica Ceca designato tale Paese terzo come Paese di origine sicuro, ad eccezione della Transnistria.


93 Pertanto, la designazione di tale paese terzo come paese di origine sicuro costituisce uno degli elementi del fascicolo portati all'attenzione del giudice del rinvio, che quest'ultimo è tenuto a considerare nell'ambito dell'impugnazione di tale decisione.


94 Si deve concludere che, in tali circostanze, anche se il ricorrente nel procedimento principale non ha espressamente invocato, in quanto tale, un'eventuale inosservanza delle norme stabilite dalla direttiva 2013/32 ai fini di una siffatta designazione al fine di assoggettare la procedura di esame di una domanda di protezione internazionale di un richiedente proveniente da tale paese terzo al regime speciale derivante dalla sua designazione come paese di origine sicuro, che l'eventuale mancata considerazione di tale designazione costituisce una questione di diritto che il giudice nazionale deve esaminare nell'ambito dell'esame completo ed ex nunc richiesto dall'articolo 46, paragrafo 3, di tale direttiva.


95 La decisione di rigetto si basa esclusivamente sul fatto che il ricorrente nel procedimento principale è originario della Repubblica di Moldova e che tale paese terzo deve essere considerato un paese di origine sicuro. Di conseguenza, si deve ritenere che l'elemento decisivo di tale decisione di rigetto, fondato sulla designazione di tale paese terzo come paese di origine sicuro, sia necessariamente coperto dal ricorso proposto dal richiedente nel procedimento principale contro tale decisione. Pertanto, il giudice competente a pronunciarsi su tale ricorso deve esaminare, nell'ambito di quest'ultimo, la legittimità di tale designazione ai sensi dell'articolo 46, paragrafo 3.


96 Tenuto conto, in particolare, delle questioni poste dal giudice nazionale ai fini della decisione della controversia pendente dinanzi ad esso, come indicato ai punti 38-40 della presente sentenza, la sua valutazione deve, nell'ambito dell'esame completo ed ex nunc richiesto dall'articolo 46, paragrafo 3, e sulla base del materiale del fascicolo, da un lato, riguardare l'invocazione dell'articolo 15 della CEDU, qualora le autorità competenti non siano state in grado di considerare la rilevanza di un evento così significativo per la capacità del Paese terzo designato come Paese di origine sicuro di continuare a soddisfare i criteri stabiliti a tal fine dalla direttiva 2013/32. D'altra parte, tale valutazione deve riguardare il mancato rispetto della condizione, risultante dalle disposizioni di tale direttiva, secondo cui la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro deve estendersi a tutto il suo territorio.


97 Peraltro, la Corte ha già dichiarato che, qualora un cittadino di un paese terzo soddisfi le condizioni per il riconoscimento della protezione internazionale previste da tale direttiva, gli Stati membri sono, in linea di principio, obbligati a concedere lo status richiesto, in quanto tali Stati non dispongono di un potere discrezionale a tale riguardo (v., in tal senso, sentenza del Tribunale di primo grado del 17 settembre 2019, Torubarov, C-556/17, Racc. pag. 626, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).


98 Da tutte le considerazioni che precedono risulta che la risposta alla terza questione è che l'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, letto alla luce dell'articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che, qualora un organo giurisdizionale sia investito di un ricorso avverso una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale esaminata nell'ambito del regime speciale applicabile alle domande presentate da richiedenti provenienti da paesi terzi designati, ai sensi dell'art. 37 di tale direttiva, come paesi di origine sicuri, tale giudice deve, nell'ambito dell'esame completo ed ex nunc richiesto dall'art. 46, n. 3, sollevare, sulla base degli elementi contenuti nel fascicolo e di quelli portati a sua conoscenza nel corso del procedimento dinanzi ad esso pendente, l'inosservanza delle condizioni sostanziali di tale designazione, indicate nell'allegato I della direttiva, anche se tale inosservanza non è espressamente invocata a sostegno della domanda.


Costi


99 Poiché, per quanto riguarda le parti della causa principale, il procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, spetta a quest'ultimo decidere in merito alle spese. Le spese sostenute per la presentazione di osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle parti, non sono recuperabili.


Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) ha stabilito che


1) L'articolo 37 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, in combinato disposto con l'allegato I della medesima,


deve essere interpretato nel senso che :


un Paese terzo non cessa di soddisfare i criteri che gli consentono di essere designato come Paese di origine sicuro per il solo fatto di invocare il diritto di derogare agli obblighi stabiliti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ai sensi dell'articolo 15 di tale Convenzione, le autorità competenti dello Stato membro che ha effettuato tale designazione devono tuttavia valutare se le condizioni di attuazione di tale diritto siano tali da rimettere in discussione tale designazione”.


2) L 'articolo 37 della direttiva 2013/32


deve essere interpretato nel senso che :


esso osta a che un Paese terzo sia designato come Paese di origine sicuro qualora talune parti del suo territorio non soddisfino le condizioni materiali per tale designazione, di cui all'allegato I di detta direttiva.


3) L 'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, letto alla luce dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,


deve essere interpretato nel senso che :


qualora sia proposto ricorso dinanzi a un giudice avverso una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale esaminata nell'ambito del regime speciale applicabile alle domande presentate da richiedenti provenienti da paesi terzi designati, ai sensi dell'articolo 37 di tale direttiva, come paesi di origine sicuri, tale giudice deve, nell'ambito del riesame completo ed ex nunc previsto dall'articolo 46, paragrafo 3, sollevare, sulla base degli elementi del fascicolo e di quelli portati a sua conoscenza nel corso del procedimento dinanzi ad esso, l'inosservanza dei requisiti materiali per tale designazione, di cui all'allegato I di tale direttiva, anche se tale inosservanza non è espressamente dedotta a sostegno della domanda.


Firme