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Parenti pregiudicati e revoca porto d'armi (Tar Catanzaro, 1080/14)

23 giugno 2014, Tar Calabria

Nonostante i provvedimento di limitazione della circolazione delle armi non abbiano carattere sanzionatorio ma cautelativo della sicurezza pubblica, rapporti parentali con soggetti pericolosi non sono sufficienti a fondare la revoca del porto d'armi.

 

T.A.R. Calabria Catanzaro

Sez. I, Sent., 23/06/2014, n. 1080



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA


ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 847 del 2014, proposto da:
F.P., rappresentato e difeso dall'avv. Carmela Macri', con domicilio eletto presso Tranquillo Marcello Ola in Catanzaro, via A.Menichini,5;
contro
Ministero dell'Interno, Questura di Vibo Valentia, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Catanzaro, via G. Da Fiore, 34;
per l'annullamento
del decreto n 6f pas/14 emesso dal questore della provincia di vibo valentia con cui veniva revocata la licenza di porto d'armi per uso caccia
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura di Vibo Valentia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2014 il dott. Raffaele Tuccillo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con ricorso il ricorrente chiedeva l'annullamento previa sospensiva del decreto del 18.2.2014 con il quale veniva revocata al ricorrente la licenza di porto d'armi uso caccia. Riferiva: che la motivazione del provvedimento era fondata sulla pericolosità di alcuni componenti familiari per l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica, poiché pregiudicati e facenti parte di una organizzazione criminale di rilevante spessore che non si poteva escludere il collegamento tra i predetti e il ricorrente.

Impugnava il provvedimento per illegittimità per violazione di legge e del diritto di difesa, carenza di motivazione eccesso di potere. Riferiva: che era affidabile e utilizzava correttamente le armi; che era incensurato e aveva sempre vissuto nell'osservanza delle regole di convivenza sociale; che non era a conoscenza di familiari pericolosi; che nessun valore veniva attribuita alla difesa del ricorrente nel decreto conclusivo; che la sola motivazione era la parentela con soggetti pericolosi, facenti parte di organizzazione criminale; che non era stato rispettato il suo diritto di difesa; che non vi era alcun collegamento di tali parenti pericolosi con il ricorrente; che il provvedimento era irragionevole e lacunoso; che non vi era indicazione dei fatti concreti e della loro incidenza; che il contesto familiare rilevava solo se fondato sul rischio di un abuso delle armi, mentre era insufficiente il mero rapporto parentale.

Si costituiva il Ministero, rappresentando, tra l'altro: che il ricorrente era genero di G.S., sorella di G.A. e cognata di T.G.; che G.A. era detenuto per ergastolo per reati di associazione mafiosa, era elemento di picco della criminalità comune operante nel comprensorio di residenza, a capo dell'omonima cosca, aveva commesso reati di omicidio e tentato omicidio, distruzione di cadavere, violazione disposizioni sul controllo delle armi, estorsioni, lesioni; che T.G. era elemento estremamente violento e pericoloso per l'ordine e la sicurezza pubblica capace di qualsiasi azione delittuosa, associato alla consorteria criminale G. quale promotore e organizzatore della stessa, con numerosi precedenti quale abusivo porto e detenzione armi, estorsione, omicidio volontario tentato detenuto per ergastolo.

Il ricorso proposto deve trovare accoglimento.

Il provvedimento della pubblica amministrazione risulta, in effetti, fondato sulla mera esistenza del rapporto di parentela con soggetti pericolosi o pregiudicati, senza allegazione e prova del rapporto e delle relazioni intercorrenti tra i parenti in oggetto e il ricorrente.

Il contesto familiare rileva solo in quanto sia idoneo a determinare un fondato rischio di abuso delle armi.

La giurisprudenza, con specifico riferimento alla licenza di porto di pistola, ha evidenziato che la stessa non costituisce una mera autorizzazione di polizia che rimuove il limite a una situazione giuridica soggettiva, la quale già fa parte della sfera del privato, ma assume contenuto permissivo in deroga al generale divieto per il cittadino di portare armi. Ciò posto, al fine di superare tale generale divieto occorre dimostrare le particolari esigenze che determinano la necessità di munirsi dell'arma, così da integrare la motivata eccezione alla generale regola rappresentata dal suddetto divieto.

Il rilascio del porto d'armi costituisce un'eccezione circondata da particolari cautele, in cui la pubblica amministrazione è titolare di un potere ampiamente discrezionale, in quanto tenuta a valutare le condizioni soggettive che sorreggono il porto di armi con le esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. Ne deriva che sulla valutazione suddetta il giudice amministrativo è titolare di un sindacato sul vizio di eccesso di potere limitato alla valutazione della congruità e della logicità della motivazione. In tal senso incombe, pertanto, sull'istante l'onere di provare il bisogno dell'arma, non incombendo all'Amministrazione, tenuta unicamente a valutare se i dati allegati dall'istante al fine di ottenere l'eccezionale rilascio della licenza siano concreti e sufficienti a pervenire a tale risultato, l'onere di motivare in ordine alla non necessità della stessa (in questo senso, Cons. Stato n. 5132 del 2011).

Il provvedimento appare d'altro canto fondato su un ampia discrezionalità dell'autorità amministrativa.

In tema di licenze di polizia, la giurisprudenza ha già chiarito che "le valutazioni dell'amministrazione in materia di rilascio della licenza di porto d'armi sono caratterizzate da ampia discrezionalità, atteso che l'interesse del privato a portare armi è reputato senz'altro cedevole rispetto all'interesse per l'incolumità pubblica" (TAR Liguria, Genova, II, 18 dicembre 2008, nr. 2162; TAR Liguria, Genova, II, 9 gennaio 2009, nr. 28; confronta anche TAR Piemonte, Torino, II, 17 ottobre 2008, nr. 2587; Consiglio di Stato, VI, 8 ottobre 2008, nr. 4918; TAR Calabria, Catanzaro, I, 1 ottobre 2008, nr. 1339; TAR Marche, Ancona, I, 19 settembre 2008, nr.1305) e la sussistenza di tali requisiti è soggetta "ad un giudizio discrezionale formulato dal Prefetto in ordine alla capacità personale di abuso da parte del soggetto detentore, sindacabile, in quanto tale, solo sotto il profilo dell'illogicità" (TAR Campania, Napoli, V, 10 ottobre 2008, nr. 14699; TAR Toscana, Firenze, I, 11 settembre 2008, nr. 1943) che può essere espresso anche in presenza di un solo episodio sintomatico (TAR Liguria, Genova, II, 19 settembre 2008, nr. 1663; TAR Reggio Calabria, 8 aprile 2010, nr. 415; TAR Reggio Calabria, 9 giugno 2011, nr. 492).

Si può ancora premettere che il divieto di detenere armi e munizioni o il mancato rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia non hanno carattere sanzionatorio nei confronti del destinatario ma cautelativo della sicurezza pubblica in quanto finalizzato ad evitare il pericolo per tale bene giuridico, determinato dalla possibile disponibilità di armi in capo ad un soggetto che non possa garantirne il corretto uso, e tale può essere legittimamente considerato colui che pur esente da emende o da indizi negativi non può anche assicurare che non vi sia pericolo che abusi possano derivare da parte dei soggetti con cui ha relazioni familiari o personali (cfr TAR Liguria II, 8 luglio 2008, n.1445 T.A.R. Calabria Reggio Calabria, Sent., 06-03-2014, n. 1389).

L'oggetto del giudizio ha pertanto carattere ampiamente discrezionale, rientrante nel merito dell'azione amministrativa e dunque sottratte, in linea di principio al sindacato del giudice della legittimità, salva l'ipotesi di manifesta illogicità o incongruenza delle determinazioni assunte (v. T.A.R. Emilia Romagna, I, 15 marzo 2010, n. 2224; C.S., V, 13 novembre 2009, n. 7107).

Ciò premesso la motivazione del provvedimento di diniego, come evidenziato, si fonda sostanzialmente sui rapporti parentali con soggetti pericolosi.

Tali circostanze e la possibilità di abuso non sono stati tuttavia descritti e indicati da parte della pubblica amministrazione, la quale non ha rappresentato quali possano essere i rapporti tali tra le parti idonei a determinare una possibilità di abuso delle armi stesse.

In base a tali premesse risulta necessario lo svolgimento di un giudizio prognostico diretto all'abuso delle armi in oggetto ovvero, quantomeno, della possibilità di abuso delle stesse da parte del titolare o di terzi. Nel caso di specie, da un lato difetta tale valutazione, dall'altro, i soggetti in relazione ai quali si allega la possibilità di abuso risultano detenuti per ergastolo con conseguente impossibilità fisica di abuso delle armi da parte dei predetti soggetti.
Il venir meno del motivo del diniego del rilascio del provvedimento ne comporta pertanto l'annullamento. Le conseguenze dell'annullamento derivano per legge e sono di competenza della pubblica amministrazione.
La natura assorbente delle argomentazioni che precedono esonera il giudicante dall'esaminare le ulteriori argomentazioni delle parti.
In considerazione dell'esistenza di rapporti di parentela con pregiudicati e, pertanto, dell'esistenza di alcuni elementi della fattispecie integrativa del provvedimento in oggetto sussistono adeguati motivi per compensare le spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato.
Compensa le spese di lite tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Guido Salemi, Presidente
Giovanni Iannini, Consigliere
Raffaele Tuccillo, Referendario, Estensore