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Presenza in macchina e prova del concorso nel reato (Cass., 1859/15)

15 gennaio 2015, Cassazione penale
Non è punibile chi, seppure a conoscenza di sostanza stupefacente da parte di altri, mantenga un comportamento 'meramente passivo', privo cioè di qualsivoglia efficacia causale in ordine alla realizzazione della condotta detentiva altrui: nè illazioni o congetture valgono a superare l'onere della prova a carico dell'accusa. 

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - SENTENZA 15 gennaio 2015, n.1859

Presidente Brusco ? Relatore Romis
Ritenuto in fatto

1. Nel corso di un'attività di controllo, Agenti della Guardia di Finanza fermavano un'auto condotta da R. G. e con a bordo, quale trasportato, P.S.; la perquisizione dell'auto consentiva di rinvenire sostanza stupefacente del tipo cocaina nella quantità di grammi 18,957 (pari a 57 dosi medie) occultata nella scatola dei fusibili sotto il volante.

Per tale fatto i due predetti venivano tratti in arresto.

2. Per la parte che in questa sede rileva, il P., all'esito di giudizio celebrato con il rito abbreviato, veniva condannato dal Tribunale di Catania - Sez. Dist. Di Acireale - alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 18.000,00 di multa, previa concessione delle attenuanti generiche valutate equivalenti alla contestata recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale.

3. A seguito di rituale gravame proposto dal P., la Corte d'appello di Catania confermava l'impugnata decisione, disattendendo le argomentazioni difensive in punto di responsabilità e trattamento sanzionatorio: a tale ultimo riguardo, in particolare, la Corte etnea riteneva insussistenti le condizioni per la configurabilità dell'ipotesi attenuata di cui al quinto comma dell'art. 73 del d.P.R. n. 309/90 e per un giudizio di plusvalenza delle concesse attenuanti generiche sulla recidiva.

3.1. In punto di responsabilità, la Corte territoriale disattendeva la tesi difensiva prospettata dal P., secondo cui egli sarebbe stato ignaro della natura di quanto occultato dal R. sull'auto: il P. aveva, invero, riferito di aver accompagnato il R. ad Acireale per un colloquio di lavoro, e, dopo aver affermato in un primo tempo di non sapere nulla di quanto rinvenuto dai verbalizzanti sull'auto, aveva poi precisato di aver visto il R. nascondere 'qualcosa sull'auto che l'amico gli aveva detto servire per una festa'; il R., dal canto suo, aveva ammesso, sin dall'interrogatorio di garanzia, di aver acquistato lo stupefacente per uso personale e di averlo occultato sull'auto in presenza del P..

3.2. La Corte di merito, ai fini dell'affermazione di colpevolezza del P., valorizzava i seguenti elementi: a) la quantità e qualità della droga; b) le contrastanti versioni fornite dagli imputati; c) la consapevolezza del P. - per ammissione del R. - dell'occultamento sull'auto della droga, acquistata dal R., come da questi precisato, in presenza dei P., circostanza sostanzialmente ammessa dallo stesso P. il quale aveva dichiarato di aver visto il R. confabulare con una persona. La Corte territoriale sottolineava poi che - se il P. fosse stato effettivamente estraneo al fatto - non esisteva ragione plausibile per giustificare il coinvolgimento del P. stesso, da parte del R., in una vicenda che avrebbe ben potuto, come poi accaduto, portare all'arresto di entrambi nel caso di un eventuale controllo; né il R. aveva fatto cenno all'ipotetico colloquio di lavoro evocato dal P..

3.3. Quanto al trattamento sanzionatorio, i giudici di seconda istanza osservavano quanto segue: il dato ponderale, e la natura dello stupefacente, non consentivano di qualificare il fatto come ipotesi di lieve entità, né esistevano concreti elementi per ritenere la partecipazione del P. 'di minima importanza nell'esecuzione del reato'; parimenti non erano ravvisabili ragioni per un giudizio di plusvalenza delle attenuanti generiche - concesse dal primo giudice in assenza di espressa motivazione ed al solo scopo di 'graduare' la pena finale - sulla recidiva contestata come reiterata, specifica ed infraquinquennale.

4. Ricorre per cassazione il P., formulando censure che possono così riassumersi: a) lo stupefacente apparteneva pacificamente al R. come da questi ammesso sin dall'inizio; b) non vi sarebbe stata da parte del P. nessuna partecipazione o cooperazione tale da configurare un'ipotesi di concorso nel reato, avendo il P. posto in essere una mera condotta passiva: il che avrebbe dovuto indurre i giudici a pronunciare un'assoluzione, quanto meno ai sensi del capoverso dell'art. 530 c.p.p.; c) la Corte territoriale non avrebbe dato conto degli indici idonei a dimostrare inequivocabilmente la destinazione ad attività di spaccio della droga, così come richiesto dalla legge n. 49 del 2006, non essendo stati rinvenuti strumenti ed attrezzi idonei alla misurazione della droga ed al confezionamento di dosi; d) la Corte distrettuale sarebbe infine incorsa in vizio di motivazione quanto al diniego dell'attenuante della minima partecipazione al fatto ex art. 114 c.p.p. ed al mancato giudizio di plusvalenza delle attenuanti generiche sulla contestata recidiva.

Considerato in diritto

1. Premesso che le circostanze fattuali acclarate dagli investigatori, ed evidenziate dai giudici del merito, non risultano in alcun modo poste in discussione, rileva il Collegio che il ricorso è fondato in punto di ritenuta colpevolezza del P. per le ragioni di seguito indicate.

2. Mette conto sottolineare che, sulla configurabilità del concorso di persone nel reato, è costante l'affermazione secondo cui questo, in base ai principi generali, è da ritenersi configurabile solo in presenza di un contributo partecipativo, morale o materiale, alla condotta criminosa altrui, caratterizzato dalla coscienza e volontà di arrecare un apporto concorsuale alla realizzazione dell'illecito.

2.1. Pertanto, perchè possa escludersi il concorso di persone e ritenere la connivenza non punibile - in ipotesi di detenzione illecita di sostanza stupefacente - occorre che l'agente mantenga un comportamento 'meramente passivo', privo cioè di qualsivoglia efficacia causale in ordine alla realizzazione della condotta detentiva altrui.

2.2. Potrà invece ravvisarsi il concorso nella detenzione (illecita) di droga laddove il soggetto abbia posto in essere un comportamento tale da avere arrecato un contributo partecipativo positivo, morale o materiale, alla realizzazione del delitto. Tale contributo partecipativo può essere di qualsiasi genere: è certamente ravvisabile, quindi, finanche, nella semplice presenza, purchè non meramente casuale, sul luogo dell'esecuzione del reato, quando essa sia servita a fornire all'autore del fatto stimolo all'azione o un maggior senso di sicurezza nella propria condotta. Da quanto esposto, discende che deve ritenersi configurabile la connivenza non punibile, in presenza della semplice consapevolezza della condotta criminosa altrui, non caratterizzata da alcun contributo, morale o materiale, volto a favorirla ('ex plurmis': Sezione IV, 10 aprile 2006, Piscopo; Sezione IV, 16 gennaio 2006, Quattrini).

3. Ciò premesso, la impugnata sentenza non ha addotto alcun concreto e significativo elemento a supporto del ritenuto concorso del P., al di là di ogni ragionevole dubbio. A ben vedere, a sostegno della affermata responsabilità concorsuale del P., sono state valorizzate sostanzialmente due circostanze fattuali: 1) la presenza della droga sull'autovettura, di proprietà del R. e da questi condotta, a bordo della quale il P. viaggiava, come passeggero, in compagnia del R. stesso; 2) la consapevolezza da parte del P. della presenza in auto della sostanza che il R. aveva personalmente riposto nella scatola dei fusibili al di sotto del volante (dunque in una zona della vettura sotto il dominio ed il controllo del conducente). Orbene è di tutta evidenza che si tratta di elementi neutri e di per sè non satisfattivi, in assenza di comprovate e spiegate circostanze idonee a dimostrare una compartecipazione attiva da parte del P. al fatto, tale da concretizzarsi in un significativo contributo - morale o materiale - all'illecito perpetrato, nella fase della programmazione e/o dell'esecuzione del reato stesso.

Il percorso argomentativo seguito nella parte motiva della sentenza gravata, mostra tutta la sua fragilità al vaglio critico laddove, muovendo dagli elementi sopra indicati, finisce poi con l'ancorare l'affermazione di colpevolezza del P. a mere congetture e supposizioni, quali innanzi ricordate nella parte narrativa (anche in ordine ai motivi della scelta di Acireale quale luogo di acquisto della droga, ed alle modalità di tale acquisto), del tutto inidonee a superare il confine che delimita la mera connivenza non punibile, che, in base al compendio probatorio acquisito - e sulla scorta dei principi di diritto sopra ricordati in tema di concorso di persone nel reato - appare ravvisabile nella oggettiva condotta del P. consistita nella consapevolezza della presenza della droga in auto. Né siffatte supposizioni - non potendo riconoscersi alle stesse la dignità di indizi (precisi, gravi e concordanti) - possono corroborare, nella concreta fattispecie, l'ulteriore argomentare della Corte territoriale secondo cui non vi sarebbe stata ragione per il R. di coinvolgere l'amico in una vicenda che avrebbe ben potuto, come poi accaduto, portare all'arresto di entrambi nel caso di un eventuale controllo.

Anche in proposito si è in presenza di supposizione che rende accoglibile la censura di illogicità motivazionale, posto che i giudici del merito si sono limitati a valorizzare una illazione congetturale, cioè una ipotesi non legata ali' 'id quodplerumqueaccidit' ed insuscettibile di verifica empirica (cfr., al riguardo, Sez. 6^, 7 marzo 2001, dep. 21 luglio 2003, n. 31706).

3.1. Quanto poi alle contraddittorie versioni rese dai due imputati, ed allo stesso mendacio del P., si tratta di strategia difensiva, adottata dal P. evidentemente nell'ottica di allontanare qualsiasi sospetto circa un suo coinvolgimento nel fatto illecito, avuto riguardo alla circostanza fattuale della presenza della droga in macchina. E' principio fondamentale di civiltà giuridica del nostro ordinamento quello secondo cui incombe sul P.M. l'onere di dimostrare la fondatezza dell'accusa, non essendo tenuto l'imputato a dimostrare la propria innocenza, potendo egli difendersi anche tacendo o mentendo: 'la negazione o il mancato chiarimento, da parte dell'imputato, di circostanze valutabili a suo carico nonchè la menzogna o il semplice silenzio su queste ultime possono fornire al giudice argomenti di prova solo con carattere residuale e complementare ed in presenza di univoci elementi probatori di accusa, non potendo determinare alcun sovvertimento dell'onere probatorio' (in termini, Sez. 1, n. 2653 del 26/10/2011 Ud. - dep. 23/01/2012 - Rv. 251828).

4. Conclusivamente, tenuto conto che l'acquisito compendio probatorio, già esaminato in prima e seconda istanza, appare insuscettibile di eventuali ulteriori e diverse valutazioni in sede di merito, si impone l'annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza nei confronti del P. per non aver commesso il fatto.

La trattazione degli altri motivi di ricorso rimane assorbita dalla decisione.

4.1. Ne deriva l'immediata liberazione del P. se non detenuto per altra causa: la Cancelleria provvederà alla comunicazione del dispositivo della presente decisione alla Procura Generale della Repubblica presso questa Corte, per quanto di competenza.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non avere, l'imputato, commesso il fatto. Dispone l'immediata liberazione dell'imputato se non detenuto per altra causa.

Dispone l'immediata comunicazione dei presente dispositivo al Procuratore Generale presso questa Corte.