Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Produrre in Cassazione sentenze irrevocabili, quale valutazione? (Cass. 37650/24)

14 ottobre 2024, Cassazione penale

L'utilizzo avanti la Corte di Cassazione delle sentenze con attestazione di irrevocabilità della Cancelleria sopravvenuta non è consistito nella effettuazione di valutazioni di merito ma consente, esclusivamente in punto di diritto, la presa d'atto circa la astratta applicabilità di una determinata fattispecie incriminatrice nel caso di specie. 

Quando venga meno, per effetto del passaggio in giudicato una pre-condizione della esistenza di un numero di associati pari almeno a tre non sarebbe mai possibile per il giudice dell'eventuale rinvio giungere a soluzione diversa dall'assoluzione per insussistenza del fatto, non essendo configurabile un'associazione per delinquere composta soltanto da due persone.

Ciò anche per evitare il vano protrarsi di un processo, con eventuale custodia cautelare, destinato ad univoca soluzione liberatoria, attesa la stabilità del giudicato assolutorio nell'ordinamento processuale.

È inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduce la violazione di disposizioni costituzionali, poiché l'inosservanza delle stesse non è prevista, dall'art. 606 cod. proc. pen., tra i casi di ricorso e può solo costituire fondamento di questione di legittimità costituzionale.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Sent., (data ud. 03/07/2024) 14/10/2024, n. 37650

Composta da:

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

A.A. nato a P. (...)

B.B. nato a G. (...)

C.C. nato a G. (...)

D.D. nato a G. (...)

avverso la sentenza del 07/12/2023 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FERDINANDO LIGNOLA, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio relativamente al capo n. 2) per gli imputati B.B. e C.C.; conclude per l'annullamento con rinvio relativamente ai capi nn. 3) e 12) in relazione all'aggravante di agevolazione mafiosa per gli imputati B.B. e D.D.; chiede il rigetto nel resto per B.B. e D.D. nonché il rigetto per A.A..

uditi i Difensori:

è presente l'Avv. LC, del Foro di ROMA, in difesa di: B.B., il quale chiede l'annullamento senza rinvio sul punto del reato associativo e comunque si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l'accoglimento; è presente l'Avv GCG, del Foro di PALMI, in difesa di: B.B., C.C. e D.D., che si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento.

L'Avv. C è presente anche, in sostituzione ex art. 102 c.p.p., per delega orale, dell'Avv. GDM, del Foro di PALMI in difesa di A.A.; si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento.

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Reggio Calabria il 27 giugno 2023, in parziale riforma della sentenza, appellata dagli imputati, con cui il G.u.p. del Tribunale di Reggio Calabria il 17 marzo 2022, all'esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto A.A., B.B., D.D. e C.C. responsabili dei reati di cui si dirà appresso, in conseguenza condannando ciascuno alla pena stimata di giustizia, invece ha riqualificato la condotta contestata ad B.B. al capo n. 2) in quella di partecipazione associativa volta al narcotraffico, anziché di vertice, in conseguenza riducendo la pena, e ha rigettato i ricorsi di A.A., di D.D. e di C.C..

Dunque, all'esito del doppio grado di merito:

A.A. è stato riconosciuto responsabile dei reati di detenzione a fine di cessione e di cessione di cannabis, il 5 febbraio 2018 (capo n. 6: violazione dell'art. 73, comma 4, del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), e di riciclaggio di oggetti preziosi provenienti da un furto in abitazione, in data antecedente al 19 gennaio 2018 (art. 648-bis cod. pen., capo n. 17), ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione, e, senza circostanze attenuanti, operata la diminuzione per il rito, è stato condannato alla pena di giustizia;

B.B. è stato riconosciuto responsabile di partecipazione ad associazione protesa al narcotraffico, dal 2017 con condotta perdurante (capo n. 2), di detenzione illecita e di cessione di cocaina, in concorso anche con D.D., con l'aggravante mafiosa, per avere agevolato la cosca E.E. - F.F., il 19 settembre 2018 (capo n. 3), e di ulteriore cessione di stupefacente, con l'aggravante mafiosa, sempre per avere agevolato la cosca E.E. - F.F., il 5 ottobre 2018 (capo n. 12), reati ritenuti avvinti dal nesso della continuazione, e, senza attenuanti, con la diminuzione per il rito, condannato alla sanzione di giustizia;

D.D. è stato riconosciuto responsabile del reato di detenzione illecita e di cessione di cocaina, in concorso anche con B.B., con l'aggravante mafiosa, per avere agevolato la cosca E.E. - F.F., il 19 settembre 2018 (capo n. 3), e, senza attenuanti, con la diminuzione per il rito, condannato alla pena di giustizia;

C.C. è stato riconosciuto responsabile di partecipazione ad associazione protesa al narcotraffico, dal 2017 con condotta perdurante (capo n. 2) e, senza attenuanti, applicata la diminuzione per il rito, condannato alla pena stimata di giustizia.

2. Ciò posto, ricorrono per la cassazione della sentenza gli imputati. Si sintetizzano i motivi di impugnazione ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

Si prenda le mosse dal ricorso di A.A. (con l'Avv. DM, del Foro di Reggio Calabria), affidato a quattro motivi.

2.1. Con il primo motivo censura promiscuamente violazione di legge (artt. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990 e 24 Cost.) e difetto di motivazione, che sarebbe carente, manifestamente illogica e contraddittoria e resa in contrasto con le regole sulla formazione della prova.

 

Si premette avere i giudici di merito basato l'affermazione di responsabilità della cessione di droga avvenuta il 5 febbraio 2018 (capo n. 6) sul contenuto della intercettazione della telefonata avvenuta il giorno precedente.

 

Si rammenta avere con l'appello censurato le modalità della partecipazione di A.A., per meno di 30 secondi, alla conversazione del 4 febbraio 2018, intercorsa tra G.G. e H.H., avere sottolineato non essere stato presente l'imputato all'episodio del 5 febbraio 2018 ed avere contestato la correttezza delle trascrizioni delle conversazioni contenute nell'ordinanza di custodia cautelare.

 

Al riguardo, la Corte di appello ha replicato (alla p. 227 della sentenza) che, essendo stato ammesso il rito abbreviato allo stato degli atti, per contestare il contenuto delle, intercettazioni sarebbe stata necessaria una perizia, con affermazione che si censura poiché la fonte di prova è costituita dai supporti contenenti le conversazioni, conversazioni che, in caso di lamentata discrasia, dovrebbero essere direttamente ascoltate dal giudice, senza accontentarsi delle trascrizioni della polizia giudiziaria.

 

In ogni caso - osserva il ricorrente - anche ove le captazioni siano state correttamente trascritte, la condanna risulterebbe basata su un mero ragionamento probabilistico-indiziario privo di riscontri oggettivi idonei ad assurgere al rango di prova. In particolare, a differenza di quanto si legge alla p. 227 della sentenza impugnata, secondo cui A.A., utilizzando il telefono di G.G., sollecita un incontro per il giorno seguente ed invita gli acquirenti a portare il denaro per la compravendita, in realtà dalla conversazione emergerebbe che A.A. interviene in una telefonata effettuata da G.G. verso H.H. per salutarlo e che nel prosieguo del colloquio si limita a riferire le parole suggerite da G.G..

 

Peraltro, il ruolo attribuito a A.A. dai giudici di promotore-pianificatore della cessione in questione cozza con la totale assenza dello stesso il giorno 5 febbraio 2018 sia nel luogo della cessione sia nelle otto conversazioni

 

intercettate, appunto, il giorno 5, sempre tra altri, senza nessun riferimento al ricorrente.

Si critica severamente, per manifesta illogicità e per netto contrasto con l'art. 192 cod. proc,. pen. anche il passaggio motivazionale ove si afferma che, seppure al momento della consegna di droga a H.H., A.A. non si veda, ciò non escluderebbe che lo stesso possa essere stato presente sul posto, ma non ripreso dalle telecamere.

Non corrisponderebbe al vero quanto si legge alla p. 227 della sentenza e cioè che A.A. avrebbe parlato con I.I., circostanza che, in realtà, non risulta agli atti.

In definitiva, A.A. si sarebbe soltanto trovato a partecipare, per un breve saluto, ad un dialogo telefonico già avviato tra H.H. e G.G., e nulla più: e ciò non potrebbe mai essere sufficiente a delinearne la penale responsabilità, difettando qualsiasi apporto consapevole e cosciente.

Peraltro, si segnala la pretesa manifesta illogicità tra la posizione di J.J., ritenuto estraneo alla cessione pur avendo partecipato alle conversazioni captate del 5 febbraio 2018 e pur avendo dichiarato di avere ceduto droga a H.H., e quella di A.A., condannato per il breve inserimento in una telefonata tra altri, di cui si è già detto.

La Corte territoriale, insomma, non avrebbe preso posizione sulle questioni rilevanti ed eccepite sia con i motivi di appello sia con la memoria depositata al momento della discussione.

2.2. Con il secondo motivo si duole di violazione del comma 5 dell'art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990 e, nel contempo, di vizio di motivazione, per avere escluso la configurabilità del fatto di lieve entità in sostanza senza motivazione e senza accertare la qualità della sostanza tramite perizia, come sarebbe stato, invece, necessario.

2.3. Con il terzo motivo il ricorso denunzia violazione dell'art. 648-bis cod. pen e carenza e manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione quanto alla contestazione di riciclaggio di cui al capo n. 17). Infatti, diversamente da quanto si legge alla p. 237 della sentenza impugnata, mancherebbe la prova della consapevolezza della provenienza furtiva dei monili di cui all'editto e, anzi, emergerebbe il contrario, perché nelle conversazioni intercettate, tra cui quella dell'11 aprile 2018, nessuno dei soggetti coinvolti parla di A.A..

Inoltre, l'accettazione, del rischio da parte dell'imputato dell'origine delittuosa dei beni mobili (di cui si legge alla p. 237 della sentenza impugnata) sarebbe priva di qualsiasi base probatoria ma fondata su mere illazioni.

Ancora: la Corte di merito avrebbe evitato di prendere posizione sulla riqualificazione dei fatti nel reato di ricettazione, riqualificazione che era stata chiesta dalla Difesa sia in discussione sia con apposita memoria, non comprendendosi quale sia stata l'attività idonea ad ostacolare la identificazione della provenienza dei beni.

La logicità della pronuncia in commento sarebbe ulteriormente sconfessata dalla sentenza di primo grado del Tribunale di Palmi, che ha riqualificato l'ipotesi in tentativo, in ragione del mancato accertamento della vendita dei monili oggetto di furto.

2.4. Infine, oggetto dell'ultimo motivo è la criticata violazione dell'art. 62-bis cod. pen. e difetto di motivazione, che sarebbe carente, apodittica ed errata, escludendo le attenuanti generiche in ragione dei rapporti con i fratelli K.K. e, comunque, con i clienti abituali del sodalizio di cui al capo n. 2), trascurando, però, che A.A. è stato assolto dalla contestazione di cui al capo n. 2) e che non ha avuto rapporti con altri coindagati, fatta eccezione per i fratelli K.K..

Né risponderebbe al vero non avere la Difesa fornito positivi elementi di valutazione al riguardo, come si legge alla p. 242 della sentenza impugnata, in quanto, invece, nell'appello si era espressamente segnalato il ruolo marginale dell'imputato e l'avere lo stesso risposto alle domande nel corso dell'interrogatorio di garanzia, svolgendo legittimamente le proprie difese.

 

3. Nell'interesse di B.B. sono stati presentati due ricorsi: uno a firma dell'Avv. GC, del Foro di Palmi, ed un altro a cura dell'Avv. LC, del Foro di Roma.

 

4. Il ricorso curato dall'Avv. C è affidato a sette motivi.

 

4.1. Con il primo motivo lamenta erronea applicazione dell'art. 74 del D.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alla sussistenza del numero minimo di partecipanti previsti per l'esistenza dell'associazione protesa al narcotraffico.

 

Infatti, confrontando l'esito dei due distinti processi celebrati, uno con il giudizio ordinario e l'altro con l'abbreviato, nei confronti di coloro cui è stato contestato di avere fatto parte dell'associazione ex art. 74 del D.P.R. n. 309 del 1990, emerge che risultano essere stati condannati soltanto due imputati, cioè B.B. e l'odierno ricorrente C.C.: ne discende, con richiamo di giurisprudenza di legittimità, la assoluta inconfigurabilità di un'associazione composta da due persone.

4.2. Con il secondo motivo censura violazione degli artt. 192 cod. proc. pen. e 74 del D.P.R. n. 309 del 1990 e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'associazione protesa al narcotraffico di cui al capo n. 2) dell'editto.

La prova dell'esistenza di un'associazione, di un'organizzazione e dell'imprescindibile accordo tra i compartecipi che si legge alle pp. 110 e ss. della sentenza deriverebbe dalla mera sommatoria della - ritenuta - dimostrazione della commissione di plurime violazioni dell'art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990, in difformità da quanto puntualizzato dalla S.C. in tema di rapporto tra partecipazione associativa e mero concorso di persone nel reato ex art. 110 cod. pen., essendosi, in realtà, la Corte territoriale limitata a rifarsi al contenuto dell'ordinanza di custodia cautelare.

Peraltro, si ribadisce che il Tribunale di Palmi nella sentenza n. 874 del 2023 del 18 luglio 2023 (sentenza che si allega al ricorso), alla p. 97, ha ritenuto insussistente l'associazione ex art. 74 del D.P.R. n. 309 del 1990.

Si rammenta che la insussistenza di una struttura associativa è stata già sancita dalla Corte di cassazione allorché ha deciso su un ricorso in materia cautelare proposto ai sensi dell'art. 311 cod. proc. pen. su impugnazione del coimputato L.L., conclusosi con sentenza del 19 ottobre 2021 (che si allega) di annullamento con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria.

4.3. Con il terzo motivo si duole di violazione di legge penale e processuale penale, di travisamento probatorio e di omessa motivazione in relazione alla partecipazione di B.B. all'associazione al capo n. 2) dell'editto.

Gli elementi fattuali sviluppati nella sentenza impugnata (frequentazione del circolo "(...)", trasferta in Puglia, accessi alla pescheria di P., viaggio in Spagna, rinvenimento di un bigliettino con appunti) e valutati alle pp. 167 e ss. della stessa circa la partecipazione di B.B. all'associazione non sarebbero idonei a fornire adeguata prova al riguardo; e si richiamano le argomentazioni svolte nella già citata sentenza della S.C. su ricorso in materia cautelare nell'interesse del coimputato L.L., conclusosi con annullamento con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria.

4.4. Oggetto del quarto motivo è violazione dell'art. 74, comma 4, del D.P.R. n. 309 del 1990 e vizio di motivazione, che sarebbe manifestamente illogica, in relazione all'aggravante del carattere armato dell'associazione volta al narcotraffico.

La sentenza si limiterebbe a richiamare le risultanze investigative in ordine alla disponibilità delle armi da parte del gruppo ma ometterebbe di spiegare perché tale circostanza debba considerarsi nota al ricorrente ovvero dallo stesso ignorata per colpa, in sostanza ricavando o - illegittimamente - il dato della conoscenza dalla mera, ritenuta, intraneità all'associazione (cfr. pp. 132-133).

Si richiamano plurimi precedenti di legittimità stimati pertinenti in tema di configurabilità dell'aggravante dell'associazione armata.

4.5. Tramite il quinto motivo denunzia vizio di motivazione in relazione alla contestata (al capo n. 3) cessione di sostanza stupefacente, in quanto l'unica fonte di prova al riguardo, rappresentata dalle immagini registrate di una telecamera che inquadra l'ingresso del palazzo dove vive - anche - B.B., sarebbe vistosamente inadeguata ad offrire prova al riguardo, nemmeno se rafforzate dalle illogiche considerazioni della Corte territoriale, non costituenti massime di esperienza, circa la mera possibilità che l'imputato abbia nascosto un'ingente somma di denaro nell'auto (pp. 186-187 della sentenza impugnata).

4.6. Con il sesto motivo censura difetto di motivazione e travisamento della prova, per avere utilizzato un'informazione inesistente in atti, in relazione alla ulteriore cessione di sostanza stupefacente contestata (al capo n. 12).

Le uniche emergenze istruttorie restituiscono un frammento antecedente alla ipotizzata cessione di droga da B.B. a O.O., in quanto il secondo, viene videoripreso mentre il 5 ottobre 2018 entra nel palazzo in cui abita - anche - il primo, per uscirne tre minuti dopo; il giorno seguente verrà trovata cocaina nascosta all'interno dell'auto di O.O.; altre informazioni riguardano accadimenti del 7 ottobre 2018, illogicamente messe in connessione con il preteso acquisto di droga del 5 ottobre 2018, rimasto, tuttavia, senza prova.

4.7. Con l'ultimo motivo B.B. lamenta la erronea applicazione dell'art. 416-bis. 1 cod. pen. e difetto di motivazione in relazione alla riconosciuta aggravante della mafiosità, per favorire, secondo l'impostazione di accusa, l'associazione 'ndranghetistica E.E. - F.F., quanto ai capi nn. 3) e 12) dell'editto.

L'avere il ricorrente assistito il 19 ottobre 2019 ad una esternazione di M.M., "il quale ha ereditato a pieno titolo il ruolo apicale che è stato del padre" e che afferma di non avere nulla da temere dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia sia perché senza riscontri sia perché lo stesso non parla senza avere preso precauzioni, non comproverebbe - si ritiene - avere inteso B.B. favorire l'associazione in sé.

Inoltre, il Tribunale di Palmi nella già richiamata sentenza del 18 luglio 2023 ha assolto tutti gli imputati, ed anche M.M., dall'accusa di appartenenza all'associazione 'ndranghetistica di cui al capo n. 1); così come - si è già visto - ha pronunziato assoluzione quanto all'associazione protesa al narcotraffico di cui al capo n. 2).

5. Il ricorso dell'Avv. C nell'interesse di B.B. è strutturato in cinque motivi.

5.1. Con il primo motivo denunzia violazione dell'art. 74 del D.P.R. n. 309 del 1990, quanto al capo n. 2).

I presunti compartecipi del ricorrente nell'associazione protesa al narcotraffico, giudicati alcuni in abbreviato ed altri con il rito ordinario, sono stati infatti assolti, anche se alla data di presentazione del ricorso ancora non era intervenuta la irrevocabilità (p. 2 del ricorso).

In ogni caso, la stessa motivazione della sentenza impugnata confonderebbe vistosamente tra concorso ex art. 110 cod. pen. in più violazioni dell'art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990 e partecipazione associativa, di cui mancherebbero i requisiti strutturali essenziali.

La stessa decisione impugnata, del resto, dà espressamente atto (alla p. 166) della mancanza del necessario approfondimento investigativo, in sostanza rivelando la mancanza di una struttura organizzativa permanente e di rapporti con clan malavitosi, al più essendo emersi rapporti mantenuti uti singulus.

La partecipazione associativa sarebbe, comunque, costruita su mere affermazioni astratte (pp. 3 e ss., 5-6, 170 e ss. della decisione impugnata).

Non risponderebbe al vero quanto si legge nella sentenza di appello (alla p. 162) circa l'essersi l'imputato reso irreperibile per diversi mesi e l'ipotesi di coinvolgimento di B.B. in traffici illeciti è stata formulata solo dubitativamente dal collaboratore N.N. (p. 58 della sentenza impugnata: "forse").

Inoltre, l'aggravante mafiosa dei reati-fine di cui ai capi nn. 3) e 12) sarebbe stata scorrettamente ritenuta.

5.2. Con il secondo motivo critica violazione dell'art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990 e vizio di motivazione in relazione al capo n. 3) dell'editto.

Nella parte della sentenza dedicata a tale imputazione (pp. 32-36 e 185-189) mancherebbe la prova del concorso di B.B. nel reato con D.D., il quale, reo confesso al riguardo, è stato condannato per la cessione di cui al capo n. 3), mentre è stato assolto dall'accusa associativa.

5.3. Con il terzo motivo l'imputato si duole della violazione del comma 5 dell'art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990 e di difetto di motivazione in relazione al capo n. 12), per avere la sentenza negato (alla p. 219) - ma, si ritiene, illegittimamente ed erroneamente - la riqualificazione in melius in fatto di lieve entità, trattandosi di un unico episodio connotato da esiguo peso.

5.4.Con il quarto motivo censura violazione dell'art. 416-bis.1 cod. pen. e difetto di motivazione, che sarebbe illogica e contraddittoria, in relazione alla riconosciuta aggravante della mafiosità, per favorire cioè l'associazione ndranghetistica E.E. - F.F., quanto ai capi nn. 3) e 12) dell'editto.

Si segnala criticamente avere la Corte di appello alla p. 205 della sentenza, messo in collegamento tale aggravante con la contestazione di cui all'art. 74 del D.P.R. n. 309 del 1990, mentre tale ultima ipotesi non è aggravata.

L'aggravante della mafiosità sarebbe affidata (alle pp. 206-207 e 170 della decisione) a mere affermazioni apodittiche, sfornite di prova.

 

5.5. Infine, con l'ultimo motivo lamenta violazione dell'art. 62-bis cod. pen. e difetto di motivazione in relazione alla negazione delle attenuanti generiche, negazione indiscriminatamente effettuata nei confronti di tutti gli imputati, trascurando le specifiche devoluzioni che erano state effettuate in appello a proposito della incensuratezza dell'imputato, delle sue documentate condizioni di salute e del netto ridimensionamento della complessiva vicenda.

5.6. L'Avv. C ha depositato memoria datata 15 giugno 2024 contenente "motivi nuovi" con cui approfondisce i temi già posti con i primi due motivi di ricorso.

5.6.1.In particolare, sottolinea la ormai avvenuta assoluzione di tredici sui quindici originari partecipanti all'associazione volta al narcotraffico ipotizzata al capo n. 2) dell'editto, ossia: 1) M.M.; 2) L.L., 3) B.B.; 4) P.P.; 5) P.P.; 6) D.D.; 7) R.R.; 8) S.S.; 9) O.O.; 10) U.U.; 11) J.J.; 12) G.G.; 13) A.A.; 14) T.T.; 15) C.C..

Infatti, il G.u.p. del Tribunale di Reggio Calabria nella sentenza del 17 marzo 2022, costituente l'esito del primo grado del processo in questione, ha assolto L.L., A.A., P.P., D.D. e R.R. (complessivamente, cinque imputati) da tale contestazione e la sentenza non risulta essere stata impugnata dal P.M., ma soltanto dagli imputati oggi ricorrenti cioè A.A., B.B., D.D. e C.C..

Il Tribunale di Palmi, poi, con la sentenza n. 874/2023 del 18 luglio 2023 ha assolto dalla medesima accusa descritta al capo n. 2) P.P., M.M., O.O., S.S., T.T., U.U., J.J. e G.G. (ergo: otto imputati): tale pronunzia, come da attestazione della Cancelleria in calce, allegata al ricorso, è passata in giudicato in relazione a tali imputati ed a siffatta accusa.

Si sottolinea, dunque, la inconfigurabilità in diritto di un'associazione di sole due persone, anziché un minimo di tre, cioè i rimanenti B.B. e C.C..

Nel merito, si riprendono, comunque, gli argomenti spesi nella sentenza del Tribunale di Palmi, che ha assolto gli imputati non già per non avere commesso il fatto ma per insussistenza del fatto.

5.6.2. Quanto al reato di cessione di cui al capo n. 3), si sottolinea la illogicità della condanna di B.B. pur a fronte della confessione di D.D., stimata dalla Corte di appello - erroneamente ed illegittimamente - non credibile (pp. 187 e 209), con motivazione che confligge con plurimi accertamenti processuali, ossia: con l'assoluzione di D.D. e di altri dodici imputatati, come si è visto, dalla contestazione associativa di cui al capo n. 2); e con l'intervenuta assoluzione di tutti gli imputati dall'accusa di associazione mafiosa di cui al capo n. 1) dell'editto.

6. Il ricorso di D.D. (Avv. GC, del Foro di Palmi) si affida a quattro motivi.

6.1. Con il primo denunzia la erronea applicazione degli artt. 416-bis.1 e 59, comma 2, cod. pen. e difetto di motivazione in relazione alla riconosciuta aggravante della mafiosità rispetto al clan E.E. - F.F., quanto al capo n. 3) dell'editto.

La giustificazione che si rinviene al riguardo alle pp. 208-209 della sentenza impugnata, sarebbe illegittima in quanto difetterebbe, in realtà, qualsiasi prova della coscienza e volontà di agevolare l'associazione mafiosa, al più potendo essere l'azione di D.D. rivolta verso la persona fisica del coimputato nel capo n. 3) B.B., nei cui confronti, però, la Procura della Repubblica non ha esercitato l'azione penale per il delitto di associazione mafiosa.

In particolare, non esisterebbe prova della frequentazione da parte di D.D. del circolo "(...)", che si assume essere il quartier generale del gruppo criminale, mentre la sua presenza presso la pescheria si spiega agevolmente, abitando il ricorrente con la sua famiglia proprio nello stesso immobile, al piano superiore rispetto all'attività commerciale.

Sarebbero, poi, irrilevanti le dichiarazioni del collaboratore U.U. circa il coinvolgimento di D.D. in vicende di droga siccome estranee a qualsiasi fenomeno 'ndranghetistico e neutra la disponibilità accertata nel corso della perquisizione del furgone di più telefonini da parte dello stesso e di B.B..

Si richiama giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, stimata pertinente.

6.2. Oggetto del secondo motivo è la ritenuta violazione dell'art. 81, comma 2, cod. pen. nella parte in cui la Corte ha rigettato la richiesta di applicazione del reato continuato tra la condotta per cui è processo (capo n. 3, in G., il 19 settembre 2018) e la condanna già inflitta dal G.u.p. del Tribunale di Palmi nel proc. n. 2064/2020 con sentenza del 18 marzo 2020 (allegata al ricorso), divenuta irrevocabile il 6 luglio 2022, per violazione degli artt. 73 e 80 del D.P.R. n. 309 del 1990, commesso il 28 agosto 2020 in G..

La motivazione che si rinviene al riguardo alle pp. 243-244 della sentenza impugnata sarebbe illegittima ed erronea, in quanto: seppure limitata, per espressa ammissione dei decidenti, ai soli dati estrinseci, in quanto la sentenza (acclusa al ricorso) non era stata materialmente allegata nel grado di appello, la valutazione è incentrata sulla distanza temporale, di circa due anni, e sull'essere un reato commesso in concorso (il capo n. 3 nel presente processo) e l'altro da solo. Tali circostanze sarebbero, tuttavia, insufficienti alla richiesta valutazione, dovendosi, secondo giurisprudenza consolidata, che si richiama, esaminare approfonditamente i possibili indicatori in concreto, essendosi trascurato che il tipo di reato è lo stesso, uguale è l'oggetto della cessione (cocaina) e medesimo è il luogo di commissione e, ad avviso del ricorrente, la ragione dell'agire starebbe nelle difficoltà economiche dell'imputato per il quale, peraltro, secondo le dichiarazioni del collaboratore U.U. (pp. 208-209 della sentenza), il trasporto di droga in auto costituirebbe un consolidato modus agendi. Donde la sussistenza - si ritiene da parte della Difesa - del vincolo della continuazione.

6.3. Con il terzo motivo censura violazione dell'art. 62-bis cod. pen. e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche, avendo i decidenti trascurato sia l'incensuratezza dell'imputato sia la confessione resa, ingiustamente svalutata (alla pp. 239-240 della sentenza), essendo stata, invece, la confessione indispensabile per l'affermazione di responsabilità, in quanto il video in atti non costituisce una "prova "granitica", poiché non c'è un'immagine che cristallizzi lo scambio tra droga e denaro.

6.4. Con l'ultimo motivo lamenta la violazione degli artt. 133 e 416-bis.1 cod. pen. in relazione al trattamento sanzionatorio, in quanto parte da una pena-base non pari al minimo ed opera per l'aggravante speciale un aumento quasi pari al massimo consentito, trascurando l'incensuratezza e la confessione resa.

Infine, si addita ad illegittimo l'aumento operato ai sensi dell'art. 80 del D.P.R. n. 309 del 1990 (alla p. 244), avendo già il Tribunale escluso tale aggravante.

7. L'impugnazione nell'interesse di C.C. (Avv. GC, del Foro di Palmi) è articolata in quattro motivi.

7.1. Con il primo censura la violazione dell'art. 74 del D.P.R. n. 309 del 1990, quanto al capo n. 2), poiché dei complessivi quindici partecipi all'associazione, secondo l'editto di accusa, ben tredici imputati stati già assolti dal Tribunale di Palmi e dal G.u.p. del Tribunale di Reggio Calabria, sicché i due restanti, C.C., appunto, e B.B., non possono giuridicamente essere ritenuti responsabili di partecipazione ad un'associazione, per insufficienza numerica.

7.2. Con il secondo si duole della violazione degli artt. 192 cod. proc. pen. e 74 del D.P.R. n. 309 del 1990 e di illogicità della motivazione, con riferimento alla sussistenza nel merito dell'associazione protesa al narcotraffico.

Se pure sì dovesse superare la questione - che si valuta comunque tranciante - che è posta con il primo motivo, mancherebbero in ogni caso gli elementi strutturali minimi per poter affermare la sussistenza di un'associazione protesa al narcotraffico, come peraltro già affermato dal Tribunale di Palmi nella già richiamata sentenza assolutoria (spec. alla p. 97) e dalla Corte di cassazione nella motivazione della sentenza n. 41073 del 19 ottobre 2021, su ricorso in materia cautelare del coimputato L.L..

7.3. Con il terzo motivo denunzia violazione dell'art. 74 del D.P.R. n. 309 del 1990, mancanza di motivazione e travisamento probatorio derivante da un vero e proprio fraintendimento quanto alla partecipazione del ricorrente all'associazione.

I tre elementi valorizzati nella sentenza (alle pp. 170-185) per affermare la intraneità all'associazione, ossia (1) la assidua frequentazione del circolo "(...)", che si ritiene essere base operativa del sodalizio, (2) le conversazioni con M.M., ritenuto vertice del sodalizio, e (3) la disponibilità nei confronti dell'organizzazione, dimostrata dall'episodio del furto in danno del cognato di M.M., in realtà, sarebbero inidonei. Infatti: la frequentazione, definita "assidua" si risolverebbe in tre sole occasioni nel lungo arco temporale di due anni; mentre gli altri due elementi (di cui si tratta alle pp. 173 e ss. e 181 e ss. della sentenza impugnata), che peraltro andrebbero interpretati in senso diverso da come letti dai decidenti, al più, potrebbero riguardare "esclusivamente il rapporto binario intercorrente tra C.C. e M.M." (così alla p. 12 del ricorso).

La Corte di appello, inoltre, non risponderebbe ai rilievi critici puntualmente mossi con l'atto di appello (alle pp 13-14 dell'impugnazione di merito).

7.4. Con l'ultimo motivo lamenta la violazione dell'art. 74, comma 4, del D.P.R. n. 309 del 1990 e vizio di motivazione, che sarebbe manifestamente illogica, in relazione all'aggravante del carattere armato dell'associazione volta al narcotraffico.

 

La sentenza, infatti, si limiterebbe a richiamare le risultanze investigative compendiate nella comunicazione della notizia di reato in ordine alla disponibilità delle armi da parte del gruppo ma ometterebbe di spiegare perché tale circostanza debba considerarsi nota al ricorrente ovvero dallo stesso ignorata per colpa, in sostanza ricavando il dato della conoscenza dalla mera, ritenuta intraneità all'associazione (cfr. pp. 132-133).

Si richiamano più precedenti di legittimità stimati pertinenti in tema di configurabilità dell'aggravante dell'associazione armata.

7.5 Nell'interesse di C.C. sono stati presentati il 14 giugno 2024 "motivi nuovi" con i quali, in relazione ai primi tre motivi già svolti, si argomenta ulteriormente circa la impossibilità giuridica di ritenere sussistente un'associazione composta da due soli membri, essendo stati assolti tredici presunti associati su quindici, e si allega la sentenza liberatoria, per insussistenza del fatto, del Tribunale di Palmi, nel frattempo passata in giudicato, come da attestazione della Cancelleria.

 

Nel merito, anche attingendo dalle motivazioni della decisione in questione, si argomenta circa la insussistenza, comunque, nel caso di specie degli elementi costitutivi del legame associativo, richiamandosi precedenti di legittimità che si ritengono pertinenti.

 

Si chiede, dunque, da parte di tutti i ricorrenti l'annullamento della sentenza impugnata.

 

È stata tempestivamente domandata la trattazione orale dei ricorsi.

Motivi della decisione

1. I ricorsi nell'interesse di B.B. e di D.D. sono parzialmente fondati; integralmente fondato risulta quello di C.C.; mentre è manifestamente infondato quello di A.A..

2. Si prenda le mosse dall'esame del ricorso nell'interesse di A.A..

2.1. Quanto al primo motivo (sulla responsabilità per la cessione di droga di cui al capo n. 6), seppure incondivisibile è la affermata "necessità" di perizia che si legge alla p. 227 della sentenza di appello, il punto è, tuttavia, aggredito in maniera solo assertiva nel ricorso, che non spiega quali sarebbero le aporie decisive delle trascrizioni delle conversazioni adoperate dai giudici di merito. Così l'impugnazione trascura il consolidato principio di diritto secondo cui l'attribuzione di un determinato contenuto alle intercettazioni è insindacabile in sede di legittimità, ove sorretto, come nel caso di specie, da adeguata motivazione ("In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità": Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; conformi le Sezioni semplici successive, sino alla recente Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337).

In ogni caso, la Corte di appello alle pp. 227-228, della sentenza spiega la ricostruzione dei fatti di cui al capo n. 6) ed il ruolo fattivo dell'imputato nell'affaire in maniera congrua e logica, non adeguatamente aggredita delle censure difensive.

Peraltro, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, la sentenza impugnata in realtà non dice che l'imputato, benché non ripreso dalle telecamere, potrebbe essere stato presente all'incontro.

In riferimento alle lamentate violazioni dell'art. 192 cod. proc. pen. o di precetti costituzionali, è appena il caso di rammentare quanto segue (puntualizzazione di ordine generale, valevole per tutti i ricorsi): "Poiché la mancata osservanza di una norma processuale in tanto ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come espressamente disposto dall'art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., non è ammissibile il motivo di ricorso in cui si deduca la violazione dell'art. 192 cod. proc. pen., la cui inosservanza non è in tal modo sanzionata" (Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, M, Rv. 274191-02; in senso conforme, Sez. 6, n. 4119 del 30/04/2019, dep. 2020, Romeo Gestioni Spa, Rv. 278196-02); e "È inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduce la violazione di disposizioni costituzionali, poiché l'inosservanza delle stesse non è prevista, dall'art. 606 cod. proc. pen., tra i casi di ricorso e può solo costituire fondamento di questione di legittimità costituzionale" (Sez. 5, n. 4944 del 03/12/2021, dep. 2022, Falbo, Rv. 282778).

 

2.2. In relazione al secondo motivo (avente ad oggetto la mancata riqualificazione del capo n. 6 in violazione del comma 5 dell'art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990), il ricorso omette il doveroso confronto con la motivazione della decisione, che valorizza (alle pp. 228-229), non illogicamente, le circostanze che A.A. ha agito in concorso con più persone, che ha agito con pervicacia, essendosi prodigato per non perdere l'affare quando il primo incontro è stato spostato, e che la quantità di droga non era modica.

 

2.3. Con riferimento al terzo motivo (con cui si denuncia la condanna per il reato di riciclaggio di cui al capo n. 17), il Collegio osserva come, in realtà, alle pp. 229-238 della sentenza impugnata si rinvenga ampia e congrua motivazione sulla responsabilità per il reato di riciclaggio (capo n. 17) dei beni oggetto di furto (capo n. 16), rispetto alla quale il ricorrente si limita a reiterare motivi già disattesi dalla Corte di appello.

Al riguardo, deve richiamarsi il consolidato principio di diritto secondo il quale "È inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso" (ex plurimis, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour Sami, Rv. 27771).

2.4. Quanto, infine, all'ultimo motivo di impugnazione (sul diniego delle attenuanti generiche), alla p. 242 la sentenza della Corte di merito valorizza la gravità dei fatti commessi, la capacità a delinquere dimostrata ed inoltre la gravità dei precedenti penali dell'imputato per violazioni della disciplina sul controllo delle armi, anche clandestine, e per ricettazione: ed il ricorso omette il doveroso confronto, concentrandosi solo sulla prima parte del ragionamento.

2.5. Essendo, in ultima analisi, il ricorso di A.A. manifestamente infondato, ne va dichiarata l'inammissibilità.

3. Passando ora ad esaminare i ricorsi presentati nell'interesse di B.B. (due atti di impugnazione), D.D. e C.C., appare opportuno, onde evitare ripetizioni, raggruppare le questioni poste dai ricorsi, siccome in ampia parte coincidenti, per temi.

4. Appaiono pienamente fondati i motivi sulla esistenza della contestata associazione e sulla partecipazione ad essa dei ricorrenti B.B. e C.C. e sulla sussistenza dell'aggravante della finalità di agevolazione mafiosa.

Difatti, come sottolineato e documentato negli scritti difensivi, deve registrarsi la - ormai definitiva - assoluzione di tredici sui quindici originari partecipanti all'associazione volta al narcotraffico ipotizzata al capo n. 2) dell'editto, ossia: 1) M.M.; 2) L.L., 3) B.B.; 4) P.P.; 5) P.P.; 6) D.D.; 7) R.R.; 8) S.S.; 9) O.O.; 10) U.U.; 11) J.J.; 12) G.G.; 13) A.A.; 14) T.T.; 15) C.C..

 

Da un lato, infatti, all'esito del primo grado di merito nel presente processo, il G.u.p. del Tribunale di Reggio Calabria ha assolto cinque imputati (su quindici; cioè L.L., A.A., P.P., D.D. e R.R.) da tale contestazione con la sentenza n. 81/2022 del 17 marzo 2022, non impugnata dal P.M. ma solo dagli imputati oggi ricorrenti (cioè A.A., B.B., D.D. e C.C.); dall'altro, il Tribunale di Palmi, all'esito di separato processo, con la sentenza n. 874/2023 del 18 luglio 2023 ha assolto dalla medesima accusa descritta al capo n. 2) altri otto imputati (su quindici, ossia: P.P., M.M., O.O., S.S., T.T., U.U., J.J. e G.G.) e tale pronunzia, come risulta da attestazione della Cancelleria, allegata ai "motivi nuovi", è passata in giudicato in relazione a tali imputati ed a siffatta accusa.

Discende la inconfigurabilità di un'associazione criminale composta da due sole persone, i.e. i rimanenti B.B. e C.C..

Non solo, ma la richiamate decisione, ormai irrevocabile, del Tribunale di Palmi ha assolto tutti gli imputati dalla contestazione associativa mafiosa di cui al capo n. 1), per insussistenza del fatto, così rendendo giuridicamente inconfigurabile la finalità agevolativa (non già concernente il metodo) nei confronti della cosca E.E. - F.F., di cui ha esplicitamente escluso l'operatività (v. pp. 26, 111, 138 e ss., spec. 155-157), quanto ai capi nn. 3) e n. 12), entrambi contestati a B.B. e il solo capo n. 12) anche a D.D., non potendo agevolarsi un'associazione criminale ritenuta insussistente.

In conseguenza, deve pronunziarsi annullamento: senza rinvio per C.C., il quale era stato condannato soltanto per il capo n. 2); e invece con rinvio per B.B., che è stato riconosciuto colpevole dei reati di cui ai capi nn. 3) e 12), e per D.D., ritenuto colpevole del reato di cui al capo n., 3), essendo necessario rideterminare la pena.

4.1. Deve a questo punto darsi atto della opposizione manifestata dal Procuratore Generale nel corso dell'udienza pubblica non già all'acquisizione ma alla possibilità di valutazione da parte del Collegio del contenuto delle sentenze irrevocabili allegate ai motivi nuovi nell'interesse dei ricorrenti. Il punto di vista del P.G. è stato spiegato con il richiamo al - consolidato - orientamento di legittimità secondo cui "Nel giudizio di legittimità è consentita l'acquisizione di una sentenza irrevocabile, quando l'interessato non sia stato in grado di produrla nei precedenti gradi di giudizio, ma la stessa non può essere oggetto della valutazione prevista dall'art. 238-bis, cod. proc. pen., imponendo l'annullamento con rinvio della pronuncia impugnata, al fine di rivalutare nel merito la situazione probatoria emersa nel giudizio non ancora definito a seguito della pendenza del ricorso per cassazione, ferme restando le preclusioni processuali già formate" (Sez. 6, n. 3702 del 04/12/2012, dep. 2013, Capasso e altri, Rv. 254766; in termini, Sez. 5, n. 38569 del 07/05/2014, Dell'Orefice, Rv. 259904; Sez. 2, n. 19409 del 13/02/2019, PG in proc. Biscotti, Rv. 276653-02; sino alla recentissima pronunzia di Sez. 6, n. 13461 del 22/02/2023, Caponera, Rv. 284473).

Il Collegio ha disatteso la richiesta della Parte pubblica, poiché l'utilizzo nel processo delle sentenze allegate dalle Difese, con attestazione di irrevocabilità della Cancelleria, non è consistito nella effettuazione di valutazioni di merito, senza ombra di dubbio riservate esclusivamente ai Tribunali ed alle Corte territoriali, ma nella presa d'atto, esclusivamente in punto di diritto, circa la astratta applicabilità di una determinata fattispecie incriminatrice nel caso di specie. In altre parole, essendo venuta meno, per effetto del passaggio in giudicato delle richiamate pronunzie giurisdizionali, la pre-condizione della esistenza di un numero di associati pari almeno a tre (non risultando nemmeno ipotizzata nei capi di imputazione n. 2 dei processi di merito la presenza di ulteriori complici rimasti ignoti o deceduti: cfr. Sez. 3, n. 19212 del 12/03/2019, Xhelay Salo, Rv. 275758; Sez. 5, n. 39223 del 23/09/2010, Mastrangeli, Rv. 248882; Sez. 6, n. 12845 del 24/02/2005, Biancucci ed altri, Rv. 231237; Sez. 2, n. 7437 del 30/04/1999, PM in proc. Cataldo, Rv. 213846), non sarebbe mai possibile per il giudice dell'eventuale rinvio giungere a soluzione diversa dall'assoluzione di B.B. e di C.C. dal capo 2), per insussistenza del fatto, non essendo configurabile un'associazione per delinquere composta soltanto da due persone (cfr. artt. 416 e 416-bis cod. pen. e 74 del D.P.R. n. 309 del 1990).

La soluzione che si adotta ha anche il pregio di evitare il vano protrarsi di un processo, con eventuale custodia cautelare, destinato ad univoca soluzione liberatoria, attesa la stabilità del giudicato assolutorio nell'ordinamento processuale.

Del resto, la ratio delle decisioni della S.C. richiamate a supporto della difforme opinione del P.G. è quella di precludere al giudice di legittimità valutazioni in fatto previste dall'art. 238-bis cod. proc. pen. (ad esempio, si legge nella motivazione, sub n. 2 del "considerato in diritto", p. 19, della richiamata sentenza di Sez. 6, n. 13461 del 22/02/2023, Caponera, cit., quanto segue: "Se quindi, si è ritenuta possibile l'acquisizione di sentenze irrevocabili formatesi in altro processo, si è, tuttavia, nettamente escluso che spetti al giudice di legittimità il confronto probatorio tra gli elementi in fatto accertati e posti a sostegno della sentenza passata in giudicato con la situazione probatoria propria del processo nel quale viene acquisita, trattandosi di valutazione propria del giudizio di merito. Esclusa l'efficacia vincolante delle valutazioni espresse in sentenze irrevocabili, è certo che non spetta al giudice di legittimità, esulando dai suoi compiti, procedere ad una valutazione di resistenza, prevalenza o indifferenza degli elementi posti a fondamento della decisione irrevocabile con la conseguenza che l'annullamento con rinvio al giudice di merito è soluzione obbligata. È stato infatti, precisato che nel giudizio di legittimità è consentita l'acquisizione di una sentenza irrevocabile quando l'interessato non sia stato in grado di produrla nei precedenti gradi di giudizio, ma la stessa non può essere oggetto di valutazione ai sensi dell'art. 238-bis cod. proc. pen., imponendosi l'annullamento con rinvio della pronuncia impugnata al fine di una rivalutazione nel merito della situazione probatoria emersa nel giudizio non ancora definito a seguito della pendenza del ricorso per cassazione, ferme restando le preclusioni processuali già formate (Sez. 2, n. 19409 del 13/02/2019, PG c/Biscotti, Rv. 276653 - 02; Sez. 5, n. 38569 del 07/05/2014, Dell'Orefice, Rv. 259904; Sez. 6, n. 3702 del 04/12/2012, dep. 2013, Capasso e altri, Rv. 254766). I limiti del sindacato di legittimità non consentono di effettuare in questa sede la verifica richiesta dai difensori sulla credibilità dell'V.V. alla luce del giudizio tranciante espresso nella sentenza acquisita, trattandosi di valutazione propria del giudizio di merito, nell'ambito del quale sarà effettuata una nuova ponderazione valutativa, che, senza alcuna automatica estensione del giudizio espresso nelle sentenze irrevocabili acquisite (anche quella di cui si è detto in precedenza), dovrà condurre ad un giudizio più completo ed esaustivo"). Ma, come si è visto, la Corte non ha effettuato alcuna valutazione di fatto.

5. Residuano gli aspetti relativi: alla sussistenza della responsabilità per i reati-satellite di cui ai capi n. 3), contestato sia a B.B. che a D.D. in concorso, e n. 12), addebitato al solo B.B., ed alla richiesta riqualificazione in melius degli stessi ai sensi dell'art. 73, comma 5, del D.P.R. n. 309 del 1990; al mancato riconoscimento dell'invocato vincolo della continuazione con altri fatti, quanto al solo D.D.; al trattamento sanzionatorio.

A tali questioni, tuttavia, la sentenza impugnata risponde in maniera adeguata, non incongrua e non illogica alle pp. 185-219.

5.1. In particolare, quanto al capo n. 3), alle pp. 185-189 si illustra con ampiezza di dettagli e richiamo di elementi emersi dalle indagini (videoriprese, appostamenti, perquisizione veicolare e sequestro della droga) la avvenuta cessione di più di un kg di cocaina da parte di B.B. e D.D. a W.W. il 19 settembre 2018, disattendendo motivatamente la ricostruzione difensiva; e alla p. 189 si è valorizzata, per escludere la riqualificazione nella meno grave violazione del comma 5 dell'art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990, quantità e qualità della sostanza e professionalità dimostrata dai soggetti.

La responsabilità di B.B. per il capo n. 3), cioè la cessione il 5 ottobre 2018 di 51,8 grammi di cocaina a O.O., è illustrata con motivazione diffusa e logica alle pp. 210-218, basandosi sul contenuto di immagini videoriprese dalla polizia giudiziaria, sull'esito degli appostamenti, sul contenuto delle intercettazioni, sul rinvenimento della droga e sull'arresto in flagranza di O.O.; mentre la invocata riqualificazione è stata esclusa (p. 219) in ragione dell'elevato grado di purezza della droga, della quantità e della natura della stessa e delle complessive modalità dell'azione.

5.2. Il riconoscimento del vincolo della continuazione che era stato richiesto dalla Difesa di D.D. è stato escluso dai giudici di merito in ragione della significativa distanza temporale tra i fatti, di ben due anni, e della diversità delle modalità dell'azione (pp. 243-244 della sentenza impugnata), con motivazione sufficiente e non illogica che resiste alle doglianze difensive, che, in sostanza, si limitano alla reiterazione della originaria richiesta. Peraltro, occorre dare continuità all'orientamento interpretativo che valorizza specialmente l'importanza del lasso temporale tra gli illeciti: infatti, "In tema di continuazione, il decorso del tempo costituisce elemento decisivo sul quale fondare la valutazione ai fini dei riconoscimento delle condizioni previste dall'art. 81 cod. pen., atteso che, in assenza di altri elementi, quanto più ampio è il lasso di tempo fra le violazioni, tanto più deve ritenersi improbabile l'esistenza di una programmazione unitaria predeterminata almeno nelle linee fondamentali" (Sez. 4, n. 34756 del 17/05/2012, Madonia e altri, Rv. 253664).

5.3. Infine, il tema del trattamento sanzionatorio (attenuanti generiche e determinazione della pena) è logicamente assorbito dal disposto annullamento con rinvio, quanto ai soli B.B. e D.D..

Discende la statuizione in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di B.B. limitatamente al reato di cui all'art. 74 D.P.R. 309/90 perché il fatto non sussiste nonché all'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 cod. pen., che elimina. Rinvia, per la rideterminazione della pena in ordine ai residui reati, ad altra Sezione della Corte di appello di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso di B.B..

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di C.C. in ordine al reato di cui all'art. 74 D.P.R. 309/90 perché il fatto non sussiste.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di D.D. limitatamente all'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 cod. pen., che elimina. Rinvia, per la rideterminazione della pena nei confronti di D.D., ad altra Sezione della Corte di appello di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso di D.D..

Dichiara inammissibile il ricorso di A.A. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 3 luglio 2024.

Depositata in Cancelleria il 14 ottobre 2024.