Non compete allo Stato di esecuzione la verifica della necessità o meno della presenza della persona richiesta al processo in corso di svolgimento nei suoi confronti davanti all'autorità giudiziaria dello Stato di emissione, perché, altrimenti opinando, verrebbe minato alla base il principio del mutuo riconoscimento dei provvedimenti giurisdizionali: l'ingresso nel catalogo degli strumenti di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri dell'Unione europea dell'Ordine di indagine europeo (OIE) pone in astratto e in alcuni limitati casi in concreto il tema dell'uso proporzionale dell'euromandato, consentendo il ricorso a modalità di cooperazione non coercitive della libertà della persona alla stregua della Direttiva 2014/41/UE.
Residua infatti un limitato ambito di valutazione quando l'emissione del mandato europeo avvenga espressamente per finalità esclusivamente investigative, disancorate dall'esercizio dell'azione penale.
Una volta ricevuta al riguardo un'esauriente assicurazione da parte delle autorità dello Stato di emissione, la sollecitazione di un sindacato sul contenuto della risposta fornita alle richieste della Corte di appello si risolve di fatto in una censura della motivazione della sentenza che dispone la consegna, censura che non è più consentita ai sensi dell'art. 22, comma 1, I. cit., come modificata dal d. Igs. 2 febbraio 2021, n. 10.
Corte di Cassazione
Sez. VI penale
sentenza Num. 42987 Anno 2024
Data Udienza: 21/11/2024 - deposito 26/11/2024
Presidente: DE AMICIS GAETANO
Relatore: VILLONI ORLANDO
SENTENZA
sul ricorso proposto da TS, n. Augusta (Sr) **/1962 avverso la sentenza n. 57/24 della Corte di appello di Venezia del 27/09/2024
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione del Consigliere Orlando Villoni;
sentito il pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale
Roberto Aniello, che ha concluso per l'annullamento con rinvio relativamente alle finalità del mandato d'arresto europeo
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Venezia ha dichiarato sussistenti le condizioni per accordare la consegna di ST alla autorità giudiziaria del Regno del Belgio, che l'aveva richiesta in forza di
mandato di arresto europeo emesso in data 18 luglio 2024 per motivi processuali, essendo stato spiccato nei suoi confronti mandato interno in data 19 giugno 2024 da parte del giudice istruttore presso il Tribunale di prima di istanza di Anversa in relazione ad un procedimento instaurato in ordine a plurimi reati
(partecipazione ad organizzazione criminale, tratta di esseri umani, riciclaggio di proventi di furto, favoreggiamento dell'ingresso e del soggiorno illegali, truffa, falsificazione di atti amministrativi e traffico di documenti falsi) commessi in Belgio e altrove tra il mese di dicembre 2020 e quello di settembre 2022.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'interessato che, attraverso il suo difensore, formula tre motivi di censura.
2.1. Violazione di legge penale in relazione agli artt. 6 e 18-ter legge n. 69 del 2005 per avere la Corte di appello ritenuto il mandato di arresto europeo completo di tutti gli elementi previsti dalla legge, nonostante l'omessa indicazione delle ragioni dell'emissione del provvedimento coercitivo interno
belga.
2.2. Violazione di legge penale in relazione agli artt. 5 TUE e 6, 7, 52 della CDFUE in relazione agli artt. 5 e 8 Conv. EDU in ordine alla mancanza di proporzionalità nell'emissione del mandato ed alla carente indicazione delle ragioni per cui è richiesta la consegna.
2.3. Violazione di legge penale in relazione all'art. 2 legge n. 69 del 2005 per avere la Corte di appello ritenuto insussistenti rischi di trattamenti inumani e degradanti derivanti dalla restrizione dell'interessato, una volta disposta la consegna, presso un istituto penitenziario belga.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va rigettato.
2. Con riferimento al primo motivo di censura, va osservato che la Corte di appello ha congruamente argomentato sul fatto che del tutto pacificamente, m forza dell'art. 6, comma 1, lett. c), legge cit., il ricorso alla procedura di consegna per mandato d'arresto è previsto anche per ragioni processuali e con riferimento ad ogni provvedimento di natura coercitiva emesso dall'Autorità giudiziaria dello Stato di emissione, quali che ne siano i motivi, purché inerenti ad esso, all'uopo riportando quasi per esteso la sentenza di questa Sesta Sezione penale n. 14887 del 09/04/2024, ric. Magazzini, non mass., ma a sua volta contenente ampi riferimenti alla copiosa giurisprudenza di questa Corte di cassazione sul tema, che per tale motivo appare superfluo richiamare.
Del resto, la doglianza difensiva si appunta essenzialmente sulla circostanza che l'autorità belga non avrebbe sufficientemente spiegato il motivo della richiesta in consegna e il precedente giurisprudenziale appena citato, cui lo stesso difensore mostra di tributare comunque assenso, spiega esso stesso come l'esplicitazione di quelle ragioni (a mero titolo di esempio: sottoposizione ad interrogatorio, a confronto, soddisfacimento esigenze di cautela) non sia richiesta né dalla decisione quadro 2002/584/GAI del 13 giugno 2002 né dalla legge nazionale di attuazione.
Né l'ingresso nel catalogo degli strumenti di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri dell'Unione europea dell'Ordine di indagine europeo (OIE) - per quanto ponga in astratto e in alcuni limitati casi in concreto il tema dell'uso proporzionale dell'euromandato, consentendo il ricorso a modalità di cooperazione non coercitive della libertà della persona alla stregua della Direttiva 2014/41/UE - ha modificato le condizioni di legittimità dell'emissione del mandato d'arresto europeo.
In linea generale, infatti, non compete allo Stato di esecuzione la verifica della necessità o meno della presenza della persona richiesta al processo in corso di svolgimento nei suoi confronti davanti all'autorità giudiziaria dello Stato di emissione, perché, altrimenti opinando, verrebbe minato alla base il principio del mutuo riconoscimento dei provvedimenti giurisdizionali.
Residua, piuttosto, un limitato ambito di valutazione quando l'emissione del mandato europeo avvenga espressamente per finalità esclusivamente investigative, disancorate dall'esercizio dell'azione penale (Sez. 6, n. 7861 del 21/02/2023, Arciszewski, Rv. 284251), evenienza che, tuttavia, non ricorre quando - come nel caso in esame - esso sia stato emesso sulla base di un ordine coercitivo interno adottato dall'autorità giudiziaria in relazione alla formulazione di precise accuse, per quanto di natura provvisoria, propria dello svolgimento della fase delle indagini preliminari.
Il principio di proporzionalità risulta, del resto, codificato dall'art. 7 del d. Igs. n. 108 del 21 giugno 2017 di attuazione nell'ordinamento nazionale della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 intema di Ordine d'indagine europeo e, per quanto la sua applicazione coordinata con gli altri strumenti di cooperazione giudiziaria europea possa comportare ricadute cd. 'di sistema', come quella suindicata, esso non ha modificato le ragioni né le finalità della disciplina sul mandato d'arresto europeo.
Le ulteriori precisazioni che il difensore reputa necessarie sono, infine, quelle previste dal comma 1-bis dello stesso art. 6, che riguarda il diverso caso del mandato europeo emesso per finalità esecutive.
Non venendo, pertanto, in rilievo alcuna violazione di legge, il motivo va rigettato.
3. Lo stesso è a dirsi del secondo motivo di censura. Con tale doglianza, la difesa del ricorrente sollecita questa Corte di cassazionea sindacare le ragioni per cui l'autorità giudiziaria richiedente ha emesso il
mandato d'arresto europeo e ancor prima quelle che hanno giustificato l'emissione dell'ordine di cattura nell'ambito del procedimento in corso in Belgio a carico di Tringali.
Trattasi, tuttavia, di questioni semplicemente improponibili dinanzi al giudice dello Stato di esecuzione del mandato di arresto europeo e che andranno poste nella sede processuale dovuta, vale a dire dinanzi al giudice belga procedente, unico deputato a fornire le risposte a tali quesiti.
4. Intrinsecamente improponibile è, invece, il terzo motivo di censura.
Come si desume dalla sentenza impugnata, la Corte di appello di Venezia ha interpellato con richiesta di informazioni integrative di cui all'art. 16 legge cit. le autorità belghe circa il pericolo di trattamenti inumani e/o degradanti cui il soggetto richiesto in consegna potrebbe essere sottoposto in ragione del collocamento nelle strutture penitenziarie di quel Paese.
Le autorità belghe hanno risposto in maniera puntuale, tanto che la sentenza contempla un'ampia sezione dedicata alle condizioni dell'istituto penitenziario di Nieuw Dendermonde, dove il ricorrente verrà ristretto.
Tanto premesso, con la formulazione della su indicata doglianza la difesa del ricorrente si ripropone in realtà di sindacare il merito di tale scelta, sebbene attraverso il richiamo di quelle decisioni di legittimità o della Corte di Giustizia dell'Unione europea che effettivamente avevano in un non lontano passato
evidenziato alcune criticità delle strutture penitenziarie belghe.
Ma una volta ricevuta al riguardo un'esauriente assicurazione da parte delle autorità dello Stato di emissione, la sollecitazione di un sindacato sul contenuto della risposta fornita alle richieste della Corte di appello si risolve di fatto in una censura della motivazione della sentenza che dispone la consegna, censura che, come tale, non è più consentita ai sensi dell'art. 22, comma 1, I. cit., come modificata dal d. Igs. 2 febbraio 2021, n. 10.
5. Al rigetto dell'impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005.
Così deciso, 21 novembre 2024