Una proroga formale dei termini di consegna è doverosa in tutte le situazioni, non espressamente disciplinate dalla legge, in cui l'autorità guidiziaria italiana ravvisi l’impossibilità oggettiva di rispettare il termine ordinario di sessanta giorni per l’adozione della decisione per la consegna MAE, salvo quando la Corte d’appello richieda allo Stato membro di emissione le informazioni integrative.
Quando la Corte d’appello richiede allo Stato membro di emissione le informazioni integrative, non è tenuta a disporre una formale proroga del termine di sessanta giorni previsto per la decisione sulla richiesta di esecuzione del m.a.e., producendosi in tal caso un automatico prolungamento dei termini.
In tema di mandato di arresto Europeo, non è impugnabile l’ordinanza con cui la Corte d’Appello proroga, per cause di forza maggiore, il termine per la decisione sulla richiesta di consegna.
A differenza che nelle ipotesi di M.A.E. di natura processuale, nel procedimento per MAE esecutivo non compete allo Stato di esecuzione alcuna valutazione sulle modalità di acquisizione delle prove poste alla base della sentenza irrevocabile di condanna, ma solo una verifica circa l’inesistenza delle cause ostative alla consegna prevista dalla L. n. 69 del 2005, art. 18.
Corte di Cassazione
sez. VI Penale
sentenza 10 – 13 luglio 2020, n. 20739
Presidente Di Stefano – Relatore Capozzi
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza del 28/5/2020 in epigrafe la Corte di appello di Milano ha dichiarato sussistenti le condizioni per la consegna di G.Z. alla A.G. della Francia che ne ha fatto richiesta con mandato di arresto Europeo emesso il 6/12/2019 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Grande Istanza di Colmar basato sulla sentenza esecutiva emessa il 9/3/2017 dal Tribunale Correzionale di Colmar con la quale il G. è stato condannato alla pena di 18 mesi di reclusione per sette episodi di furto aggravato in abitazione o in esercizi commerciali in concorso con altri soggetti.
2. Il difensore del consegnando propone ricorso per cassazione avverso le ordinanze del 8/5/2020 e 28/5/2020 e la sentenza emessa deducendo:
2.1. Erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 2, in relazione alla L. n. 69 del 2005, artt. 16 e 21. Premessa la impugnabilità, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, delle ordinanze in data 8/5/2020 e 28/5/2020, la Corte in data 8/5/2020 ha disposto il rinvio della procedura per l’acquisizione di copia della sentenza sulla base della quale è stata chiesta la consegna con traduzione in lingua italiana e contestualmente, ravvisata "una causa di forza maggiore" per gli asseriti ritardi "generalizzati" riscontrati - a cagione della pandemia - da parte delle diverse Autorità statuali estere ad inviare la documentazione necessaria a sostegno del M.A.E., ha disposto la proroga di gg. 30 del termine per la decisione nonostante l’opposizione della difesa. All’udienza del 28/5/2020, riproposta la medesima opposizione difensiva con revoca della ordinanza del 8/5/2020 e conseguenziale immediata liberazione del prevenuto L. n. 69 del 2005, ex art. 21, la Corte di appello ha rigettato la richiesta ribadendo la ricorrenza della "causa di forza maggiore" e la legittimità della disposta proroga con la ultrattività della misura cautelare in atto. Rileva il ricorrente che la ricorrenza della "causa di forza maggiore" appare del tutto apoditticamente affermata senza alcun specifico riscontro circa gli asseriti ritardi da parte dello Stato emittente, risultando piuttosto in atti una nota del Ministero della Giustizia italiano che rappresentava di aver già in data 26/3/2020 richiesto all’omologo organo francese la documentazione in questione, senza che questo avesse rappresentato difficoltà ricollegabili alla pandemia. Nè può essere condiviso l’orientamento espresso dalla Corte circa l’equivalenza della ipotesi, ai fini della libertà personale, con quella prevista dalla L. n. 69 del 2005, art. 16, che - invece incide solo sul merito della richiesta di consegna ai sensi dell’art. 6, comma 4, della stessa legge.
2.2. erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. g). Risulta che la sentenza in base alla quale è stata richiesta la consegna è stata emessa in assenza del prevenuto e senza che vi fosse prova che egli fosse stato a conoscenza del processo ed avesse volontariamente rinunciato a comparire e, soprattutto, senza assistenza di un difensore. La previsione da parte dell’ordinamento francese di proporre opposizione avverso la sentenza indica un termine di dieci giorni dalla notifica che è estremamente breve e soprattutto non è previsto in tale ordinamento una norma analoga al nostro art. 143 c.p.p., comma 2, nè la esplicita menzione - del notificando provvedimento - della facoltà del condannato di proporre opposizione.
3. Con requisitoria scritta il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso perché infondato in relazione ad entrambi i motivi proposti.
4. Con conclusioni scritte la difesa ha ribadito al fondatezza delle censure mosse e chiesto l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è proposto al di fuori dei casi consentiti dall’ordinamento.
Invero, quanto alla impugnabilità del provvedimento di proroga del termine per la decisione costituisce jus receptum che in tema di mandato di arresto Europeo, non è impugnabile l’ordinanza con cui la Corte d’Appello proroga, per cause di forza maggiore, il termine per la decisione sulla richiesta di consegna, ai sensi della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 17, comma 2, (Sez. F, n. 37090 del 05/09/2013, Espinoza Matamala, Rv. 256561); del resto è stato anche affermato che quando la Corte d’appello richiede allo Stato membro di emissione le informazioni integrative ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 16, non è tenuta a disporre una formale proroga del termine di sessanta giorni previsto per la decisione sulla richiesta di esecuzione del m.a.e., producendosi in tal caso un automatico prolungamento dei termini a norma della L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 2.
Ne consegue che una proroga formale è invece doverosa in tutte le altre situazioni, non espressamente disciplinate dalla legge, in cui si ravvisi l’impossibilità oggettiva di rispettare il termine ordinario di sessanta giorni per l’adozione della decisione (Sez. 6, n. 821 del 15/12/2010 (dep. 2011),Velardi,Rv. 248959); ancora, la richiesta di informazioni integrative, trasmessa allo Stato membro di emissione ai sensi della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 16, comma 1, determina un automatico prolungamento del termine entro il quale, a pena di inefficacia della misura cautelare, deve intervenire la decisione sulla richiesta di consegna, senza necessità di adottare un formale provvedimento di proroga (Sez. 6 n. 12215 del 04/12/2019 (dep. 2020), Gursoy, Rv. 278754).
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha del tutto correttamente rigettato la medesima deduzione difensiva richiamando l’orientamento di legittimità secondo il quale non viene in applicazione la L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, lett. g), che impone il rifiuto della consegna se la sentenza irrevocabile, oggetto del mandato d’arresto Europeo, non sia la conseguenza di un processo equo condotto nel rispetto dei diritti minimi dell’accusato previsti dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in relazione alla richiesta di consegna presentata dalle autorità francesi sulla base di una sentenza contumaciale passibile di opposizione e pertanto ancora provvisoria (Sez. 6, n. 3927 del 23/01/2008, Salkanovic, Rv. 238395); cosicché, in presenza di un mandato di arresto Europeo emesso dalle autorità francesi per l’esecuzione di una sentenza contumaciale di condanna, ancora soggetta ad opposizione, l’autorità giudiziaria italiana deve applicare gli stessi parametri di valutazione previsti dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 17, comma 4, per le sentenze irrevocabili, per effetto del quale, a differenza che nelle ipotesi di M.A.E. di natura processuale, non compete allo Stato di esecuzione alcuna valutazione sulle modalità di acquisizione delle prove poste alla base della sentenza irrevocabile di condanna, ma solo una verifica circa l’inesistenza delle cause ostative alla consegna prevista dalla L. n. 69 del 2005, art. 18 (Sez. 6, n. 6920 del 13/02/2015, Vara Enriquez, Rv. 262621), tra le quali non possono essere ricomprese quelle oggi indicate dalla difesa.
4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
5. Devono essere disposti gli adempimenti di cancelleria di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.