Il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell'incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore - che si concretano in forze impeditive non altrimenti vincibili, le quali legittimano la restituzione in termini - poiché consiste in una falsa rappresentazione della realtà, vincibile mediante la normale diligenza ed attenzione.
E' stata, inoltre, specificata la rilevanza delle condizioni soggettive della parte privata (ad es. per malattia) ai fini della loro idoneità ad integrare una causa di forza maggiore che abbia impedito il tempestivo esercizio dei diritti, rilevanza che sussiste quando la malattia sia di tale gravità da incidere sulla capacità di intendere e volere dell'interessato, impedendogli per tutta la sua durata qualsiasi attività.
Non legittima la restituzione in termine la mancata informativa del difensore a favore del proprio assistito quando non determinata da ragioni oggettive, connesse alle condizioni di attuale totale incapacità di intendere e di volere dell'imputato, ma riconducibili ad una scelta discrezionale del difensore stesso e non a circostanze obiettive e ostative dell'obbligo di informativa in ragione delle condizioni di incapacità totale dell'assistito ovvero, poiché questi era a conoscenza dei processi a suo carico, impeditive in senso assoluto della possibilità di informarsi del loro andamento.
Il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell'incarico di proporre impugnazione, in presenza di imputato ritenuto capace di partecipare al processo che lo riguarda, non è idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione nel termine, poiché si risolve in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, e perché tale condizione non determina, in via presuntiva, la esclusione dell'onere dell'assistito di vigilare sull'esatta osservanza dell'incarico conferito.
Cassazione penale
sez. VI, ud. 17 ottobre 2024 (dep. 27 novembre 2024), n. 43206
Presidente Di Stefano - Relatorice Giordano
Ritenuto in fatto
1. La Corte di appello di Firenze, con ordinanza del 19 marzo 2024 ha dichiarato inammissibile l'istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione proposta da A.F. avverso sentenza della stessa Corte del 19 dicembre 2022.
2. Con i motivi di ricorso, il difensore, avvocato SC, denuncia violazione di legge (in relazione all'art. 175, comma 4, cod. proc. pen.), per incompetenza funzionale della Corte di merito a decidere sull'istanza, competenza che, invece, spettava alla Corte di cassazione alla quale, peraltro, era indirizzata la richiesta.
Con il secondo motivo denuncia l'erronea applicazione delle norme processuali, in particolare, nella interpretazione dei casi integranti forza maggiore o caso fortuito consistiti "nella non messa a conoscenza di un'attività difensiva di appello esercitata in piena autonomia da questa difesa, non avendo l'imputato non tanto la capacità partecipare ai processi che lo riguarda(va)no quanto quella di percepire le conseguenze degli esiti degli stessi e la capacità di partecipare consapevolmente alle relative scelte ed attività difensive" mentre il caso fortuito si era sostanziato nella decorrenza dei termini di impugnazione della sentenza di secondo grado, a causa di un'inattività difensiva le cui conseguenze non possono ripercuotersi a carico di chi neppure sia stato messo a conoscenza della pendenza del giudizio di secondo grado".
Considerato in diritto
l. Va premesso, in fatto, che la Corte di appello di Firenze, con sentenza del 19 dicembre 2022, aveva confermato la condanna di A.F. a pena ritenuta di giustizia per i reati di evasione (art. 385 cod. pen.), commessi nell'anno 2015, in esito a rito abbreviato e con applicazione della circostanza di cui all'art. 89 cod. pen. sulla scorta di perizia che ne aveva accertato la capacità processuale ma la sussistenza di vizio parziale di mente.
L'imputato era elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, avvocata SC, che riceva notifica del decreto di citazione in appello, in cui l'imputato rimaneva assente.
Con istanza del 23 novembre 2023, depositata presso la Corte di appello di Firenze ma diretta a questa Corte, il difensore dell'A.F., aveva chiesto la restituzione nel termine per proporre ricorso per cassazione allegando, che essendo l'A.F. ricoverato presso una struttura protetta, non era stata in grado di comunicare tempestivamente con il proprio assistito e di non avere potuto comunicargli l'esito del processo di appello, allo scopo di non aggravarne le condizioni psichiche. Allegava che l'A.F., comunque, non aveva avuto conoscenza della instaurazione del processo di secondo grado e della sentenza emessa a suo carico dal momento che le notifiche erano state eseguite presso il difensore, ove era elettivamente domiciliato, condizione idonea ad integrare la fattispecie di cui all'art. 175, comma 2, cod. proc. pen. come introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022.
2. E' fondato il primo motivo di ricorso perché in materia di restituzione nel termine per proporre impugnazione la competenza a provvedere spetta al giudice dell'esecuzione solo allorquando la richiesta sia logicamente subordinata o alternativa all'accertamento della validità del titolo esecutivo, diversamente rientrando l'istanza nella competenza del giudice dell'impugnazione (Sez. 2, n. 29114 del 23/05/2019, Lucattini, Rv. 277017) e, dunque, nella specie, la competenza a decidere spettava alla Corte di Cassazione dal momento che la richiesta non faceva riferimento al titolo esecutivo (alla sua eventuale mancanza, validità o non esecutività), essendo stata proposta direttamente ed esclusivamente per ottenere la restituzione nei termini ex art. 175 cod. proc. pen..
Si tratta, come correttamente rilevato nel ricorso, di competenza di carattere funzionale la cui sua inosservanza determina una nullità assoluta di carattere generale, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
Ne consegue che l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio e che è competenza di questo Collegio valutare, a norma dell'art. 511 cod. proc. pen., la richiesta di remissione in termini per la proposizione del ricorso per cassazione della sentenza emessa dalla Corte di appello di Firenze il 19 dicembre 2022 esaminando le ragioni allegate dall'istante che, tuttavia, sono manifestamente infondate non sussistendo le condizioni di caso fortuito o forza maggiore che, a norma dell'art. 175, comma 1, cod. proc. pen., consentono la rimessione nel termine per proporre impugnazione alla parte privata che non l'abbia osservato.
3. E' pacifico che nel caso in esame, A.F. era stato riconosciuto capace di stare in giudizio e di partecipare consapevolmente al processo, anche se affetto da vizio parziale di mente in ragione di un disturbo borderline di personalità. All'istanza di remissione in termini il difensore ha allegato le risalenti perizie (eseguite nell'anno 2011 e 2015 dai periti e già valutate nel presente procedimento ai fini della verifica delle condizioni psichiche dell'imputato), conclusioni che erano state asseverate e attualizzate, nel processo di primo grado, culminato nella sentenza del 30 giugno 2020, dal direttore sanitario della SRP "T." presso la quale l'imputato era ricoverato da una relazione che ne attestava la "stabilizzazione" delle condizioni cliniche; il comportamento adeguato e il rapporto corretto che aveva instaurato con gli operatori e altri pazienti.
Durante tutto il processo, l'imputato era stato assistito dal difensore di fiducia, l'avvocata Sara Castellani, difensore presso il quale aveva eletto domicilio e presso il quale sono state eseguite le notifiche e che, per come allegato nell'istanza, lo ha assistito anche in altri processi penali.
Fin dal 27 gennaio 2016, infatti, l'avvocata Sara Castellani era stata nominata difensore di fiducia con facoltà di "proporre impugnazioni avverso qualsiasi provvedimento e dinanzi a qualsiasi autorità" e, successivamente, le era stata conferita procura speciale per la richiesta di rito abbreviato.
Come anticipato, nel processo di appello l'imputato era stato dichiarato assente e, in tale evenienza, come noto, sarebbe stato onere del difensore comunicare all'assistito, in ragione del sottostante rapporto fiduciario, la conclusione del giudizio a suo carico in vista di assumere le determinazioni in merito: determinazioni che l'imputato, capace di stare in giudizio, come evincibile dalle richiamate conclusioni peritali, era competente ad assumere, rapportandosi con il legale.
In ogni caso, il difensore avrebbe potuto proporre impugnazione poiché munito del relativo mandato e non essendo in vigore le più restrittive disposizioni recate, in materia di giudizio di impugnazione per cassazione, dal d.lgs. n. 150 del 2022.
La giurisprudenza di legittimità ha affermato, con un risalente ma reiterato principio, che il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell'incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore - che si concretano in forze impeditive non altrimenti vincibili, le quali legittimano la restituzione in termini - poiché consiste in una falsa rappresentazione della realtà, vincibile mediante la normale diligenza ed attenzione (Sez. 5, n. 43277 del 06/07/2011, Mangano, Rv. 251695).
La giurisprudenza ha enucleato, altresì, la sussistenza di un "onere dell'assistito di vigilare sull'esatta osservanza dell'incarico conferito" (cfr. Sez. 2, n. 32119 del 2021, non mass.), precisando che, laddove questo non sia stato assolto, il mancato adempimento del mandato da parte del difensore di fiducia, non è di per sé idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, dovendosi valutare, caso per caso, le modalità di controllo dell'assistito e il quadro normativo in cui si inserisce la vicenda oggetto del procedimento (Sez. 6, n. 2112 del 16/11/2021, dep. 2022, Coppola, Rv. 282667).
E' stata, inoltre, specificata la rilevanza delle condizioni soggettive della parte privata (ad es. per malattia) ai fini della loro idoneità ad integrare una causa di forza maggiore che abbia impedito il tempestivo esercizio dei diritti, rilevanza che sussiste quando la malattia sia di tale gravità da incidere sulla capacità di intendere e volere dell'interessato, impedendogli per tutta la sua durata qualsiasi attività (Sez. 6, n. 51912 del 03/12/2019, Costantino, Rv. 278063).
E, proprio con riferimento alla incapacità di intendere e di volere, si è esclusa la rilevanza di una patologia curata con una terapia che aveva cagionato sbalzi di/- umore e forte stato emotivo ma non obnubilamento delle capacità di comprensione del contenuto degli atti e di determinarsi ad eventuali decisioni da prendere (Sez. 4, n. 55227 del 07/12/2015, Giusto, Rv. 268626).
Nel caso in esame, posto che il difensore non ha esercitato direttamente il potere di impugnazione conferitole, non ricorrevano circostanze ostative, in grado di forza maggiore, tali da impedirle di conferire con l'assistito né tali da ostacolare, in assoluto, il potere di vigilanza di questi sull'esercizio dei poteri del difensore, cause di forza maggiore che il difensore ha allegato in termini del tutto generici.
La mancata informativa del difensore a favore del proprio assistito non è stata determinata, per come dalla stessa evidenziato nell'istanza, da ragioni oggettive, connesse alle condizioni di attuale totale incapacità di intendere e di volere dell'imputato, ma, pur in presenza di incontri con l'assistito avuti alla presenza dei sanitari, la scelta di non informarlo dell'esito del processo di appello era stata ricondotta ad una non meglio precisata scelta del difensore di "non volerlo troppo destabilizzare", scelta che aveva indotto il difensore "a flussi informativi difensivi più diradati e limitati alle informazioni e spiegazioni essenziali, per non provocare reazioni compulsive od ansiogene manifestatesi in passato, stante ormai la pendenza di pochi ultimi procedimenti, ormai definiti in primo grado".
Riferimenti vaghi e generici che, in buona sostanza, appaiono riconducibili ad una scelta discrezionale del difensore stesso e non a circostanze obiettive e ostative dell'obbligo di informativa in ragione delle condizioni di incapacità totale dell'assistito ovvero, poiché questi era a conoscenza dei processi a suo carico, impeditive in senso assoluto della possibilità di informarsi del loro andamento.
Va, pertanto, affermato il principio per cui il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell'incarico di proporre impugnazione, in presenza di imputato ritenuto capace di partecipare al processo che lo riguarda, non è idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione nel termine, poiché si risolve in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, e perché tale condizione non determina, in via presuntiva, la esclusione dell'onere dell'assistito di vigilare sull'esatta osservanza dell'incarico conferito.
4. Risulta, infine, privo di fondamento il rilievo che l'imputato non fosse stato in condizioni di conoscere il processo a suo carico sia perché tratto in arresto in occasione della commissione di taluni dei reati di evasione sia perché l'imputato aveva rilasciato procura speciale al difensore per la definizione, con rito abbreviato, del processo a suo carico dopo la riunione dei vari procedimenti: non sussistono, dunque, le condizioni per l'applicazione dell'istituto di cui all'art. 175, comma 2, ex d. Igs. n. 150 del 2022.
P.Q.M.
annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e rigetta l'istanza di restituzione nel termine.