Integra il reato di cui all'art. 337 c.p. qualsiasi condotta, di carattere minatorio e/o violento, che si traduca in un atteggiamento - anche implicito, purché percepibile "ex adverso" - volto ad impedire, intralciare o compromettere, anche solo parzialmente e temporaneamente, la regolarità del compimento dell'atto di ufficio o di servizio da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio e, quindi, la condotta oppositiva che si realizza mentre è in corso la verbalizzazione delle operazioni compiute e dei risultati che ne sono conseguiti.
L'elemento materiale del reato di resistenza con riferimento al procedimento in cui si snoda l'attività compiuta dal pubblico ufficiale poiché, si precisa, l'inciso "mentre compie l'atto del suo ufficio" descrive la contemporaneità tra la resistenza e atto che non si esaurisce nell'istante in cui quest'ultimo si perfeziona, ma ricomprende necessariamente anche le fasi immediatamente precedenti e successive, purché direttamente funzionali alla completezza dello stesso.
Corte di Cassazione
sez VI penale
ud. 21 settembre 2023 (dep. 10 ottobre 2023), n. 41138
Presidente Di Stefano – Relatore Giordano
Ritenuto in fatto
1. La Corte di appello di Milano ha confermato la condanna di B.G. alla pena di mesi quattro di reclusione, pena così ridotta per la diminuente del rito abbreviato, per il reato di cui all'art. 337 c.p.commesso il (omissis) quando l'imputato, dopo essere stato sottoposto ad accertamento con l'etilometro e mentre era in corso la redazione del verbale, risalito nell'auto la metteva in moto e, al tentativo dell'agente di fermarlo, lo colpiva spingendolo. In primo grado, esclusa la recidiva, la pena base era stata determinata in mesi nove di reclusione; ridotta per l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche a mesi sei e all'inflitto per la diminuente del rito abbreviato.
2. Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione deduce:
2.1. violazione di legge (art. 179 c.p.p.) in relazione alla mancata notifica all'imputato del decreto di citazione in appello;
2.2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla configurabilità degli elementi strutturali del reato di resistenza a pubblico ufficiale non essendo stata impedita la redazione dei verbali relativi agli accertamenti (sottoposizione all'etilometro; redazione del verbale ex art. 186 C.d.S.) potendo la notifica essere eseguita successivamente. L'imputato aveva fretta, vista anche la durata degli accertamenti, e si è limitato ad esprimere la propria contrarietà. L'allontanamento non ha impedito la "formazione" dei verbali e la consegna brevi manu;
2.3. violazione di legge e vizio di motivazione sul punto della rilevata manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale dell'art. 131-bis c.p. nella parte in cui prevede che la causa di non punibilità non è applicabile al reato di cui all'art. 337 c.p.;
2.4. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'entità della pena base applicata;
2.5. violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata applicazione della circostanza di cui all'art. 62 n. 2 c.p. poiché l'imputato reagiva in stato d'ira al turbamento determinato nell'imputato dal comportamento dell'operante che, lanciandosi nell'abitacolo, lo colpiva;
2.6. violazione di legge e vizio di motivazione sulla mancata applicazione della circostanza di cui all'art. 62 n. 5 c.p. collegata al divincolamento opposto dall'imputato al colpo assestatogli dall'operante.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è proposto per motivi generici e manifestamente infondati che impongono la dichiarazione di inammissibilità.
2. È manifestamente infondato il primo motivo di ricorso poiché è agevole rilevare, dalla mera consultazione degli atti, che il decreto di citazione per il giudizio di appello è stato ritualmente notificato mediante consegna al difensore presso il quale l'imputato aveva eletto domicilio fin dal (omissis) (vedi verbale a pag. n. s. del fascicolo di primo grado).
3.Il secondo motivo di ricorso, che si dilunga nella ricostruzione in fatto senza porsi in ragionato confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata che, in linea con quella di primo grado, ha ricostruito la dinamica del fermo e controllo dell'imputato e il suo tentativo di fuga, è anche manifestamente infondato in relazione alla individuazione dell'elemento materiale del reato di resistenza.
Nel caso in esame è accertato (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata), che i verbali delle operazioni di controllo, sottoposizione a etilometro e contravvenzione sono stati sottoscritti dall'imputato e consegnati solo dopo che l'auto dell'imputato veniva fermata a forza dagli agenti, mediante il disinserimento delle chiavi di accensione dal quadro e dopo la commissione dei fatti in contestazione che si sono inseriti nel percorso di formazione degli atti stessi poiché, prima ancora che i verbalizzanti redigessero il verbale di contravvenzione, l'imputato "risaliva a bordo dell'auto mettendo i moto e, al tentativo dell'appuntato B. di fermare la marcia, lo colpiva, spingendolo".
Nella giurisprudenza di legittimità è pacifica la enucleazione dell'elemento materiale del reato di resistenza con riferimento al procedimento in cui si snoda l'attività compiuta dal pubblico ufficiale poiché, si precisa, l'inciso "mentre compie l'atto del suo ufficio" descrive la contemporaneità tra la resistenza e atto che non si esaurisce nell'istante in cui quest'ultimo si perfeziona, ma ricomprende necessariamente anche le fasi immediatamente precedenti e successive, purché direttamente funzionali alla completezza dello stesso (Cass. Sez. 6, n. 13465 del 23/02/2023, Bouzy, Rv. 284574).
Ne consegue che integra il reato di cui all'art. 337 c.p. qualsiasi condotta, di carattere minatorio e/o violento, che si traduca in un atteggiamento - anche implicito, purché percepibile "ex adverso" - volto ad impedire, intralciare o compromettere, anche solo parzialmente e temporaneamente, la regolarità del compimento dell'atto di ufficio o di servizio da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio e, quindi, la condotta oppositiva che si realizza mentre è in corso la verbalizzazione delle operazioni compiute e dei risultati che ne sono conseguiti.
La contestazione della contravvenzione per il reato di guida in stato di ebrezza (art. 186, comma 2 quinquies, C.d.S.) comporta che, salvo che non sia disposto il sequestro ai sensi del comma 2, il veicolo non possa essere riaffidato al contravventore e che, qualora non possa essere guidato da altra persona idonea, può essere fatto trasportare fino al luogo indicato dall'interessato o fino alla più vicina autorimessa e lasciato in consegna al proprietario o al gestore di essa con le normali garanzie per la custodia, epilogo al quale l'imputato voleva sottrarsi.
Del tutto estranei sono lo scopo mediato ed i motivi di fatto avuti di mira dall'agente, quindi, nel caso in esame, la fretta dell'imputato nel concludere le operazioni vista la durata, peraltro necessitata, degli accertamenti in corso.
4.Il terzo motivo di ricorso è anch'esso generico e manifestamente infondato a stregua del richiamo compiuto nella sentenza impugnata ai precedenti costituiti da sentenze e ordinanze della Corte Costituzionale in relazione all'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 131-bis c.p., nella parte in cui prevede che la causa di non punibilità non trova applicazione in relazione al delitto di resistenza.
Il ricorrente non oppone, nè lo aveva fatto in appello, motivi che potessero indurre a ritenere superate le conclusioni, alle quali la Corte di merito si è riportata, raggiunte sul punto non solo dalla più risalente sentenza della Corte Costituzionale n. 30 del 10 febbraio 2021 (che aveva esaminato la questione della illegittimità dell'art. 16, comma 1, lett. b) del D.L. n. 53 del 2019 conv, con modificazioni, nella L. n. 77 del 2019, con riferimento ai parametro costituito dall'art. 77, comma 2, Cost.) ma anche dalla più recente ordinanza del 9 marzo 2022 n. 82 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la reiterata questione di illegittimità costituzionale, sul rilievo che l'esclusione del reato di resistenza a pubblico ufficiale dal campo applicativo dell'esimente di cui all'art. 131-bis c.p., non è manifestamente irragionevole avuto riguardo alla complessità del bene giuridico protetto dalla fattispecie incriminatrice che non è limitato al corretto funzionamento della pubblica amministrazione ma è inclusivo della sicurezza e libertà di autodeterminazione delle persone fisiche che esercitano le pubbliche funzioni e oggi riferibile agli ufficiali e agenti di polizia che esercitano funzioni di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria.
5.1 motivi concernenti la eccessività del trattamento punitivo, e la mancata applicazione delle circostanze di cui all'art. 62, nn. 2 e 5 c.p. sono manifestamente infondati.
La prima deduzione difensiva, al cospetto della determinazione della pena in mesi nove di reclusione, quindi estremamente prossima al minimo edittale, è volta a censurare poteri discrezionali del giudice di merito che, invece, ha compiuto un'operazione di equilibrato compensazione di aspetti riconducibili al giudizio sulla personalità (con l'esclusione della recidiva e applicazione delle circostanze attenuanti generiche) e gravità del fatto poiché la condotta oppositiva e violenta dell'imputato si era realizzata attraverso un veicolo in moto e spingendo il verbalizzante.
L'attenuante di cui all'art. 62 n. 2 c.p. postula la reazione in stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui, fatto ingiusto che la Corte di merito ha correttamente escluso potesse essere individuato nella durata delle operazioni. Infine, non opera sul piano del concorso con la condotta oppositiva dell'imputato (che si allontanava con il veicolo spingendo l'agente) la circostanza che il carabiniere avesse introdotto il proprio braccio nell'abitacolo dell'autoveicolo, operazione che non ha avuto di mira nè ha colpito l'imputato ma era consistita nel tentativo, riuscito, di prelevare la chiave dal quadro di accensione per spegnere il veicolo e, così, fermarlo. La Corte di merito ha fatto coerente e motivata applicazione di istituti giuridici (il fatto ingiusto altrui; il fatto doloso della persona offesa) invocati a sproposito in relazione ad un fatto risoltosi in una opposizione minacciosa e violenta finalizzata ad ostacolare gli adempimenti connessi alla contestazione del reato di guida in stato di ebrezza.
6. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che si reputa equo determinare come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.