La decisione di una persona ad amministrazione di sostegno e quindi, se del caso, di privarlo di parte della sua capacità giuridica basata non su una constatazione di compromissione delle sue facoltà mentali accertata dai medici ma sull'eccessiva dissolutezza e sull'indebolimento fisico e mentale richiede una verifica più attenta se i giudici nazionali abbiano valutato attentamente tutti i fattori pertinenti prima di prendere le decisioni di sottoporlo alla suddetta misura di protezione giuridica e di farlo ricoverare in una casa di cura con contatti limitati con il mondo esterno.
Quando sono in gioco implicazioni così importanti per la vita privata di una persona, il giudice deve soppesare attentamente tutti i fattori rilevanti per valutare la proporzionalità della misura da adottare: le necessarie garanzie procedurali in questo ambito richiedono di ridurre al minimo qualsiasi rischio di arbitrarietà.
Il beneficiario della misura non può in nessun caso essere totalmente privato della capacità di esercitare i propri diritti: privare una persona della capacità giuridica, anche parzialmente, è una misura molto grave che dovrebbe essere riservata a circostanze eccezionali; il margine di valutazione di principio lasciato alle autorità nazionali varierà a seconda della natura del diritto della Convenzione in questione, della sua importanza per l'individuo e della natura delle attività limitate, nonché della natura dell'obiettivo perseguito dalle restrizioni. Il margine tenderà ad essere più ristretto quando il diritto in questione è cruciale per l'effettivo godimento da parte dell'individuo di diritti intimi o essenziali.
Le garanzie procedurali a disposizione dell'individuo saranno particolarmente importanti per determinare se lo Stato convenuto sia rimasto nei limiti del suo margine di apprezzamento. In particolare, la Corte deve esaminare se il processo decisionale che ha portato alle misure di ingerenza sia stato equo e tale da assicurare il rispetto degli interessi garantiti all'individuo dall'articolo 8 CEDU.
La Corte EDU rileva con preoccupazione che nel caso di specie le autorità hanno, in pratica, abusato della flessibilità dell'amministrazione di sostegno per perseguire finalità che la legge italiana assegna, entro limiti rigorosi, al T.S.O. essendo stato così aggirato il quadro legislativo del T.S.O. con un ricorso abusivo all'amministrazione di sostegno. La Corte è pienamente consapevole della difficoltà che le autorità nazionali incontrano nel conciliare, in determinate circostanze, il rispetto della dignità e dell'autodeterminazione dell'individuo con la necessità di proteggere e salvaguardare i suoi interessi, in particolare nei casi in cui la persona interessata, a causa delle sue capacità o delle circostanze individuali, si trova in uno stato di grande vulnerabilità. La Corte ritiene che nel caso di specie non sia stato raggiunto un giusto equilibrio. Rileva che nei procedimenti interni non vi erano garanzie effettive per prevenire gli abusi, come richiesto dalle norme del diritto internazionale dei diritti umani, che sarebbero state in grado di garantire nel caso di specie che i diritti, i desideri e le preferenze del secondo ricorrente fossero presi in considerazione. Egli non è stato coinvolto nelle decisioni prese nelle varie fasi del procedimento, è stato ascoltato personalmente solo una volta durante il collocamento, è stato soggetto a restrizioni sui contatti con i suoi parenti e tutte le decisioni che lo riguardano sono state prese dall'amministratore di sostegno.
Nel caso di specie, sebbene l'ingerenza perseguisse l'obiettivo legittimo di proteggere il benessere del secondo ricorrente in senso lato, non era tuttavia, alla luce della gamma di misure che le autorità potevano adottare, proporzionata o adeguata alle sue circostanze individuali. Di conseguenza, l'ingerenza non rientrava nel margine di apprezzamento di cui godevano le autorità giudiziarie nel caso di specie con violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
(traduzione automatica non ufficiale, originale qui https://hudoc.echr.coe.int/?i=001-225812)
Corte europea per i diritti dell'uomo
PRIMA SEZIONE
CASO DI CALVI E C.G. c. Italia
(Ricorso n. 46412/21)
SENTENZA
Art. 8 - Collocazione di una persona anziana sotto tutela legale e collocazione in una casa di cura in isolamento sociale dal mondo esterno per tre anni - Provvedimento basato sulla sua eccessiva prodigalità e sull'indebolimento fisico e mentale, senza essere dichiarata incapace - Intera dipendenza dell'interessato dall'amministratore di sostegno in quasi tutti i settori e per un periodo di tempo illimitato - Elusione del quadro legislativo per la procedura iniziale di cure mediche obbligatorie mediante il ricorso abusivo all'amministratore di sostegno - Mancanza di un esame concreto e accurato di tutti gli aspetti rilevanti della situazione particolare dell'interessato - Mancanza di misure per mantenere le sue relazioni sociali e per incoraggiare il suo ritorno a casa - Mancanza di garanzie efficaci per prevenire gli abusi e garantire che i diritti dell'interessato siano rispettati. Stati obbligati a promuovere la partecipazione dei disabili o degli anziani "dipendenti" alla vita della comunità e a prevenire il loro isolamento o la loro segregazione - Misura non proporzionata né adeguata alla situazione individuale dell'interessato - Margine di apprezzamento superato
Art. 34 - Legittimazione ad agire - Status di parente stretto (cugino) a sollevare obiezioni per conto dell'interessato in una situazione che non gli consente di adire direttamente il Tribunale - Circostanze eccezionali - Potere di sostituzione dell'amministratore di sostegno nei confronti dell'interessato - Reclamo relativo alle restrizioni imposte dall'amministratore con l'approvazione del giudice tutelare - Rischio comprovato di privazione della tutela effettiva dei diritti dell'interessato ai sensi della Convenzione - Seri interrogativi sollevati sulle condizioni di vita degli anziani nelle case di riposo, di interesse generale data la loro vulnerabilità
STRASBURGO
6 luglio 2023
La presente sentenza diventerà definitiva alle condizioni previste dall'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetta a modifiche formali.
Nel caso Calvi e C.G. contro Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo (Prima Sezione), riunita in una Camera composta da :
Marko Bošnjak, Presidente,
Alena Poláčková,
Krzysztof Wojtyczek,
Ivana Jelić,
Gilberto Felici,
Erik Wennerström,
Raffaele Sabato, giudici,
e Renata Degener, cancelliere di sezione,
visti i seguenti atti:
il ricorso (n. 46412/21) contro la Repubblica italiana presentato alla Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione") il 20 settembre 2021 da due cittadini italiani, il signor Augusto Calvi e il signor C.G. ("i ricorrenti"),
la decisione di informare il Governo italiano ("il Governo") dei loro reclami ai sensi dell'articolo 5 § 1 (e) e dell'articolo 8 della Convenzione,
le osservazioni delle parti,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 27 giugno 2023,
pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:
INTRODUZIONE
1. Il ricorso riguarda la tutela giuridica del ricorrente C.G. e l'isolamento sociale derivante dalla sua collocazione in una casa di cura (residenza sanitaria assistenziale, ("RSA"), di seguito "casa di cura"). In discussione sono gli articoli 5 e 8 della Convenzione.
I FATTI
2. Il sig. Augusto Calvi ("il primo ricorrente") agisce nel presente procedimento per conto proprio e per conto del cugino C. G. ("il secondo ricorrente"), destinatario di una misura di protezione giuridica disposta dal giudice tutelare e ricoverato in una casa di riposo per anziani non autosufficienti dal 30 ottobre 2020. I ricorrenti sono nati rispettivamente nel 1956 e nel 1930 e vivono a Lecco. Sono stati rappresentati dall'avvocato M. Alfano.
3. Il Governo era rappresentato dal suo agente, M.L. D'Ascia, avvocato dello Stato.
4. Nel 2017 la sorella del secondo ricorrente ha chiesto al giudice tutelare di Milano la nomina di un amministratore di sostegno[1] che sostituisse il ricorrente nell'esercizio di alcuni diritti e lo assistesse in altri. Sosteneva che il fratello era anziano e che, pur essendo in grado di badare a se stesso, si comportava in modo dissoluto.
5. In una decisione del 9 maggio 2017, dopo aver constatato la dissolutezza del secondo ricorrente, che non sembrava essere pienamente consapevole delle situazioni gravemente dannose in cui avrebbe potuto trovarsi, il giudice tutelare ha ritenuto che una misura di amministrazione di sostegno (amministrazione di sostegno) avrebbe costituito una protezione adeguata. Ha osservato che il secondo ricorrente seguiva i precetti "francescani", vivendo in modo semplice e donando il proprio denaro a chi ne aveva bisogno, ma che non era in grado di gestire i limiti di questa pratica, che lo poneva in una situazione di vulnerabilità.
6. Ritenendo che non fosse necessario ricorrere a misure più restrittive che comportassero l'interdizione o l'inabilitazione, ha nominato l'avvocato B. come amministratore di sostegno per l'amministrazione dei suoi beni.
7. Il 4 dicembre 2017 è stata effettuata una valutazione psicologica sul secondo ricorrente. Il perito ha concluso di non aver riscontrato elementi che giustificassero un trattamento psichiatrico, affermando che l'interessato non soffriva di psicopatologia.
8. Il 3 gennaio 2018, il secondo richiedente è stato sottoposto a una seconda valutazione. La valutazione cognitiva ha indicato che le funzioni esecutive e i processi cognitivi e motivazionali necessari per compiere azioni quotidiane ordinarie e straordinarie erano intatti.
9. Il 31 gennaio 2018 è stato nominato un altro amministratore di sostegno in sostituzione del precedente.
10. Il 31 ottobre 2018, a seguito di una nuova valutazione psicologica, l'esperto che aveva esaminato il secondo ricorrente ha rilevato l'esistenza di un disturbo narcisistico di personalità che aveva raggiunto un livello tale da incidere, seppur parzialmente, sulla sua capacità di assumersi la responsabilità di se stesso e di compiere determinate azioni.
11. Il 6 novembre 2018 il secondo ricorrente e sua sorella hanno chiesto al giudice di porre fine alla misura di protezione, evidenziando un cambiamento delle condizioni che ne avevano giustificato l'applicazione.
12. Il 5 novembre 2019 una relazione dei servizi sociali ha concluso che era necessario un amministratore per sostenere il secondo ricorrente in vari aspetti della sua vita.
13. Il 12 febbraio 2020 è stata depositata presso la cancelleria del tribunale una relazione dei servizi sociali. Secondo tale documento, il secondo ricorrente era dispiaciuto di non poter gestire il suo patrimonio come desiderava e di dover sottostare alle decisioni del giudice, per le quali riteneva responsabile la sorella, con la quale non aveva contatti da anni e verso la quale nutriva rancore. I servizi sociali hanno anche indicato che non capiva di essere esposto al rischio di abuso di debolezza a causa della sua generosità, che aveva rifiutato di essere aiutato per l'insalubrità del luogo in cui viveva e che si muoveva in bicicletta nonostante fosse quasi cieco.
In conclusione, hanno ritenuto che il secondo ricorrente dovesse essere conservato e hanno raccomandato di effettuare una perizia psichiatrica.
14. Lo stesso giorno, il giudice tutelare ha nominato un esperto per valutare le condizioni di vita e di salute del ricorrente, per stabilire se fosse affetto da una patologia psicofisica e, in caso affermativo, se fosse in grado di influire sulla sua capacità e, infine, per decidere se la nomina di un amministratore di sostegno fosse ancora appropriata nel caso di specie.
15. In una decisione del 27 maggio 2020, il giudice tutelare ha esteso i poteri dell'amministratore di sostegno di C. G. a tutti gli aspetti della sua cura personale, rilevando che la sua sicurezza fisica e il suo benessere erano seriamente compromessi e che egli stava rilasciando dichiarazioni confuse e contraddittorie. In particolare, la decisione autorizzava l'amministratore di sostegno a occuparsi di tutte le questioni riguardanti C. G. per suo conto, compresa la decisione sulla soluzione abitativa più appropriata per lui e la garanzia che ricevesse cure e trattamenti che tenessero conto delle sue esigenze e aspirazioni. In base a tale decisione, l'amministratore doveva anche mantenere i rapporti con le autorità sociali e sanitarie e dare il consenso e l'autorizzazione necessari per le azioni necessarie a tutelare il benessere e la salute di C. G.; il giudice ha precisato a tal fine che poteva essere previsto, se necessario, il collocamento in una struttura di assistenza e ricovero adeguata, nel qual caso sarebbe spettato all'amministratore dare il consenso per conto dell'interessato.
16. Una relazione medica redatta nel giugno 2020 affermava che C. G. non appariva affetto da alcuna patologia mentale, che aveva conservato la capacità di giudizio, in particolare la capacità di discernere le conseguenze civili e penali delle sue azioni, e che non era stato rilevato alcun deterioramento mentale o cognitivo.
17. D'altra parte, secondo una perizia effettuata il 24 settembre 2020 su richiesta del giudice tutelare, l'interessato presentava un disturbo ossessivo-compulsivo della personalità, a cui si aggiungevano aspetti depressivi, si trovava in uno stato di malessere dovuto alle richieste di denaro che riceveva e le sue condizioni di vita, comprese in particolare quelle igieniche, erano molto inadeguate. L'esperto ha quindi ritenuto indispensabile il ricovero in una casa di cura, in quanto unica misura in grado di proteggerlo. Ha inoltre indicato che i suoi beni immobili erano ancora occupati da terzi.
18. Il 2 ottobre 2020 è stato nominato un altro amministratore di sostegno in sostituzione del precedente.
19. Secondo una relazione redatta successivamente, l'8 ottobre 2020, la suddetta proposta di collocare il secondo ricorrente in una casa di cura era il risultato di una lunga e attenta riflessione e si basava sulla constatazione che tutti i piani precedentemente attuati per salvaguardare e proteggere la sua integrità fisica erano falliti.
20. Il 26 ottobre 2020, l'amministratore di sostegno ha chiesto al giudice tutelare l'autorizzazione a far ricoverare C. G. in una casa di cura con l'aiuto della polizia, spiegando che non aveva più un medico di base né una tessera sanitaria e che era stato avviato un procedimento penale contro la sua assistente domiciliare per abuso di debolezza. Raccomandò quindi che C. G. fosse sottoposto a una visita medica e poi collocato in una casa di cura, e chiese al giudice di concedergli il potere di usare la forza pubblica se le circostanze lo avessero richiesto.
21. Lo stesso giorno, il giudice autorizzò l'amministratore a prendere le misure necessarie per collocare C. G. in una casa di cura.
22. Il giorno successivo, 27 ottobre 2020, l'amministratore, accompagnato dal medico E.M. e dai Carabinieri, si recò dall'assistente domiciliare di C. G.. Quest'ultimo, informato della decisione di affidarlo a una casa di riposo, ha espresso la sua opposizione alla misura. Tuttavia, dopo essersi ricomposto, ha acconsentito a seguire il medico per sottoporsi a una visita medica, accettando di entrare in una casa di cura solo temporaneamente e con l'obiettivo di tornare a casa in un secondo momento. Due giorni dopo, ha iniziato a rifiutare il cibo, ad eccezione di pane e acqua, per protestare contro la sua collocazione.
23. Secondo un rapporto inviato dall'amministratore al giudice, l'interessato ha avuto una conversazione telefonica con il primo ricorrente il 21 novembre 2020, alla presenza di un assistente sociale. Ha detto loro che veniva trattato bene ma che desiderava tornare a casa e che, poiché il suo avvocato stava prendendo le misure necessarie a tal fine, non desiderava ricorrere a un altro avvocato.
24. Pochi giorni prima, il 17 novembre 2020, una troupe di un programma televisivo, "Le Iene", aveva realizzato un servizio che metteva in dubbio la legalità del collocamento del secondo ricorrente in una casa di cura e che è stato trasmesso a livello nazionale. L'amministratore ha quindi deciso di impedire qualsiasi comunicazione diretta tra C. G. e i terzi, ad eccezione del sindaco del comune di A.
25. Il 26 novembre 2020 il giudice tutelare, tenendo conto della decisione dell'amministratore, che mirava a proteggere C. G. dalla divulgazione della sua storia personale e dalle ripercussioni mediatiche del servizio trasmesso, e della citata relazione peritale dell'8 ottobre 2020, che aveva suggerito di sottoporre C. G. a una rivalutazione psichiatrica, ha a sua volta vietato tutti gli incontri e le conversazioni telefoniche tra terzi e il secondo ricorrente, a meno che quest'ultimo non desiderasse diversamente.
26. Dal fascicolo risulta che il 15 dicembre 2020 la seconda ricorrente è stata ascoltata dal giudice tutelare.
27. Il 7 gennaio 2021, il primo ricorrente e sua sorella hanno chiesto al giudice tutelare l'autorizzazione a visitare C. G. nella casa di cura in cui era stato collocato.
28. L'8 gennaio 2021 il giudice tutelare ha nominato un esperto per valutare la situazione clinica di C. G. e ha inoltre richiesto che gli venisse fornita qualsiasi informazione pertinente.
29. Il 9 gennaio 2021 il giudice autorizzò le visite dei parenti di C. G., previo consenso dei responsabili della struttura o dell'amministratore, specificando che le condizioni dell'incontro avrebbero dovuto, se necessario, essere stabilite dalla struttura.
30. Il 13 gennaio 2021, il primo ricorrente è stato informato del rifiuto di una visita da parte dell'interessato, che aveva scritto una lettera in cui esprimeva il desiderio che la sua situazione non fosse più oggetto di attenzione da parte dei media e il desiderio di tornare a casa, indicando che sarebbe stato poi disposto a ricevere i membri della sua famiglia nella sua città.
31. Il 28 gennaio 2021, il primo ricorrente e sua sorella si sono rivolti nuovamente al giudice tutelare, sostenendo che il secondo ricorrente non aveva mai dichiarato nella sua lettera di non volerli incontrare e che si impegnavano, se necessario, a rispettare la riservatezza di un incontro con lui.
32. Il 2 febbraio 2021 l'esperto nominato (si veda il paragrafo 28 supra) ha presentato la sua relazione. In essa ha rilevato che le condizioni fisiche di C. G. erano migliorate, ma che continuava ad avere difficoltà psicologiche.
33. Il 5 febbraio 2021 il secondo ricorrente scrisse un'altra lettera al primo ricorrente e a sua sorella. Li ringraziava per l'interesse dimostrato nei suoi confronti, li informava che qualcuno si stava occupando del suo caso e che sperava che la stampa si dimenticasse di lui, e prometteva di far loro visita una volta lasciata la casa di cura.
34. In una decisione del 13 febbraio 2021, il giudice tutelare ha respinto la richiesta di contatto degli interessati in quanto il secondo ricorrente non aveva espresso il desiderio di incontrarli, l'amministratore aveva indicato che voleva vederli solo una volta tornato a casa e che non voleva che la sua situazione personale fosse coperta dai media.
35. Il 17 marzo 2021 il primo ricorrente ha presentato una nuova domanda al giudice tutelare. Sosteneva che erano trascorsi due mesi dalla decisione del giudice e che la situazione poteva essere cambiata, e chiedeva un contatto telefonico con il secondo ricorrente e che il giudice stabilisse i termini e le condizioni del suo collocamento in una casa di cura, in particolare per quanto riguarda la sua durata.
36. Il 18 marzo 2021, il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (il "Garante nazionale") ha inviato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecco una Raccomandazione in cui la invitava a valutare l'opportunità di chiedere al giudice tutelare una rivalutazione completa della situazione di vita del secondo ricorrente al fine di porre fine al suo ricovero nella casa di cura. Il Garante nazionale ha portato all'attenzione del pubblico ministero una serie di questioni derivanti dalla misura di protezione aperta dal tribunale di Lecco nel 2017 e dal ricovero del secondo ricorrente in una casa di cura, raccomandando di rivedere le misure adottate per la sua protezione e di determinare un sistema di sostegno più adeguato per il futuro.
I passaggi rilevanti della raccomandazione recitano quanto segue:
"Il documento riguarda innanzitutto le misure attuate nell'ambito dell'amministrazione di sostegno di competenza del Garante nazionale. A questo proposito, esso [riguarda] l'autonomia decisionale di C.G. in merito alle proprie scelte di vita a fronte di eventi che lo hanno visto sottoposto prima a un'amministrazione di sostegno sempre più invasiva rispetto a tali scelte, e poi al ricovero in una casa di cura a cui si è opposto in più occasioni. Fin dall'inizio, questo ricovero è apparso come una misura segregativa, non solo per la mancanza di qualsiasi alternativa preventiva [offerta all'attore], ma anche per la privazione di qualsiasi contatto con il mondo esterno, apparentemente imposta dalla direzione della struttura. Qualsiasi comunicazione con il mondo esterno doveva essere filtrata dall'amministratore del centro. Un ricovero inizialmente indicato come misura temporanea per avviare un piano di rientro a casa, [ma] che si è già protratto per oltre cinque mesi e, a quanto risulta al Garante nazionale, nelle medesime condizioni, compromettendo gravemente la tutela dei principi relativi all'autodeterminazione e alla libertà delle proprie scelte, compreso il diritto al sostegno nell'esercizio delle proprie capacità.
In secondo luogo, questo documento riguarda l'ambito del mandato dell'amministratore di sostegno, che è stato esteso [dal] decreto del giudice tutelare del 28 maggio 2020 per includere il potere, conferito in via esclusiva, di svolgere tutti i compiti relativi alla cura del beneficiario dal punto di vista personale e di decidere la soluzione abitativa o di alloggio più appropriata, tenendo conto [dei] bisogni e [delle] aspirazioni [dell'interessato].
A questo proposito, il Garante nazionale sottolinea nella sua Raccomandazione alla Procura della Repubblica che le indicazioni della relazione dei servizi sociali del 5 novembre 2019, su cui si è basata l'estensione dei poteri dell'amministratore di sostegno, avrebbero dovuto invece essere prese in considerazione dal giudice tutelare e dallo stesso amministratore di sostegno ai fini dell'elaborazione di un "progetto di vita" finalizzato a fornire un adeguato sostegno a C. G. Tale obiettivo sarebbe stato certamente perseguito anche dal giudice tutelare. G. Tale obiettivo sarebbe stato certamente reso possibile dal ricorso a un servizio di assistenza domiciliare a contratto pubblico, in grado di garantire sia l'assistenza materiale quotidiana per l'igiene personale, sia una regolare valutazione medica e paramedica.
Infine, per quanto riguarda la prosecuzione del ricovero presentato come temporaneo, il Garante nazionale, pur tenendo conto della comprensibile necessità di tempo per la compilazione e il coordinamento della pratica, si stupisce, in questa Raccomandazione, del fatto che l'amministratore di sostegno abbia lasciato trascorrere più di cinque mesi e mezzo dal ricovero di C.G. in una casa di cura senza menzionare specificamente la prospettiva di un ritorno al [suo] domicilio.
Secondo il Garante nazionale, questo ritardo significa che è ormai troppo tardi per preparare un nuovo piano di accoglienza e di sostegno che risponda alle aspettative di C.G., con il coinvolgimento dei servizi sociali locali e delle reti locali. L'assenza di piani chiari per il rientro di C.G. nel suo ambiente domestico e per la gestione della sua vita quotidiana fa sì che, nonostante tutte le precauzioni prese, ci sia il rischio che il suo confinamento ingiustificato si protragga per lungo tempo, con una chiara violazione della sua libertà di autodeterminazione riguardo al suo corpo, alla sua residenza e, in ultima analisi, alla sua integrità fisica e mentale, costituendo una forma di restrizione della libertà che non ha alcun fondamento costituzionale.
È per questo motivo che il presente documento indirizzato al pubblico ministero si conclude con la raccomandazione a quest'ultimo di valutare l'opportunità di esercitare le proprie prerogative per chiedere al giudice tutelare una completa rivalutazione del contesto di vita di C.G. al fine di porre fine al suo ricovero in una casa di cura e, se necessario, [di ordinare] la rimozione o la sostituzione dell'amministratore di sostegno o, quanto meno, una modifica delle prescrizioni, limitazioni e soluzioni attualmente in vigore, visto che si sono rivelate inadeguate a tutelare pienamente il beneficiario e hanno, al contrario, [portato] all'alterazione della sua autonomia decisionale nell'esercizio di diritti fondamentali quali la scelta autonoma della residenza e la piena libertà di comunicare e stabilire relazioni sociali con altre persone
(...) ".
37. Con una decisione del 23 marzo 2021, il giudice tutelare ha respinto la domanda del primo ricorrente (si veda il paragrafo 35 sopra).
38. Il 3 maggio 2021 il Garante nazionale ha visitato la casa di cura in cui era ricoverato il secondo ricorrente. In quell'occasione, ha sottolineato che la sua collocazione era stata decisa contro la sua volontà e limitava fortemente la sua libertà personale, e ha chiesto alle autorità di adottare misure per ridurre il suo isolamento e garantire che fosse dimesso dalla casa di cura il prima possibile in modo da poter tornare a casa sua.
39. In una decisione del 21 maggio 2021, il giudice tutelare si è pronunciato sul ricorso che il primo ricorrente aveva presentato per ottenere informazioni sulle modalità di dimissione del secondo ricorrente.
Ha rilevato che la situazione clinica del secondo ricorrente non era stabile, che era ancora in corso un procedimento penale per abuso di debolezza a suo danno, che il suo immobile era ancora occupato e che si era opposto alle altre soluzioni abitative propostegli, aggiungendo che ora era ben integrato nella casa di cura, dove socializzava con gli altri residenti, e che aveva un telefono cellulare che gli permetteva di chiamare le persone che desiderava incontrare.
40. Il 18 ottobre 2021, il giudice tutelare ha ordinato una nuova visita psichiatrica per C. G. Nella sua relazione del 7 novembre 2021, il perito ha rilevato un miglioramento delle condizioni fisiche di C. G., che ha attribuito in parte alla fisioterapia. Ha notato che partecipava volentieri a tutte le attività offerte, anche se continuava a chiedere di andare a casa, e che dopo essere stato informato della copertura mediatica del suo collocamento in una casa di cura, aveva espresso il desiderio che la sua vita non fosse resa pubblica. Per quanto riguarda il quadro psicologico, il perito ha indicato che è stato rilevato un leggero peggioramento della situazione per quanto riguarda gli aspetti interpretativi e persecutori, che a suo avviso potrebbero essere stati in parte esacerbati dal collocamento in una casa di cura, che il ricorrente aveva percepito come coercitivo. Il perito ha raccomandato di affidargli piccoli compiti che lo motivino e lo gratifichino, in modo che si senta utile e importante all'interno della casa di cura, nonché di organizzare uscite in luoghi di suo interesse quando sussistono le condizioni necessarie e indispensabili. Concludeva che era auspicabile progettare un rientro graduale di C. G. al proprio domicilio con il supporto di un educatore e di uno psicologo, specificando che tale progetto doveva coinvolgere i servizi sociali, essere esteso nel tempo e accompagnato da un monitoraggio costante.
41. Il 18 dicembre 2021, il Garante nazionale ha visitato nuovamente la casa di riposo in cui viveva il secondo ricorrente. Ha notato che le misure di isolamento sociale a cui il secondo ricorrente era stato sottoposto per più di dodici mesi erano state ridotte e ha raccomandato di organizzare incontri sempre più frequenti per mantenere le sue relazioni sociali. Tuttavia, ha confermato l'esistenza di problemi legati all'inadeguata collocazione di C. G. in una casa di cura e ha raccomandato la messa in atto di un sistema adeguato alle sue esigenze specifiche.
42. Il 6 giugno 2022, il giudice per le indagini preliminari di Brescia ha respinto una denuncia contro il giudice tutelare per abuso di potere.
43. Il 12 febbraio 2023 il Garante nazionale si recò nuovamente presso la casa di cura in cui era ricoverato il secondo ricorrente.
44. Il 13 febbraio 2023 ha incontrato il sindaco del comune di A., il vicesindaco e il responsabile dei servizi sociali per discutere con loro della necessità di adottare una pianificazione efficace per garantire il necessario equilibrio tra il bisogno di protezione del ricorrente e le sue aspirazioni soggettive.
45. La Corte non è stata informata di alcuna azione intrapresa dalla Procura in risposta alla raccomandazione del Garante nazionale del 18 marzo 2021 (si veda il precedente paragrafo 35). È stata tuttavia informata che era stato avviato un procedimento penale per violazione di domicilio nei confronti di una terza persona sospettata di essere entrata nella casa di riposo e di avervi incontrato la seconda ricorrente senza l'autorizzazione dell'amministratore di sostegno. A seguito delle indagini, nel giugno 2023, questa persona è stata condannata a un anno e dieci mesi di reclusione.
IL QUADRO GIURIDICO E LA PRASSI PERTINENTI
IL REGIME GIURIDICO NAZIONALE
46. La legge n. 6 del 9 gennaio 2004, entrata in vigore il 19 marzo 2004, ha riformato le disposizioni del Codice civile relative alla protezione degli adulti modificando alcuni articoli relativi alla tutela e alla curatela e introducendo una nuova misura di protezione, l'"amministrazione di sostegno".
47. Ai sensi dell'articolo 1 della suddetta legge, questa misura riguarda le persone parzialmente o totalmente prive di autonomia e mira a fornire loro un sostegno nel compimento degli atti connessi alla vita quotidiana, limitando il meno possibile la loro capacità di farlo.
Il suo scopo è proteggere le persone la cui disabilità o menomazione fisica o mentale rende impossibile, anche solo parzialmente o temporaneamente, la cura dei propri interessi.
Viene disposta dal giudice tutelare su richiesta della persona da proteggere, di un familiare o del pubblico ministero, con l'obbligo da parte dei servizi sociali e sanitari di informare quest'ultimo se vengono a conoscenza di fatti che richiedono l'applicazione di una misura di protezione. Il giudice nomina un amministratore che ha il potere di sostituirsi alla persona protetta nell'esercizio di alcuni diritti e di assistere nell'attuazione di altri.
La persona protetta conserva la capacità di esercitare tutti gli atti diversi da quelli per i quali è stato nominato l'amministratore.
48. Le disposizioni del Codice Civile che disciplinano l'"administration de soutien" sono formulate come segue nei passaggi pertinenti al caso in questione
Articolo 404
"La persona che, per infermità o deficienza fisica o psichica, si trova nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi può essere assistita da un amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare del luogo in cui ha la residenza o il domicilio".
Articolo 405
"Il giudice tutelare, con provvedimento motivato e immediatamente esecutivo, nomina l'amministratore di sostegno entro sessanta giorni dalla data di presentazione del ricorso da parte di una delle persone di cui all'articolo 406.
(...)
Se necessario, il giudice adotta anche d'ufficio provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l'amministrazione dei suoi beni. Può nominare un amministratore di sostegno provvisorio, indicando gli atti che l'amministratore è autorizzato a compiere.
Il provvedimento di nomina dell'amministratore di sostegno deve contenere :
1) i recapiti del beneficiario [della misura] e quelli dell'amministratore di sostegno;
2) la durata dell'incarico, che può essere anche a tempo indeterminato;
3) l'oggetto del mandato e gli atti che l'amministratore di sostegno è autorizzato a compiere per conto del beneficiario;
4) gli atti che il beneficiario può compiere solo con l'assistenza dell'amministratore di sostegno;
5) i limiti, anche temporali, delle spese che l'amministratore di sostegno può sostenere utilizzando le somme di cui il beneficiario dispone o può disporre;
6) la frequenza con cui l'amministratore di sostegno deve riferire al tribunale sulle azioni intraprese e sulle condizioni di vita personale e sociale del beneficiario.
Se il mandato è conferito a tempo determinato, il giudice può prorogarlo con un provvedimento motivato, emesso anche d'ufficio, prima della scadenza del termine.
(...) ".
Articolo 406
"Il ricorso contro la nomina dell'amministratore di sostegno può essere presentato dallo stesso beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, o da una delle persone di cui all'articolo 417.
Se il ricorso riguarda una persona interdetta o inabilitata, deve essere presentato congiuntamente a un'istanza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione davanti al tribunale competente in materia.
I responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente coinvolti nella cura e nell'assistenza della persona, se sono a conoscenza di fatti che rendono opportuna l'apertura di un procedimento di amministrazione di sostegno, presentano il ricorso di cui all'articolo 407 al giudice tutelare o ne informano il pubblico ministero."
Articolo 409
"Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza o l'assistenza esclusiva dell'amministratore di sostegno.
Il beneficiario dell'amministrazione di sostegno può in ogni caso compiere gli atti necessari alle esigenze della sua vita quotidiana."
Articolo 410
"Nell'esercizio delle sue funzioni, l'amministratore di sostegno tiene conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario.
L'amministratore di sostegno informa senza indugio il beneficiario [dell'amministrazione di sostegno] degli atti da compiere e, in caso di disaccordo con il beneficiario, il giudice tutelare. In caso di disaccordo, di scelte o atti pregiudizievoli [compiuti], o di negligenza nella tutela degli interessi o nel soddisfacimento delle esigenze o delle richieste del beneficiario, il beneficiario, il pubblico ministero o qualsiasi altro soggetto di cui all'articolo 406 possono adire il giudice tutelare, che adotta i provvedimenti opportuni con ordinanza motivata.
(...) ".
Articolo 411
"Le disposizioni degli articoli da 349 a 353 e da 374 a 388, comma 2, si applicano, in quanto compatibili, all'amministratore di sostegno,
Le disposizioni degli articoli 596, 599 e 779 si applicano, in quanto compatibili, anche all'amministratore di sostegno,
(...)
Il giudice tutelare, nel provvedimento di nomina dell'amministratore di sostegno o successivamente, può decidere che alcuni degli effetti, delle limitazioni o delle decadenze previsti dalle disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato si applichino al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, tenendo conto dell'interesse di quest'ultimo e dell'interesse tutelato dalle suddette disposizioni. Il provvedimento [in questione] è [poi] adottato con decisione motivata a seguito di ricorso che può essere presentato anche direttamente dal beneficiario."
Articolo 374
"Senza l'autorizzazione del giudice tutelare, il tutore non può:
(...)
avviare un procedimento giudiziario, (...)".
49. La procedura iniziale per l'assistenza medica obbligatoria (Trattamento Sanitario Obbligatorio, "il TSO") è disciplinata dalla legge n. 833 del 1978, che nelle sue parti rilevanti nel caso di specie prevede quanto segue:
Articolo 33
"Le visite e le cure mediche sono generalmente [ricevute] su base volontaria; possono essere obbligatorie se espressamente previste dalla legge. In ogni caso, devono rispettare la dignità e i diritti della persona.
Le visite e i trattamenti medici obbligatori (TSO) devono essere disposti dal sindaco in qualità di autorità sanitaria, su richiesta motivata di un medico.
La visita e il trattamento sono effettuati nei servizi sanitari disponibili [e] se del caso, negli ospedali. (...) ".
Articolo 34
"(...) Le misure di cui sopra possono essere adottate nei confronti di persone affette da malattie mentali.
L'OST per infermità mentale può essere effettuata mediante ricovero in ospedale solo se i disturbi mentali esistenti richiedono un intervento terapeutico urgente, se l'interessato non si adegua volontariamente e se le circostanze non consentono di adottare rapidamente misure sanitarie adeguate diverse dal ricovero in ospedale.
La decisione del sindaco di ordinare un OST deve essere convalidata da un medico del servizio sanitario locale e deve essere giustificata alla luce delle condizioni sopra elencate. (...) "
Ai sensi dell'articolo 35 della legge, la decisione del sindaco deve essere notificata al giudice tutelare entro quarantotto ore. Entro quarantotto ore il giudice tutelare, dopo aver raccolto informazioni ed effettuato i necessari accertamenti, deciderà in modo motivato se il TSO debba essere convalidato o meno e ne informerà il sindaco. Se il giudice tutelare ritiene che il provvedimento di rinvio a giudizio non debba essere convalidato, il sindaco dispone la fine del ricovero.
Se il TSO deve durare più di sette giorni, il medico responsabile del reparto psichiatrico deve inviare in tempo utile un parere motivato al sindaco che ha inizialmente ordinato il TSO. Il sindaco informa quindi il giudice tutelare, indicando la probabile durata del trattamento.
DIRITTO E PRATICA INTERNAZIONALE
Le Nazioni Unite
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità
50. La Convenzione sui diritti delle persone con disabilità ("CRPD"), adottata il 13 dicembre 2006 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (United Nations Treaty Series, vol. 2515, p. 3) e firmata e ratificata dall'Italia rispettivamente il 30 marzo 2007 e il 15 maggio 2009, prevede quanto segue:
Articolo 12 - Riconoscimento della personalità giuridica
in condizioni di uguaglianza
" 1. Gli Stati Parti riaffermano che le persone con disabilità hanno il diritto di essere riconosciute ovunque come persone davanti alla legge.
2. Gli Stati Parti riconoscono che le persone con disabilità godono della capacità giuridica in tutte le materie su base di uguaglianza con gli altri.
3. Gli Stati Parti adottano misure appropriate per fornire alle persone con disabilità l'accesso al sostegno di cui possono avere bisogno per esercitare la loro capacità giuridica.
4. Gli Stati parti garantiscono che le misure relative all'esercizio della capacità giuridica siano accompagnate da garanzie adeguate ed efficaci per prevenire gli abusi, in conformità con il diritto internazionale dei diritti umani. Tali garanzie devono assicurare che le misure relative all'esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, i desideri e le preferenze della persona interessata, siano prive di conflitti di interesse e di influenze indebite, siano proporzionate e adeguate alle circostanze della persona interessata, siano applicate per il periodo di tempo più breve possibile e siano soggette a revisione periodica da parte di un organismo competente, indipendente e imparziale o di un organo giudiziario. Tali garanzie devono inoltre essere proporzionate alla misura in cui le misure volte a facilitare l'esercizio della capacità giuridica incidono sui diritti e sugli interessi della persona interessata.
(...) ".
Articolo 19 - Vita indipendente e inclusione nella società
"Gli Stati Parti della presente Convenzione riconoscono il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella comunità, con la stessa libertà di scelta degli altri, e adottano misure efficaci e appropriate per facilitare alle persone con disabilità il pieno godimento di questo diritto e la loro piena inclusione e partecipazione nella società, anche garantendo che:
(a) le persone con disabilità abbiano l'opportunità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il loro luogo di residenza e dove e con chi vivere, e non siano obbligate a vivere in un particolare ambiente;
(b) le persone con disabilità hanno accesso a una serie di servizi sociali domiciliari, residenziali e di supporto, compresa l'assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere e partecipare alla società e per prevenire l'isolamento e la segregazione;
c) i servizi e le strutture sociali destinati alla popolazione generale siano messi a disposizione delle persone con disabilità su base di uguaglianza con gli altri e siano adattati alle loro esigenze".
Il Comitato per i diritti delle persone con disabilità
51. Nell'aprile 2014, il Comitato sui diritti delle persone con disabilità ("CRPD") ha adottato il Commento generale n. 1 sull'articolo 12 della Convenzione, che riguarda l'uguale riconoscimento davanti alla legge. Le parti rilevanti riguardanti le persone internate contro la loro volontà recitano come segue:
Articolo 5
Uguaglianza e non discriminazione
" 28. Affinché la personalità giuridica sia riconosciuta, la capacità giuridica non deve essere negata in modo discriminatorio. L'articolo 5 della Convenzione garantisce l'uguaglianza di tutte le persone davanti e sotto la legge e il diritto a un'uguale protezione della legge. La discriminazione sulla base della disabilità è definita dall'articolo 2 della Convenzione come "qualsiasi distinzione, esclusione o restrizione effettuata sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l'effetto di compromettere o annullare il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali". La negazione della capacità giuridica che ha lo scopo o l'effetto di compromettere il diritto delle persone con disabilità a essere riconosciute come persone davanti alla legge su base di uguaglianza costituisce una violazione degli articoli 5 e 12 della Convenzione. Infatti, lo Stato ha il diritto di limitare la capacità giuridica di una persona in determinate circostanze, ad esempio in caso di bancarotta o condanna penale. Tuttavia, il diritto di essere riconosciuti come persone davanti alla legge in condizioni di uguaglianza e di non essere discriminati richiede che la negazione della capacità giuridica da parte dello Stato sia basata sugli stessi motivi per tutte le persone. Tale diniego non può essere basato su un attributo della personalità come il sesso, la razza o la disabilità, né avere lo scopo o l'effetto di trattare una persona in modo diverso da un'altra.
29. La non discriminazione nel riconoscimento della capacità giuridica ripristina l'autonomia e il rispetto della dignità umana dell'individuo, in conformità con i principi sanciti dall'articolo 3(a) della Convenzione. La libertà di fare le proprie scelte di solito presuppone la capacità giuridica. L'indipendenza e l'autonomia implicano il potere di far rispettare legalmente le proprie decisioni. La necessità di un sostegno o di un accomodamento ragionevole per prendere decisioni non deve essere invocata per mettere in discussione la capacità giuridica di una persona. Il rispetto per la differenza e l'accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell'umanità (art. 3 d)) sono incompatibili con la concessione della capacità giuridica sulla base dell'assimilazione.
30. La non discriminazione include il diritto a un accomodamento ragionevole nell'esercizio della capacità giuridica (art. 5, par. 3). L'articolo 2 della Convenzione definisce l'accomodamento ragionevole come "le modifiche e gli adattamenti necessari e appropriati che non impongano un onere sproporzionato o indebito, laddove necessario in un caso particolare, per garantire alle persone con disabilità il godimento o l'esercizio su base di uguaglianza con gli altri di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali". Il diritto a un accomodamento ragionevole nell'esercizio della capacità giuridica è distinto e complementare al diritto al sostegno nell'esercizio di tale capacità. Gli Stati sono tenuti ad apportare le modifiche e gli adattamenti necessari per consentire alle persone con disabilità di esercitare la propria capacità giuridica, a meno che ciò non imponga un onere sproporzionato o indebito (...)".
Articoli 14 e 25
Libertà e sicurezza della persona e consenso
"36 (...) La negazione della capacità giuridica alle persone con disabilità e la loro detenzione in istituti contro la loro volontà, senza il loro consenso o quello di una persona abilitata a sostituirle nelle decisioni che le riguardano, è un problema molto attuale. Questa pratica costituisce una privazione arbitraria della libertà e viola gli articoli 12 e 14 della Convenzione (...)
37. Il diritto al più alto livello di salute raggiungibile (art. 25) implica il diritto all'assistenza sanitaria sulla base di un consenso libero e informato. Gli Stati parti hanno l'obbligo di richiedere a tutti i medici e agli operatori sanitari (compresi gli psichiatri) di ottenere il consenso libero e informato delle persone con disabilità prima di trattarle.
(...) ".
52. Nel suo Commento generale n. 5, la CRPD ha formulato diverse raccomandazioni volte a garantire la piena attuazione dell'articolo 19 negli Stati parti. Ha raccomandato, tra l'altro, le seguenti misure:
"Abrogare tutte le leggi che impediscono alle persone con disabilità, a prescindere dalla loro disabilità o menomazione, di scegliere dove, con chi e come vivere, compreso l'esercizio del diritto a non essere internati sulla base di qualsiasi disabilità;
- adottare e applicare leggi, standard e altre misure per rendere le comunità locali e l'ambiente, così come l'informazione e la comunicazione, accessibili a tutte le persone con disabilità;
- garantire che i programmi di protezione rispondano alle esigenze delle persone con disabilità, in tutta la loro diversità e su base di uguaglianza con gli altri;
- includere il principio della progettazione universale, sia per gli spazi fisici che per quelli virtuali, nelle politiche, nelle leggi, negli standard e in altre disposizioni;
- informare le persone con disabilità del loro diritto a vivere in modo indipendente e a essere incluse nella società e offrire loro programmi di formazione sui loro diritti;
- adottare strategie chiare e mirate per la deistituzionalizzazione, con calendari precisi e budget adeguati, al fine di eliminare tutte le forme di isolamento;
- istituire programmi di sensibilizzazione che affrontino gli atteggiamenti negativi e gli stereotipi nei confronti delle persone con disabilità;
- elaborare politiche e legislazioni complete e stanziare risorse finanziarie per la costruzione di alloggi accessibili e a prezzi ragionevoli, per l'ambiente costruito, per gli spazi pubblici e per i trasporti, con un calendario appropriato per la loro attuazione, e prevedere sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate per le violazioni di queste politiche e legislazioni da parte delle autorità pubbliche o private;
- stanziare risorse per lo sviluppo di servizi di supporto adeguati e sufficienti incentrati sulla persona o guidati dall'utente e autogestiti per tutte le persone con disabilità, tra cui assistenza personale, guide, lettori, interpreti del linguaggio dei segni e altri interpreti professionali competenti.
53. Nel settembre 2015, la CRPD ha adottato delle linee guida sull'articolo 14 della Convenzione. Le loro parti rilevanti nel caso di specie, riguardanti le persone internate contro la loro volontà, recitano come segue:
" B. Diritto alla libertà e alla sicurezza delle persone con disabilità
3. Il Comitato ribadisce che il diritto alla libertà e alla sicurezza della persona è uno dei diritti più preziosi che spettano a tutti. Infatti, tutte le persone con disabilità, in particolare quelle con disabilità mentali o psicosociali, hanno diritto alla libertà ai sensi dell'articolo 14 della Convenzione.
4. L'articolo 14 è di per sé una disposizione di non discriminazione. Specifica la portata del diritto alla libertà e alla sicurezza della persona in relazione alle persone con disabilità e proibisce ogni forma di discriminazione basata sulla disabilità nell'esercizio di tale diritto.
(...)
C. Divieto assoluto di detenzione per motivi di disabilità
6. Esistono ancora pratiche negli Stati parti che consentono la privazione della libertà sulla base della disabilità reale o percepita. (...) Il Comitato ha stabilito che l'articolo 14 non prevede alcuna eccezione che permetta alle persone di essere private della libertà sulla base di una disabilità reale o percepita. Eppure la legislazione di diversi Stati parte, compresa quella sulla salute mentale, continua a prevedere una serie di casi in cui gli individui possono essere istituzionalizzati sulla base di una disabilità reale o percepita, a condizione che vi siano altri motivi per il loro collocamento, tra cui il fatto che rappresentino un pericolo per se stessi o per gli altri. Questa pratica non è compatibile con l'articolo 14; è di natura discriminatoria e costituisce una privazione arbitraria della libertà.
(...)
D. Collocamento forzato o involontario in istituti psichiatrici
10. L'internamento forzato di persone con disabilità per motivi sanitari è incompatibile con il divieto assoluto di privazione della libertà per motivi di disabilità (art. 14, par. 1 (b)) e con il principio del consenso libero e informato della persona interessata alle cure sanitarie (art. 25). Il Comitato ha ripetutamente sottolineato la necessità che gli Stati parti aboliscano le disposizioni che prevedono il collocamento di persone con disabilità in istituti psichiatrici senza il loro consenso, sulla base di una disabilità reale o percepita. L'internamento non consensuale priva la persona della sua capacità giuridica di decidere se sottoporsi o meno a cure e trattamenti, se essere ricoverata o collocata in un istituto, e costituisce pertanto una violazione dell'articolo 12, letto in combinato disposto con l'articolo 14.
(...)
G. Privazione della libertà sulla base del fatto che la persona disabile rappresenterebbe un pericolo, avrebbe bisogno di cure o trattamenti o per qualsiasi altra ragione
13. In tutte le sue revisioni dei rapporti degli Stati parti, il Comitato ha riscontrato che la detenzione di persone con disabilità sulla base del fatto che esse rappresenterebbero un pericolo per se stesse o per gli altri è contraria all'articolo 14. La detenzione forzata di persone con disabilità sulla base del fatto che rappresenterebbero un rischio o un pericolo, che avrebbero bisogno di cure o trattamenti, o per qualsiasi altro motivo legato alla loro menomazione o diagnosi, compresa la gravità della loro menomazione, o a scopo di osservazione, è contraria al diritto alla libertà e costituisce una privazione arbitraria della libertà.
14. Le persone con disturbi intellettivi o psicosociali sono spesso considerate un pericolo per se stesse e per gli altri quando non acconsentono o si oppongono a trattamenti medici o terapeutici. Tutti, comprese le persone con disabilità, hanno l'obbligo di non causare danni e i sistemi giuridici basati sullo stato di diritto contengono leggi penali e di altro tipo per affrontare le violazioni di questo obbligo. Spesso queste leggi non tutelano le persone con disabilità su base paritaria, in quanto si basano su una serie di leggi separate, tra cui quelle sulla salute mentale. Queste leggi e procedure in genere stabiliscono standard inferiori per la protezione dei diritti umani, in particolare il diritto a un giusto processo e a un processo equo, e non sono conformi all'articolo 13 della Convenzione, letto in combinato disposto con l'articolo 14.
15. La libertà di fare le proprie scelte, sancita come principio dall'articolo 3(a) della Convenzione, include la libertà di correre rischi e commettere errori su un piano di parità con gli altri. Nel suo Commento generale n. 1, il Comitato ha affermato che le decisioni relative alle cure mediche e psichiatriche devono essere basate sul consenso libero e informato della persona interessata e rispettare la sua autonomia, i suoi desideri e le sue preferenze. Il ricovero in un istituto psichiatrico sulla base della disabilità reale o presunta o delle condizioni di salute delle persone interessate priva le persone con disabilità della loro capacità giuridica e costituisce una violazione dell'articolo 12 della Convenzione.
(...) "
54. Il 6 marzo 2015 la CRPD ha esaminato il rapporto presentato dall'Italia ai sensi dell'articolo 35 della Convenzione. Le parti rilevanti del rapporto recitano come segue:
Articolo 12
Riconoscimento come persona davanti alla legge in condizioni di uguale
uguaglianza
" 31. Il quadro costituzionale italiano mira a prevenire qualsiasi tipo di discriminazione basata sulla disabilità davanti alla legge. A tutti i cittadini è garantita la parità di trattamento davanti alla legge. Allo stesso tempo, concetti giuridici come l'interdizione e l'inabilitazione sono rilevanti solo se la persona interessata è parzialmente o totalmente sana di mente. Nel primo caso, il tribunale deve nominare un rappresentante legale, cioè un tutore. Nel secondo caso, la persona incapace ha il diritto, previa dichiarazione del tribunale, di svolgere tutte le attività ordinarie della vita quotidiana in completa autonomia, ma deve essere accompagnata da un tutore nell'esercizio di qualsiasi attività straordinaria.
32. La professione di tutore giudiziario, che consiste nell'accompagnare persone la cui capacità di agire è limitata o gravemente compromessa, è stata regolamentata nel 2004 (legge 6 del 2004) in seguito ad alcuni casi specifici della giurisprudenza civile e all'adozione di un nuovo approccio giuridico. Lo scopo ultimo della regolamentazione di questa professione è quello di proteggere le persone che hanno perso totalmente o parzialmente la capacità di svolgere le attività quotidiane da sole, fornendo loro un'assistenza temporanea o permanente che limiti il meno possibile la loro capacità di agire in modo indipendente. Il tutore giudiziario è un volontario che ha la responsabilità di curare gli interessi e la qualità della vita della persona che gli è stata affidata e che non può essere coinvolto in un conflitto di interessi come, ad esempio, un operatore sanitario dipendente della stessa persona. I compiti del tutore giudiziario sono definiti nell'atto di nomina emesso dal giudice tutelare, che indica gli atti specifici che il tutore è tenuto a compiere per conto del beneficiario e quelli che può compiere nell'ambito dell'assistenza fornita. Il giudice tutelare deve proteggere la persona interessata, rispondere alle sue esigenze e rispettare le sue richieste nella misura in cui queste non compromettono la sua protezione. La persona sottoposta a questa misura di tutela mantiene la propria autonomia d'azione per quanto riguarda le attività volte a soddisfare i suoi bisogni quotidiani o che può svolgere senza essere assistita. È importante notare che il tutore nominato dal tribunale ha un orario di lavoro flessibile e può essere licenziato.
Articolo 14
Libertà e sicurezza della persona
" 38. Nell'ordinamento giuridico nazionale, la libertà personale è riconosciuta come un diritto inviolabile e costituzionalmente garantito. Il diritto alla libertà e alla sicurezza della persona, tutelato dall'articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione, è sancito dall'articolo 13 della Costituzione e dalle disposizioni del Codice penale e del Codice di procedura civile, che contengono garanzie contro la privazione irragionevole della libertà. L'articolo 14, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione è rispecchiato non solo dall'articolo 13 della Costituzione, ma anche dall'articolo 32 della Costituzione, che fa una riserva sulle cure mediche. Il ricovero delle persone disabili nelle strutture sanitarie deve avvenire nel rispetto delle garanzie procedurali previste dalla legge. Nel quadro giuridico italiano, il principio generale della riserva di legge è molto ampio e può quindi essere applicato a una gamma molto ampia di casi e ipotesi di privazione della libertà personale.
39. Per quanto riguarda l'articolo 14(2) relativo alla detenzione delle persone con disabilità e alla garanzia di collocamento in strutture carcerarie idonee, va sottolineato che l'Italia non ha una legislazione specifica sulla detenzione delle persone con disabilità. La legge n. 354 del 1975 contiene alcuni riferimenti normativi che tutelano indirettamente le persone con disabilità negli istituti di pena. In particolare, l'articolo 47 ter, comma 3, che riguarda gli arresti domiciliari, prevede che qualsiasi pena detentiva inferiore a quattro anni, sia essa parte o meno di una pena di durata superiore, così come qualsiasi collocazione in custodia cautelare, possa essere scontata a casa, in un'altra abitazione privata o in una struttura sanitaria pubblica se l'interessato si trova in condizioni di salute molto precarie e deve essere in costante contatto con i servizi sanitari locali. Misure alternative di detenzione possono essere applicate quando l'imputato è affetto da AIDS o soffre di gravi immunodeficienze (art. 47 quater). Inoltre, l'articolo 11 della legge n. 354 del 1975 stabilisce che ogni carcere deve disporre di un servizio medico e di una farmacia in grado di soddisfare le esigenze sanitarie dei detenuti, siano esse preventive o meno.
40. L'articolo 1 della legge n. 180 del 1978 stabilisce che nessuno può essere obbligato a sottoporsi a trattamenti medici o a visite mediche, a meno che la legge n. 833 del 1978 (artt. 34 e 35) non disponga diversamente. Per garantire la legalità del trattamento obbligatorio, la legge stabilisce che esso deve rispettare la dignità della persona, i diritti civili e politici tutelati dalla Costituzione ed essere fornito dai servizi sanitari locali. Nei casi che richiedono un ricovero ospedaliero, il trattamento deve essere effettuato in ospedali pubblici o convenzionati. Inoltre, i pazienti devono partecipare al processo decisionale ed essere messi in condizioni di esprimere il proprio consenso alle cure. Inoltre, l'assistenza sanitaria obbligatoria per i malati di mente non può superare i sette giorni. Se è necessario prolungare questo periodo, il direttore dell'ospedale psichiatrico interessato deve inviare una comunicazione motivata al sindaco e al giudice tutelare.
41. La legge n. 104 del 1992 prevede che i ministeri interessati (Ministero della Giustizia, dell'Interno e della Difesa) disciplinino, nell'ambito delle rispettive competenze, le modalità di protezione delle persone disabili nei locali protetti, durante i procedimenti penali, nelle carceri di custodia cautelare e negli altri istituti di pena, tenendo conto delle esigenze terapeutiche e di comunicazione delle persone interessate. Misure specifiche per i detenuti disabili fisici o mentali sono stabilite dal DPR n. 230 del 2000. In particolare, l'articolo 20 prevede l'attuazione di misure per aumentare la partecipazione dei detenuti con disturbi mentali lievi o gravi a tutte le attività, comprese quelle che consentono loro, per quanto possibile, di mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni con la famiglia e l'ambiente sociale. Ai fini del reinserimento sociale, i detenuti affetti da disturbi mentali lievi o gravi che, su parere del personale sanitario, sono in grado di svolgere un lavoro produttivo o di rendere servizi utili, sono autorizzati a lavorare e a esercitare i diritti connessi all'esercizio di un'attività. Coloro che non sono ancora in grado di svolgere i suddetti compiti ricevono un'indennità e possono essere tenuti a frequentare sedute di terapia occupazionale.
42. Il decreto del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008 centralizza le decisioni relative alla tutela della salute delle persone condannate. L'allegato C di questo decreto contiene le direttive dei Ministeri della Salute e della Giustizia relative agli interventi negli ospedali psichiatrici (OPG) e nelle istituzioni sanitarie. Queste direttive forniscono informazioni specifiche sulle terapie e sulle misure di riabilitazione, nonché raccomandazioni per l'azione del Servizio Sanitario Nazionale nell'ambito della tutela della salute dei condannati, dei detenuti e dei minori durante il procedimento penale. Lo stesso documento definisce anche il processo di superamento del modello di ospedale psichiatrico, che dovrà essere completato entro il 1° febbraio 2013 ai sensi dell'art. 3 ter della legge n. 9 del 2012. Dal 3 marzo 2013, le misure di sicurezza relative all'internamento in ospedale psichiatrico e al collocamento in strutture assistenziali possono essere attuate solo in strutture sanitarie autorizzate. Le persone che non rappresentano più un pericolo per la società devono essere rilasciate e curate dalle unità psichiatriche locali.
43. Va sottolineato che non è stato ancora definito un quadro normativo specifico per i detenuti con disabilità, anche se esistono standard regionali in materia. Sarebbe quindi auspicabile un'iniziativa legislativa relativa alla legge n. 354 del 1975 per garantire, attraverso un accomodamento ragionevole in conformità con l'articolo 14 della Convenzione, la protezione delle persone condannate con varie disabilità."
Il 14 giugno 2016, il governo italiano ha presentato le sue osservazioni in risposta al rapporto iniziale della CRPD. I passaggi rilevanti relativi agli articoli 12 e 14 recitano come segue:
"Uguale riconoscimento davanti alla legge (art. 12)
Risposta alle questioni sollevate nel paragrafo 11 dell'elenco delle questioni
21. Come dettagliato nel paragrafo 30 del Rapporto nazionale italiano, l'ordinamento giuridico italiano non ammette discriminazioni sulla base della disabilità per quanto riguarda la capacità giuridica.
22. La legge del 2004 sul cosiddetto "amministratore di sostegno" ha introdotto un meccanismo per sostenere le libere decisioni delle persone con disabilità, aiutandole a svolgere le attività quotidiane senza sostituirsi alla loro volontà, secondo un decreto adottato da un giudice. Pertanto questo meccanismo appartiene alla categoria dei meccanismi legali di sostegno all'espressione della libera volontà e della capacità giuridica della persona con disabilità. Il beneficiario della misura mantiene in ogni caso la propria sfera di capacità per quanto riguarda le esigenze della sua vita quotidiana e quelle per le quali la sua capacità non ha subito limitazioni. La misura è flessibile nel tempo e soggetta a revisione che può portare alla sua revoca.
23. Nel 2016 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha avviato un progetto nazionale che coinvolge diverse Regioni sulla figura dell'"amministratore di sostegno" al fine di favorire le attività di formazione e di introdurre la raccolta dati a livello nazionale.
Libertà e sicurezza della persona (art. 14)
Risposta alle questioni sollevate nel paragrafo 14 dell'elenco delle questioni
26. La legislazione italiana non consente la detenzione di una persona solo a causa della sua disabilità. Le misure di sicurezza restrittive sono previste solo per le persone socialmente pericolose (artt. 199 e ss. C.p.p.) che hanno commesso un reato.
(...)
29. La legislazione italiana prevede che nessuno possa essere sottoposto a visite mediche o ricoveri contro la sua volontà. Il trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.) in caso di malattia mentale può avvenire in ospedale solo se: a) vi sono alterazioni psichiche che richiedono un trattamento terapeutico urgente; b) il paziente non vuole sottoporsi volontariamente al trattamento; c) non è possibile adottare tempestivamente misure straordinarie adeguate senza ricorrere al ricovero (si veda la Legge 833/1978, artt. 33, 34 e 35 per i dettagli della procedura richiesta per l'applicazione del trattamento sanitario obbligatorio e Circolare del Ministero dell'Interno n. 3/2001 - Trattamento sanitario obbligatorio per le persone affette da malattie mentali)".
55. Il 6 ottobre 2016, la CRPD ha pubblicato le sue osservazioni conclusive sul rapporto iniziale riguardante l'Italia:
"Il Comitato ha esaminato il rapporto iniziale dell'Italia (CRPD/C/ITA/1) nelle sue 283° e 284° riunioni (cfr. CRPD/C/SR.283 e 284), tenutesi il 24 e 25 agosto 2016. Ha adottato le seguenti osservazioni conclusive nella sua 294a riunione, il 1° settembre 2016.
2. Il Comitato accoglie con favore il rapporto iniziale dell'Italia, preparato in conformità alle linee guida del Comitato per la stesura dei rapporti, e ringrazia lo Stato parte per le sue risposte scritte (CRPD/C/ITA/Q/1/Add.1) alla lista di questioni (CRPD/C/ITA/Q/1).
Il Comitato accoglie con favore il dialogo costruttivo avuto con la delegazione dello Stato parte e prende atto con soddisfazione dei chiarimenti forniti in risposta alle domande poste oralmente dal Comitato.
(...)
III. Principali questioni di preoccupazione e raccomandazioni
(...)
Uguaglianza davanti alla legge (art. 12)
27. Il Comitato è preoccupato per il fatto che il processo decisionale sostitutivo continui a essere praticato nell'ambito del meccanismo dell'amministrazione di sostegno.
28. Il Comitato raccomanda allo Stato parte di abrogare tutte le leggi che autorizzano il processo decisionale sostitutivo da parte dei tutori legali, anche nell'ambito del meccanismo dell'amministrazione di sostegno, e di adottare e attuare disposizioni per l'assistenza al processo decisionale, anche attraverso la formazione di professionisti nei settori della giustizia, della sanità e dei servizi sociali.
Libertà e sicurezza della persona (art. 14)
33. Il Comitato è preoccupato per le misure restrittive applicabili alle persone "socialmente pericolose", comprese quelle considerate un pericolo per se stesse o per gli altri.
34. Il Comitato raccomanda allo Stato parte di riformare la legislazione e le politiche per proibire la detenzione, compreso il ricovero ospedaliero e/o il trattamento senza consenso, sulla base della disabilità, come indicato sopra, in modo da allinearle alla dichiarazione del Comitato sull'articolo 14.
35. Il Comitato rileva con preoccupazione che, in base alle leggi penali dello Stato parte, le persone con disabilità intellettuali o psicosociali possono essere dichiarate incapaci di difendersi, in spregio alle garanzie di un processo equo. Il Comitato è anche preoccupato per il fatto che le persone con disabilità dichiarate incapaci di difendersi possono essere sottoposte a misure di sicurezza, compresa la privazione indefinita della libertà.
36. Il Comitato raccomanda allo Stato parte di abrogare le leggi penali che consentono alle persone con disabilità intellettuali o psicosociali di essere dichiarate non idonee a difendersi, al fine di consentire la piena attuazione delle garanzie del giusto processo. Raccomanda inoltre allo Stato parte di garantire che una persona non possa essere privata della libertà a tempo indeterminato in virtù di una misura di sicurezza senza che sia stata dimostrata la sua colpevolezza.
37. Il Comitato è preoccupato per la disparità di trattamento dei detenuti disabili rispetto agli altri detenuti.
38. Il Comitato raccomanda che lo Stato parte garantisca che siano forniti alloggi ragionevoli ai detenuti con disabilità, al fine di assicurare la loro pari partecipazione e accesso a tutti i servizi e le attività nelle carceri o in altre strutture di detenzione.
Vita indipendente e inclusione nella società (art. 19)
47. Il Comitato è profondamente preoccupato per la tendenza a collocare le persone con disabilità in istituti e per il fatto che i fondi stanziati a questo scopo non vengono invece utilizzati per promuovere e garantire una vita indipendente di tutte queste persone nelle loro comunità. Rileva inoltre con preoccupazione le implicazioni di genere delle politiche esistenti che "costringono" le donne a rimanere a casa per prendersi cura dei familiari disabili invece di essere impiegate nel mercato del lavoro.
48. Il Comitato raccomanda allo Stato parte di implementare le garanzie del diritto a una vita indipendente in tutte le regioni, di riallocare le risorse dall'assistenza istituzionale ai servizi basati sulla comunità e di aumentare il sostegno di bilancio per garantire che le persone con disabilità godano di una vita indipendente e di un accesso paritario ai servizi, compresi i servizi alla persona, in tutto il Paese.
Il Consiglio d'Europa
La Carta sociale europea
56. La Carta sociale europea riveduta (STE n. 163), aperta alla firma il 3 maggio 1996 e ratificata dall'Italia il 5 luglio 1999, stabilisce in particolare quanto segue:
Articolo 15 - Diritto delle persone con disabilità all'indipendenza,
all'autonomia, all'integrazione sociale e alla partecipazione alla vita della comunità
"Al fine di garantire alle persone con disabilità, indipendentemente dalla loro età o dalla natura e dall'origine della loro disabilità, l'effettivo esercizio del diritto all'indipendenza, all'integrazione sociale e alla partecipazione alla vita della comunità, le Parti si impegnano in particolare a:
(...)
3. a promuovere la loro piena integrazione e partecipazione alla vita sociale, in particolare attraverso misure, compresi gli ausili tecnici, volte a superare gli ostacoli alla comunicazione e alla mobilità e a consentire loro l'accesso ai trasporti, agli alloggi, alle attività culturali e al tempo libero."
57. In una decisione resa pubblica il 17 aprile 2023, il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa (ECSR) ha riscontrato che la Francia ha violato la Carta sociale europea, in particolare non avendo adottato misure efficaci per garantire l'accessibilità degli edifici, delle strutture e dei trasporti pubblici, nonché dei trasporti pubblici, entro un periodo di tempo ragionevole, strutture e trasporti pubblici, nonché l'accesso ai servizi di assistenza sociale e all'assistenza finanziaria, e non avendo sviluppato una politica coordinata per l'integrazione sociale e la partecipazione alla vita della comunità delle persone con disabilità (articolo 15, paragrafo 3). In particolare, il Comitato ha ritenuto che l'articolo 15, paragrafo 3, della Carta fosse stato violato a causa dell'assenza di misure efficaci per porre rimedio, entro un termine ragionevole, ai problemi di lunga data derivanti alle persone in questione da un accesso inadeguato ai servizi di assistenza sociale. Le parti rilevanti della decisione recitano come segue:
"Servizi sociali di accompagnamento
L'articolo 15, paragrafo 3, prevede che i servizi di assistenza sociale e di sostegno esistano e siano disponibili per ogni persona con disabilità, nella misura in cui sono necessari per promuovere una vita indipendente e l'inclusione nella comunità e per prevenire l'isolamento o la segregazione dalla comunità.
La piena integrazione sociale e la partecipazione alla vita della comunità, secondo l'articolo 15, paragrafo 3, si riferiscono all'autonomia personale, alla libertà di fare scelte sulla propria vita e al controllo sulla propria vita e sulle proprie decisioni. Per molte persone con disabilità, l'accesso a una serie di servizi di sostegno individualizzati è un prerequisito per l'integrazione e la partecipazione alla vita della comunità. Inoltre, l'inclusione delle persone con disabilità in una comunità come "cittadini comuni" con pari diritti rispetto agli altri, e la garanzia che esse abbiano pari possibilità di scelta nel determinare dove e con chi vivere, in un contesto comunitario, porta a una forte presunzione che qualsiasi pratica (intenzionale o non intenzionale) che comporti o risulti nell'isolamento delle persone con disabilità non sia coerente con questo diritto. Secondo il Comitato, in base all'articolo 15, paragrafo 3, gli Stati hanno quindi l'obbligo di fornire servizi di supporto per garantire la piena integrazione e partecipazione delle persone con disabilità alla vita della comunità.
(...)
Il Comitato prende atto in particolare delle affermazioni delle organizzazioni denuncianti secondo cui, a causa della mancanza di sufficienti servizi di sostegno e dell'inadeguatezza di quelli esistenti, molte persone con disabilità sono state private del loro diritto a essere integrate nella comunità e collocate in istituti quando avrebbero potuto trarre beneficio dal rimanere nel loro ambiente normale se avessero ricevuto il sostegno sociale necessario. Il documento rileva inoltre le partenze "involontarie" di persone con disabilità verso istituti e strutture in Belgio a causa della capacità insufficiente delle strutture medico-sociali in Francia.
(...)
Il Comitato ha ribadito in diverse occasioni che quando un diritto è eccezionalmente complesso o particolarmente costoso da risolvere - come nel caso dell'articolo 15, paragrafo 3 - gli Stati parti sono tenuti a prendere tutte le misure possibili e misurabili per realizzare i diritti protetti dalla Carta, utilizzando il massimo delle loro risorse disponibili con scadenze e parametri chiari. Inoltre, ribadisce i tre criteri: (i) tempi ragionevoli, (ii) progressi misurabili e (iii) finanziamenti coerenti con il massimo utilizzo delle risorse disponibili che le misure per raggiungere gli obiettivi della Carta devono soddisfare, laddove la soluzione sia eccezionalmente complessa e particolarmente costosa (Autisme-Europe v. Francia, Reclamo n. 13/2002, op. cit. par. 53 e AEH c. Francia, Reclamo n. 81/2012, op. cit. par. 79). Alla luce delle numerose misure adottate dal governo francese in un lungo periodo di tempo, è il primo criterio a rivestire una particolare importanza nella valutazione della conformità della Francia all'articolo 15 § 3. Il Comitato osserva che la "Cretese" è una misura che non è stata adottata.
Il Comitato osserva che l'emendamento "Creton" del 13 gennaio 1989 (che modifica la legge del 1975 sull'orientamento delle persone con disabilità) consente ai giovani adulti di rimanere nelle strutture e nei servizi per bambini con disabilità in attesa di trovare un posto nelle strutture per adulti (si veda il precedente paragrafo 65). Tuttavia, come sottolinea il Difensore dei diritti nelle sue osservazioni, nonostante i numerosi piani per la creazione di alloggi in strutture per adulti e per l'incentivazione di servizi di supporto, previsti da diversi decenni (ad esempio, il piano d'azione per la creazione di nuovi posti in strutture per adulti previsto dalla legge n. 97-1164 del 19 dicembre 1997), un numero significativo di giovani adulti è ancora ospitato in strutture per minori, per mancanza di un'alternativa. Il Comitato osserva che tra il 2010 e il 2016 (cioè tra i 20 e i 26 anni dopo l'adozione dell'emendamento Cretone), il numero di giovani adulti accolti nei servizi per minori per mancanza di un'alternativa non è cambiato (6.000).
Alla luce di questi fattori, il Comitato conclude che le misure adottate o previste per risolvere il problema dei giovani adulti accolti nei servizi per l'infanzia a causa della mancanza di servizi disponibili non possono essere considerate conformi al criterio del "tempo ragionevole"".
(...) "
Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti disumani o degradanti
58. Il 24 marzo 2023, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) ha pubblicato il rapporto sulla sua visita periodica in Italia nel marzo e aprile 2022.
59. Per quanto riguarda le case di cura, il CPT osserva che, in considerazione delle restrizioni associate a Covid-19 (in particolare, la privazione dell'accesso all'aria aperta e la riduzione delle visite dei familiari e delle attività di riabilitazione e di svago) e dell'assenza di alternative valide nella società, i residenti delle due case di cura (Residenze Sanitarie Assistenziali) che ha visitato potrebbero essere considerati di fatto privati della loro libertà. In particolare, rileva che le suddette restrizioni, applicate ininterrottamente dal febbraio 2020 nelle due case di cura visitate, hanno avuto un effetto sempre più dannoso sulla salute mentale e somatica dei residenti. Secondo il CPT, le autorità italiane dovrebbero adottare misure urgenti per ridurre queste restrizioni, in particolare aumentando l'accesso alla fisioterapia e alle attività di riabilitazione, e per garantire in futuro un'interpretazione meno restrittiva delle norme applicabili, basata su dati scientifici chiari e su un contesto epidemiologico preciso. Le sezioni pertinenti del rapporto recitano come segue:
"Istituti di assistenza sociale
Il CPT ritiene che, alla luce dell'elevato livello di segregazione dovuto alle restrizioni prolungate e indefinite legate alla Covid-19 e alla mancanza di alternative valide nella comunità, i residenti delle due RSA visitate possano essere considerati di fatto privati della libertà.
Il rapporto fornisce una descrizione accurata del contesto in relazione all'applicazione delle misure protettive e preventive applicate nei confronti dei residenti delle RSA nell'ambito della lotta contro la pandemia di Covid-19. In particolare, le restrizioni in vigore presso le RSA sono state applicate in modo da evitare che i residenti fossero privati della libertà. In particolare, le restrizioni in vigore nelle due RSA visitate dal febbraio 2020 (in particolare in termini di assenza di accesso all'aria aperta, riduzione delle attività riabilitative e ricreative e delle visite ai familiari) hanno avuto effetti graduali e deleteri sullo stato di salute mentale e somatica dei residenti, in particolare nella RSA Pio Albergo Trivulzio. Le autorità italiane dovrebbero adottare misure urgenti per ridurre le restrizioni in vigore e garantire un'interpretazione meno restrittiva delle norme applicabili in futuro, alla luce di chiare evidenze scientifiche e di particolari circostanze epidemiologiche.
Le unità abitative di entrambe le RSA erano in linea di massima in buono stato di manutenzione, adeguatamente attrezzate, spaziose, ben ventilate e il livello di igiene era impeccabile. Il CPT ha riscontrato alcune carenze presso l'Istituto Palazzolo, che consistono in un design complessivo di tipo ospedaliero, in un rapporto insufficiente di servizi igienici per residente e in stanze comuni impersonalizzate e poco decorate.
Il personale assegnato alle unità abitative delle RSA visitate era in linea con i criteri previsti dalla normativa regionale. Ciò detto, si raccomanda un rafforzamento della componente infermieristica e OSS presso l'Istituto Palazzolo, al fine di assistere meglio i residenti durante l'alimentazione e per la supervisione dell'igiene personale. Inoltre, il ricorso a personale esterno dovrebbe essere limitato per ridurre il frequente turnover del personale.
Il CPT ha ricavato un'ottima impressione del livello di assistenza sanitaria fornita ai residenti in entrambe le RSA. Ciò detto, il livello degli interventi fisioterapici dovrebbe essere aumentato.
Per quanto riguarda il ricorso a mezzi di contenzione nei confronti dei residenti delle RSA (ossia sponde del letto, cinture pelviche e vassoi per la mobilità), il rapporto indica che non vi è stato un ricorso eccessivo e sproporzionato al loro uso e raccomanda che questa pratica specifica sia regolamentata a livello nazionale in modo uniforme a causa della sua potenziale natura intrusiva e abusiva.
Il rapporto raccomanda inoltre che i giudici tutelari dei tribunali territoriali competenti visitino regolarmente i residenti in RSA sottoposti a una misura di amministrazione di sostegno. Il Comitato apprezza inoltre gli sforzi compiuti dalle autorità italiane per assistere le persone anziane con limitata autonomia nella formulazione di un progetto di vita individuale che includa alternative valide al collocamento in una struttura residenziale.
D. Case di cura sociali
3. Risposta e restrizioni di Covid-19
244. Il CPT raccomanda che le autorità italiane prendano misure urgenti per ridurre le restrizioni in atto sulle modalità di visita, sull'accesso all'aria aperta, sulle attività terapeutiche e comunitarie in tutte le RSA a livello nazionale, e con particolare riferimento alla Regione Lombardia. In particolare, il Ministero della Salute, nell'ambito dell'applicazione della Circolare n. 0012458 del 10 giugno 2022, dovrebbe prestare particolare attenzione affinché la clausola eccezionale che consente ai Direttori delle RSA di adottare misure più severe in particolari circostanze epidemiologiche non venga interpretata e applicata in modo da introdurre restrizioni di natura indefinita e sproporzionata.
Inoltre, il CPT raccomanda che le autorità regionali lombarde assicurino una rapida ripresa dell'uso e del funzionamento delle palestre fisioterapiche comuni di entrambe le RSA Pio Albergo Trivulzio e Istituto Palazzolo, consentendo l'accesso alla popolazione residente in condizioni di sicurezza e permettendo interventi fisioterapici più complessi.
(...)
8. Le misure di sicurezza
268. L'inserimento in una RSA è volontario e si basa sulla stipula di un contratto standard di diritto privato tra il residente (o il suo amministratore di sostegno) e la direzione della RSA in questione. La procedura consiste in una richiesta di inserimento indirizzata alla RSA e nell'idoneità della persona in quanto residente nel Comune di Milano o nell'area di competenza della rispettiva Agenzia di Tutela della Salute (ATS). La maggior parte dei residenti ha presentato la richiesta dopo il ricovero in una struttura subacuta, in un reparto di riabilitazione, in un SPDC o direttamente dal proprio domicilio.
269. Al momento della visita, alcuni residenti di entrambe le RSA visitate erano sotto la responsabilità di un amministratore di sostegno. L'analisi di diversi decreti di nomina degli amministratori di sostegno da parte del giudice tutelare ha indicato che, in linea di massima, l'amministratore di sostegno era un membro della famiglia del residente, un avvocato o un delegato del sindaco del comune di residenza. Gli amministratori di sostegno sono stati nominati in conformità alle disposizioni pertinenti della Legge n. 6/2004, in un'udienza pubblica, alla presenza del beneficiario. Tutte le decisioni erano motivate, gli amministratori di sostegno avevano l'obbligo di riferire al giudice tutelare e la loro nomina era a tempo indeterminato, ma soggetta a una revisione periodica del tribunale una volta all'anno.
Inoltre, dai decreti esaminati dal CPT è emerso che i giudici tutelari avevano delegato gli amministratori di sostegno a decidere su questioni relative alla cura e agli interventi terapeutici delle persone assistite. Il CPT ha potuto accertare che i giudici tutelari avevano contatti e rapporti fluidi con la direzione delle RSA visitate e con gli amministratori di sostegno (principalmente in videoconferenza). Detto questo, non hanno effettuato visite regolari alle RSA per incontrare di persona i residenti, a causa del sovraccarico di lavoro e delle restrizioni legate alla pandemia.
Il CPT suggerisce che i giudici tutelari del tribunale territoriale competente effettuino visite regolari ai residenti delle RSA per i quali sono stati nominati amministratori di sostegno.
270. Per quanto riguarda il consenso alle cure, i fascicoli dei residenti in entrambe le RSA contenevano moduli standard di consenso informato (redatti in linea con la normativa regionale) che riguardavano gli interventi terapeutici erogati nell'ambito dell'inserimento in RSA, come previsto dal relativo accreditamento. Inoltre, in relazione agli interventi diagnostici e terapeutici più complessi (come esami diagnostici specifici, test per malattie infettive, ecc.) e a quelli con maggiori implicazioni etiche, venivano firmati moduli di consenso informato ad hoc, debitamente registrati nelle cartelle personali, e il personale sanitario si impegnava a spiegare la natura e il motivo degli interventi ai residenti o al loro amministratore di sostegno prima della firma. I medici erano particolarmente attenti a chiedere il consenso dell'amministratore di sostegno del rispettivo residente in caso di applicazione di mezzi di contenzione.
271. In entrambe le RSA erano ampiamente disponibili opuscoli informativi e volantini che elencavano tutti gli aspetti della vita quotidiana nella RSA. Inoltre, è stata consegnata una copia della Carta dei Servizi, che è stata accuratamente spiegata ai residenti nel contesto della procedura di ammissione. Inoltre, gli opuscoli informativi e la Carta dei Servizi di entrambe le RSA erano in fase di aggiornamento per riflettere i cambiamenti apportati dalla situazione pandemica.
9. Altre questioni
272. Come parte dei loro obblighi verso l'attuazione della UNCRPD, le autorità italiane, al momento della visita del CPT, stavano elaborando la legislazione secondaria alla Legge Quadro sulla Disabilità del 2021. In questo contesto, un gruppo di lavoro tematico sulle questioni antisegregazione169 aveva formulato una serie di proposte per offrire alle persone anziane con autonomia limitata la possibilità di scegliere su base paritaria con gli altri il proprio luogo di residenza senza essere di fatto costretti a una particolare sistemazione abitativa. La proposta in questione riguardava sia il modus operandi dei servizi sociali, proponendo alle persone anziane con limitata autonomia, sulla base di un progetto di vita individuale, alternative valide al collocamento in una struttura residenziale170 , sia l'esistenza di risorse finanziarie adeguate per l'attuazione di tali progetti. Inoltre, il gruppo di lavoro aveva anche raccomandato la revisione di un sistema nazionale di raccolta dei dati per monitorare l'applicazione degli articoli 14 e 19 della Convenzione ONU sui diritti dell'uomo, nonché una revisione radicale dei criteri per l'accreditamento delle case di riposo e, di conseguenza, il loro monitoraggio a livello nazionale e regionale171 .
A questo proposito, la delegazione ha preso atto positivamente del fatto che entrambe le RSA hanno attivato progetti di RSA aperte, che forniscono assistenza assistenziale e socio-sanitaria a persone anziane con limitata autonomia nelle loro case, in alternativa al loro collocamento in istituto.
273. Il Comitato accoglie con favore il funzionamento delle "RSA aperte" e vorrebbe ricevere informazioni sugli sforzi generali di de-istituzionalizzazione intrapresi dalle autorità regionali della Lombardia e dalle autorità italiane più in generale nel contesto dell'attuazione della Legge Quadro sulla disabilità del 2021.
Inoltre, il Comitato desidera ricevere informazioni sullo stato di avanzamento dell'adozione della legislazione attuativa della Legge quadro sulla disabilità e in particolare del gruppo di lavoro sulle questioni anti-segregazione. "
IN DIRITTO
LEGITTIMAZIONE DEL PRIMO RICORRENTE A PRESENTARE IL RICORSO PER CONTO DEL SECONDO RICORRENTE
Osservazioni delle parti
60. Il Governo ha ritenuto che il primo ricorrente non fosse legittimato ad adire la Corte per conto del secondo ricorrente in quanto non aveva prodotto un'autorizzazione scritta debitamente firmata dall'interessato. A tale proposito ha richiamato la giurisprudenza della Corte secondo cui è essenziale che il rappresentante dimostri di aver ricevuto istruzioni precise ed esplicite dalla presunta vittima, ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione, per conto della quale intende agire dinanzi alla Corte.
61. Inoltre, tenuto conto del fatto che i ricorsi presentati da persone fisiche per conto della presunta o delle presunte vittime sono stati talvolta dichiarati ricevibili dalla Corte anche se non era stata presentata alcuna valida forma di procura, egli ha sostenuto che nel caso di specie il rappresentante aveva ricevuto istruzioni precise ed esplicite ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione. Egli ha affermato che nel caso di specie non è stata dimostrata la realtà di un legame emotivo tra il primo e il secondo ricorrente. A tal proposito, ha affermato che il primo ricorrente non aveva visitato il cugino prima che fosse collocato in una casa di cura e che si era interessato a lui solo dopo la messa in onda del programma "Le Iene".
62. Il primo ricorrente ha replicato che la Corte ha ammesso che, in casi eccezionali, è possibile agire in nome e per conto di un parente stretto che è stato vittima diretta delle presunte violazioni della Convenzione e ha sottolineato che, nel caso in esame, il cugino non era stato visitato prima della sua sistemazione in casa di cura e che si era interessato a lui solo dopo la trasmissione del programma "Le Iene", Sottolineando che nel caso in esame suo cugino era stato collocato in una casa di cura per tre anni e non era in grado di comunicare liberamente con il mondo esterno senza l'autorizzazione del suo amministratore di sostegno e del giudice tutelare, ha sostenuto che il secondo ricorrente non era in grado di rivolgersi alla Corte poiché solo l'amministratore di sostegno aveva il potere di farlo.
63. Per quanto riguarda la realtà del legame affettivo, ha ritenuto che fosse provata dal contenuto della lettera che il secondo ricorrente gli aveva inviato.
La valutazione della Corte
64. La Corte osserva che, in base al diritto interno, l'assoggettamento di una persona alla tutela legale nell'ambito di un'amministrazione di sostegno impedisce all'interessato di stipulare contratti o di avviare procedimenti giudiziari, in quanto, ai sensi dell'articolo 374 del Codice civile, cui fa riferimento l'articolo 411 (cfr. paragrafo 48 supra), l'amministratore non può avviare procedimenti giudiziari senza l'autorizzazione del giudice tutelare. La misura cautelare in questione serve quindi, tra l'altro, a proteggere gli interessati da qualsiasi alienazione dei loro diritti o beni a loro danno.
65. La Corte sottolinea che le condizioni che regolano le singole domande che le sono state presentate non coincidono necessariamente con i criteri nazionali relativi alla legittimazione ad agire. Le norme nazionali sulla legittimazione ad agire possono avere finalità diverse da quelle dell'articolo 34 della Convenzione. Sebbene a volte vi sia un'analogia tra le rispettive finalità, non è necessariamente sempre così (si veda Scozzari e Giunta c. Italia [GC], nn. 39221/98 e 41963/98, § 139, CEDU 2000-VIII).
66. La Corte ribadisce che un terzo può, in circostanze eccezionali, agire in nome e per conto di una persona vulnerabile se vi è il rischio che i diritti della vittima diretta siano privati di una tutela effettiva e a condizione che il richiedente e la vittima non si trovino in una situazione di conflitto di interessi (Lambert e altri c. Francia [GC], n. 46043/14, § 102, CEDU 2015 (estratti)).
67. Inoltre, come la Corte ha già affermato, se il ricorso non è presentato dalla vittima stessa, l'articolo 45 § 3 del Regolamento della Corte richiede la produzione di un'autorizzazione scritta debitamente firmata (Hirsi Jamaa e altri c. Italia [GC], n. 27765/09, §§ 52 e 53, CEDU 2012). È essenziale che il rappresentante dimostri di aver ricevuto istruzioni precise ed esplicite dalla presunta vittima per conto della quale intende agire davanti alla Corte. Tuttavia, la Corte ha affermato che i ricorsi presentati da persone fisiche per conto di una o più presunte vittime di violazioni degli articoli 2, 3 e 8 della Convenzione attribuite alle autorità nazionali possono essere dichiarati ammissibili nonostante l'assenza di una valida autorizzazione; in tali situazioni, si presta particolare attenzione, da un lato, ai fattori di vulnerabilità, come l'età, il sesso o la disabilità, che possono impedire a certe vittime di presentare il loro caso alla Corte e, dall'altro, al rapporto tra la vittima e il richiedente (si veda Lambert e altri, sopra citato, §§ 91 e 92; si veda anche Centro di risorse legali per conto di Valentin Câmpeanu v. Romania [GC], n. 47848/08, §§ 102 e 103, CEDU 2014).
68. Nel caso di specie, applicando i criteri enunciati nella sentenza Lambert (sopra citata), la Corte osserva che il secondo ricorrente si trovava in una situazione che non gli consentiva di presentare il ricorso direttamente alla Corte, in quanto l'amministratore di sostegno aveva un potere sostitutivo su di lui, e la principale doglianza riguardava, inoltre, le restrizioni che l'amministratore di sostegno gli aveva imposto con l'approvazione del giudice tutelare. Vi era quindi il rischio che il secondo ricorrente fosse privato di una tutela effettiva dei suoi diritti della Convenzione nelle circostanze del caso (si veda, mutatis mutandis, Blyudik c. Russia, n. 46401/08, §§ 41-44, 25 giugno 2019, e, al contrario, Vivian c. Italia (dec.), n. 32264/96, 26 febbraio 2002). La Corte rileva inoltre una chiara contraddizione tra, da un lato, le posizioni assunte dall'amministratore e dai tribunali nazionali sulle questioni oggetto del presente ricorso e, dall'altro, le argomentazioni addotte a sostegno di tale ricorso, secondo cui le decisioni di collocare la seconda ricorrente in una misura di protezione e in una casa di cura erano contrarie alla Convenzione. Ha inoltre constatato l'assenza di conflitto di interessi tra la prima ricorrente e la seconda ricorrente per quanto riguarda l'oggetto del ricorso stesso.
69. Infine, la Corte ha osservato che il caso di specie sollevava, dal punto di vista degli articoli 5 e 8 della Convenzione, gravi questioni relative alle condizioni di vita delle persone anziane nelle case di riposo, che erano di interesse generale data la vulnerabilità delle persone che risiedono in tali istituzioni. L'ulteriore esame del caso in esame offre quindi l'opportunità di chiarire gli standard di protezione della Convenzione applicabili a tali persone e di contribuire alla salvaguardia o allo sviluppo di tali standard.
70 Alla luce di quanto precede, la Corte ritiene che nel caso di specie sussistano circostanze eccezionali che consentono di riconoscere al primo ricorrente la legittimazione ad agire dinanzi ad essa in qualità di rappresentante di suo cugino, nella misura in cui i reclami riguardano gli articoli 5 e 8 della Convenzione. Di conseguenza, l'obiezione del Governo secondo cui il primo ricorrente sarebbe privo di legittimazione ad agire deve essere respinta.
PRESUNTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
71. Il primo ricorrente ha lamentato l'impossibilità di stabilire un contatto con il secondo ricorrente e le decisioni del giudice tutelare. Il secondo ricorrente ha lamentato il fatto di essere stato collocato in una casa di cura dal 2020 e l'impossibilità di tornare a casa sua e di ricevere visite nella struttura in cui viveva senza il consenso dell'amministratore di sostegno e del giudice tutelare. Egli ritiene che ciò costituisca una violazione del suo diritto alla privacy.
72. Quando il ricorso è stato comunicato al Governo, la Corte ha posto alle parti domande che riguardavano anche l'articolo 5 della Convenzione.
73. La Corte ribadisce che può decidere sulla qualificazione giuridica da dare ai fatti che hanno dato origine alle doglianze esaminandoli alla luce di disposizioni della Convenzione diverse da quelle invocate dal secondo ricorrente (Radomilja e altri c. Croazia [GC], nn. 37685/10 e 22768/12, § 126, 20 marzo 2018). Considerata la natura delle doglianze dei ricorrenti, la Corte ritiene che le questioni sollevate nel presente caso debbano essere esaminate esclusivamente alla luce dell'articolo 8 della Convenzione, che recita quanto segue:
"(1) Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
2. L'esercizio di tale diritto non può essere oggetto di ingerenza da parte di un'autorità pubblica, salvo che sia conforme alla legge e sia necessario, in una società democratica, nell'interesse della sicurezza nazionale o della pubblica sicurezza, per il benessere economico del Paese, per la prevenzione di disordini o di reati, per la protezione della salute o della morale o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui".
Ammissibilità
74. Il Governo ha sostenuto che il primo ricorrente non aveva esaurito le vie di ricorso interne, spiegando che non si era avvalso del diritto di ricorso previsto dal comma 2 dell'articolo 720bis del Codice di procedura civile contro la decisione del giudice tutelare che respingeva la sua richiesta di incontrare il secondo ricorrente.
75. Il primo ricorrente non ha presentato osservazioni su questo punto.
76. Al pari del Governo, la Corte ritiene che l'esercizio di tale rimedio avrebbe potuto portare a un ribaltamento della decisione del giudice tutelare di non autorizzare la visita richiesta. Ne consegue che il primo ricorrente non ha esaurito le vie di ricorso interne a sua disposizione. In queste circostanze, la Corte conclude che il ricorso deve essere respinto in quanto irricevibile ai sensi dell'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione per quanto riguarda le doglianze sollevate dal primo ricorrente per proprio conto.
77. Ritenendo che le doglianze sollevate per conto di C.G. non fossero infondate o irricevibili per qualsiasi altro motivo ai sensi dell'articolo 35 della Convenzione, la Corte le ha dichiarate ricevibili. Per ragioni pratiche, in questa sentenza si continuerà a riferirsi a lui come al "secondo ricorrente".
Il merito
Argomentazioni delle parti
78. Il secondo ricorrente ha ritenuto che la decisione del giudice tutelare e dell'amministratore di sostegno di rifiutare di consentirgli di avere contatti con il primo ricorrente e i suoi parenti costituisse un'interferenza illegittima nel suo diritto al rispetto della vita privata e familiare.
79. Ha affermato di non aver dichiarato espressamente di non voler incontrare i suoi familiari e ha spiegato di aver reso noto che desiderava incontrare il primo ricorrente e la sorella di quest'ultimo al suo ritorno a casa perché il collocamento in una casa di cura gli era stato presentato come una misura temporanea destinata a terminare rapidamente.
80 Egli ha sostenuto che la diffusione della registrazione della telefonata era una misura necessaria, dal momento che i gestori della casa di cura avevano, a suo avviso, negato che egli fosse stato collocato nella loro struttura, e che era giustificata dall'atteggiamento del suo amministratore di sostegno e dell'amministrazione della casa di cura nel tentativo di allontanarlo dalla sua famiglia. A questo proposito, ha sostenuto che il giudice tutelare aveva respinto anche l'ultima domanda presentata dal primo ricorrente, nonostante si fosse impegnato a firmare un accordo di riservatezza prima della visita.
81. Per quanto riguarda il suo collocamento in una casa di cura, il secondo ricorrente ha ricordato che aveva ripetutamente espresso il desiderio di tornare a casa. Ha affermato che il Garante nazionale, che era venuto a incontrarlo in diverse occasioni, aveva tenuto conto del suo desiderio chiedendo alle autorità di adottare una serie di misure alternative.
82. Il Governo ha sostenuto che la decisione iniziale del giudice tutelare si era basata su un rifiuto del secondo ricorrente e che il secondo rifiuto era stato giustificato dal fatto che il primo ricorrente aveva autorizzato la diffusione della registrazione.
83. Per quanto riguarda la decisione di collocare il secondo ricorrente in una casa di cura, il Governo ha sostenuto che tale misura era l'unica soluzione in grado di salvaguardare gli interessi patrimoniali e personali del ricorrente nelle circostanze. Secondo il Governo, l'ingerenza delle autorità era quindi rimasta nei limiti del margine di apprezzamento a loro disposizione.
La valutazione della Corte
(a) Interferenza, legittimità e scopo legittimo
84. La Corte ribadisce che la decisione di sottoporre una persona a una misura di protezione giuridica può costituire un'ingerenza nella vita privata dell'interessato, anche quando quest'ultimo è stato privato solo parzialmente della sua capacità giuridica (Ivinović c. Croazia, n. 13006/13, § 35, 18 settembre 2014). Ha pertanto ritenuto che la misura adottata nei confronti della seconda ricorrente equivalesse a un'ingerenza ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione.
85. La Corte ribadisce che un'ingerenza nel diritto di un individuo al rispetto della sua vita privata viola l'articolo 8 se non è "prescritta dalla legge", non persegue uno o più degli scopi legittimi di cui al paragrafo 2, o non è "necessaria in una società democratica" nel senso che non è proporzionata agli scopi perseguiti (si veda, tra le altre autorità, Shtukaturov c. Russia, n. 44009/05, § 85, CEDU 2008 cit.).
86. Nel caso di specie, il secondo ricorrente è stato sottoposto al regime di amministrazione di sostegno previsto dagli articoli 404 e 411 del Codice civile (si veda il paragrafo 44 supra).
87. La Corte ritiene che l'ingerenza perseguisse lo "scopo legittimo", ai sensi dell'articolo 8, secondo comma, della Convenzione, di proteggere il secondo ricorrente, inizialmente, da un pericolo di impunità e, a partire dal 2020, da menomazioni fisiche e mentali.
(b) Proporzionalità
88. La Corte ribadisce che privare una persona della capacità giuridica, anche parzialmente, è una misura molto grave che dovrebbe essere riservata a circostanze eccezionali (si veda Ivinović, sopra citata, § 38). Tuttavia, un margine di valutazione deve inevitabilmente essere lasciato alle autorità nazionali che, in virtù del loro contatto diretto e continuo con le forze vive del loro paese, sono in linea di principio in una posizione migliore rispetto a un tribunale internazionale per valutare le esigenze e le condizioni locali (Maurice c. Francia [GC], n. 11810/03, § 117, CEDU 2005 IX). Questo margine varierà a seconda della natura del diritto della Convenzione in questione, della sua importanza per l'individuo e della natura delle attività limitate, nonché della natura dell'obiettivo perseguito dalle restrizioni. Il margine tenderà ad essere più ristretto quando il diritto in questione è cruciale per l'effettivo godimento da parte dell'individuo di diritti intimi o essenziali (A.-M.V. c. Finlandia, n. 53251/13, § 83, 23 marzo 2017).
89. Le garanzie procedurali a disposizione dell'individuo saranno particolarmente importanti per determinare se lo Stato convenuto sia rimasto nei limiti del suo margine di apprezzamento. In particolare, la Corte deve esaminare se il processo decisionale che ha portato alle misure di ingerenza sia stato equo e tale da assicurare il rispetto degli interessi garantiti all'individuo dall'articolo 8 (ibidem, § 84, e i riferimenti ivi citati).
90. Nel caso di specie, va osservato che la decisione di sottoporre il secondo ricorrente ad amministrazione di sostegno e quindi, se del caso, di privarlo di parte della sua capacità giuridica non si è basata su una constatazione di compromissione delle sue facoltà mentali accertata dai medici (si veda, al contrario, Ivinović, cit.), ma sull'eccessiva dissolutezza e sull'indebolimento fisico e mentale che ha mostrato dal 2020 in poi.
91. In tali circostanze, la Corte ritiene che spetti a lei verificare più attentamente se i giudici nazionali abbiano valutato attentamente tutti i fattori pertinenti prima di prendere le decisioni di sottoporlo alla suddetta misura di protezione giuridica e di farlo ricoverare in una casa di cura con contatti limitati con il mondo esterno.
92. La Corte osserva che, secondo la legge italiana, quando viene nominato un amministratore di sostegno, la persona protetta mantiene la capacità di compiere tutti gli atti diversi da quelli per i quali il tribunale ha conferito all'amministratore la competenza ad agire in sua vece o ad assisterla. L'estensione dei poteri dell'amministratore dipende anche dalla situazione del beneficiario della misura, che non può in nessun caso essere totalmente privato della capacità di esercitare i propri diritti.
93. Nel caso di specie, la Corte ha osservato che, a partire dal maggio 2020, l'amministratore di sostegno aveva un mandato esclusivo che gli consentiva di chiedere al giudice, nell'ottobre 2020, l'autorizzazione a collocare il secondo ricorrente in una casa di cura. La decisione del giudice tutelare di concedere tale autorizzazione si basava sul fatto che il secondo ricorrente non era in grado di controllare le conseguenze della sua sregolatezza, che soffriva di un disturbo ossessivo-compulsivo della personalità con aspetti depressivi, che viveva in condizioni precarie e che trascurava la sua igiene.
94. La Corte osserva che, in seguito all'inserimento del secondo ricorrente nell'istituto nel 2020, l'amministratore di sostegno ha deciso un rigido regime di isolamento, nonostante il ricorrente avesse chiesto di poter tornare a casa. Di conseguenza, con poche eccezioni, è stato privato di ogni contatto con il mondo esterno e ogni richiesta di conversazione telefonica o di visita è stata vagliata dall'amministratore di sostegno o dal giudice tutelare. Inoltre, sebbene gli esperti avessero raccomandato un ritorno graduale a casa sua a partire dal 2021 (paragrafo 40, sopra), questa misura non è mai stata attuata.
95. La Corte osserva che anche il Garante nazionale è intervenuto a questo proposito, denunciando l'isolamento a cui era sottoposto il secondo ricorrente e chiedendo (si veda il paragrafo 36 supra), senza successo, che la Procura esercitasse le sue prerogative per porvi fine.
96. La Corte ricorda di aver considerato, dal punto di vista dell'articolo 5 della Convenzione, che in alcune circostanze il benessere di una persona affetta da disturbo mentale potrebbe costituire un fattore aggiuntivo da prendere in considerazione, oltre a quelli medici, nel valutare la necessità di collocare tale persona in un istituto. Tuttavia, la necessità oggettiva di alloggio e assistenza sociale non dovrebbe portare automaticamente all'imposizione di misure di privazione della libertà. Secondo la Corte, qualsiasi misura di protezione adottata nei confronti di una persona in grado di esprimere la propria volontà deve rispecchiare il più possibile tale volontà. Le fonti internazionali confermano questo approccio (si vedano i paragrafi 51-53 supra).
97. La Corte ribadisce inoltre che quando sono in gioco implicazioni così importanti per la vita privata di una persona, il giudice deve soppesare attentamente tutti i fattori rilevanti per valutare la proporzionalità della misura da adottare. Le necessarie garanzie procedurali in questo ambito richiedono di ridurre al minimo qualsiasi rischio di arbitrarietà (X e Y c. Croazia, n. 5193/09, § 85, 3 novembre 2011).
98. Tenendo conto dell'impatto che il collocamento sotto tutela giuridica del secondo ricorrente ha avuto sulla sua vita privata, la Corte osserva che mentre le autorità giudiziarie hanno effettuato una valutazione approfondita della situazione del ricorrente prima di collocarlo in una casa di cura, non hanno cercato durante il suo collocamento, in considerazione della particolare vulnerabilità che ritenevano di aver individuato, di adottare misure per mantenere le sue relazioni sociali e di mettere in atto una linea d'azione favorevole al suo ritorno a casa.
99. Al contrario, dopo il suo collocamento in una casa di cura, il secondo ricorrente è stato costretto a isolarsi dal mondo esterno, e in particolare dalla sua famiglia e dai suoi amici - come ha notato anche il Garante nazionale (si veda il paragrafo 35 sopra). Tutte le visite e le telefonate erano filtrate dal suo amministratore o dal giudice tutelare, e una delle poche persone autorizzate a vederlo durante quei tre anni era il sindaco della città in cui viveva. La Corte ha notato che questo filtraggio era stato messo in atto fin dal suo arrivo in istituto, cioè prima che il programma "Le Iene" venisse trasmesso sui canali nazionali. Successivamente, il giudice tutelare si è basato esclusivamente sulle relazioni presentate dall'amministratore di sostegno, non ritenendo necessario ascoltare il secondo ricorrente, e ha respinto le richieste di contatto presentate dal primo ricorrente, concordando con il parere negativo dell'amministratore.
100. La Corte osserva inoltre che nel giugno 2022 una persona è stata condannata a un anno e dieci mesi di reclusione per violazione di domicilio per essere entrata nella casa di cura e aver incontrato la seconda ricorrente senza il consenso dell'amministratore di sostegno.
101. A questo proposito, la Corte ha osservato che il Governo non aveva fornito alcuna spiegazione sul perché fosse necessario subordinare qualsiasi incontro all'autorizzazione dell'amministratore o del giudice tutelare e isolare il ricorrente dai suoi parenti per un periodo così lungo. Secondo la Corte, la decisione di limitare i contatti in questione non era stata presa sulla base di un esame concreto e attento di tutti gli aspetti rilevanti della situazione particolare del secondo ricorrente, e ricorda a questo proposito che gli esperti si erano espressi a favore dell'uscita del ricorrente in luoghi di svago (si veda il paragrafo 40 supra).
102. Inoltre, la Corte osserva che negli ultimi tre anni non sembrano essere state previste misure volte a reintegrare il ricorrente nel suo domicilio, anche se il collocamento era stato deciso in via provvisoria. La Corte attribuisce particolare importanza al fatto che il secondo ricorrente non è stato dichiarato incapace e non è stato sottoposto ad alcun divieto, dato che le perizie hanno indicato, al contrario, che aveva una buona capacità di socializzazione. Rileva che, nonostante questi fattori, è stato posto sotto la completa dipendenza del suo amministratore in quasi tutti i settori e per un periodo di tempo illimitato. Rileva con preoccupazione che nel caso di specie le autorità hanno, in pratica, abusato della flessibilità dell'amministrazione di sostegno per perseguire finalità che la legge italiana assegna, entro limiti rigorosi, al T.S.O. (cfr. paragrafo 49 supra), essendo stato così aggirato il quadro legislativo del T.S.O. con un ricorso abusivo all'amministrazione di sostegno.
103. La Corte ricorda che nel rapporto pubblicato a seguito della sua visita in Italia nel marzo e nell'aprile 2022, il CPT ha espresso preoccupazione per le case di cura, ritenendo che, in considerazione delle restrizioni associate alla Covid-19 (in particolare, la privazione dell'accesso all'aria aperta e la riduzione delle attività di riabilitazione e di svago e delle visite familiari) e dell'assenza di alternative valide nella società, i residenti delle due case di cura che aveva visitato potevano essere considerati di fatto privati della loro libertà. Il CPT ha osservato in particolare che le restrizioni messe in atto ininterrottamente dal febbraio 2020 nelle due strutture visitate avevano avuto un effetto sempre più dannoso sulla salute mentale e somatica dei residenti.
104. La Corte è pienamente consapevole della difficoltà che le autorità nazionali incontrano nel conciliare, in determinate circostanze, il rispetto della dignità e dell'autodeterminazione dell'individuo con la necessità di proteggere e salvaguardare i suoi interessi, in particolare nei casi in cui la persona interessata, a causa delle sue capacità o delle circostanze individuali, si trova in uno stato di grande vulnerabilità. La Corte ritiene che nel caso di specie non sia stato raggiunto un giusto equilibrio. Rileva che nei procedimenti interni non vi erano garanzie effettive per prevenire gli abusi, come richiesto dalle norme del diritto internazionale dei diritti umani, che sarebbero state in grado di garantire nel caso di specie che i diritti, i desideri e le preferenze del secondo ricorrente fossero presi in considerazione. Egli non è stato coinvolto nelle decisioni prese nelle varie fasi del procedimento (si veda, a contrario, M.K. c. Lussemburgo, n. 51746/18, § 66, 18 maggio 2021), è stato ascoltato personalmente solo una volta durante il collocamento, è stato soggetto a restrizioni sui contatti con i suoi parenti e tutte le decisioni che lo riguardano sono state prese dall'amministratore di sostegno.
105. A questo proposito, la Corte ricorda che il CPT ha sostenuto la necessità di visite regolari da parte dei giudici tutelari dei tribunali territoriali competenti ai residenti delle case di cura sottoposti a una misura di amministrazione di sostegno (si veda il paragrafo 49 sopra).
106. La Corte osserva inoltre che la CRPD ha espresso preoccupazione per il fatto che il processo decisionale sostitutivo continuasse a essere praticato nel contesto dell'amministrazione di sostegno (si veda il paragrafo 48 sopra). In particolare, ha raccomandato alle autorità di abrogare tutte le leggi che autorizzano questo tipo di processo decisionale da parte dei tutori legali e di adottare e attuare disposizioni per assistere il processo decisionale, anche attraverso la formazione dei professionisti dei servizi legali, sanitari e sociali.
107. La Corte condivide le preoccupazioni della CRPD in merito alla detenzione - che sostiene dovrebbe essere vietata - di persone a causa della loro disabilità, che equipara all'ospedalizzazione e/o al trattamento senza consenso. A questo proposito, tenendo conto anche delle conclusioni del CPT e della giurisprudenza della Carta sociale europea (si vedano i paragrafi 50-59), ritiene che gli Stati abbiano l'obbligo di promuovere la partecipazione delle persone con disabilità o degli anziani "non autosufficienti" alla vita della comunità e di impedirne l'isolamento o la segregazione.
108. La Corte conclude che nel caso di specie, sebbene l'ingerenza perseguisse l'obiettivo legittimo di proteggere il benessere del secondo ricorrente in senso lato, non era tuttavia, alla luce della gamma di misure che le autorità potevano adottare, proporzionata o adeguata alle sue circostanze individuali. Di conseguenza, l'ingerenza non rientrava nel margine di apprezzamento di cui godevano le autorità giudiziarie nel caso di specie.
109. In queste circostanze, la Corte conclude che vi è stata una violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
110. Ai sensi dell'articolo 41 della Convenzione :
"Se la Corte constata una violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente consente di riparare solo parzialmente le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se necessario, un'equa soddisfazione alla parte lesa".
111. Il secondo ricorrente non ha presentato una domanda di giusta soddisfazione. Di conseguenza, la Corte ritiene che non vi siano motivi per riconoscergli alcuna somma a tale riguardo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE ALL'UNANIMITÀ
Dichiara irricevibili i reclami presentati dal primo ricorrente e ammissibili quelli presentati dal secondo;
Dichiara la violazione dell'articolo 8 della Convenzione nei confronti del secondo ricorrente;
Fatto in francese e notificato per iscritto il 6 luglio 2023, ai sensi dell'articolo 77, paragrafi 2 e 3, del Regolamento della Corte.
Renata Degener Marko Bošnjak
Cancelliere Presidente
[1] Lo scopo di questo provvedimento è quello di tutelare le persone parzialmente o totalmente prive di autonomia (persone che presentano una disabilità o una menomazione, fisica o mentale, che le rende impossibilitate, anche solo parzialmente o temporaneamente, a curare i propri interessi, con la minore limitazione possibile della loro capacità di farlo) nell'espletamento delle funzioni connesse alla vita quotidiana. La persona protetta conserva la capacità di compiere tutti gli atti ad eccezione di quelli per i quali il giudice ha conferito all'amministratore il potere di sostituire o assistere la persona protetta.