Tanto per le prove scientifiche quanto per le prove “comuni” non deve mai mancare la dovuta considerazione e l’approfondita valutazione di quegli elementi di critica e confutazione del quadro indiziario provenienti dalla difesa dell’indagato.
Il giudizio, se ha carattere decisivo, non può essere demandato al consulente del PM.
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI penale
sentenza 24 gennaio 2017, n. 3624
Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente
Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere
Dott. VILLONI Orlando – rel. Consigliere
Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere
Dott. CORBO Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 477-P/16 del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria del 09/05/2016;
esaminati gli atti e letti il ricorso e il provvedimento decisorio impugnato;
udita in Camera di consiglio la relazione del consigliere, Dott. Villoni O.;
udito il Pubblico Ministero in persona del sostituto P.G., Dr. Di Leo G., che ha concluso per l’inammissibilita’.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria ha confermato quella emessa dal GIP del Tribunale di Locri il 09/03/2016 con cui e’ stata disposta l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), provvisoriamente accusato di concorso nella coltivazione di 310 piante di canapa indiana (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 4 e 6 e articolo 80, comma 2), reato accertato nel mese di ottobre del 2013.
Per la conferma dell’ordinanza genetica, il Tribunale ha valorizzato il contenuto di due filmati eseguiti dagli inquirenti i giorni 2 e 4 ottobre 2013 in cui si notano quattro persone impegnate a raccogliere essenze arboree e a riporle in alcune cassette poi trasferite altrove.
Per quanto riguarda in particolare il ricorrente, il Tribunale ha dato atto che e’ stato riconosciuto dai Carabinieri operanti poiche’ agli stessi gia’ noto per ragioni di servizio e tramite comparazione dei frames estratti dalle sequenze video con varie effigie fotografiche presenti agli atti d’ufficio.
A conferma degli esiti di detta comparazione e’ stata, inoltre, utilizzata una CT disposta dal PM con la finalita’ di effettuare confronti antropometrici tra i soggetti video ripresi ed i cartellini anagrafici e foto segnaletici ad essi corrispondenti.
Il Tribunale ha poi osservato che il 15 ottobre 2013 l’indagato era stato nuovamente filmato in compagnia di (OMISSIS) intento a tagliare alcune piante e a riporle in cassette di plastica successivamente asportate; analogo filmato era stato, inoltre, eseguito il 20 ottobre 2013 sempre in compagnia del (OMISSIS) e di una terza persona.
Il Tribunale ha, infine, ricordato che il successivo 22 novembre 2013 si era proceduto al sequestro della piantagione di cannabis indica ubicata in loc. “(OMISSIS)” nel Comune di (OMISSIS) e risultata composta di non meno di 310 piante di altezza variabile da 1,80 a 3,80 mt. disposte su otto filari, rispetto ad una preliminare valutazione degli operanti che avevano stimato il numero delle essenze arboree intorno a cento, da cui la conferma dell’ordinanza cautelare genetica anche riguardo alla sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantita’ (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2).
E’ stata poi respinta l’eccezione di nullita’ e/o inutilizzabilita’ dell’informativa e dei brogliacci con cui la P.G. ha attestato le attivita’ rilevate all’interno della piantagione, asseritamente derivante all’omessa produzione al GIP prima ed al Tribunale poi del relativo filmato, ritenendo detta operazione non indispensabile ai fini della relativa utilizzabilita’.
Con riferimento, infine, alla sussistenza delle esigenze cautelari in rapporto al tempo trascorso dalla commissione del fatto rispetto all’applicazione della misura, il Tribunale ha ritenuto attuale il pericolo di reiterazione del reato in relazione alla personalita’ criminale di uno dei coindagati, il citato (OMISSIS), quale risultante delle specifiche modalita’ e circostanze della condotta criminosa contestata.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’indagato, che deduce vari profili di censura.
2.1 Omesso esame di un elemento indiziario a discarico dedotto con la richiesta di riesame ed in particolare omessa considerazione delle risultanze della CT di parte, con cui si e’ censurata la metodologia impiegata dal CT del PM, si e’ criticato il contenuto della sua relazione e si e’ evidenziata la sostanziale assenza di motivazione del giudizio di compatibilita’ espresso.
2.2 Difetto di motivazione in ordine alla possibilita’ di desumere gravi indizi di colpevolezza dalle immagini estrapolate da un filmato dal PM neppure allegato alla richiesta cautelare; si deduce, infatti, che in tal modo il giudice non e’ stato posto nelle condizioni di apprezzare direttamente il contenuto del documento, ma e’ stata la Polizia Giudiziaria ad attestare di avere visionato il documento, con PM e giudice obbligati a fidarsi delle valutazioni degli operanti.
2.3 Con riferimento alle esigenze cautelari, si deduce che la loro attualita’ e’ stata affermata con motivazioni riguardanti in via esclusiva altro indagato ( (OMISSIS)) coinvolto nell’indagine e non la persona del ricorrente.
2.4 Con motivi aggiunti formulati con atto depositato il 01/12/2016, il ricorrente deduce, infine, violazione di legge e vizio di motivazione sostenendo che la condotta contestatagli, consistente nella riscontrata raccolta in alcune occasioni di essenze arboree, appare estranea alla contestata condotta di coltivazione illecita, rientrando piu’ propriamente in quella di produzione della sostanza stupefacente, in quanto tale non contemplata dalla contestazione provvisoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato nei termini di cui in motivazione.
2. Il principale motivo di censura mosso all’ordinanza impugnata riguarda le modalita’ con cui si e’ addivenuti all’identificazione del ricorrente sulla base delle video riprese effettuate dagli inquirenti nella piantagione di canapa indiana sita in localita’ “(OMISSIS)” in agro del Comune di (OMISSIS).
Stando al Tribunale, l’identificazione poggia sul “riconoscimento diretto compiuto dal personale di P.G., confortato nella sua attendibilita’ dalla comparazione dei frame estratti durante la sequenza video con varie immagini fotografiche presenti agli atti d’ufficio”, richiamando a sostegno di tale argomentazione precedenti giurisprudenziali di questa Corte di legittimita’ secondo cui “ai fini della identificazione degli interlocutori coinvolti in conversazioni intercettate, il giudice puo’ ben utilizzare le dichiarazioni degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che abbiano asserito di avere riconosciuto le voci di taluni imputati” (Sez. 6 n. 13805 del 20.3.2014 e Sez. 2 n. 42655 del 13/10/2015).
Secondo il ricorrente, invece, la questione non riguarda tanto come si sia giunti alla sua identificazione, quanto chi vi abbia proceduto, venendo in gioco l’effettivita’ del controllo giudiziale sul contenuto degli atti posti a sostegno della domanda cautelare.
All’origine della questione sta, infatti, il dato incontestato che nessuno di tali filmati e’ stato allegato non solo agli atti trasmessi al Tribunale del Riesame ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., comma 5 ma neanche al GIP e probabilmente neppure al PM, atteso che la visione degli stessi e’ stata compiuta unicamente dal personale di polizia giudiziaria addetto alle indagini, come del resto e’ lo stesso Tribunale ad attestare a pag. 18 dell’ordinanza (“Ed invero la visione da parte della P.G. dei filmati effettuati nei giorni 2 e 4 ottobre 2013…”).
Tanto premesso, la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione ha gia’ piu’ volte affrontato il caso della mancata trasmissione al Tribunale del Riesame di video riprese eseguite dalla Polizia Giudiziaria, affermando il principio secondo cui “non costituisce violazione dell’articolo 309 c.p.p., comma 5 la circostanza che il PM, selezionando gli atti da produrre a sostegno della richiesta di applicazione della misura cautelare, abbia trasmesso, in luogo della video registrazione del fatto oggetto di indagine, annotazioni di servizio in cui erano riportati i dati relativi a quanto videoregistrato, posto che all’accusa compete la direzione dell’inchiesta e la scelta degli atti su cui basare la richiesta della misura” (Sez. 2, sent. n. 8837 del 20/11/2013, dep. 2014, Chinzeagulov e altro, Rv. 258788 in fattispecie in cui la Corte ha rilevato che neanche il GIP aveva mai preso visione della videoregistrazione ed aveva considerato per l’emissione della misura le annotazioni di servizio della P.G., regolarmente trasmesse al Tribunale del riesame; Sez. 6, sent. n. 39923 del 12/06/2008, Cristiano, Rv. 241874 in fattispecie in cui i dati relativi a quanto videoregistrato erano stati riportati nel verbale di arresto).
Detta giurisprudenza fa da pendant con quella sedimentatasi in tema di intercettazioni telefoniche, qualora sia contestata l’identificazione delle persone colloquianti, in cui e’ stato affermato che in tali casi “non e’ indispensabile disporre perizia fonica per il relativo accertamento, ben potendo il giudice trarre il suo convincimento da altri elementi che consentano di risalire all’identita’ degli interlocutori” (Sez. 4, sent. n. 16432 del 22/02/2008, Masalmeh e altri, Rv. 239523; Sez. 4, sent. n. 43409 del 18/10/2007, Artiaco e altri, Rv. 237985; Sez. 6, sent. n. 24438 del 06/05/2005, Musiu ed altri, Rv. 231856), ivi compresi “le dichiarazioni dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che hanno riferito sul riconoscimento delle voci di taluni imputati” (Sez. 6, sent. n. 18453 del 28/02/ 2012, Cataldo e altri, Rv. 252712) e che “tale valutazione si sottrae al sindacato di legittimita’, se correttamente motivata” (Sez. 6, sent. n. 17619 del 08/01/ 2008, Gionta e altri, Rv. 239725).
La peculiarita’ della presente fattispecie rispetto a quelle considerate dai citati arresti giurisprudenziali consiste, tuttavia, nel fatto che all’identificazione dell’indagato si e’ addivenuti non solo per mero raffronto del contenuto delle video riprese o dei fermi-immagine (frames) dalle stesse estrapolati con elementi esterni di confronto (nella specie, i cartellini foto segnaletici gia’ a disposizione degli inquirenti), bensi’ attraverso una valutazione demandata a consulente tecnico officiato dal PM e conclusasi con un giudizio di piena compatibilita’ delle caratteristiche antropometriche di uno dei soggetti ripresi all’interno della piantagione con quelle dell’odierno ricorrente.
La centralita’ di tale passaggio pare indubbia, atteso che il mancato esame visivo diretto dei filmati da parte di GIP e Tribunale e’ stato ritenuto superfluo proprio in virtu’ di un apprezzamento, ritenuto affidabile perche’ eseguito da soggetto esperto, dei risultati della video riprese stesse.
Ma una volta assodato il carattere decisivo del giudizio demandato al consulente del PM, non puo’ non rilevarsi la grave omissione argomentativa in cui e’ incorso il Tribunale, che ha liquidato le considerazioni critiche svolte dalla difesa dell’indagato con il conforto di una propria consulenza di parte (a firma di tale arch. (OMISSIS), v. ricorso) alle scarne e anodine notazioni di cui ai righi 10-14 di pag. 17 dell’ordinanza.
Va, dunque, certamente riaffermata la perdurante validita’ delle giurisprudenza citata, dal momento che quel che viene in discussione nel caso in esame non e’, come sostiene il ricorrente, l’effettivita’ del controllo giudiziale sul contenuto degli atti posti a sostegno della domanda cautelare, che vi e’ stato nei termini anzidetti, quanto la completezza della valutazione giudiziale, che passa attraverso la dovuta considerazione e l’approfondita valutazione di quegli elementi di critica e confutazione del quadro indiziario provenienti dalla difesa dello indagato, la cui omissione comporta violazione dell’articolo 292 c.p.p., comma 2-ter ove concernenti “specifiche allegazioni difensive oggettivamente contrastanti con gli elementi accusatori”, come tali distinte da generiche deduzioni o indicazioni di elementi ritenuti favorevoli dalla difesa e la cui specifica confutazione s’impone, pertanto, al giudice della cautela cosi’ come a quello del riesame (v. Sez. 6, sent. n. 3742 del 09/01/2013, Ioio, Rv. 254216; Sez. 6, sent. n. 13919 del 28/02/ 2005, Baccarini, Rv. 232033; Sez. 6, sent. n. 35675 del 06/07/2004, Segreto, Rv. 229409), evenienza, per quanto detto, non verificatasi nella fattispecie.
3. L’ordinanza impugnata merita, inoltre, censura anche con riferimento al profilo dell’attualita’ delle esigenze cautelari.
I fatti per cui si procede sono di quasi due anni e mezzo antecedenti rispetto all’adozione della misura cautelare ed avrebbero richiesto puntuale e specifica valutazione, imposta dall’attuale versione dell’articolo 274 c.p.p., lettera c) modificata dalla L. n. 47 del 2015, delle ragioni per cui un soggetto, ancorche’ pregiudicato come il ricorrente ma non inserito in un contesto criminale organizzato, debba considerarsi socialmente pericoloso in rapporto ad una condotta circoscritta temporalmente e della quale non vengono evidenziati effetti concreti permanenti.
Sul punto il Collegio deve, pertanto, rilevare una vera e propria mancanza di motivazione, dal momento che il Tribunale ha ritenuto di valorizzare a detto fino unicamente la pericolosa personalita’ del coindagato (OMISSIS), senza svolgere alcuna considerazione riguardo al ricorrente; ne’ vale a dar sostegno a una motivazione, come anzidetto, mancante il richiamo a condivisibili principi giurisprudenziali che, tuttavia, non possono di per se’ assolvere alla funzione di dar corpo ad una argomentazione del tutto omessa.
4. Va, invece, disattesa la doglianza concernente la dedotta inconfigurabilita’ dell’ipotesi di reato di coltivazione di sostanze stupefacenti a fronte di un accertamento circoscritto alle fasi del taglio e della raccolta delle essenze arboree, dal momento che l’esecuzione di tali attivita’ non esclude ed anzi logicamente presuppone, in difetto di elementi indiziari di segno contrario, che le stesse siano state precedute da quelle piu’ propriamente riferibili al concetto proprio di coltivazione (semina, concimazione, innaffiatura, etc.) poste in essere da quegli stessi soggetti colti nell’atto di eseguire le citate operazioni all’interno della piantagione.
5. Debbono, infine, ritenersi assorbite dalle superiori considerazioni le residue censure, in quanto non immediatamente rilevanti ai fini della decisione.
6. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria, che dovra’ decidere in diversa composizione, stante il disposto dell’articolo 34 c.p.p., comma 1, applicabile, per la sua ratio, anche alle ordinanze emesse nell’ambito di procedure cautelari (Sez. U, sent. n. 38670 del 21/07/2016, Culasso, Rv. 267593).
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria in diversa composizione.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter