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Sequestro probatorio EPPO va impugnato al Tribunale del riesame del capoluogo (Cass. 33087/24)

23 agosto 2024, Cassazione penale

Funzionalmente competente in ordine al decreto di sequestro probatorio emesso dal procuratore delegato europeo è il Tribunale del riesame del capoluogo della provincia nella quale l'ufficio del procuratore delegato europeo ha sede, in quanto la normativa speciale relativa alle funzioni EPPO, lascia “ferme in ogni caso le regole ordinarie sulla competenza del giudice” nazionale».

Corte di Cassazione

sez. V., ud. 10 maggio 2024 (dep. 23 agosto 2024), n. 33087

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale del riesame di Napoli con ordinanza del 15 novembre 2023 - a seguito di annullamento con rinvio disposto da questa Sezione Quinta con sentenza n. 42436 del 2023, in ragione del mancato avviso per l'udienza ex art. 324 cod. proc. pen. alla Procura europea, in persona della Procuratore europeo delegato (P.e.d.) per l'Ufficio di Napoli - ha annullato il decreto di sequestro probatorio disposto nei confronti di C.G. dal P.e.d. in data 24 febbraio 2023, con conseguente restituzione in favore degli aventi diritto di quanto sottoposto a vincolo.

G.C. risultava raggiunto dalla misura reale in quanto indagato per i reati previsti dagli artt. 110, 81, comma 2, 292 e 295 lett. c) e d-bis) d.P.R. 43/1973 (capo a), nonché per la violazione degli artt. 110,81, comma 2, 479 e 476 cod. pen. (capo b) e 110, 81, comma 2, e 70, comma 1, d.P.R. 633/1972 (capo c), fatti commessi in Salerno e Napoli dal gennaio 2020 al dicembre 2022.

Tali condotte riguardavano l'importazione di lavorazioni di pomodoro e lavorazioni di alluminio provenienti dagli Stati Uniti e dal Cile, destinate a A.P. - che aveva definito la sua posizione con decreto penale di condanna - che G.C. aveva, quale spedizioniere doganale e in concorso con il predetto, indicato nelle dichiarazioni doganali presentate all'Ufficio Dogane di Napoli e Salerno con un valore del costo di nolo inferiore a quello effettivo, sottraendosi al pagamento dei diritti di confine per oltre 127 mila euro, inducendo in errore il funzionario dell'Agenzia delle Dogane con le false dichiarazioni relativamente alla corretta liquidazione della tassazione fiscale, nonché eludendo il pagamento dell'Iva sull'importazione per oltre 100 mila euro.

Il Tribunale del riesame ex artt. 257 e 324 cod. proc. pen., investito dell'impugnazione proposta dall'indagato e dalla terza interessata quale amministratore della (OMISSIS) S.r.l., annullava il decreto di sequestro probatorio, rilevando l'assenza di motivazione in ordine al fumus dei reati e alla finalità probatoria. Inoltre, il Tribunale del riesame incidentalmente riteneva la propria competenza, rigettando l'eccezione sollevata sul punto dal Procuratore europeo delegato nel corso dell'udienza camerale.

2. Il ricorso per cassazione proposto dal Procuratore europeo, Ufficio di Napoli, consta di un unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

3. Il motivo deduce violazione di legge, censurando la decisione impugnata esclusivamente quanto al profilo della competenza, che spetterebbe al Tribunale del riesame di Salerno, quale ufficio giudiziario competente essendo il procedimento radicato per territorio in relazione a tali uffici giudiziari, in ragione del luogo di commissione del reato ex art. 8 cod. proc. pen.

In primo luogo, osserva la Procura europea ricorrente, l'ordinanza impugnata erra nell'individuare la sede dell'ufficio ex art. 324 cod. proc. pen. nella Procura di Napoli, essendo la Procura Europea ufficio con sede in Lussemburgo avente poi sedi periferiche nei singoli paesi membri, potendo i P.e.d. operare su tutto il territorio nazionale e, solo a livello organizzativo, risultando avere una sede in Napoli, competente a ricevere le notizie di reato non solo dal distretto partenopeo, ma anche da quelli di Salerno, Potenza e Lecce.

Inoltre, la decisione del Tribunale del riesame determina l'effetto di consentire una pluralità di competenze in ordine al medesimo fascicolo, in quanto, esemplificando, il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Salerno risulta di competenza del Tribunale del riesame reale di quella città, cosicché l'applicazione dei principi fissati dal provvedimento impugnato risulta in violazione dell'art. 8 cod. proc. pen., che radica la competenza nel luogo di commissione del reato.

In tal senso il richiamo all'art. 9 del d.lgs. n. 9 del 2021, che si riferisce alle regole ordinarie sulla competenza del giudice, non può essere inteso nel senso di consentire una doppia competenza, ordinaria per il Giudice del procedimento ex art. 8 cod. proc. pen. e ulteriore per i tribunali delle otto sedi ove è presente la Procura Europea per i sequestri probatori.

4. Il ricorso è stato trattato con l'intervento delle parti, su richiesta tempestiva del difensore in relazione alla precedente udienza poi differita, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell'art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall'art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall'art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell'art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.

5. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa Perla Lori ritiene fondato il ricorso e chiede trasmettersi gli atti al Tribunale del riesame competente.

6. Il difensore, avvocato ER, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato.

2. Va preliminarmente osservato che: - l'art. 4 del Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio del 12 ottobre 2017, relativo "all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea («EPPO»)" - le cui disposizioni sono entrate direttamente a far parte dell'ordinamento interno italiano e sono direttamente applicabili senza necessità dell'adozione di un atto legislativo di recepimento - stabilisce che: «[l]'EPPO è competente per individuare, perseguire e portare in giudizio gli autori dei reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, previsti dalla direttiva UE 2017/1371 e stabiliti dal presente regolamento, e i loro complici. A tale proposito l'EPPO svolge indagini, esercita l'azione penale ed esplica le funzioni di pubblico ministero dinanzi gli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri fino alla pronuncia del provvedimento definitivo»; - l'art. 13 dello stesso Regolamento precisa che: «[i] procuratori europei delegati sono altresì responsabili di portare casi in giudizio e dispongono, in particolare, del potere di formulare l'imputazione, partecipare all'assunzione delle prove ed esercitare i rimedi disponibili in conformità del diritto nazionale»; - il successivo art. 25, par. 1, prescrive che «[s]e l'EPPO decide di esercitare la sua competenza, le autorità nazionali competenti non esercitano la loro competenza in relazione alla stessa condotta criminosa»; - l'art. 9, commi 1 e 2, del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 9 (contenente "Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio del 12 ottobre 2017, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea «EPPO»"), stabilisce che, restano «[f]erme in ogni caso le regole ordinarie sulla competenza del giudice, i procuratori europei delegati esercitano le funzioni requirenti sull'intero territorio nazionale, indipendentemente dalla sede di assegnazione» e che «in relazione ai procedimenti per i quali la Procura europea ha assunto la decisione di avviare o avocare un'indagine, i procuratori europei delegati esercitano, in via esclusiva e fino alla definizione del procedimento, nell'interesse della Procura europea e conformemente alle disposizioni del regolamento e del presente decreto, le funzioni e i poteri spettanti ai pubblici ministeri nazionali»; - inoltre, l'art. 10 del citato decreto legislativo è rubricato "Sedi dei procuratori europei delegati" e prevede al comma 1 che il Ministro della Giustizia con proprio decreto determini la pianta organica «individuando le sedi di servizio dei procuratori europei delegati presso una o più procure della Repubblica dei capoluoghi di distretto e modificando, ove necessario, le piante organiche degli uffici giudiziari, nell'ambito delle attuali dotazioni organiche"; prevede, altresì, al comma 3 che «i dirigenti delle procure della Repubblica, individuate quali sedi dei procuratori europei delegati, adottano i provvedimenti organizzativi necessari a favorire la piena integrazione dei procuratori europei delegati nell'ambito dell'ufficio e a dotarli delle unità di personale amministrativo, dei locali e dei beni strumentali».

Inoltre, l'art. 5, del decreto legislativo prevede al comma 4 che quanto alla designazione dei procuratori europei delegati «[i] magistrati interessati presentano una dichiarazione di disponibilità in relazione a una o più delle sedi indicate nell'articolo 10 [...]»; al comma 5 che « [i]l Consiglio superiore della magistratura valuta, in relazione a ciascuna delle sedi indicate ai sensi del comma 4 dai magistrati interessati, le dichiarazioni di disponibilità pervenute [...]» vertendosi in tema di tramutamento di sede e di funzione, tanto che «si osservano, in relazione a ciascuna delle sedi indicate nell'articolo 10, le disposizioni di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160», norme che, come noto, limitano il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente in ragione della sede di provenienza e di destinazione, escludendo che possa avvenire «all'interno dello stesso distretto, né all'interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell' articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all'atto del mutamento di funzioni». Il comma 6 dell'art. 5, infine, prevede che «il Consiglio superiore della magistratura designa [...], per ciascuna delle sedi indicate nell'articolo 10 [...] un numero di magistrati idonei corrispondente a quello indicato dal procuratore capo europeo all'esito della negoziazione di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento» e, ai sensi dell'art. 6, comma 1, «destina i magistrati nominati procuratori europei delegati alle sedi indicate nell'articolo 10».

3. Tanto premesso, è evidente che la speciale disciplina, che vede i Procuratori delegati dal Procuratore europeo operanti secondo le regole processuali nazionali, a più riprese faccia riferimento alla «sede» degli stessi, che viene indicata dal Ministro della Giustizia presso alcune delle procure della Repubblica dei capoluoghi di distretto, a seguito di 'contrattazione' con il Procuratore europeo, nell'ambito di un procedimento che coinvolge anche il Consiglio Superiore della Magistratura.

In sostanza, la circostanza, pure dedotta dal ricorrente, che non esista una limitazione territoriale nazionale all'azione dei P.e.d., non impedisce di individuare che ciascun Ufficio della Procura europea in Italia abbia una propria sede, ben individuata, presso una procura distrettuale della Repubblica.

Tale premessa rende assolutamente corretta la decisione del Tribunale del riesame di Napoli, che individua la propria competenza in ordine al decreto di sequestro probatorio, ai sensi dell'art. 324, comma 5, in quanto «[s]ulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento nel termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti».

A ben vedere, come esattamente rileva il Tribunale del riesame, tale competenza è di natura funzionale rispetto ai provvedimenti applicativi di misure cautelari reali (Sez. 3, n. 19104 del 03/04/2008, Lai, Rv. 239861 - 01).

La previsione codicistica, per tutte le indagini 'nazionali', individua il Tribunale del riesame competente non in relazione al luogo di commissione del reato, che dunque non rileva, ma esclusivamente in ragione della sede dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, nel caso di specie il Procuratore delegato avente sede in Napoli.

D'altro canto, correttamente il Tribunale del riesame evidenzia come l'esercizio delle prerogative dei procuratori delegati debba avvenire «ferme in ogni caso le regole ordinarie sulla competenza del giudice» (art. 9 cit.), fra le quali deve evidentemente annoverarsi anche la regola dell'art. 324, comma 5, cod. proc. pen., tanto più che l'art. 10 ribadisce che il P.e.d. è legittimato a «esercitare i rimedi disponibili in conformità del diritto nazionale» e, quindi, a proporre impugnazioni nel rispetto anche delle regole relative alla competenza fissata dalla normativa nazionale.

Né, tantomeno, anomala deve ritenersi la circostanza che esistano criteri di competenza funzionale che attribuiscano alcune decisioni nell'ambito dello stesso procedimento a giudici diversi rispetto a quelli del procedimento principale, anche in deroga ai principi della competenza territoriale determinati dal luogo di commissione del delitto.

È così, ad esempio, per il procedimento a carico di minorenni per il quale la competenza funzionale in ordine al riesame di provvedimenti che dispongano misure cautelari reali spetta al tribunale ordinario e non al tribunale per i minorenni (Sez. 4, n. 18836 del 11/04/2019, P., rv. 276262 - 01; conf. n. 46975 del 2003 rv. 226728 - 01), che pure è competente funzionalmente per il riesame delle misure cautelari personali, attesa la formulazione letterale dell'art. 25, d.lgs. n. 272 del 1989 che dispone che "sulla richiesta di riesame o sull'appello proposti a norma degli artt. 309 e 310 cod. proc. pen. decide il Tribunale per i minorenni" (Sez. 3, n. 46975 del 29/10/2003, Improta, rv. 226728 - 01).

Altra ipotesi, in cui il procedimento vede una decisione da parte di un giudice funzionalmente competente diverso da quello territorialmente competente per il procedimento principale, si verifica per il caso di arresto e fermo, in relazione al quale viene individuato dall'art. 390 cod. proc. pen. il g.i.p. competente per il luogo di esecuzione della misura precautelare, in deroga alla competenza del pubblico ministero e del g.i.p. territorialmente o funzionalmente competente.

Infatti, in tema di fermo di indiziato di delitto, quando il decreto sia stato emesso dal procuratore distrettuale antimafia e il fermo risulti eseguito nel territorio di altra giurisdizione, spetta al pubblico ministero presso il tribunale del luogo di esecuzione del fermo richiederne la convalida e l'emissione della misura cautelare. In motivazione, Sez. 2, n. 49757 del 27/10/2023, Bennato, rv. 285609 - 01 ha precisato, come è noto, che la competenza funzionale in capo al giudice per le indagini preliminari del luogo in cui il fermo è stato eseguito, prevista, per la convalida, dall'art. 390, comma 1, cod. proc. pen. e, per l'applicazione di misure coercitive, dall'art. 391, comma 5, dello stesso codice, determina un intervento surrogatorio in via d'urgenza, rispetto al quale l'impulso deve provenire dall'ufficio requirente del luogo di esecuzione del fermo (conf.: Sez. 5, n. 2160 del 03/05/1996, Barbieri, rv. 206126 - 01).

D'altro canto, la competenza funzionale del g.i.p. distrettuale ex art. 328, commi 1-bis e 1-quater, cod. proc. pen. - derogatoria dei criteri di competenza territoriale ordinari, connessi al luogo di consumazione del delitto - viene poi a essere a sua volta superata dal ripristino delle regole ordinarie della competenza territoriale per la trattazione dibattimentale, pur restando le relative attribuzioni in relazione ai delitti indicati dall'art. 51 nei commi 3-bis e ss. in capo «all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto».

Infine, che la competenza funzionale del Tribunale del riesame reale sia correlata alla sede dell'ufficio emittente, è stato ritenuto anche in relazione al caso in cui la richiesta di riesame riguardi il sequestro probatorio disposto dal P.M. della Direzione distrettuale antimafia in relazione ad un reato non compreso tra quelli previsti dall'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen.: in tal caso si è ritenuta correttamente proposta al giudice del capoluogo del distretto l'istanza di riesame, in quanto nessuna norma esclude che il suddetto organo inquirente possa perseguire reati, che - ancorché non connessi con quelli rientranti tra le sue attribuzioni - emergano nel corso dell'attività investigativa (Sez. 6, n. 30372 del 16/03/2004, Morelli, Rv. 230442 - 01).

Da ultimo, tornando proprio alla competenza del Tribunale del riesame reale, individuato come quello avente sede nel capoluogo della provincia in cui è ubicato l'ufficio emittente l'impugnato provvedimento, anche i decreti di sequestro probatorio emessi dal pubblico ministero o quelli di sequestro preventivo emessi dal g.i.p. non aventi sede nel capoluogo della provincia vengono trattati dal Tribunale del riesame reale, verificandosi anche in tali casi l'attrazione per competenza funzionale.

Certamente, come osserva la Procura ricorrente, il decreto di sequestro preventivo emesso dal g.i.p. importerà la necessità di individuare il Tribunale del riesame reale sulla scorta dell'«ufficio» che ha emesso il provvedimento che, data la diversità di «sede» del p.e.d. rispetto a quella del g.i.p., competente per il luogo del commesso reato, renderà competente un diverso Tribunale del riesame reale, in caso di uffici emittenti aventi sede in province diverse.

Tale discrasia è però il risultato dell'applicazione di regole in tema di competenza funzionale, quindi inderogabile, fissata dall'art. 324, comma 5, cod. proc. pen.: la circostanza che il p.e.d. abbia un ambito territoriale nazionale di esercizio delle proprie prerogative e che le regole di competenza codicistiche possano condurre a una pluralità di giudici, tutti comunque competenti in ragione di un criterio funzionale, non costituisce una anomalia, per quanto fin qui evidenziato.

Al più richiederebbe un intervento normativo di riordino, come osservato dal Tribunale del riesame con l'impugnato provvedimento: de iure condendo potrebbe ipotizzarsi una competenza distrettuale per la trattazione della fase delle indagini preliminari e dell'udienza preliminare, alla stregua della previsione delle citate disposizioni degli artt. 51 e 328 cod. proc. pen.

Ma, allo stato, la natura funzionale della competenza del tribunale del riesame reale risulta inderogabile e rilevabile in ogni e stato e grado del giudizio: è stato autorevolmente osservato che l'incompetenza funzionale equivale al disconoscimento della ripartizione delle attribuzioni del giudice in relazione allo sviluppo del processo e riflette i suoi effetti direttamente sulla idoneità specifica dell'organo all'adozione di un determinato provvedimento. Essa, pur non avendo trovato un'esplicita previsione neppure nel nuovo codice di procedura penale, proprio perché connaturata alla costruzione normativa delle attribuzioni del giudice ed allo sviluppo del rapporto processuale, è desumibile dal sistema ed esprime tutta la sua imponente rilevanza in relazione alla legittimità del provvedimento emesso dal giudice, perché la sua mancanza rende tale provvedimento non più conforme a parametri normativi di riferimento (così Sez. U, n. 14 del 20/07/1994, De Lorenzo, rv. 198219 - 01, in relazione al caso di incompetenza funzionale del provvedimento - viziato, quindi, da nullità assoluta - di applicazione di una misura cautelare adottato da un giudice per le indagini preliminari in un caso in cui, trattandosi di reati ministeriali, sussisteva la speciale competenza funzionale del collegio previsto dall'art. 7 della legge costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1).

4. Deve pertanto affermarsi che, ai sensi dell'art. 324, comma 5, cod. proc. pen., funzionalmente competente in ordine al decreto di sequestro probatorio emesso dal procuratore delegato europeo è il tribunale del riesame del capoluogo della provincia nella quale l'ufficio del P.e.d. ha sede, individuata quest'ultima, ai sensi dell'art. 10 del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 9 (contenente "Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento UE 2017/1939 del Consiglio del 12 ottobre 2017, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea «EPPO»"), dal Ministro della Giustizia con proprio decreto, in quanto la normativa speciale relativa alle funzioni di EPPO, ai sensi dell'art. 9, comma 1, d.lsg. cit., lascia "ferme in ogni caso le regole ordinarie sulla competenza del giudice" nazionale.

5. Ne consegue il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.