Non è abnorme, perché rientra nei suoi poteri, l'ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari, in esito all'udienza camerale fissata a seguito di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione per il delitto di maltrattamenti contro familiari, indichi al pubblico ministero tra le indagini necessarie, anche ai fini della valutazione del rischio, l'acquisizione dei dati del traffico telefonico con indicazione delle celle di aggancio.
Cassazione penale
sez. VI, ud. 30 marzo 2023 (dep. 4 maggio 2023), n. 18853
Presidente Fidelbo – Relatatrice Travaglini
Ritenuto in fatto
1. Con l'ordinanza di cui in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Enna, nel procedimento a carico di C.D. per il reato di cui all'art. 572 c.p., all'esito dell'udienza fissata ex art. 409 c.p.p., a seguito della richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero e sull'opposizione della persona offesa, disponeva che l'organo dell'accusa svolgesse, entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, attività di indagine suppletiva dettagliatamente indicate.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Enna, chiedendone l'annullamento per abnormità sia sotto il profilo strutturale che sotto il profilo funzionale.
Sotto il profilo strutturale in quanto il Giudice per le indagini preliminari non si è limitato a disporre indagini suppletive, ma ha imposto all'organo dell'accusa forme e modalità di svolgimento degli accertamenti indicando di acquisire i tabulati telefonici in violazione del D.L. n. 132 del 30 settembre 2021 che ne rimette la scelta al solo pubblico ministero e attribuisce al Giudice per le indagini preliminari esclusivamente l'autorizzazione a provvedervi.
Sotto il profilo funzionale, inoltre, il Giudice per le indagini preliminari ha ordinato l'acquisizione dei dati del traffico telefonico con riferimento ad un periodo antecedente alla data di consumazione del reato (marzo 2021), tanto da retrodatare temporalmente il campo investigativo, anche oltre l'ultimo biennio utile per l'acquisizione dei dati del traffico telefonico, alla luce, peraltro, della condanna dell'indagato in altro procedimento per il reato di molestie telefoniche ai danni di L.P.E. , fatti commessi dal (OMISSIS) .
Infine, secondo il ricorrente il provvedimento impugnato è carente della motivazione necessaria ai sensi dell'art. 132 del Codice della privacy che consente l'acquisizione dei dati menzionati solo "ove rilevanti ai fini della prosecuzione delle indagini" e comunque non richiede anche l'acquisizione dei dati in uscita dall'utenza della persona offesa.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Enna denuncia l'abnormità del provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, all'esito della richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero per il delitto di maltrattamenti e dell'opposizione della persona offesa, ha disposto che l'organo dell'accusa svolgesse ulteriori attività investigative consistenti: 1) nell'acquisizione, presso la società di telecomunicazione che ne ha la materiale disponibilità, dei dati di traffico telefonico in entrata sull'utenza della persona offesa (con indicazione del nominativo e del numero telefonico) ed in uscita sull'utenza telefonica in uso alla persona offesa (con indicazione del numero telefonico), per il periodo compreso tra l'1.7.2020 ed il 31.3.2021, "con la ulteriore indicazione delle celle di aggancio per le giornate del 29 e 30 marzo 2021"; 2) nell'analisi dei tabulati oggetto di indagine suppletiva, indicando il numero delle telefonate tra le due utenze nel periodo di riferimento.
2.1. In sostanza la Procura ricorrente ritiene che il giudice abbia travalicato i propri ambiti di controllo e si sia sostituito all'organo dell'accusa per avere sollecitato una precisa attività investigativa, quale quella dell'acquisizione dei dati del traffico telefonico sull'utenza della persona offesa, così violando le prerogative ordinamentali spettanti al pubblico ministero, unico titolare dell'azione penale, e eludendo il D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 132, comma 3, per come modificato che consente soltanto al Pubblico ministero l'acquisizione della fonte di prova.
2.2. Poiché solo un atto abnorme legittima il ricorso per cassazione avverso un provvedimento che altrimenti non sarebbe impugnabile, ai sensi della Cost., artt. 111 e 568, comma 2, c.p.p., è necessario accertare se, nel caso di specie, il provvedimento impugnato dal pubblico ministero ed emesso dal Giudice per le indagini preliminari all'esito dell'udienza camerale di cui all'art. 409, comma 4, c.p.p. possa qualificarsi come atto abnorme.
2.3. Per affrontare la questione posta è necessario inquadrare la categoria dell'abnormità nei termini delineati dalle Sezioni unite secondo le quali un atto è abnorme quando "per la sua singolarità si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale" (abnormità strutturale) oppure quando "pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo" oppure "si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite" (Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, dep. 2000, Magnani, Rv. 215094; Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590).
Al contrario, non può invocarsi la categoria dell'abnormità per giustificare la ricorribilità immediata per cassazione di atti illegittimi, affetti solo da nullità o comunque sgraditi e non condivisi (Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, Boniotti, Rv. 217244).
2.4. Nel caso in esame, il Giudice per le indagini preliminari, con riferimento al delitto di maltrattamenti, ha disposto che il pubblico ministero acquisisse i dati del traffico telefonico - in entrata sull'utenza della persona offesa ed in uscita sull'utenza in uso all'indagato - con indicazione del periodo e delle celle di aggancio, e svolgesse l'analisi dei tabulati, con quantificazione del numero di telefonate. Si tratta, all'evidenza, di un provvedimento che non si è limitato a delineare i soli "temi di indagine", ma ha individuato, pur in modo specifico, le indagini suppletive utili ai fini del decidere.
Questo, però, non si traduce affatto in una abnormità nei termini prospettati dal ricorso, non solo perché l'art. 409, comma 4, c.p.p., sotto il profilo testuale, consente al giudice di indicare "ulteriori indagini", senza stabilirne il livello di dettaglio o meno, ma anche perché, attraverso detta attività, non avviene, alcun travalicamento dei poteri di controllo sul corretto esercizio dell'azione penale che sono propri del giudice, specialmente in questa fase e alla luce del contraddittorio tra le parti, sollecitato proprio dalla persona offesa, all'esito della sua opposizione all'archiviazione.
Non si può di certo negare che appartenga proprio al ruolo della giurisdizione accertare gli ambiti di integrazione probatoria non percorsi dal pubblico ministero, e questo non per sostituirvisi, ma per evitare che non si provveda ad esplorare tutti gli ambiti utili al soddisfacimento di un'indagine completa, pur nei limiti della fase oggetto di esame.
2.5. Detta esigenza vale, a maggior ragione, in relazione a reati, quale quello contestato nella specie, di violenza contro le donne, in cui il delimitato ruolo di controllo procedimentale del giudice sull'organo dell'accusa non può essere letto, come emerge dal ricorso, in una chiave di competizione, alterazione o sconfinamento tra poteri delle diverse autorità giudiziarie, ma nell'unico superiore interesse ordinamentale ed istituzionale che consiste nell'evitare che le indagini siano inadeguate e lacunose.
Tra l'altro, va considerato che, rispetto a reati come la violenza domestica, la cornice anche sovranazionale impone allo Stato precisi obblighi di garanzia, adeguatezza e tutela, proprio nella fase investigativa in cui si opera la valutazione dei rischi di letalità, per come previsto dagli artt. 18, 50 e 51 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata con L. 27 giugno 2013, n. 77, specialmente a seguito delle plurime condanne dell'Italia da parte della Corte EDU per attività di indagine risultate non celeri e non adeguate (par. 106 della sentenza Talpis contro Italia del 2 marzo 2017; parr. 82 e ss. della sentenza Landi contro Italia del 7 aprile 2022; parr. 88 e ss. della sentenza De Giorgi contro Italia del 16 giugno 2022).
In sostanza, l'ordinamento processuale prevede, attraverso un organo terzo ed imparziale, un ulteriore presidio di controllo sulla completezza investigativa per evitare quella che, la Corte EDU, ha definito "passività giudiziaria" (sentenza Landi contro Italia del 7 aprile 2022).
Peraltro, l'acquisizione dei dati del traffico telefonico è strettamente connessa al tipo di delitto nella specie contestato e, insieme all'indicazione delle celle di aggancio, costituisce una modalità ordinaria attraverso la quale verificare l'attendibilità della persona offesa e operare l'indispensabile valutazione del rischio per delineare il contesto complessivo delle condotte denunciate. Si tratta di elementi necessari al giudice, specie alla luce dell'irrevocabilità del decreto penale di condanna per molestie telefoniche emesso nei confronti dello stesso indagato nei confronti della medesima vittima poco tempo prima, come segnalato dallo stesso ricorso.
Detta acquisizione, peraltro, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, non altera la sequenza delineata dal D.L. n. 132 del 30 settembre 2021, come temuto dal Pubblico ministero, in quanto, comunque, resta affidato al giudice il potere di vagliarne successivamente la richiesta, a fronte di un organo dell'accusa che non vi ha provveduto.
Inoltre, la censura sul dato temporale della disposta acquisizione dei tabulati, comprensiva anche di una frazione di condotta oggetto di un decreto penale di condanna emesso nei confronti del medesimo soggetto, per il meno grave reato di molestie, è questione che sarà valutata successivamente dall'organo decidente ed attiene all'inutilizzabilità delle indagini e non alla questione dell'abnormità del provvedimento che la dispone.
3. In conclusione, non è abnorme, perché rientra nei suoi poteri, l'ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari, in esito all'udienza camerale fissata a seguito di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione per il delitto di maltrattamenti contro familiari, indichi al pubblico ministero tra le indagini necessarie, anche ai fini della valutazione del rischio, l'acquisizione dei dati del traffico telefonico con indicazione delle celle di aggancio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.