La "Carta di Noto" non ha valore vincolante e la sua violazione non costituisce, di per sè, causa di inutilizzabilità della testimonianza o di nullità della sentenza e l'inosservanza delle indicazioni fornite dalla Carta di Noto non determina, per sè sola, l'inattendibilità delle dichiarazioni raccolte.
In caso di inosservanza delle indicazioni fornite dalla Carta di Noto il giudice dovrà comunque motivare sull'attendibilità del dichiarante in modo tanto più pregnante quanto maggiore sia stato in concreto il grado di scostamento dalle linee guida.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Sent., (data ud. 09/03/2023) 31/03/2023, n. 13537
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LIBERATI Giovanni - Presidente -
Dott. GENTILI Andrea - Consigliere -
Dott. REYNAUD Gianni - Consigliere -
Dott. GALANTI Alberto - rel. Consigliere -
Dott. MAGRO Beatrice - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. A.A., nato a (Omissis);
avverso la sentenza del 30/03/2022 della Corte di appello di Caltanissetta;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere GALANTI Alberto;
sentito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale D.ssa COSTANTINI Francesca, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito per la parte civile l'avv. MM, in sostituzione dell'Avv. GR del Foro di Novara, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso;
udito per l'imputato l'avv. GC del Foro di Palermo, che ha concluso contestando le conclusioni del Procuratore generale e chiedendo l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Il ricorrente era stato tratto a giudizio in ordine al reato continuato di cui all'art. 609-bis c.p., aggravato ai sensi dell'art. 609-ter, u.c., commesso in (Omissis), in danno di B.B., figlio della sua compagna convivente, all'epoca dei fatti minore di anni dieci. Si contestava all'imputato di aver mostrato al bambino gli organi genitali e di averlo ripetutamente costretto a subire rapporti anali completi. Il Giudice per l'udienza preliminare di Gela, con sentenza resa in data 01/06/2021 in esito a giudizio abbreviato, concesse circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, condannava A.A. alla pena di anni quattro di reclusione, oltre alle pene accessorie previste per legge.
2. Con sentenza del 30/03/2022, la Corte di appello di Caltanissetta confermava la sentenza di primo grado.
3. Avverso tale sentenza l'imputato propone, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione; in particolare:
3.1. Con il primo motivo lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606, lett. b) e c), in riferimento agli artt. 192 e 533 c.p.p.. Censura il ricorrente come le motivazioni poste a supporto del giudizio di colpevolezza risultino di scarso pregio, sia sotto il profilo logico-giuridico, che probatorio.
Sostiene, in particolare, l'inattendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, unica fonte di prova utilizzata dalla Corte di appello per provare la colpevolezza dell'imputato, del tutto prive di riscontri esterni (anzi, risultando l'unico riscontro esterno - l'accertamento tecnico sul telefono sui supporti informatici dell'imputato e delle persone a lui vicino - di segno negativo) ed intrinsecamente inattendibili.
In primo luogo, infatti, la genuinità del narrato sarebbe stata inquinata dall'incontro organizzato dalla madre del bambino in data (Omissis) con i nipoti C.C. ed D.D., in cui la stessa incalzava e compulsava il minore con domande suggestive.
In secondo luogo, la Corte di appello non ha tenuto conto dello straordinario valore probatorio dell'accertamento tecnico compiuto sugli apparecchi elettronici dell'imputato, che ha escluso la presenza di materiale pornografico.
Da ultimo, lo specialista incaricato di esaminare il minore, Dott. E.E., non ha rilevato sullo stesso alcun sintomo o atteggiamento anomalo.
La Corte di appello in definitiva, pur in presenza di specifiche censure mosse dalla difesa in sede di gravame, si sarebbe limitata a richiamare quella giurisprudenza di legittimità secondo cui le dichiarazioni della persona offesa sono sufficienti a fondare un giudizio di colpevolezza senza confrontarsi con gli specifici motivi di appello.
Inoltre, avrebbe omesso di svolgere un approfondito esame della personalità e vulnerabilità della persona offesa al fine di vagliarne l'attendibilità, soprattutto alla luce della relazione della D.ssa F.F., da cui emergerebbe un pesante condizionamento della figura materna (in aperto conflitto con l'imputato all'epoca dei fatti), tale da minarne la credibilità.
Da ultimo, il ricorrente lamenta come la Corte di appello abbia omesso di confrontarsi con le doglianze sollevate dalla difesa;
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606, lett. b) e c), in riferimento all'art. 192 c.p.p. e art. 609-bis c.p.. Sostiene il ricorrente che dalla semplice lettura del verbale di incidente probatorio emergerebbe un chiaro condizionamento verbale operato sul minore dichiarante, le cui dichiarazioni sarebbero tutt'altro che autonome, lineari, dettagliate e veritiere, come dettagliatamente indicato mediante stralcio di parti della relativa trascrizione.
Evidenzia inoltre il ricorrente come l'audizione del minore sarebbe avvenuta in violazione della c.d. "Carta di Noto", ciò che obbligherebbe il giudice ad una "motivazione rinforzata", mentre la Corte di appello si sarebbe limitata a sostenere che tale violazione non inficia l'attendibilità del minore;
3.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606, lett. b) e c) in riferimento alla dosimetria della pena, non avendo debitamente motivato nè il giudice di primo grado nè quello di appello sul perchè essa sia stata irrogata molto al di sopra del minimo edittale.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso e la parte del secondo motivo che concerne l'attendibilità della persona offesa possono essere trattati congiuntamente (salvo le specificazioni in appresso evidenziate) per l'identità delle questioni poste.
I motivi sono entrambi inammissibili.
1.1. Prima di affrontare in dettaglio le censure proposte, occorre premettere che secondo la costante e condivisibile giurisprudenza della Corte (Sez. 3, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, non massimata sul punto) "in presenza di una doppia conforma affermazione di responsabilità, va, peraltro, ritenuta l'ammissibilità della motivazione della sentenza d'appello per relationem a quella della decisione impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello, nell'effettuazione del controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è tenuto a riesaminare questioni sommariamente riferite dall'appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermato il primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate. In tal caso, infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicchè le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (Cass. pen., Sez. II, sentenza n. 1309 del 22 novembre 1993 - 4 febbraio 1994, CED Cass. n. 197250; Sez. III, sentenza n. 13926 del 1 dicembre 2011 - 12 aprile 2012, CED Cass. n. 252615)".
La c.d. "doppia conforme" si verifica in particolare (Sez. 2, n. 37295 del 12/05/2019, EI Rharbi, RV. 277218) quando sono stati rispettati i seguenti parametri: a) la sentenza di appello ripetutamente richiama la sentenza di primo grado; b) entrambe le sentenze di merito adottano gli stessi criteri di valutazione delle prove (Sez. 3, n. 44418/2013, Argentieri, RV. 257595)".
In tal caso (Sez. 2, n. 3892 del 20/12/2022, Riccobono, non massimata), "eventuali carenze della seconda decisione in ordine alle censure contenute nell'atto d'impugnazione sono superabili mediante il richiamo agli argomenti adottati dalla prima sentenza (cfr., tra le tante, Sez. 2 -, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 - 01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, Valerio, Rv. 252615 01; Sez. 3, n. 10163 del 01/02/2002, Lombardozzi, Rv. 221116 - 01)".
In presenza di una doppia conforme anche nell'iter motivazionale (Sez. 2, Sentenza n. 4829 del 18/11/2022, Sacco, non massimata), "il giudice di appello non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, Cammi, Rv. 277593-01; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, Amaniera, Rv. 260841-01). Neanche la mancata enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo all'accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all'imputazione, determina la nullità della sentenza d'appello per mancanza di motivazione, se tali prove non risultano decisive e se il vaglio sulla loro attendibilità possa comunque essere ricavato per relationem dalla lettura della motivazione (Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, C., Rv. 275853-01)".
Va quindi ribadito il principio secondo cui "è preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova" (sent. ult. cit., che richiama Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 27321701; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482-01; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099-01).
Nel caso di specie si è in presenza di una doppia conforme di merito, per cui le doglianze difensive andranno confrontate con entrambe le sentenze, che andranno considerate unitariamente anche sotto il profilo dell'ammissibilità dell'impugnazione.
1.2. La doglianza relativa all'inattendibilità della persona offesa.
Come richiamato dallo stesso ricorrente, le dichiarazioni della persona offesa possono da sole, senza la necessità di riscontri estrinseci, essere poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità penale dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve, in tal caso, essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (v., ex plurimis, Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Rv. 253214; Sez. 3, n. 5915/2020, cit.), "non trovando applicazione nei confronti della persona offesa le regole di valutazione della prova dettate dall'art. 192 c.p.p., comma 3, - in base al quale le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell'art. 12 c.p.p. sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità - previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto... (omissis)... consentendo così l'individuazione dell'iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata (cfr. Cass., sez. V, n. 1666 dell'8.7.2014, rv. 261730)"; si è anche ritenuto che, qualora risulti opportuna l'acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l'intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, nè assistere ogni segmento della narrazione" (Sez. 5, n. 27892 del 9/04/2021, dep. 2022, Lo Presti, non massimata; cfr. Cass., sez. V, n. 21135 del 26.3.2019, rv. 275312).
L'esclusione dell'applicazione della regola di giudizio di cui all'art. 192 c.p.p. alla deposizione della persona offesa era del resto stata correttamente indicata già a pagina 20 della sentenza di primo grado e ribadita a pagina 9 della sentenza di appello.
Nè, d'altro canto, al caso specie può trovare applicazione quella giurisprudenza (v., ex plurimis, Sez. 5, n. 33280 del 05/04/2017, Favata, non massimata) secondo cui "può essere opportuno" procedere al riscontro delle dichiarazioni rese con altri elementi "qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile e sia, perciò, portatrice di una specifica pretesa economica la cui soddisfazione discenda dal riconoscimento della responsabilità dell'imputato (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, cit.; Sez. 1, n. 29372 del 24/06/2010, Stefanini, Rv. 248016; Sez. 6, n. 33162 del 03/06/2004, Patella, Rv. 229755)", posto che la persona offesa, all'epoca dei fatti minore di anni dieci, si è costituita per il tramite del genitore esercente la potestà, e non jure suo.
Esclusa la necessità di reperire adeguati riscontri estrinseci alla deposizione della persona offesa, i giudici di merito hanno quindi motivato ampiamente in ordine alla attendibilità del minore; si rinvia in proposito alle pagine da 20 a 22 della sentenza di primo grado e alle pagine 4 e seguenti della sentenza impugnata, in cui i giudici hanno confermato la piena attendibilità del piccolo B.B.: evidenziando il profondo senso di disagio, paura e timore mostrati dallo stesso (che si "mostrava lucido e in grado di contestualizzare luoghi e tempi ed emergeva un profondo senso di disagio, paura e timore nei confronti dell'indagato, tanto che alla domanda del perito su chi ci fosse in Sicilia, il minore affermava: "la mamma, il fratellino"... e seguiva un lungo silenzio, segno di malessere nei confronti dell'imputato"); confrontandosi con la progressiva emersione del narrato nel corso dei colloqui con la D.ssa F.F. ("nessuna rilevanza può avere il fatto, sottolineato dalla difesa quale indice di inattendibilità, che il minore abbia deciso di raccontare gli abusi nel corso del secondo incontro del 6 ottobre 2016: "mi faceva delle cose bruttissime... Quando non c'era la mamma mi metteva il pisellino nel culetto""); escludendo qualsiasi forma di suggestione o influenza da parte della mamma, determinata dal conflittuale rapporto con l'indagato ("è di solare chiarezza la conclusione scientifica circa la capacità del minore di rendere testimonianza e, soprattutto per quanto di specifico interesse con riguardo alla doglianza difensiva sviluppata nel primo motivo di gravame, la sua autonomia rispetto alla figura materna ed il possesso di capacità cognitive e mnestiche adeguate"... "a fronte di tale capacità, alcuna forma di suggestione può ravvisarsi nelle domande poste dalla madre e nella registrazione del colloquio dalla stessa effettuata come, peraltro, si ricava agevolmente dal tenore di dialoghi intercorsi, del tutto avulsi da una supina ripetizione di spunti dichiarativi altrui e, piuttosto, incentrati sull'elaborazione autonoma degli argomenti trattati, a prescindere dalle aspettative della madre, laddove, ad esempio, il minore ha decisamente negato che l'imputato gli toccasse il pisellino e, invece, ribadito che l'imputato lo sodomizzava, non potendo sfuggire i passaggi in cui il piccolo B.B. corregge la mamma insistendo in una narrazione dei fatti, del tutto autonoma").
Ancora, la Corte sottolinea l'esistenza di "particolari tipizzanti" del narrato del piccolo B.B., quali la gestualità libidinosa dell'imputato, l'avere mimato la gestualità tipica dell'atto sessuale in modo spontaneo e inaspettato alla presenza dei cugini e le frasi in quella circostanza proferite (come il riferimento a particolari del rapporto e a dettagli anatomici dell'imputato).
Infine, la Corte di appello sottolinea l'importanza probatoria dei particolari riferiti dal minore ("quali, segnatamente, proprio il movimento del girare la testa, dopo essersi sdraiato sul fianco, per vedere quello che faceva l'imputato, particolare individualizzante che, lungi dal rendere inattendibile il suo narrato come vorrebbe la difesa, consolida la rilevanza probatoria delle dichiarazioni di B.B.").
Conclusivamente la Corte territoriale sottolinea da un lato l'esistenza di una particolare "solidità del costrutto accusatorio", dall'altro la mancanza di verosimiglianza di una prospettazione alternativa, non proposta dalla difesa in termini credibili (in tal modo saldandosi con la pronuncia di primo grado, pag. 24: "non può utilmente sostenersi - e non sono emersi elementi per farlo - che il minore abbia reso un racconto fantasioso solo per smania di protagonismo o per altre similari ragioni"; pag. 25, secondo cui le dichiarazioni dell'imputato, che riconduceva il narrato del piccolo ad una "ripicca" ordita dalla madre, G.G., a causa dell'astio che provava nei suoi confronti "sono risultate in insanabile contrasto con il materiale probatorio acquisito").
In ordine ai risultati della valutazione operata dalla D.ssa F.F., occorre chiarire che essa non ha concluso nel senso di una "incompatibilità" tra l'osservazione clinica del bambino e l'asserita violenza ma di "non compatibilità", meglio circostanziata in seguito alla luce del duplice profilo della insussistenza di prova, nella letteratura scientifica, di "indicatori di disagio specifici" di abusi sessuali, e della compresenza di "diverse separazioni affettive" a carico del minore nella sua pur breve esistenza; correttamente, pertanto, la corte territoriale ha verificato aliunde l'attendibilità del narrato del minore.
Circa la lamentata omessa valutazione di alcuni profili di censura da parte dei giudici di appello, si deve ribadire quanto affermato in premessa: in presenza di una "doppia conforme", il giudice di appello non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni dei suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi.
1.3. Del tutto inammissibile è poi la parte del motivo che intende evidenziare talune contraddizioni nel narrato del piccolo B.B.. Essa infatti, nel riportare ampi stralci dell'esame della persona offesa minore, si limita a sostenere una lettura alternativa degli elementi di prova rispetto a quella fornita dalla Corte di appello di Caltanissetta (e dal giudice di primo grado), operazione esclusa nel giudizio di cassazione (sul punto v. Sez. 4, n. 24826, del 16/03/2021, Benenati, non massimata: "il sindacato di legittimità "deve essere limitato soltanto a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l'adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali"", che cita, in senso conforme, Sez.4, n. 5693, del 31.03.1999 rv 213798-01; Sez.1, n. 10528, del 12.07.2000, rv 217052-01).
Inoltre, per costante giurisprudenza di legittimità (v., ex plurimis, Sez. 5, n. 186 del 13/09/2022, Bruscoli, non massimata) esula "dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944)".
2. Con il secondo motivo di ricorso (salva la parte relativa all'inattendibilità del minore, che il Collegio ha già trattato nel paragrafo che precede) il ricorrente lamenta il mancato rispetto delle modalità di escussione del B.B. della c.d. "Carta di Noto".
Il motivo è del pari inammissibile, per le ragioni di seguito espresse.
Con la locuzione "Carta di Noto" ci si riferisce a delle linee guida stilate a seguito di un convegno tenutosi il 9 giugno 1996 a Noto (SR), successivamente aggiornate il 7 luglio 2002, avente ad oggetto "l'abuso sessuale sui minori e processo penale", le quali contengono indicazioni relative alla professionalità richiesta per i soggetti che ascoltano il minore, all'oggetto dell'audizione, alle modalità di conduzione e documentazione dell'esame, all'assistenza psicologica del minore, al valore della sua deposizione davanti all'esperto come mezzo di prova.
Le indicazioni della Carta di Noto non sono state trasfuse all'interno del codice di rito, anche se il D.Lgs. 15 dicembre 2015, n. 212, (attuazione della direttiva 2012/29/UE, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato) ha introdotto, all'art. 90-quater c.p.p., la nozione di "condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa" (tra cui si può far rientrare pacificamente la condizione del minore che abbia subito abusi sessuali), cui è ricondotta la possibilità di servirsi di particolari strumenti processuali, disciplinati dagli art. 351, comma 1-ter, art. 362, comma 1-bis (i quali prevedono che la polizia giudiziaria o il pubblico ministero, nell'assumere sommarie informazioni da una vittima particolarmente vulnerabile, si avvalgano di un esperto in psicologia o psichiatria infantile), art. 392, comma 1-bis, in tema di incidente probatorio, e art. 498 c.p.p., comma 4-quater, che disciplina l'esame dibattimentale della persona offesa che versi in condizione di particolare vulnerabilità (prevedendosi la possibilità che esso avvenga con l'adozione di modalità protette).
Al di fuori di questi confini, la Corte ha reiteratamente chiarito che "le linee guida contenute nella Carta di Noto sono prescrizioni volte a valutare l'attendibilità del minore, vittima di reato sessuale, e a tutelarne la sfera psicologica. Non si tratta di norme vincolanti ed è, pertanto, facoltà del giudice discostarsi dalle stesse, purchè tale decisione sia supportata da un'adeguata motivazione" (Sez. 3, n. 29333 del 16/09/2020, Frigo, non massimata).
Ancora, Sez. 3, n. 15737 del 15/11/2018, dep. 2019, Latocca, Rv. 275863, ha precisato che "in tema di esame testimoniale, non determina nullità o inutilizzabilità della prova l'inosservanza dei criteri dettati dalla cosiddetta "Carta di Noto" nella conduzione dell'esame dei minori, persone offese di reati di natura sessuale, che hanno carattere non tassativo, in quanto si limitano a fornire suggerimenti volti a garantire l'attendibilità delle dichiarazioni del minore e la protezione psicologica dello stesso", mentre Sez. 3, n. 5915 dell'11/12/2019, dep. 2020, Pipola, non massimata, nel ribadire che l'inosservanza delle linee guida prescritte dalla Carta di Noto nella conduzione dell'esame del minorenne vittima di abusi sessuali non determina alcuna nullità o inutilizzabilità della prova, ha precisato che tale inosservanza non "è, di per sè, ragione di inattendibilità delle dichiarazioni raccolte (così, da ultimo, Sez. 3, n. 5754 del 16/01/2014, Rv. 259133)".
Da ultimo, Sez. 3, n. 648 dell'11/10/2016, dep. 2017, Cavanelli, RV. 268738, ha indicato la necessità di un maggior rigore da parte del giudice del merito in ordine alla valutazione dell'attendibilità dell'audito ("il giudice è tenuto a motivare perchè, secondo il suo libero ma non arbitrario convincimento, ritenga comunque attendibile la prova dichiarativa assunta in violazione di tali metodiche, dovendo adempiere ad un onere motivazionale sul punto tanto più stringente quanto più grave e patente sia stato, anche alla luce delle eccezioni difensive, lo scostamento dalle citate linee guida").
Dalla richiamata giurisprudenza si ricavano i seguenti principi:
1. la Carta di Noto non ha valore vincolante e la sua violazione non costituisce, di per sè, causa di inutilizzabilità della testimonianza o di nullità della sentenza;
2. l'inosservanza delle indicazioni fornite dalla Carta di Noto non determina, per sè sola, l'inattendibilità delle dichiarazioni raccolte;
3. in caso di inosservanza delle indicazioni fornite dalla Carta di Noto il giudice dovrà comunque motivare sull'attendibilità del dichiarante in modo tanto più pregnante quanto maggiore sia stato in concreto il grado di scostamento dalle linee guida.
Nel caso in esame, da un lato la Corte di appello di Caltanissetta sottolinea come non vi sia stata alcuna violazione delle linee guida previste dalla Carta di Noto (pag. 3, dove si dà atto che esse sono espressamente richiamate nell'incipit della relazione peritale della D.ssa F.F.), dall'altro ha espressamente e congruamente motivato (pag. 4) in riferimento alle modalità ai contenuti dell'audizione, concludendo per l'attendibilità del giovane testimone.
Il motivo di ricorso si rivela quindi inammissibile per genericità, non confrontandosi con il contenuto della sentenza.
3. Il terzo motivo di ricorso, in cui si lamenta la mancanza di motivazione su una irrogazione di pena superiore al minimo edittale, è inammissibile, oltre manifestamente infondato.
La Corte di appello ha confermato quoad poenam la statuizione di prima cura (la quale, trattandosi di "doppia conforme", integra e completa quella confermativa di secondo grado), la quale aveva sinteticamente ma esaustivamente motivato in ordine allo scostamento, sia pur minimo, rispetto al minimo edittale affermando che "sulla scorta dei criteri di cui all'art. 133 c.p., tra cui la personalità dell'imputato - soggetto incensurato - e la rilevanza della condotta, in considerazione della continuazione interna tra le violazioni, deve discostarsi la pena dal minimo edittale, seppure in maniera contenuta".
Il ricorso non considera, inoltre, il costante orientamento della Corte secondo cui la graduazione del trattamento sanzionatorio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p.; pertanto, nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, Cipollini, non massimata; Sez. 2, n. 4829 del 18/11/2022, Sacco, non massimata; Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, Cicciù, Rv. 273819; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, Pacchiarotti, Rv. 255825).
Le Sezioni unite di questa Corte hanno inoltre ribadito che "una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata è necessaria soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale" (così Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869-01, in motivazione), circostanza non ricorrente nel caso di specie.
A ciò il Collegio aggiunge che la doglianza non era stata compiutamente articolata nell'atto di appello, in cui l'impugnante si era limitato a chiedere, in via subordinata, il "minimo della pena con i benefici di legge". Come correttamente osservato dal Procuratore generale, secondo la giurisprudenza della Corte è inammissibile per carenza d'interesse il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile "ab origine" per manifesta infondatezza, in quanto l'eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Bercigli, Rv. 277281 - 01; conf.: Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022, Testa, Rv. 283808 - 01: "il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per cassazione, poichè i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria, quand'anche il giudice dell'impugnazione non abbia pronunciato in concreto tale sanzione").
4. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende e rifonda le spese della parte civile, come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Condanna, inoltre, l'imputato alla refusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile F.F., in proprio e per il figlio minore, che liquida in complessive Euro 4.800,00.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 9 marzo 2023.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2023