Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Appellante in detenzione domiciliare: nuova elezione di domicilio (Cass. 17055/24)

23 aprile 2024, Cassazione penale

La inammissibilità dell'impugnazione in ipotesi di omesso deposito della dichiarazione o elezione di domicilio da parte dell'imputato appellante, ai fini della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione, opera anche nei confronti del detenuto in detenzione domiciliare.

 

Corte di Cassazione 

sez. V penale, 19 marzo - 23 aprile 2024 

sentenza n. 17055

1. Con ordinanza del 17.11.2023, la Corte di appello di Milano ha dichiarato l'inammissibilità degli appelli proposti nell'interesse di C.F. e P.M., in data 31.07.2023, avverso la sentenza del Tribunale della medesima città emessa in data 5.04.2023.

In particolare, la Corte territoriale, ha ritenuto che gli atti di appello non fossero conformi al disposto dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., a norma del quale con l'atto di impugnazione deve essere depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio dell'imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.

2. Avverso la predetta ordinanza, ricorrono autonomamente gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia.

3. Il ricorso proposto nell'interesse di C.F. si compone di due motivi.

3.1. Con il primo motivo si contesta l'erronea applicazione dell'art. 581 cod. proc. pen., per non avere l'ordinanza impugnata adeguatamente considerato che la nomina a difensore di fiducia e procuratore speciale era stata effettuata con sottoscrizione autenticata dal difensore per tutti i gradi di giudizio e con espresso mandato a proporre impugnazione avverso ogni provvedimento, compreso l'atto di appello. Contestualmente, vi era indicata la elezione di domicilio presso lo studio del difensore ed il deposito della nomina era stato effettuato - secondo le disposizioni in materia - attraverso il portale della Procura della Repubblica che l'ha recepita.

Inoltre, - aggiunge il difensore - non è intervenuto alcun mutamento difensivo dalla fase delle indagini preliminari a quella del dibattimento, tanto che il verbale di prima udienza riporta la notificazione del decreto che dispone il giudizio presso il difensore domiciliatario.

In sostanza, l'imputato ha impugnato la sentenza di primo grado conservando il medesimo domicilio eletto presso il proprio difensore, tanto che la stessa Corte territoriale ha notificato l'ordinanza impugnata all'indirizzo PEC del difensore mediante la dicitura "notifica ai sensi di: elettivamente domiciliato". Pertanto, si ritiene che l'atto di appello sia stato correttamente depositato, non ritenendosi logica la contestazione mossa dalla Corte territoriale a fondamento della dichiarata inammissibilità.

Con riguardo al richiamo normativo del nuovo art. 581 cod. proc. pen., così come introdotto dalla Riforma Cartabia, si ritiene che le novelle introdotte in tale articolo - giustificate da esigenze acceleratone del processo penale - frappongano ostacoli eccessivi all'esercizio del diritto di difesa. Invero, proprio per ridurre i margini di possibile tensione con i precetti costituzionali, deve sostenersi che la norma si limiti a richiedere che la dichiarazione o elezione di domicilio deve essere depositata al momento dell'impugnazione e non anche che debba essere successiva al provvedimento impugnato; e nel caso di specie, essendosi di fronte ad un'elezione di domicilio esistente in atti al momento della proposizione dell'impugnativa in appello - ed in presenza di un mandato difensivo che contemplava dall'inizio il potere di proporre impugnazione avverso la sentenza di condanna e di riferire l'elezione di domicilio anche all'impugnazione - l'onere deve essere ritenuto assolto.

Pertanto, l'ordinanza impugnata ha violato gli artt. 2,24,111 Cost. e l'art. 6 CEDU, dovendosi operare il giusto bilanciamento del diritto di difesa con la ragionevole durata del processo, evitandosi eccessivi formalismi che possono pregiudicare il diritto di difesa. Sul punto, si richiama la giurisprudenza costituzionale.

3.2. Con il secondo motivo, si lamenta il vizio di motivazione per avere la Corte territoriale dichiarato l'inammissibilità dell'appello proposto limitandosi a richiamare il disposto dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., offrendo argomentazioni apodittiche e non confrontandosi con gli elementi presenti agli atti, ossia la presenza di una nomina che includeva anche il mandato ad impugnare ed una dichiarazione di domicilio presso il difensore che non è mai mutata.

4. Il ricorso proposto nell'interesse di P.M. si compone di un unico motivo, con cui si contesta il vizio di motivazione in relazione alla parte del provvedimento in cui la Corte territoriale non tiene conto che l'imputato era in detenzione domiciliare, e la violazione di legge in relazione alla declaratoria di inammissibilità dell'appello per mancato deposito di una nuova nomina ed elezione di domicilio ex art. 581 cod. proc. pen., pur in presenza di una valida elezione di domicilio precedentemente formalizzata e rinnovata nel corso del giudizio.

Anzitutto si lamenta che la Corte territoriale avrebbe dovuto correttamente scrivere che non è stata effettuata una "nuova" - anziché "alcuna" - elezione di domicilio. Inoltre, il difensore evidenzia che l'imputato si trova in detenzione domiciliare dal 4.07.2022 e che, in virtù di ciò, dispone necessariamente di un domicilio eletto per le notifiche. In ogni caso, per il detenuto non trova applicazione la disposizione in argomento.

Pertanto, si chiede l'annullamento dell'ordinanza impugnata in ragione di un errore materiale riguardante lo status libertatis dell'imputato diverso da quello indicato a giustificazione dell'inammissibilità dichiarata dalla Corte territoriale. Quanto alla violazione dell'art. 581 cod. proc. pen., si evidenzia che l'imputato ha già avuto modo di dichiarare o di eleggere domicilio in precedenza per l'intero procedimento posto a suo carico, ritenendo come l'ulteriore adempimento, in sede di impugnazione, in presenza di due elezioni di domicilio già presenti in atti, aventi effetto, ex artt. 164 e 601 del codice di rito, anche proprio ai fini dell'atto di citazione per il giudizio di appello, si porrebbe come superflua rispetto al fine per il quale è richiesta.

3. Il sostituto Procuratore generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta chiedendo pronunciarsi l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, limitatamente alla posizione di P.M., con restituzione degli atti alla Corte d'Appello di Milano per l'ulteriore corso, e la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto nell'interesse di C.F..

Considerato in diritto

1. I ricorsi devono essere rigettati.

Essi, investendo questione comune, verranno trattati congiuntamente salve le specificazioni del caso per ciascuno di essi, in particolare per il ricorso proposto nell'interesse del P.M. che involge l'ulteriore tema dell'imputato in detenzione domiciliare.

1.1. La questione sulla inammissibilità dell'appello è infondata.

La Corte Territoriale, preso atto che la sentenza di primo grado, è stata emessa in data 5 aprile 2023 e che avverso la stessa è stato proposto appello da parte dei difensori degli imputati, ha rilevato che:

- l'art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. (così come introdotto dall'art. 33 lett. d) del d.lgs. 150/2022, la c.d. Riforma Cartabia) richiede che unitamente all'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori sia depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l'elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581 co. 1 ter), nonché, ove trattasi di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza - ipotesi non ricorrente nel caso di specie - che, unitamente all'atto di appello sia depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l'elezione di domicilio dell'imputato ai fini della notificazione del decreto che dispone il giudizio (art. 581, comma 1-quater);

- tale disposizione, ai sensi dell'art. 89 co. 3 d.lgs. 150/2022, si applica per le impugnazioni proposte avverso le sentenze pronunciate in data successiva all'entrata in vigore del succitato decreto, ossia dopo il 30.12.2022 (secondo quanto previsto dall'art. 99-bis d.l. 162/2022 convertito nella legge 199/2022);

- che, nel caso di specie, gli appelli proposti avverso la sentenza del 5.4.2023, mancano del contestuale deposito della dichiarazione o elezione di domicilio dell'imputato.

Sulla base di tali argomenti ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello, trattandosi di omissione prevista a pena di inammissibilità.

L'impostazione seguita dalla Corte territoriale è corretta, in quanto rispecchia il disposto normativo di cui all'art. 581, comma 1-ter, che espressamente prevede che con l'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ed in linea con l'orientamento di questa Corte che si va consolidando al riguardo, condiviso da questo Collegio.

Da ultimo questa Corte ha avuto modo di ribadire che la dichiarazione o elezione di domicilio che, ai sensi dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., va depositata, a pena di inammissibilità, unitamente all'atto d'impugnazione delle parti private e dei difensori, dev'essere successiva alla pronuncia della sentenza impugnata, poiché, alla luce della nuova formulazione dell'art. 164 cod. proc. pen., quella effettuata nel precedente grado non ha più durata illimitata (Sez. 5, n. 3118 del 10/01/2024, Rv. 285805 - 01; fattispecie in cui la Corte ha confermato la declaratoria di inammissibilità dell'appello al quale il difensore aveva allegato l'elezione di domicilio effettuata dai suoi assistiti nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto in flagranza).

A fronte di ciò, i ricorsi si appuntano in buona sostanza su una critica delle disposizioni in parola al punto da insinuare dubbi di legittimità costituzionale dell'art. 581 commi 1-ter, in caso di interpretazione non conforme ai principi costituzionali.

Vi sono poi le censure che affliggono direttamente la sentenza impugnata lamentando essenzialmente che non si sia considerato, per entrambi gli imputati, che agli atti vi era comunque una precedente dichiarazione di domicilio dell'imputato e, per quanto riguarda il P.M., che lo stesso era peraltro in detenzione domiciliare.

1.2. Ebbene, va innanzitutto sottolineato e ribadito - e ciò si pone come valida premessa anche ai fini dell'esatto inquadramento del dubbio di legittimità costituzionale della nuova disposizione normativa in argomento – che l'adempimento in questione - unitamente all'altro del mandato ad impugnare richiesto nel solo caso dell'imputato rimasto assente - è adempimento specifico cui la parte è tenuta dopo la pronuncia della sentenza che si intende impugnare, di talché non può ritenersi valida la eventuale dichiarazione o elezione di domicilio già presente agli atti (né tanto meno può ritenersi valido il mandato conferito prima della pronuncia da impugnare).

La nuova regola relativa alla dichiarazione o elezione di domicilio da rendere con l'impugnazione si colloca, a sua volta, nel nuovo sistema di notificazioni predisposto per gli atti introduttivi del giudizio da notificare all'imputato non detenuto: se fosse stata sufficiente la precedente dichiarazione o elezione di domicilio, la previsione di cui al comma 1-ter - e la speculare di cui al comma 1-quater - dell'art. 581 non avrebbe avuto ragion d'essere prevedendo già l'art. 157-ter cod. proc. pen., al primo comma, per le notificazioni degli atti introduttivi di primo grado e per la stessa citazione in appello, che la notifica deve intervenire presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell'art. 161 del codice di rito, salvo precisare, al terzo comma, che ove si tratti di impugnazione, la notificazione dell'atto di citazione a giudizio è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell'art. 581 commi 1-ter e 1-quater (domicilio che potrà quindi coincidere con quello già dichiarato o eletto in precedenza ai sensi dell'art. 161 ma dovrà in ogni caso essere "rinnovato" in funzione dell'impugnazione, ossia nuovamente depositato unitamente all'atto di impugnazione o refluire nel mandato specifico ad impugnare).

Evidente è la differenziazione che si è, sotto certi aspetti, inteso effettuare tra il regime di notificazione degli atti di citazione del primo grado di giudizio e quelli che afferiscono al giudizio impugnatorio prevedendosi per questi ultimi che la notificazione deve essere effettuata - solo - presso il domicilio dichiarato o eletto emergente dal nuovo atto depositato unitamente all'impugnazione ovvero indicato nel mandato specifico di cui al comma 1-quater, mentre per le notifiche degli atti introduttivi relativi al primo grado il riferimento - ovviamente - è alla dichiarazione o elezione di domicilio compiuta nell'ambito del procedimento di primo grado.

Sicché si può prendere in considerazione una precedente dichiarazione o elezione di domicilio solo se essa è stata rinnovata da parte dell'Imputato attraverso uno dei modi previsti dai commi 1-ter e 1-quater. Militano in tal senso sia la nitidezza del tenore letterale delle disposizioni in argomento dell'art. 581 e di quelle di cui all'art. 157-ter, che, nel disciplinare le notificazioni degli atti introduttivi del giudizio all'imputato non detenuto, come detto, espressamente prevede al terzo comma che in caso di impugnazione la notificazione dell'atto di citazione a giudizio nei confronti dell'imputato è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell'art. 581 commi 1-ter e quater, sia la finalità sottesa all'adempimento in parola che non si esaurisce nella sola esigenza di facilitazione del compito della cancelleria nella predisposizione della notificazione ma che persegue il ben più pregnante obbiettivo di rendere quanto più possibile certo il buon esito della notificazione e quindi la conoscenza della citazione in giudizio da parte dell'imputato, obbiettivo che evidentemente per essere conseguito presuppone l'attualità della dichiarazione o eiezione di domicilio; con la conseguenza che eventuali indicazioni già effettuate con precedente dichiarazione o elezione di domicilio affinché possano continuare ad avere efficacia devono essere 'attualizzate' dall'imputato - e non da altri - al momento dell'impugnazione (d'altronde nel caso di cui al comma 1-quater è espressamente previsto che la dichiarazione o elezione di domicilio debba confluire nel mandato specifico che è un atto dell'imputato).

A ben vedere l'interpretazione qui proposta consente di superare i dubbi di incostituzionalità delle disposizioni in argomento che anche la difesa del presente procedimento ha inteso sollevare, dal momento che il “sacrificio” che scaturisce dall'imposizione dell'adempimento in parola non è affatto irragionevole non esaurendosi la sua ratio nella sola facilitazione dei compiti della cancelleria, ma rispondendo, essa, ad un'esigenza ben precisa che è, come detto, quella di favorire quanto più è possibile la effettiva conoscenza da parte dell'imputato della citazione a giudizio in un momento cruciale quale è appunto quello della celebrazione del giudizio impugnatorio (che si svolge a distanza di tempo - a volte anche consistente - rispetto al giudizio di primo grado).

Le nuove previsioni mirano, per altro verso, a promuovere impugnazioni e giudizi consapevoli, tenuto anche conto delle conseguenze che da esse possono discendere.

Sicché, allorquando si tratti di imputato che è stato presente in primo grado, si è ritenuto sufficiente - senza che ciò si risolva in una ingiustificata disparità di trattamento - la dichiarazione o elezione di domicilio ad hoc per ottemperare all'esigenza di celerità e al contempo di certezza della notificazione; nel caso dell'imputato rimasto assente in primo grado si è invece ritenuta necessaria anche la sua partecipazione diretta all'impugnazione mediante il rilascio di mandato specifico ad impugnare.

In conclusione e sintesi, si deve affermare che gli adempimenti formali di cui all'art. 581 comma 1-ter e comma 1-quater cod. proc. pen., tenuto conto della ratio sottesa alla loro introduzione, da rinvenire nell'esigenza di promuovere impugnazioni consapevoli e relative citazioni a giudizio dall'esito certo, devono intervenire all'atto dell'impugnazione, non prima né dopo di essa, sicché l'esistenza già in atti di una dichiarazione o elezione di domicilio non sortisce effetti rispetto all'impugnazione, essendo necessaria una rinnovata, consapevole, volontà dell'imputato nello specifico momento impugnatorio.

Affinché possa avere efficacia, anche rispetto all'impugnazione, la dichiarazione o elezione di domicilio effettuata in precedenza è necessario che la sua allegazione sia indicativa di rinnovata volontà dichiarativa da parte dell'imputato, che, quindi, essa refluisca nel mandato specifico ad impugnare, come prevede la disposizione normativa di cui al comma 1-quater dell'art. 581 cod. proc. pen., o che, ove venga allegata ai sensi del comma 1-ter dell'art. 581 cod. proc. pen., il suo contenuto reiterativo sia comunque riconducibile all'imputato.

1.3. Quanto, poi, al dubbio di legittimità costituzionale delle nuove disposizioni - sollevato in ricorso in relazione al provvedimento impugnato che ha applicato la nuova disposizione di cui all'art. 581, comma 1-ter - rispetto alle norme costituzionali di riferimento (artt. 24,111, Cost., 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali), evidente è l'erroneità dell'approccio alla questione da parte del ricorrente, che, nel richiamare il diritto di difesa, di cui quello ad impugnare è una proiezione, ha ritenuto che determinate limitazioni quanto alla forma dell'impugnazione - quali quelle in argomento - si ripercuoterebbero necessariamente sulla effettività dell'esercizio di tale diritto.

Tuttavia non considerano, più in generale, entrambi i ricorrenti che non è certamente l'indiscriminata possibilità di impugnare i provvedimenti, in qualunque modo e con qualunque forma, a permeare il diritto di difesa, che per poter trovare adeguata esplicazione necessita invece di forme e tempistiche che, nello scandirne l'ordinato esercizio, contribuiscano alla realizzazione proprio di quel "giusto processo di durata ragionevole", cui in buona sostanza entrambi i ricorsi si appellano, favorendo l'effettività di un contraddittorio che passi attraverso la proposizione di un'impugnazione consapevole e, al contempo, una definizione più rapida del giudizio derivante dalla effettività della sua conoscenza. Tali adempimenti, in altri termini, non comportano alcuna limitazione all'esercizio del potere di impugnazione spettante all'imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 26/01/2024, Rv. 285900 - 01).

1.4. Quanto alla posizione del P.M., si deve precisare che ciò che si rappresenta in ricorso attiene alla detenzione domiciliare - per espiazione pena - rispetto alla quale opera la disciplina di cui all'art. 157 comma 1 cod. proc. pen., come novellato dall'art. 10 comma 1 lett. i) n. 1 del d.lgs. 10 Ottobre n. 150/2022, in vigore dal 30 Dicembre 2022, cui fa rinvio l'art.156, comma 3, cod. proc. pen.. Il combinato disposto di tali disposizioni prevede che le notificazioni nei confronti dell'imputato detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari (156, comma 3, e 157 cod. proc. pen.), anche successive alla prima, sono eseguite con le forme della prima notifica all'imputato non detenuto e pertanto mediante consegna di copia dell'atto in forma analogica alla persona secondo le scansioni e le forme ivi indicate; esso detta dunque una disciplina distinta rispetto a quella prevista per il detenuto in carcere (di cui al primo comma dell'art. 156 c.p.p.), con la conseguenza che nessuna assimilazione può operarsi tra il caso di specie, che è quello della detenzione domiciliare, e quello in cui l'imputato è ristretto in carcere (rispetto al quale alcune pronunce di questa Corte si sono già espresse per la inapplicabilità della disposizione di cui all'art. 581, comma 1-ter, dovendo per il detenuto la notificazione intervenire necessariamente presso il luogo di detenzione).

Pure a voler ritenere che rispetto al detenuto in istituto penitenziario non trovi applicazione la previsione di cui all'art. 581 comma 1-ter - anche se in realtà essa comporta solo un mero adempimento formale che in relazione al detenuto, la cui condizione non è immutabile, potrebbe comunque esplicare in astratto la sua funzione - rimane evidente - per quanto qui di interesse - che rispetto al soggetto ristretto in luogo diverso da un istituto penitenziario - agli arresti domiciliari o in detenzione domiciliare - non vi è alcuna ragione per la quale disattendere il disposto normativo di cui all'art. 581 comma 1-ter.

"A fronte delle finalità di razionalizzazione-semplificazione del giudizio impugnatorio - anche nella prospettiva di neutralizzare l'esperimento di rimedi straordinari - e di personalizzazione della impugnazione, il procedimento notificatorio attraverso il quale la parte privata viene resa edotta del giudizio si pone su un altro piano, secondo le scansioni e le forme previste dal codice di rito, nella prospettiva di assicurare al destinatario della citazione a giudizio il massimo grado di conoscibilità dell'atto, mediante la consegna di copia analogica in mani della persona ovvero con le forme equipollenti indicate dall'art.157 cod. proc. pen., ma in nessun modo priva di scopo gli adempimenti richiesti dall'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen., che non risultano inutiliter data neppure nella ipotesi di imputato detenuto agli arresti domiciliari, in considerazione della possibile mutevolezza dello status detentionis nelle more della citazione a giudizio e tenuto conto della clausola di riserva contenuta nell'art. 157 comma 1 cod. proc. pen. che fa salva la ipotesi in cui l'imputato abbia già ricevuto gli avvertimenti di cui all'art. 161 comma 1 cod. proc. pen. Lo stato di detenzione dell'imputato al momento del deposito dell'atto di impugnazione non consente pertanto di fare ritenere non applicabile la previsione in esame, sia perché la norma nulla ha previsto in tal senso (né il coordinamento con la disciplina del procedimento notificatorio consente di ravvisare una relazione di specialità derogans tra le due disposizioni), sia perché una interpretazione che ravvisasse una incompatibilità logica tra la disposizione di cui all'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen. e le disposizioni che governano il procedimento notificatorio nei confronti dell'imputato detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari (156 comma 3 e 157 cod. proc. pen.), non terrebbe conto delle possibili modifiche dello stato detentivo dell'impugnante successivamente al deposito dell'atto di appello" (così testualmente Sez. 4, n. 41858 del 08/06/2023, Rv. 285146 - 01, ed in termini analoghi, sia pure in relazione alla ulteriore ipotesi del detenuto per altra causa, Sez. 5, del 28.11.2023 n. 4606/24 n. m.).

Ne consegue che la Corte territoriale ha correttamente dichiarato anche l'inammissibilità dell'appello proposto dal P.M. avverso la sentenza pronunciata dopo l'entrata in vigore della Riforma Cartabia, in assenza della dichiarazione o elezione del domicilio, trattandosi di adempimento a pena di inammissibilità. Deve pertanto affermarsi il seguente principio di diritto: "la inammissibilità dell'impugnazione prevista dall'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen., introdotto con l'art. 33 comma 1, lett. d) d.lgs. 10 Ottobre 2022 n. 150, in ipotesi di omesso deposito della dichiarazione o elezione di domicilio da parte dell'imputato appellante, ai fini della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione, opera anche nei confronti del detenuto in detenzione domiciliare al quale la notifica deve essere eseguita ai sensi dell'art. 157 cod. proc. pen.".

2. I ricorsi vanno pertanto rigettati e i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.